L’accertamento delle
violazioni delle norme sulla velocità deve ritenersi provato sulla base della
verbalizzazione dei rilievi delle apparecchiature previste dall’art. 142,
facendo peraltro prova il verbale fino a querela di falso dell’effettuazione di
tali rilievi, mentre le risultanze di essi valgono fino a prova contraria, che
può essere data dall’opponente in base alla dimostrazione del difetto di
funzionamento, anche occasionale, di tali dispositivi, ovvero in relazione alle
condizioni della strada e del traffico al momento della rilevazione, da
fornirsi in base a concrete circostanze di fatto. Sentenza Svolgimento del processo Con ricorso
al giudice di pace di Padova, F. S. proponeva opposizione al verbale n. 101890
del 9.2.2002 con cui la Polizia stradale di Padova gli aveva contestato la
violazione dell’art. 142 c.d.s. rilevata a mezzo di apparecchiatura telelaser
LTI 20-20 e, per l’effetto, gli aveva irrogato la sanzione di euro 327,
assumendo l’illegittimità del provvedimento opposto per inaffidabilità
dell’apparecchiatura utilizzata, per insussistenza della violazione e per
mancanza di prova della stessa. All’esito
del giudizio, in cui si costituiva la Prefettura di Padova, il giudice adito,
con sentenza depositata il 6. 6. 2002, accoglieva l’opposizione, ritenendo che
l’apparecchiatura Telelaser LTI 20-20 fosse illegittima in quanto non
rispondente ai requisiti richiesti, in tema di strumenti di rilevazione della
velocità degli autoveicoli, dall’art. 345 reg. c.d.s., tenuto conto che essa
non conserva traccia del rilevamento e non consente di assicurare che
l’autovettura inquadrata dalla macchina sia effettivamente quella poi fermata
dagli agenti, con l’effetto che il suo uso, dipendendo esclusivamente
dall’accortezza dei riflessi e dalla buona vista dell’agente accertatore, è
contrario alle esigenze di certezza e di verificabilità richieste dalla norma. Avverso
questa decisione, con atto notificato il 21.6.2003, propone ricorso per
cassazione l’Ufficio del Governo di Padova, affidato a tre motivi. Motivi della
decisione Con il primo
motivo l’Ufficio del Governo ricorrente deduce la violazione e falsa
applicazione degli artt. 22 e 23 della legge n. 689 del 1981, dell’art. 345 del
reg. c.d.s, e dell’art. 142 c.d.s., assumendo, in particolare, che la decisione
si fonda su una erronea lettura dell’art. 345 cit., non avendo il giudice di
pace considerato adeguatamente che l’apparecchiatura Telelaser risulta
regolarmente omologata, con conseguente garanzia della sua affidabilità, e che
nella specie la misurazione è avvenuta secondo modalità certe e sicure,
debitamente descritte nel verbale. Con il
secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione del principio
dell’onere probatorio (art. 2697 c.c.), degli artt. 2699 e 2700 c.c. e
violazione e falsa applicazione delle norme processuali sulle prove nonché
degli artt. 113 e 116 c.p.c. Con il terzo
motivo si denunzia il vizio di insufficienza e contraddittorietà della
motivazione. Il
ricorrente lamenta che la sentenza sia giunta al giudizio di inaffidabilità
dell’apparecchiatura utilizzata in assenza di denunzie circa difetti di
costruzione o di funzionamento e senza far ricorso a specifiche fonti di prova,
fondando la propria conclusione sulla mera possibilità di confusione tra
autoveicoli, ma senza considerare, nella specie, la circostanza riportata nel
verbale, secondo cui il veicolo viaggiava isolato; la sentenza, infine,
incorrerebbe nell’errore di identificare l’affidabilità dello strumento con il
requisito della documentabilità del suo accertamento, laddove invece la legge
richiede, più semplicemente, che esso sia rappresentato in modo chiaro ed
accertabile. Il ricorso è fondato, dovendo qui
richiamarsi l’orientamento già espresso più volte da questa Corte in ordine
alle condizioni richieste dalla legge per l’uso degli apparecchi di
accertamento della velocità dei veicoli e circa la conformità ad esse della
apparecchiatura denominata telelaser (Cass. n. 8675 del 2005; nn. 8232 e 8233
del 2005; n. 5873 del 2004). L’art. 142,
comma 6, codice della strada, prevede che "per la determinazione
dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le
risultanze di apparecchiature debitamente omologate, nonché le registrazioni
del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come
precisato dal regolamento". L’art. 345 del regolamento di esecuzione,
sotto la rubrica "Apparecchiature e mezzi di accertamento della osservanza
dei limiti di velocità", a sua volta, dispone, al primo comma, che
"Le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di
velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la
velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accettabile,
tutelando la riservatezza dell’utente" e, al secondo comma, che "le
singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori
pubblici". Al quarto comma, il citato articolo stabilisce che "per
l’accertamento dalle violazioni dei limiti di velocità, le apparecchiature di
cui al comma 1 devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia
stradale di cui all’art. 12 del codice e devono essere nella disponibilità
degli stessi". Le
apparecchiature elettroniche di controllo della velocità devono dunque essere
omologate, devono consentire di fissare la velocità del veicolo in un dato
momento in modo chiaro e accettabile e possono essere utilizzate esclusivamente
dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 c.d.s. Non è invece
richiesto che esse siano anche munite di dispositivi in grado di assicurare una
documentazione fotografica dell’accertamento della infrazione. In proposito,
occorre rilevare, per confutare l’assunto della sentenza, che la fonte primaria
prescrive solo che le apparecchiature elettroniche possano costituire fonte di
prova se debitamente omologate. È la norma regolamentare, alla quale rinvia
l’art. 142, comma 6, del codice della strada, a stabilire quali siano i
requisiti ai quali è subordinata l’omologazione delle apparecchiature
elettroniche, e tra questi vi è quello che esse consentano di rilevare la
velocità del veicolo in modo chiaro e accertabile. Requisito, questo, che presuppone
unicamente la determinazione inequivoca della velocità di un determinato
veicolo, ben potendo il concreto accertamento essere riferito ad uno specifico
ed individuato veicolo dall’agente di polizia addetto all’apparecchiatura
stessa. Non a caso, del resto, l’art. 345 del regolamento di esecuzione del
codice della strada prescrive che per l’accertamento delle violazioni dei
limiti di velocità, le apparecchiature di cui al comma 1 devono essere gestite
direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 del codice e
devono essere nella disponibilità degli stessi. L’omologazione dell’apparecchiatura, dunque, concerne la idoneità della
stessa a fissare in un determinato momento la velocità di un autoveicolo, ben
potendo la riferibilità della velocità ad un determinato veicolo discendere
dall’osservazione documentata ad opera dell’agente di polizia giudiziaria. È
noto, inoltre, che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte (Cass.
S.U. 25 novembre 1990, n. 12545; 5 dicembre 1995, n. 12846; 22 marzo 1995, n.
3316), nel giudizio di opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento di una
sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena
prova, fino a querela di falso, dei fatti in esso attestati dal pubblico
ufficiale come avvenuti in sua presenza, descritti senza margini di
apprezzamento nonché della sua provenienza dal pubblico ufficiale: ciò in forza
dell’efficacia probatoria privilegiata dell’atto pubblico ex art. 2700 cod.
civ. Ne consegue che l’accertamento delle violazioni delle norme sulla velocità
deve ritenersi provato sulla base della verbalizzazione dei rilievi delle
apparecchiature previste da detto art. 142, facendo peraltro prova il verbale
fino a querela di falso dell’effettuazione di tali rilievi, mentre le
risultanze di essi valgono invece fino a prova contraria, che può essere data
dall’opponente in base alla dimostrazione del difetto di funzionamento, anche
occasionale, di tali dispositivi ovvero in relazione alle condizioni della
strada e del traffico al momento della rilevazione, da fornirsi in base a
concrete circostanze di fatto. Nel caso di specie, invece, il giudice di pace
non ha svolto accertamenti tecnici, nè ha in alcun modo argomentato sulla
possibilità in concreto che l’apparecchiatura di rilevamento utilizzala potesse
presentare difetti di funzionamento, limitandosi ad esprimere, in via del tutto
apodittica, il proprio convincimento circa l’inadeguatezza tecnica
dell’apparecchiatura impiegata, in palese contrasto con le risultanze della sua
omologazione. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata, con rinvio ad altro
giudice di pace di Padova, che esaminerà l’opposizione alla luce dell’esposto
principio e provvederà anche sulle spese del presente giudizio. Per questi motivi accoglie il
ricorso e cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altro giudice di pace di
Padova, che provvederà anche sulle spese. Così deciso
in Roma, il 2 febbraio 2006 Depositata in cancelleria il 23 marzo
2006. |
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