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Articoli 10/04/2006

Aggressioni alle divise: una ricerca dell’Università di Bologna con la collaborazione dell’Asaps

Il 74% degli operatori cioè 3 su 4 sono stati aggrediti fisicamente, 1 su 2 è stato investito con un veicolo, 2 su 5 sono stati aggrediti con armi bianche, 1 su 10 con armi da fuoco. Un’aggressione su due avviene in stato di intossicazione alcolica dell’aggressore, in un caso su 3 l’aggressore è straniero, in uno su 10 è una persona con disturbi mentali

Le sempre più frequenti notizie riportate dalla stampa riguardanti le aggressioni ai danni degli appartenenti alle Forze dell’Ordine hanno maturato l’interesse ad approfondire tale fenomeno per comprendere maggiormente alcuni aspetti.

 


La ricerca condotta dalla Facoltà di Psicologia dell’Università degli Studi di Bologna con la preziosa collaborazione di Asaps ha avuto come obiettivi principali quelli di rilevare le caratteristiche delle aggressioni subite dagli appartenenti alle Forze dell’Ordine (nella prospettiva di questi ultimi) e di indagare le loro strategie di gestione del rischio di un’aggressione. A questo fine, è stato appositamente creato un questionario che è stato inserito all’interno del sito internet Asaps dal 28 luglio al 15 settembre 2005. A chi ha compilato il questionario on-line è stato richiesto il consenso informato con una dichiarazione di appartenenza alle Forze dell’Ordine.

 


Gli appartenenti alle Forze dell’Ordine che hanno partecipato a questa ricerca sono stati 517, con un’età media di 37 anni, compresa tra i 18 e i 68 anni, nel 93% uomini, con un’anzianità di servizio media di 14 anni e che svolgono prevalentemente lavoro di turno esterno (Grafico 1 e 2).

 

 

Grafico 1. Anzianità di servizio dei partecipanti alla ricerca (%)

Grafico 2. Sesso dei partecipanti alla ricerca (%)

 

 

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Il questionario si componeva di dieci quesiti, in cui si chiedeva di indicare i tipi di aggressione subiti nel corso della carriera, le caratteristiche degli aggressori, le conseguenze fisiche, psicologiche e legali dell’aggressione. A termine del questionario, l’operatore di polizia aveva l’opportunità di riportare una propria esperienza personale o aggiungere commenti sul fenomeno in questione.

 

 

I risultati di questa ricerca sono qui di seguito esposti.

 

 

Le aggressioni subite

 

 

Per quanto riguarda la frequenza e il tipo di aggressioni subite nel corso della carriera (Grafico 3), il danneggiamento di veicoli o attrezzature risulta essere molto frequente: il 79% lo ha subito una o più volte nella propria carriera (il 45% molte volte). L’ aggressione fisica (calci, pugni,…) è stata vissuta una o più volte dal 74% degli operatori (il 37% molte volte). Poco più della metà (53%) dei partecipanti alla ricerca si è trovano di fronte ad un aggressore che ha tentato di investirlo con un mezzo di trasporto e poco meno della metà (42%) ha subito un’aggressione con oggetti pericolosi (coltelli, bottiglie,…). Anche se, fortunatamente, la maggior parte degli operatori di polizia non ha mai subito un’aggressione con armi da fuoco, è da sottolineare che l’11% si è confrontato con questo scenario almeno una volta.

 

 

Grafico 3. Tipologie di aggressioni subite (%)

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Per quanto riguarda le caratteristiche dell’aggressore (vedi grafico 4), dall’analisi dei dati ottenuti emerge che in due terzi dei casi è da solo (65%). Tra gli aggressori è sproporzionalmente presente il numero di persone sotto l’effetto di alcol o sostanze : infatti, nella metà dei casi l’aggressore è prevalentemente intossicato (52%); ciò avvalora la tesi sull’effetto di disinibizione e di incremento dell’antisocialità che deriva dall’assunzione di alcol e di alcune sostanze psicotrope.

 


In un terzo dei casi l’aggressore è straniero (37%) mentre solo in pochi casi (10%) è una persona psichicamente instabile.

 

 

Grafico 4. Caratteristiche degli aggressori (%)

 

 

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L’aggressione fisica più recente ha avuto come conseguenza danni fisici come contusioni, lesioni, fratture ed ematomi; nella maggior parte dei casi (71%) sono stati necessari da 0 a 10 giorni di malattia. Ma non ci sono solo lesioni fisiche: il 51% dei rispondenti afferma di aver provato molto o abbastanza disagio psicologico mentre il 70% degli operatori di polizia del campione dichiara che il pensiero di aggressioni passate è spesso difficile da allontanare (“mi capita di ripensare alle aggressioni subite” – vedi grafico 5). Da un punto di vista giuridico, la metà degli operatori (48%) che ha compilato il questionario ha proceduto all’arresto o alla denuncia a piede libero di aggressori nell’ultimo anno.

 

 

 

 

Grafico 5. Pensieri sulle precedenti aggressioni (% di accordo)

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Nelle sezioni successive il questionario chiedeva agli appartenenti alle Forze dell’Ordine di indicare il loro grado di accordo con alcune affermazioni che indagavano i processi psicologici connessi con il rischio di aggressione, come la percezione del pericolo esterno e delle proprie abilità per fronteggiarlo adeguatamente.

 

 

 

 

La percezione di un pericolo di aggressione

 

 

 

 

I rispondenti sono consapevoli dell’atteggiamento sociale di alcuni cittadini irrispettosi della categoria professionale e sono giustamente portati a tutelare e difendere l’immagine del proprio gruppo a fronte degli attacchi squalificanti. L’83% degli operatori di polizia afferma di essere totalmente d’accordo con l’affermazione “mi infastidisce ricevere insulti alla categoria a cui appartengo”, il 12% è parzialmente d’accordo ed solo il 5% è in disaccordo con questa affermazione.

 

E’ interessante notare che gli operatori di polizia che hanno da 0 a 10 anni di servizio ottengono un punteggio più alto all’item “mi infastidisce ricevere insulti alla mia categoria” rispetto ai più anziani. Questo mette in evidenza che i più giovani, appassionati del proprio lavoro, sono più disturbati dalla scarsa considerazione di alcuni cittadini e che gli operatori di polizia con il tempo probabilmente si abituano a questo tipo di insulti o comunque imparano a non dare loro troppa importanza (qualcuno ha detto “li lascio scivolare addosso”), riconoscendo che la maggior parte dei cittadini è invece sensibile e supportiva al fondamentale lavoro delle Forze dell’Ordine.

 

Una serie di domande riguardava più specificatamente la percezione di pericolo di una aggressione esterna (vedi Grafico 6).

 

L’interazione con una persona intossicata da alcol è percepita come particolarmente critica. Come abbiamo visto anche prima, gli aggressori sono nella metà dei casi soggetti in stato di abuso alcolico. Infatti, il 34% degli operatori di polizia è parzialmente e il 14% è totalmente d’accordo con l’affermazione “mi sento in pericolo di fronte ad un aggressore ubriaco”.

 

Le capacità fisiche del potenziale aggressore sono percepite come importanti (comunque meno critiche di quelle relative all’abuso di alcol) nel gestire una possibile colluttazione fisica. Il 37% degli operatori di polizia è parzialmente d’accordo e il 16% totalmente con l’affermazione “mi sento in pericolo di fronte ad un aggressore corpulento”.

 

La ricerca di un aiuto strumentale ai colleghi è molto probabile: il 57% degli operatori di polizia dichiara di essere totalmente e il 36% parzialmente d’accordo con l’affermazione “in caso di rischio di aggressione tendo a chiedere l’aiuto di colleghi”.

 

Nelle situazioni di pericolo, la minaccia esterna può essere intensa o inattesa ma la maggioranza degli operatori di polizia riesce ad attuare in modo immediato schemi di risposte adeguate per quella situazione riducendo il rischio di “congelamento comportamentale” (un fenomeno in letteratura conosciuto come “freezing”): l’88% degli operatori di polizia afferma che mai o raramente è capitato di “bloccarsi di fronte ad una situazione di pericolo” mentre per il 12% questo è parzialmente o totalmente vero.

 

La padronanza del pericolo è anche espressa dal seguente dato: il 70% dichiara di essere totalmente in disaccordo con la frase “vorrei essere trasferito ad un compito meno pericoloso” ed il 14% è parzialmente in disaccordo. Un ristretta minoranza è d’accordo (il 9% totalmente ed il 7% parzialmente).

 

Avere aggressioni nella propria carriera non aumenta necessariamente la percezione di pericolo esterno. Solo nel caso in cui un operatore ha subito aggressioni con armi per tre o più volte ha una percezione di pericolo significativamente superiore rispetto agli altri.

Grafico 6. Domande sulla percezione di pericolo

 

 

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Le competenze interpersonali

 

 

 

 

Alcune domande riguardavano quella che nelle scienze del comportamento è definita l’autoefficacia ovvero la fiducia dell’operatore nel riuscire a risolvere efficacemente le situazioni potenzialmente aggressive. La maggioranza dei rispondenti dimostra di avere buona competenza nelle capacità di interagire con le persone con problematiche di antisocialità.C’è tuttavia la consapevolezza che tali situazioni rappresentano una sfida dagli esiti incerti (vedi Grafico 7): il 54% degli operatori è parzialmente d’accordo  e un 19% dichiara di essere totalmente d’accordo con la frase “è facile per me interagire con i cittadini aggressivi”. In linea con questi dati, il 59% degli operatori di polizia è parzialmente d’accordo con l’affermazione “quando alcuni cittadini si oppongono (contestano, rifiutano), mi è facile risolvere la disputa” e il 24% è totalmente d’accordo. Per quanto riguarda le capacità di autocontrollo emotivo, invece, la stragrande maggioranza di soggetti (95%) dichiara di “mantenere la calma quando ha a che fare con i cittadini pressanti”. In questo caso, l’esperienza acquisita sulla strada conta molto. Si può notare che all’aumentare degli anni di servizio, aumenta il senso di autoefficacia percepito (Grafico 8). Gli operatori di polizia che sono in servizio da 0 a 10 anni rispetto ai colleghi più “anziani” dichiarano una maggiore difficoltà nell’interagire con i cittadini aggressivi e risolvere le dispute; con gli anni si acquisisce più padronanza e maggiori abilità nello svolgimento del proprio lavoro e di conseguenza anche nelle situazioni conflittuali.

 

 

Da notare, infine, che la partecipazione a singoli eventi critici può in taluni casi anche forgiare una percezione più positiva di sé. Attraverso opportune analisi statistiche è stato trovato che l’aver subito un’aggressione con armi da fuoco una volta (e non più volte) è associato ad una maggiore autoefficacia nella risoluzione dei conflitti rispetto a chi non ne ha mai subite; averla saputa affrontare li ha resi più “forti” e fiduciosi.

 

 

 

 

Grafico 7. Domande sulla percezione di competenze interpersonali

 

 

 

 

 

Grafico 8. Differenze per anzianità di servizio (punteggi medi alla facilità di interazione con cittadini aggressivi)


 

Le competenze “fisiche”

 

 

 

 

La forza fisica, sia essa reale che esibita, può risultare cruciale nel prevenire o ridurre la probabilità di un attacco. Quasi la metà (43%) degli operatori di polizia è d’accordo con l’affermazione “penso che la mia forma fisica incuta timore” (vedi Grafico 9). E’ poi molto sentita da parte degli operatori la necessità di perfezionare le abilità nel contatto fisico aggressivo: la quasi totalità (94%) vorrebbe migliorare le proprie tecniche autodifensive (il 68% degli operatori è totalmente d’accordo,  il 26% parzialmente).

 


Quando la forza fisica diventa necessaria nella gestione della situazione critica, la maggioranza si sente capace di riuscirla ad utilizzare anche se per alcuni (un terzo circa) i processi decisionali riguardo all’uso della forza fisica rimangono complicati. Analizzando i dati, infatti, il 42% degli operatori di polizia è totalmente d’accordo ( e il 33% lo è parzialmente) con la frase “in caso di rischio di aggressione, tendo ad usare la forza fisica quando è necessario”.

 


Interessante è un altro dato relativo all’anzianità di servizio. All’item “in caso di rischio di aggressione tendo ad usare la forza fisica se necessario”, sono gli operatori di polizia con un’anzianità di servizio compresa fra 11 e 20 anni, ad ottenere un punteggio significativamente più elevato sia rispetto a chi ha da 0 a 10 anni di servizio (probabilmente per poca familiarità ed incertezza), sia rispetto a chi ne ha più di 21 (probabilmente per le ridotte capacità atletiche).

 

 

 

 

Grafico 9. Domande sulla percezione di competenze fisiche

 

 



Differenze tra maschi e femmine

 

 

Ci sono differenze tra i due sessi. Gli operatori di polizia di sesso femminile dichiarano che per loro è mediamente più difficile interagire con i cittadini aggressivi e risolvere la disputa quando alcuni cittadini si oppongono; le donne poi  si sentono maggiormente in pericolo, rispetto agli uomini, di fronte ad un aggressore corpulento e capita loro più spesso di bloccarsi di fronte ad una situazione di pericolo. Infine, gli uomini sono più convinti, rispetto alle donne, che la loro forma fisica incuta timore e tendono maggiormente ad usare la forza fisica necessaria.

 

I commenti dei partecipanti

 

 

Dai commenti fatti dagli operatori di polizia nell’ultima domanda, sono emersi temi molto interessanti sul fenomeno.

 

Molti appartenenti alle Forze dell’Ordine hanno messo in evidenza la questione dell’abrogazione dell’oltraggio a pubblico ufficiale, l’incertezza della pena e il quadro normativo poco supportivo (“…Con l’abolizione del reato di oltraggio a pubblico ufficiale siamo più esposti ad essere oggetto di insulti…il reo può essere perseguito solo con atto formale di querela presentato dall’operatore di polizia spesso con aggravio di spese legali dal momento che non siamo tutelati dalla legge”…“il troppo permissivismo e la non certezza della pena…inducono l’aggressore ad avere un comportamento aggressivo nei confronti delle divise…”). Alcuni sottolineano come gli aggressori sembrano esserne ben consapevoli della insufficiente sanzione del loro comportamento irrispettoso verso le divise. A tale proposito, uno dei partecipanti scrive: “Alcuni cittadini extracomunitari o dell’Est europeo si sentono leoni nei nostri confronti sfidandoci con frasi - dai picchiami che ti denuncio per aggressione- …”.

 

Altri si sono maggiormente centrati sul clima sociale e le trasformazioni nei valori e nella cultura che hanno alimentato l’avversione dei cittadini nei confronti della categoria e ad un minor rispetto verso le divise (“…nell’immaginario collettivo siamo il nemico…”; “…colgo spesso l’avversione di certe persone proprio nei confronti di coloro che sono preposti alla loro difesa…”; “…non c’è più rispetto né per l’istituzione né per le persone…”).

 

Una parte degli operatori si è invece centrato sulla risposta degli operatori e sulla necessità di acquisire competenze tecniche, quindi il miglioramento delle tecniche autodifensive e più dispositivi di autodifesa ( “…come mezzi di autodifesa abbiamo mani e pistola: troppo poco le prime ed eccessiva la seconda…” ;“…bisogna migliorare gli addestramenti tecnici operativi, soprattutto la difesa personale che si fa solo ai corsi…”).

 

Altri hanno menzionato l’importanza dell’atteggiamento e delle strategie comunicative e interpersonali dell’operatore di polizia ( “… il modo in cui l’operatore si pone, ossia calmo, determinato e ben attento a non cadere in provocazioni, evita nella maggior parte dei casi che la situazione degeneri…”) evidenziando come la formazione di queste competenze psicosociali debba essere migliorata (“…l’aspetto psicologico dell’interazione con le persone dovrebbe essere considerato ad esempio attraverso corsi per insegnarci ad interagire con persone in qualsiasi stato ubriache, nervose, delinquenti, ma soprattutto normali per poter arginare al minimo le problematiche che si vengono a creare e diminuire le colluttazioni, risolvendo, ove possibile, i problemi con il dialogo. Tutto questo non si deve risolvere in base alla sensibilità e alla capacità personale del singolo operatore di comunicare”).

 

 

Discussione dei risultati.

Riassumendo i risultati, le aggressioni verbali e fisiche non sono infrequenti nell’esperienza professionale degli operatori di polizia. Quattro operatori su 5 sono stati danneggiati tramite attrezzature e veicoli, 3 su 4 sono stati aggrediti fisicamente, 1 su 2 è stato investito con un’ auto, 2 su 5 sono stati aggrediti con armi bianche, 1 su 10 con armi da fuoco. Un’aggressione su due avviene in stato di intossicazione alcolica dell’aggressore, in un caso su 3 l’aggressore è straniero, in uno su 10 è una persona con disturbi mentali.

 

Tre operatori su 4 sono preoccupati quando l’interlocutore è sotto l’effetto di alcol, un operatore su 2 ritiene invece più pericolosa l’asimmetria di forza fisica percepita. La maggioranza degli operatori tuttavia è dedito e motivato a svolgere il proprio dovere professionale e non vorrebbe essere trasferito in altre attività. Sembra quindi che nonostante la consapevolezza della pericolosità del lavoro che svolgono, i nostri partecipanti siano appassionati e fieri del servizio svolto; uno degli operatori scrive “è un lavoro che comunque regala grandi soddisfazioni, soprattutto quando si riesce ad aiutare il prossimo in difficoltà. Il mio pensiero è che comunque bisogna amarlo questo lavoro, altrimenti stare sulla strada diventa un inferno”.

 

Per quanto riguarda le competenze fisiche, quasi la metà sente di avere una forma fisica adeguata per gestire le situazioni a rischio di aggressione fisica ed è molto diffuso il desiderio di perfezionare tecnicamente le capacità di autodifesa. Si deve tuttavia considerare che la maggioranza degli operatori di polizia si sente capace di gestire le situazioni di conflitto.

 

Molto interessante è anche quanto emerge dalle analisi delle correlazioni. Infatti, maggiore è la percezione di pericolo e minore è l’autoefficacia percepita: più gli operatori percepiscono la propria vulnerabilità (quasi da esserne sopraffatti), meno si sentono in grado di negoziare con il soggetto pericoloso e di neutralizzare la sua aggressività.

 

 

 

 

Conclusioni

 

 

 

 

La ricerca conferma come il fenomeno delle aggressioni alle Forze dell’Ordine sia effettivamente un problema particolarmente sentito dagli operatori di polizia; molti di loro affermano anche che sia sensibilmente in aumento. La proposta di compilare il questionario su questo argomento è stata infatti accolta con molto entusiasmo.

 

Dalle risposte all’ultima domanda emerge chiaramente il bisogno degli operatori di polizia di comunicare le loro difficoltà nell’affrontare il lavoro di ogni giorno. Infatti, sono numerosi i partecipanti che ci ringraziano per aver posto la nostra attenzione su di loro e che si sono resi disponibili anche ad approfondire ulteriormente l’argomento.

 

I risultati ottenuti invitano a riflettere sulle implicazioni che le esperienze di aggressione possono avere nell’espletamento del lavoro delle Forze dell’Ordine, il cui compito di far rispettare la legge interessa da vicino ogni cittadino. Data l’importanza del ruolo svolto all’interno della nostra società, è senza dubbio importante identificare strategie preventive e proattive per gestire il fenomeno affinché gli operatori di polizia possano svolgere il loro lavoro nel miglior modo possibile, con conseguenti benefici per la sicurezza di tutti.

 

 

 

 

Si ringrazia per la collaborazione la dott.ssa Valentina Pericoli

 

*Docente di Psicologia dell’Emergenza e degli Eventi Critici - Università degli studi di Bologna

 

Lunedì, 10 Aprile 2006
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