“Noi abbiamo a che fare con un gran numero di persone, che trovandosi sotto un continuo influsso latente del vino, paiono quello che non sono, son specie di maschere di se stessi, che ci ingannano. Ci troviamo intorno delle generosità, delle eloquenze, delle bontà, dei caratteri ameni, che sono fittizi, che esistono solamente a ore, ma che esistendo per quelle tante ore ogni giorno, producono in chi le incontra un’illusione stabile”. Edmondo De Amicis (*) Non scherzeremo più perché abbiamo ormai tutti sotto gli occhi che i pirati della strada, quelli che colpiscono e scappano, sono spesso ebbri[2], e che una moltitudine di incidenti stradali sono provocati da persone in stato di ebbrezza recidiva, gente che ha già subito il ritiro di patente ex articolo 186 cds e che magari aveva già ucciso nella stessa maniera. Non scherzeremo più perchè la sicurezza stradale non è una palla di stracci con cui improvvisare una partitella in giardino. È una questione di sopravvivenza, un’insidia ben più letale dell’influenza aviaria, che per essere arginata – visto che non è nemmeno pensabile di potersi muovere a rischio zero – ha bisogno di essere studiata scientificamente. L’impegno c’è, e si vede, ma ogni volta che un risultato positivo viene raggiunto, proprio quando si è sul punto di assicurarsi una maggiore condivisione da parte del grande pubblico, ecco sbucare un cecchino che apre il fuoco, uccidendo senza pietà l’opinione che tanto faticosamente si era ottenuta. Ci riferiamo alla “Drive Beer”, la cui comparsa sul mercato rischia di compromettere in maniera pesante ogni sforzo fatto per limitare l’assunzione di alcol prima di mettersi alla guida: l’idea della società produttrice, la “Tarricone spa” – dalla quale ha preso le distanze anche Asso Birra – con una nota giunta in redazione all’indomani della pubblicazione sul nostro sito è sulla carta geniale. In un’epoca storica in cui la paura di incorrere in sanzioni derivanti dalla guida in stato di ebbrezza risulta essere l’unico strumento forte in mano ad uno Stato che fa una quantità di controlli risibile rispetto a quella di paesi confinanti (si parla di 200mila all’anno contro gli 8 milioni della Francia), lanciare sul mercato una birra a bassa gradazione (2,5%) spacciandola come “in regola con il codice della strada” è un colpo basso. Per quanto riguarda i controlli effettuati in Italia, il dato al quale ci riferiamo con certezza è comunque quello diffuso dall’Interno e stilato in base all’attività di Polizia Stradale e Carabinieri: nel 2004 le verifiche dei conducenti con etilometri e strumenti precursori sono state 148.118 (+24% rispetto al 2003) con una crescita della positività accertata del 17,4%, segno che quanto più si sviluppa la ricerca delle ebrietà al volante più ebbri vengono scoperti[3]. Asso Birra, è giusto precisarlo, si è presa la responsabilità di informare il consumatore dai rischi derivanti dall’uso di sostanze alcoliche, segno di una crescente responsabilità anche fra i produttori, che fanno del consumo popolare (sic!) la propria ragione di esistere: per questo prende le distanze dalla Drive Beer e da chi la produce, perché distrugge la credibilità di chi almeno si pone il problema di una bevibilità – passateci il pasticcio di parole – che sia “sostenibile”. Il “caso Drive Beer”: pubblicità ingannevole? L’azione pubblicitaria della “Tarricone” è, a nostro parere, quantomeno ingannevole: lo dice la legge, sia ben chiaro, che disciplina la materia dal 1991, quando il decreto “Vizzini” (DL n° 425 del 30.11.1991) si propose di regolare i messaggi pubblicitari televisivi sugli alcolici. All’epoca, si ritenne sufficiente impedire ai produttori di rivolgersi ai minori, di convincere i consumatori che il consumo di alcolici aumentasse la capacità fisica e di conduzione dei veicoli, che bere facilitasse il successo, che certe bevande possedessero qualità terapeutiche e che l’alta gradazione fosse un fattore positivo. Una serie di prescrizioni, molte delle quali ci sembrano essere state puntualmente violate dall’imponente battage pubblicitario della Drive Beer e che sono, secondo noi, in palese contrasto anche con il codice etico di Autodisciplina Pubblicitaria in vigore dal 1996, istituito per limitare le promozioni pubblicitarie a “canoni di lealtà, veridicità, onestà e correttezza[4]”. È fin troppo evidente, infatti, che il messaggio pubblicitario proposto venga oggettivamente interpretato come un incoraggiamento all’uso eccessivo della bevanda (come se il poco alcol la rendesse analcolica) e soprattutto che il suo uso costituisca un’inevitabile associazione alla guida dei veicoli. La legislazione in tal senso è comunque tardiva ed ha seguito un passo completamente diverso rispetto a quella che ha di fatto impedito la promozione diretta dei tabacchi, sulle cui confezioni oggi è scritto a chiare lettere l’assoluta nocività. In Francia e in Svizzera, si è già andati oltre. Infatti, il ministro della Salute francese, Xavier Bertrand, ha proposto con decisione di far indicare su tutte le bottiglie di vino, birra e liquori la scritta “nuoce gravemente alla salute”, esattamente come avviene per sigarette, sigari, e trinciati vari. Questo perché un’inchiesta giornalistica di Hervè Chabalier rivela che ogni anno 45mila francesi muoiono a causa dell’alcol. Un’ecatombe, che mette la repubblica transalpina al primo posto in Europa, per un costo sociale di oltre 17 miliardi di euro all’anno (l’1,42 % del Pil). Per inciso, il doppio del tabagismo, che raggiunge lo 0,8%[5]. Forti restrizioni pubblicitarie sono del resto vigenti in Francia fin dal 1991, anno in cui entrò in vigore la legge “EVIN” in materia di tabagismo ed alcolismo: si pensi che sulla scia di quella legge, i ciclisti vincitori di tappe al Tour non potevano stappare lo champagne in pubblico, per non associare la vittoria sportiva al consumo di alcol[6]. La legge francese venne varata contemporaneamente all’approvazione in Italia del decreto “Vizzini”, ma risultò assai più severa. Restiamo nel campo delle sigarette ancora due righe, solo per dire che non è solo a le Mans che abbiamo visto i nostri beniamini dei motori correre senza gli sponsor dei tabacchi: anche a Donington (Inghilterra), al Sachsenring (Germania) e ad Istambul (Turchia) ne è tassativamente vietata la pubblicità. In Svizzera, invece, è stata vietata nei cantoni di Turgovia, Basilea, Campagna, Berna, Zurigo e Ginevra, l’affissione pubblicitaria per alcolici, vino compreso, nonostante in una prima fase le aziende vinicole sembravano essere state risparmiate dall’azione censoria[7]. A Singapore, come si vede nella foto, il messaggio sulle sigarette è ancora più chiaro. Le difficoltà di questo difficile allineamento è forse nella cultura italiana, oltre che nella sua secolare tradizione vinicola. Attenzione però a non farne un paravento, visto che tutta l’umanità ha sempre fatto uso di sostanze alcoliche, siano queste state ricavate dalla fermentazione che dalla distillazione di liquidi zuccherini: si pensi alla birra o al vino, che è antico quanto la civiltà occidentale. Il pannello pubblicitario della Drive Beer collocato nelle aree autostradali Un punto di partenza. A noi, in questa sede, interessa la sempre crescente incidenza dell’alcol nell’infortunistica stradale e nella sfera di reati commessi nell’ambito della circolazione (che in Svizzera viene definita con efficacia “criminalità stradale alcolica”[8]), quali la pirateria o i comportamenti. L’OMS, definendo nel 1990 i costi sociali dell’alcolismo, ha effettuato una vera e propria classificazione della fenomenologia partendo dalla distinzione tra “problemi sociali da intossicazione acuta” e da “intossicazione cronica”. Quelli che ci interessano di più (ma non è detto che si tratti di una distinzione netta) sono appunto i primi, spesso alla base di comportamenti violenti che possono sfociare in abuso di minori e devianze sessuali in genere, assenteismo ed inefficienza nel lavoro, tentativi di suicidio, incidenti stradali e domestici. C’è però un problema di fondo: la scarsità di controlli. Il Servizio Polizia Stradale, ha dato disposizione a tutti i propri uffici sul territorio di sottoporre ad etilometro tutti i conducenti coinvolti in sinistri. A nostro parere tutti dovrebbero soffiare ad ogni controllo, ma per ora il grande vuoto nel panorama della sicurezza è dovuto al fatto che manca una strategia comune a tutte le forze di polizia, siano queste dello Stato che degli enti Locali, alcuni dei quali sembrano ancora poco interessati al contrasto della guida in stato di ebbrezza. È lecito almeno chiedersi se la ragione non stia nel fatto che non ci sono – in questo settore – proventi di multe da mettere nel bilancio preventivo, visto che gli introiti delle ammende incluse nei decreti penali di condanna sono destinate alle case dello Stato. Ci sono comunque, soprattutto nei grandi centri, esempi di grande responsabilità da parte delle Polizie Locali, in prima linea anche contro questo fenomeno. Si consideri infatti che nel 2004, gli incidenti nei quali sia stata accertata l’ebrietà dei protagonisti sono stati 4.140, di cui 3.032 in strade urbane e 1.108 su quelle extraurbane. Si aggiunga anche il ruolo dei pedoni in stato di ebbrezza coinvolti a vario titolo in sinistri, e che costituiscono comunque una realtà della circolazione stradale: nel 2004 ne sono stati censiti 32, di cui 25 in città e 7 su rete extraurbana[9]. {foto4s} A noi, francamente, pare davvero strano che l’alterazione psico-fisica dovuta all’ingestione di alcolici abbia un’incidenza così bassa sul totale: si tratta di dati assolutamente non in linea con i segnali che giungono innanzitutto dalla strada e con quelli dell’Europa. Uno studio analogo è stato effettuato in Canada, in Québec, dove l’alcol è considerato – su dati statistici – la prima causa di incidente mortale sulle strade: secondo le informazioni raccolte dal governo locale, infatti, nel solo 2003 l’assunzione di sostanze alcoliche ha causato 240 decessi, 1.100 invalidi permanenti e 2.500 feriti.[11] Per questo le sanzioni sono durissime e in caso di recidiva o di tasso alcolemico elevato si va in prigione per 3 anni, si pagano 4.500 euro di ammenda, si perde la patente e per tre anni non è possibile ottenerla di nuovo: in più le assicurazioni non corrispondono rimborsi ai propri assicurati (solo alle controparti pretendendo poi dal contraente la restituzione di quanto dovuto), non pagherà loro l’avvocato difensore e una volta definita la pratica subirà un aumento della polizza del 400%. Non è ora di rimboccarsi le maniche anche da noi? *Sovrintendente della Polizia Stradale [1] CENTRO DOCUMENTAZIONE E RICERCA SUL FENOMENO DELLE DIPENDENZE PATOLOGICHE, Servizio Tossicodipendenze Azienda U.S.L. 8 Arezzo, Servizio Sanitario Regione Toscana. [2] Per stato di ebbrezza, consideriamo sia quella da alcol che da stupefacenti o tutte e due insieme. [3] Fonte: Ministero dell’Interno su dati Polizia Stradale e Arma dei Carabinieri. [4] “Alcol e Pubblicità”, Silvia Rentini e Leonardo Zanelli, Usl 8 Arezzo e “La legislazione sull’alcol”, Cottino A. [9] Cause accertate o presunte di incidente stradale secondo il tipo di strada – anno 2004. Istat “Statistica degli incidenti Stradali 2003-2004”. Prospetto 2.32. [10] Asaps News, 14.12.2005, fonte DGT Spagna. [11] Fonte, CNW Telbec/Portail Québec
Da noi ci sono ancora falle pazzesche, come la questione del foglio rosa: chi non riesce a conseguire la patente, soprattutto per i motocicli, può circolare quasi liberamente rinnovando continuamente il foglio rosa, al quale – lo sappiamo – non si applicano decurtazioni di punti né sospensioni. Tornando alla Francia, paese che più di altri in Europa (ad eccezione dell’Inghilterra) ha dimostrato che “volere è potere”, la Prévention Routière stima che permanentemente circa il 3% dei conducenti sia sotto l’effetto dell’alcol, fornendo anche un profiling dell’ebbro: non si tratta di un etilista, ma di un “acuto”, che in caso di incidente finisce 1 volta su 3 fuoristrada o contro un ostacolo fisso. La percentuale di ebbri sulla strada aumenta però spaventosamente nelle notti del fine settimana, quando i controlli della Gendarmeria e della Polizia Nazionale hanno rilevato fino al 30% di positivi: in 1 caso su 2 si tratta di giovani appena usciti dalle discoteche. Alcuni esperti transalpini ritengono che il rischio di incidente stradale mortale sia doppio quando il conducente abbia una percentuale di alcol nel sangue da 0,2 a 0,5% e si moltiplichi per dieci da 0,5 a 0,8%. C’è da riflettere a pensare che per una persona con tasso alcolemico compreso tra 0,8 e 1,2 g/l la possibilità di restare uccisa al volante è 35 volte superiore rispetto ad una sobria. Su una cosa c’è comunque uniformità: 1 incidente mortale su 3, in Francia, è dovuto all’alcol. Una delle ricerche più serie e complete che siano state per ora portate a termine, giunge dalla Spagna, dove secondo la Direzione Generale del Traffico (DGT) – una sorta di dipartimento della sicurezza stradale in seno al ministero delle Infrastrutture – l’alcol è risultato responsabile delle morti sulla strada con percentuali elevatissime, tra il 30 ed il 50%[10]. Si tratta di uno studio dell’Istituto Nazionale di Tossicologia, che nel 2004 ha effettuato 1.389 autopsie su altrettanti conducenti uccisi in incidenti stradali: tra questi, il 36,1% avevano alcol nel sangue, dei quali il 30,3% evidenziava valori oltre il limite consentito dalla legge (0,5%). Un attento analista del fenomeno capisce che anche sotto la soglia di legge nessuno può garantire l’assenza di effetti incompatibili con la guida, peraltro ampiamente dimostrati fin dallo 0,2%. A differenza di quanto accade puntualmente in Italia, dove si continua a ritenere che il limite dello 0,5% sia eccessivamente basso, in Spagna la percezione del rischio si è consolidata, soprattutto in chi informa, previene e reprime: la risposta è stata infatti immediata, secondo l’esempio francese, e nel solo periodo dell’Immacolata le forze dell’ordine sono riuscite ad effettuare 195mila controlli, contro i 110mila dell’anno precedente. In pratica in soli 13 giorni di attività la Spagna ha fatto quanto nel nostro paese si riesce a fare in un anno.
Ora non vogliamo scherzare più: è il momento di fare sul serio. Cercheremo di non entrare nel merito delle abitudini, in questa inchiesta, ma una cosa deve essere chiara subito: l’alcol è una sostanza pericolosa. Può nascondersi in modi e gradazioni diverse in tutte le bevande di maggior consumo, si tratti di vini pregiati che quelli in cartone, di birre da 20 centesimi come di quelle da intenditori e di tutti i drink da discoteca, da dopocena o da serata impegnata. È, tra le sostanze psicoattive, una di quelle che ha maggior tossicità intrinseca e questo significa che fa danni praticamente dappertutto e non solo nel fisico. Anche la mente ne esce provata e questo rende la sua dipendenza una delle più difficili da recuperare, in primis perché generalmente sottovalutata e poi perché da un punto di vista sociale comporta problemi davvero seri nella riconquista di quel concetto di salute di cui fa menzione l’OMS[1].
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