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Corte di Cassazione 12/04/2006

da Altalex - Pubblici dipendenti: sul risarcimento per lesioni psico-fisiche decide il g.a.

Cassazione, SS.UU. civili, sentenza 07.02.2006 n° 2507

 La Suprema Corte a Sezioni Unite, nel caso in questione, è stata chiamata ad affrontare un delicato problema giuridico in tema di riparto di giurisdizione tra Giudice Amministrativo e Giudice Ordinario, nell’ipotesi in cui un’ infermiera abbia lamentato una lesione psico-fisica causata da un’aggressione da parte di una degente ricoverata in ospedale.

Tale danno alla persona, allora, è idoneo a radicare la giurisdizione ordinaria ovvero quella amministrativa?

Bisogna prendere in considerazione il tipo di danno, per cui il danno alla persona radicherebbe, ad esempio, la giurisdizione del G.O., oppure la natura giuridica della responsabilità sottesa all’evento lesivo?

Il problema, secondo la Suprema Corte a Sezioni Unite, andrebbe risolto (nel caso in cui il fatto sia avvenuto prima del 30 giugno 1998, perché dopo tale data si è avuta la transizione dal G.A. al G.O., presso il giudice del lavoro, in tema di pubblico impiego) verificando la natura giuridica dell’azione risarcitoria esperibile verso la Pubblica Amministrazione, in quanto se si ritiene di avere diritto ad una tutela risarcitoria di tipo contrattuale, allora, sarà competente il G.A., mentre se l’azione risarcitoria è di tipo extracontrattuale sarà competente il G.O.

Inoltre, il danno subito dal dipendente pubblico deve essere specificamente causato da un inadempimento della P.A. (sia pure nell’ambito della mancata predisposizione di tutti gli strumenti di sicurezza necessari) alla quale si è legati da un rapporto di pubblico impiego, e non dalla mera occasionalità di tale rapporto; id est affinché possa ritenersi competente il G.A., nel caso de quo, è necessario che sussista una responsabilità contrattuale della P.A. (sempre che il fatto si riferisca ad un periodo precedente al giugno 1998), nel senso che il rapporto di pubblico impiego deve porsi come causa del danno al ricorrente (dimostrando che in assenza del rapporto di pubblico impiego quel danno non si sarebbe verificato, secondo lo schema “classico” della causalità, basato sul brocardo ablata causa tollitur effectus), e non come mera occasionalità (altrimenti si verserà nell’ipotesi di illecito aquiliano con la consequenziale giurisdizione del G.O.).

Si tratta, pertanto, di individuare lo schema di responsabilità (contrattuale o extracontrattuale) che si è realizzato ai fini dell’individuazione del giudice competente, indipendentemente dalla tipologia di danno subito; fermo restando, comunque, che ai fini del riparto di giurisdizione non vale lo schema di responsabilità formalmente fatto valere, ma quello concretamente sotteso alla fattispecie presa in esame (petitum sostanziale), perché, diversamente, il ricorrente potrebbe liberamente scegliere il giudice competente vulnerando, in concreto, la relativa legge.

In questo senso si è espressa la Suprema Corte a Sezioni Unite con la pronuncia 2507/2006.

(Altalex, 11 aprile 2006. Nota di Luigi Viola)


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
SENTENZA 07-02-2006, n. 2507

(Presidente Carbone – Relatore Canevari)

Svolgimento del processo

Con ricorso al Pretore di Nocera inferiore R. S. conveniva in giudizio la Gestione Liquidatoria della Usl n. 50 e la Regione Campania chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali, biologici e morali subiti nel 1991 a seguito di lesioni inferte da una degente dell’ospedale psichiatrico di Nocera presso cui prestava sevizio come infermiera; sosteneva la responsabilità dell’amministrazione imputando il sinistro a violazione delle norme poste a tutela dell’incolumità dei lavoratori, oltre che per negligenza ed imperizia dei dipendenti dell’ospedale.

Il Pretore adito declinava la propria giurisdizione ritenendo che la cognizione della controversia, nella quale era stata fatta valere la responsabilità contrattuale dell’amministrazione datrice di lavoro, nell’ambito del rapporto di pubblico impiego, fosse devoluta al giudice amministrativo.

La signora S. ha quindi riproposto la stessa domanda al Tar Campania, che ha ugualmente negato la propria giurisdizione, affermando che quando il dipendente ha ricevuto le prestazioni previdenziali per l’infortunio subito ed agisce nei confronti del datore di lavoro per il danno differenziale la sua pretesa può essere ricollegata solo alla responsabilità extraconiugale.

La signora S. propone ora ricorso per cassazione denunciando il conflitto negativo di giurisdizione ai sensi dell’articolo 362 n. 1 Cpc. La controparte intimata non si è costituita.


Motivi della decisione

L’attuale ricorrente, già dipendente della ex Usl 50 quale infermiera presso l’Ospedale psichiatrico di Nocera Inferiore, ha fatto valere con la propria domanda la responsabilità dell’ente datore di lavoro per il risarcimento dei danni patrimoniali, biologici e morali in relazione alle gravi lesioni subite nel 1991 per l’aggressione da parte di una degente ricoverata nell’ospedale.

Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la soluzione della questione del riparto della giurisdizione, rispetto ad una domanda di risarcimento danni per la lesione della propria integrità psico-fisica proposta da un pubblico dipendente nei confronti dell’Amministrazione, è strettamente subordinata all’accertamento della natura dell’azione di responsabilità in concreto proposta, in quanto, se è fatta valere la responsabilità contrattuale dell’ente datore di lavoro, la cognizione della domanda rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (nel caso di controversia avente per oggetto una questione relativa al periodo del rapporto antecedente al 30 giugno 1998), mentre, se è stata dedotta la responsabilità extracontrattuale, la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Al fine di tale accertamento, non possono invocarsi come indizi decisivi della natura contrattuale dell’azione né la semplice prospettazione della inosservanza dell’articolo 2987 Cc, né la lamentata violazione di più specifiche disposizioni strumentali alla protezione delle condizioni di lavoro, allorché il richiamo all’uno o alle altre sia compiuto in funzione esclusivamente strumentale alla dimostrazione dell’elemento psicologico del reato di lesioni colpose e/o della configurabilità dell’illecito. Ma una siffatta irrilevanza di detto richiamo dipende da tratti propri dell’elemento materiale dell’illecito, ossia da una condotta dell’amministrazione la cui idoneità lesiva possa esplicarsi indifferentemente nei confronti della generalità dei cittadini come nei confronti dei propri dipendenti, costituendo in tal caso il rapporto di lavoro mera occasione dell’evento dannoso; mentre, ove la condotta dell’amministrazione si presenti con caratteri tali da escluderne qualsiasi incidenza nella sfera giuridica di soggetti ad essa non legati da rapporto di impiego, la natura contrattuale della responsabilità non può essere revocata in dubbio, poiché l’ingiustizia del danno è altrimenti configurabile che come conseguenza delle violazioni di taluna delle situazioni giuridiche in cui il rapporto medesimo si articola e si svolge (v. per tutte Cassazione, Su, 12137/04).

In base a tale principio, si deve affermare che la cognizione della controversia spetta al giudice amministrativo, considerato che ai fini del riparto della giurisdizione rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione richiesta al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa pretendi, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti indicati a sostegno della pretesa avanzata in giudizio.

Invero, l’attuale ricorrente ha fatto valere la responsabilità contrattuale del datore di lavoro, indicando a sostegno della propria domanda elementi oggettivi riferibili ad una condotta dannosa che non presenta un nesso meramente occasionale con il rapporto di impiego, ma costituisce la diretta conseguenza della dedotta violazione dell’obbligo contrattuale di garantire, in relazione allo specifico ambiente lavorativo, la sicurezza dei dipendenti.

Ai fini della qualificazione della natura dell’azione, d’altro canto, non rileva la regola dell’esonero della responsabilità civile da parte del datore di lavoro, posta dall’articolo 10 del Tu di cui al Dpr 1124/65, la cui operatività risulta da un lato esclusa quando il fatto lesivo integri gli estremi di un reato perseguibile d’ufficio (come nell’ipotesi di lesioni gravi o gravissime per infortunio sul lavoro derivante dalla violazione dell’articolo 2087 Cc) e dall’altro limitata alle sole voci di danno comprese nella garanzia previdenziale, che non includono – fino alle innovazioni introdotte con il D.Lgs 38/2000 – il danno alla persona di cui il datore di lavoro risponde secondo le comuni regole civilistiche, anche in relazione alla richiamata disposizione dell’articolo 2087 Cc. La fattispecie di responsabilità va ricondotta alla violazione degli obblighi contrattuali stabiliti da tale norma, indipendentemente dalla natura dei danni subiti dei quali si chiede il ristoro e dai riflessi su situazioni soggettive (quale il diritto alla salute) che trovano la loro tutela specifica nell’ambito del rapporto obbligatorio (cfr. Cassazione, Su, 8438/04).

Va pertanto dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo. L’amministrazione deve essere condannata al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte, pronunciando sul ricorso, dichiara la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Condanna l’amministrazione resistente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate in euro 2600 di cui euro 2500 per onorari oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma il 15 dicembre 2005.

DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 7 FEB 2006.

 



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Mercoledì, 12 Aprile 2006
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