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Rassegna stampa Alcol e guida del 21 aprile 2006

a cura di Alessandro Sbarbada e Roberto Argenta

CORRIERE DELLA SERA
Alcol terza causa di morte

BRUXELLES - Gli europei bevono piu’ di tutti, almeno il doppio rispetto agli altri abitanti del pianeta. Un consumo eccessivo che fa dell’alcol la terza causa di morte in Europa - dopo ipertensione e fumo - e il principale fattore di rischio tra i giovani. La mortalita’ nel vecchio continente e’ aumentata del 15% dal 2000 al 2002 e oggi rappresenta il 6,3% di tutte le cause di morte, soprattutto per giovani e classi sociali disagiate. Un problema che all’Europa costa ogni anno tra il 2 e il 5% del prodotto interno lordo. Per combatterlo sono gia’ state individuate alcune politiche - contenute nel documento Salute 21 dell’Oms - che mirano a ridurre entro il 2015 gli effetti negativi per la salute derivanti da tabacco, alcol e droghe. (Agr)


REPUBBLICA

ASSICURAZIONE MOTORI

Sul totale delle cause accertate o presunte di incidente stradale, quelle
per stato di ebbrezza erano l’1,2% nel 2003, sono salite all’1,5% nel 2004 (*)
Più incidenti per l’alcol
Aumento soprattutto in città

Più incidenti per aver alzato il gomito. L’ultima relazione del ministro della salute al parlamento sulla legge quadro sull’alcol, del dicembre 2005, è chiara: sul totale delle cause accertate o presunte di incidente stradale, quelle per stato di ebbrezza erano l’1,2% nel 2003, sono salite all’1,5% nel 2004.

Gli incidenti legati all’abuso di alcol avvengono soprattutto in città, spiega ancora la relazione. Lo stato di ebbrezza rappresenta, nel 2004, il 72% del totale delle cause dovute allo stato psicofisico del conducente, con 4.140 Casi rilevati (contro i 3.548 Del 2003).

Ma non è tutto: sette giovani su dieci bevono alcolici. A 13 anni l’età media del primo bicchiere. I consumatori abituali rappresentano il 18,7 per cento di chi ha dichiarato di aver bevuto almeno 5 unità di bevande alcoliche nell’ultimo mese. Oltre 18mila gli under 18 capitati in moto o in auto con il guidatore in stato di ebbrezza. Conferenza stampa dell’Eurispes Calabria in occasione della giornata mondiale sulla prevenzione di alcool. Presenti il direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, Cesare Pelaia, il direttore dell’Azienda sanitaria di Cosenza, Battista Aquino e la responsabile dell’Unità operativa alcologia dell’Asl di Cosenza, Maria Francesca Amendola. "E’ necessario fare rete per proteggere le giovani generazioni dai rischi alcol-correlati.

I giovani - ha dichiarato il presidente dell’Eurispes Calabria, Raffaele Rio - costituiscono un target molto esposto ai rischi legati al consumo di alcool. Rischi spesso assunti in maniera inconsapevole e sempre più influenzati dalle pressioni sociali, mediatiche, pubblicitarie, familiari. L’alcool, a differenza degli altri principali fattori di rischio, gode di una accettazione sociale e di una familiarità e popolarità legate alla cultura italiana del bere, una cultura mediterranea che poneva, sino ad un decennio fa, il consumo di vino come componente inseparabile dell’alimentazione.

Oggi si può affermare senza ombra di dubbio - ha continuato Rio - che, a fronte delle modificate abitudini e modelli di consumo e della più ampia disponibilità ed offerta di bevande alcoliche, i giovani, e spesso anche gli adulti e, tra questi, le donne in particolare, hanno adottato modelli di consumo che, separando il bere dalla ritualità dei pasti, hanno trasformato il significato originale del bere in un valore comportamentale prevalentemente legato all’uso dell’alcol in funzione degli effetti che esso è in grado di esercitare sulle performance personali. L’alcool - ha concluso Raffaele Rio - è usato, e non consumato, per sentirsi più sicuri, più loquaci, per facilitare le relazioni interpersonali, per apparire più emancipati e più "trendy", alla moda, per essere più facilmente accettati dal gruppo o, in alcuni casi, per conquistare un ruolo di (presunta) leadership tra i pari".

Il consumo: "trincano" sette ragazzi su dieci. in testa Paola, Rossano e Lamezia. Il consumo di bevande alcoliche tra i ragazzi calabresi risulta molto diffuso: 7 giovani su dieci (70,8%) hanno dichiarato di bere alcolici con una prevalenza maggiore fra i ragazzi (75%) rispetto alle ragazze (66,2%).

Riguardo i luoghi di ritrovo in cui abitualmente i giovani consumano bevande alcoliche, in testa alle preferenze troviamo i pub e le birrerie (30,7%); seguono la propria casa o casa di amici (17,5%) e la pizzeria (15,0%), pochi, invece, i ragazzi che si ritrovano a bere alcolici in discoteca (3,8%).

Nella disarticolazione dei dati per ASL di appartenenza dei giovani intervistati, è possibile tracciare una graduatoria del livello di diffusione del fenomeno tra le diverse aree della regione. In testa alla classifica, con la più alta percentuale di soggetti che dichiara di consumare sostanze alcoliche, si collocano le ASL di Paola con l’81,6%, Rossano con il 76,3% e Lamezia Terme con il 75,3%. A seguire, con valori di poco inferiori, le ASL di Crotone e di Cosenza entrambi con un valore pari al 74,3%; nei gradini più bassi si posizionano invece le ASL di Locri (63,1%), Vibo Valentia (61,5%) e Palmi (59,7%).

La "prima volta" a 13 anni. Relativamente all’età della prima assunzione, si rileva, che l’età media in cui i ragazzi hanno iniziato a bere è 13 anni. In particolare, l’analisi per sesso evidenzia ancora una volta che i ragazzi iniziano prima delle ragazze: il 20% dei primi a fronte del 10% delle seconde hanno provato sostanze alcoliche prima dei dodici anni (precisamente tra 8-11 anni). Poco meno di 3 ragazzi su 4 (il 73,1%) hanno iniziato tra i 12 e i 15 anni (quasi indistintamente, sia per i maschi, il 73,6%, che per le femmine, il 72,7%), l’11,5% tra i 16 e i 18 anni ed in questo caso, a conferma di quanto appena osservato, sono di più le ragazze che i ragazzi (rispettivamente il 17,1% a fronte del 6,6%).

Le motivazioni al consumo: la compagnia fa l’uomo ladro per 1 giovane su 2. Ma quali sono i motivi che spingono i giovani calabresi a consumare sostanze alcoliche? La maggioranza del campione intervistato, il 51,3%, indica come motivazione principale lo spirito di gruppo, ossia la possibilità o volontà di farlo in compagnia (51,3%). Un’altra quota rilevante, il 25,9%, non individua una ragione specifica sostenendo che l’alcool procura, comunque, piacere; il 10,2% sostiene, invece, che esso aumenti il divertimento, pochi coloro che trovano nel bere un modo per evadere dai problemi quotidiani (4,1%) o ancora una condizione che li può fare sentire più adulti (1,1%). La birra "prima di tutte". Relativamente alla tipologia di alcolici e alla modalità di consumo delle stesse, si nota innanzitutto che i ragazzi, in generale, fanno un maggiore uso di alcolici rispetto alle loro coetanee.

La bevanda più consumata, principalmente durante i pasti (59,2%) risulta la birra: hanno dichiarato di berla il 93,7% dei maschi e l’86,8% delle femmine; a seguire, con un numero sensibilmente inferiore di consumatori, il vino, anch’esso bevuto per lo più durante i pasti (56,9%), dal 72,5% dei ragazzi e da un più basso numero di ragazze, il 58,4%. Rilevante è anche la quota di soggetti, il 71,7% dei maschi a fronte del 64,7% delle femmine, che ha dichiarato di bere superalcolici, che, a differenza del vino e della birra, vengono consumati quasi esclusivamente fuori dai pasti (64,5%). I digestivi risultano le sostanze alcoliche meno consumate, incontrando comunque i gusti del 62,7% dei ragazzi e del 57,7% delle ragazze.

 
(*) Nota: sappiamo come questo dato sia lontanissimo dalla realtà.

Nel nostro paese sono alcolcorrelati circa la metà degli incidenti stradali.

Il fatto che solamente nel 1,5 per cento degli incidenti venga rilevato lo stato di ebbrezza dei conducenti coinvolti dimostra, ancora una volta, la inaccettabile carenza di controlli alcolemici.


IL TEMPO

Alcol, a 11 anni il primo bicchiere

ALLARME alcolici per i minorenni: un ragazzo su cinque (19,5%) fra gli 11 e i 15 anni e uno su due tra i 16 e i 17 (50,9%) ha assunto bevande alcoliche nell’ultimo anno. Lo afferma - sottolineando la «preoccupazione» del dato - l’Istat in un’indagine sull’uso ed abuso dell’alcol in Italia nel 2005, realizzata su un campione di 20 mila famiglie (complessivamente 50 mila individui) che per la prima volta ha preso in esame anche i ragazzi da 11 anni. Fra 11 e 15 anni, ha assunto alcol il 21,8% dei maschi e il 17% delle femmine; nella fascia successiva, 16-17 anni, il consumo arriva a 58,8% fra i maschi e al 42,4% fra le femmine. E ben il 3,2% dei ragazzi (1,3% tra le ragazze) con 11-15 anni ha dichiarato di essersi ubriacato almeno una volta nel 2005, percentuale che sale al 10,9% fra i 16-17 anni (e uno su 4 si è ubriacato almeno 3 volte). Da notare che la legge italiana vieta la somministrazione di alcolici ai minori di 16 anni. Fra l’altro, l’1% dei ragazzi di 11-15 anni consumano alcol fuori pasto almeno una volta la settimana; il 4,7% nella fascia di età successiva, 16-17 anni. In generale, rispetto all’Europa, l’Italia presenta un quadro meno allarmante, collocandosi tra gli ultimi posti per consumo di alcol. Gli italiani fanno un uso «moderato» dell’alcol: lo assumono per lo più vino durante i pasti.


IL GAZZETTINO (UDINE)

Binge-drinking, la moda fatale 

Si diffonde in Friuli la trasgressione "trendy" fra ragazzi: bere per ubriacarsi

Avamposto contro il killer. Dovrà esercitare tutte le sue capacità il Friuli per rispondere alla chiamata romana. La Conferenza Stato-Regioni ha assegnato alla nostra Regione il ruolo di capofila a livello nazionale per il coordinamento sull’applicazione della legge 125 del 2001 sulla lotta all’alcolismo. Un’operazione vitale, in considerazione dell’assunzione smodata da parte dei giovanissimi di sostanze alcoliche. L’abuso per l’abuso sembra diventare anche da noi il passatempo preferito dai teenager: inizia a sbarcare una moda trasgressiva che nell’Europa del Nord è diventata ormai un’abitudine. Si chiama binge drinking: pratica di consumo ad alto rischio che si concretizza nel ’bere per ubriacarsi’. Da qui i fenomeni in ascesa di intossicazione da alcol: si inizia con cinque drink uno di seguito all’altro per sperimentare la pazzia di un bere no-stop. Il binge drinking non comporta una particolare tipologia di bevanda alcolica: può essere vino, birra, superalcolico e ancora, più frequentemente, un mix di diversi bicchieri. Le conseguenze sul piano fisico di questo uso sconsiderato, spesso associato a sostanze psicoattive, sono come una bomba dentro il corpo.
L’allarme c’è, anche perché l’alcol continua ad essere la prima causa di morte fra i giovani d’età compresa fra i 15 e i 29 anni. Ranghi serrati, dunque, per guidare il Bel Paese verso la liberazione dalla droga etilica. Pochi giorni fa una lettera dalla capitale ha inorgoglito l’Azienda sanitaria 4 del Medio Friuli alla quale la Conferenza Stato-Regioni ha attribuito la leadership della missione contro la minaccia dilagante. Si tratta di un incarico di cui va fiero Francesco Piani, responsabile del Dipartimento delle dipendenze, che si appresta a sedere nella sottocommissione ministeriale (fra pochi giorni operativa) deputata a fungere da cinghia di collegamento fra la Consulta ministeriale e la Conferenza Stato-Regioni. Il prossimo step consiste nella nomina dei rappresentanti di tutte le Regioni che andranno a costituire lo speciale team tecnico, a guida friulana, investito del delicato compito di elaborazione delle linee-guida applicative della normativa nazionale. Senza l’incoronamento del Friuli a cabina di regia, il rischio - come spiega Piani - era quello di "trovarsi con Regioni che, in base alla devolution e alla potestà primaria nelle loro mani, potevano attrezzarsi o meno per la battaglia contro l’emergenza-alcol". Con l’attribuzione alla terra friulana, invece, dopo l’approvazione delle linee-guida da parte della Conferenza, tutte le Regioni dovranno rispettare i dettami applicativi. I progetti, naturalmente, necessitano di finanziamenti, ed è per questo che Piani avverte i responsabili dell’erogazione economica: "Ci auguriamo che la nostra Regione provveda sotto il profilo finanziario; non possiamo permetterci di andare incontro a brutte figure...". Intanto, si è già fissato un primo obiettivo: entro due anni al massimo dovranno essere pronte le linee-guida.
È con questo spirito che ci si approssima a un appuntamento clou per la nostra città, presentato in Comune, con i dirigenti dell’Ass 4, il sindaco Sergio Cecotti e i diversi soggetti pubblici e privati che sostengono la due giorni (4-5 maggio) di conferenza internazionale su Giovani e Alcol. Testimonial d’eccezione: Paolo Villaggio che parlerà la mattina del 4 maggio al Palamostre. Poi la parola passerà agli specialisti che tracceranno, nel pomeriggio in sala Ajace e il 5 in sala Paolino d’Aquileia, la situazione della dipendenza dal killer.

Irene Giurovich


IL GAZZETTINO (UDINE)
SANITÀ

Prevenzione alcologica

L’Acat (Associazione club alcolisti in trattamento) ha organizzato per domani al teatro San Giorgio in via Grazzano due rappresentazioni teatrali ( alle 11 e alle 17). La compagnia di Pino Rovereto metterà in scena «Capriole». Domenica, in piazza Matteotti, dalle 9 alle 19, sarà allestito un gazebo dove saranno distribuiti volantini e materiale informativo sul problema alcol. Entrambe le iniziative rientrano tra quelle previste in occasione del mese di prevenzione alcologica


IL GAZZETTINO (ROVIGO)

ADRIA - Aprile è il mese della prevenzione alcologica

ADRIA - Aprile è il mese della prevenzione alcologica. L’iniziativa nazionale, giunta alla 5°edizione, è promossa dall’Istituto superiore della sanità, dalla Società italiana di alcologia e dall’Aicat, l’Associazione italiana club alcolisti in trattamento. Anche quest’anno l’Ulss 19, tramite il Dipartimento per le dipendenze diretto dal dottor Andrea Finessi, aderisce con diverse iniziative in collaborazione con l’Acat Basso Polesine, municipalità, scuole ed associazioni. Per tutto il mese continuerà l’attività di informazione e sensibilizzazione ai problemi alcolcorrelati svolta con gli operatori degli ambulatori di Adria, Porto Tolle, Porto Viro e Taglio di Po. Sarà portata a termine la lunga serie d’incontri che ha coinvolto 31 classi quarte e oltre seicento studenti delle scuole medie superiori di Adria, Porto Viro e Porto Tolle, e le otto autoscuole presenti in Basso Polesine per sensibilizzare i ragazzi ai problemi collegati all’uso di alcolici nella guida. Il 13 aprile sono iniziati a Taglio di Po, grazie all’Acat, gli incontri rivolti alle famiglie sui temi della salute in relazione all’uso e dipendenza da alcol e il 19 aprile si è tenuta una giornata di formazione, organizzata in collaborazione con i Dipartimenti di medicina e di salute mentale e rivolta a 40 operatori dell’ospedale e del territorio per trattare l’approccio famigliare ai problemi alcolcorrelati. Un altro appuntamento importante è in programma per il 24, giorno di mercato settimanale ad Ariano Polesine. Col Servizio tossicodipendenze collaborerà l’Acat Basso Polesine, il Comune, l’associazione Solidarietà Delta di Porto Tolle e l’Istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione di Adria. Nella piazza del mercato sarà distribuito materiale informativo sui rischi collegati al consumo di alcol e saranno offerte bibite analcoliche preparate dagli studenti della scuola alberghiera. Tutte queste iniziative sono orientate a cambiare la cultura collegata all’uso degli alcolici, i cui danni sono ampiamente dimostrati a livello biologico e sociale.


L’ADIGE

Inquietanti i dati dell’Istat: il 40% dei ragazzi tra gli 11 e i 15 anni beve.

Il vizio dei drink fuori pasto
I giovani e la sbronza come abitudine
Indagine sul consumo di alcol, Trentino secondo solo al Veneto

Il Trentino Alto Adige è ai vertici di una classifica ben poco esaltante, quella dell’abitudine al bere. Il 75% dei trentini beve alcolici e oltre il 13% si concede un bicchiere anche fuori dai pasti. In queste graduatorie siamo preceduti di poco, rispettivamente da Veneto e Friuli. L’indagine dell’Istat mette in evidenza anche altri dati preoccupanti nel Nord-Est: quasi il 40% dei ragazzi tra gli 11 e i 15 anni beve alcolici; l’11% dichiara di essersi ubriacata più di 12 volte in un anno


L’ADIGE

Ziano: interclub degli alcolisti

L’associazione Club alcolisti in trattamento di Fiemme organizza per domenica 23 aprile a Ziano l’interclub zonale di Fiemme e Fassa, alle ore 14 in sala parrocchiale. Tema della giornata, «Non bere: una scelta della famiglia».


IL GIORNALE DI VICENZA

EMERGENZA SALUTE. L’Istituto superiore di sanità traccia un quadro preoccupante

Rischio alcol per giovani e donne
A rimetterci sono salute e lavoro con 100mila infortuni l’anno

Roma. Alcolismo: un problema che coinvolge sempre più giovanissimi, adolescenti e donne e che ha pesanti ripercussioni non solo sulla salute, ma anche sulla società, visto che ogni anno in Italia circa 100 mila infortuni sul lavoro sono causati dall’alcol, che rappresenta secondo i dati dell’Oms il terzo fattore di rischio di mortalità e disabilità dopo ipertensione e fumo. Una situazione che subisce l’influenza anche delle abitudini familiari, visto che nei nuclei parentali dove il capofamiglia è un bevitore ad alto rischio, è più alta la probabilità che anche conviventi, coniugi e figli facciano altrettanto. È il quadro che emerge dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), che ha organizzato ieri a Roma la quinta edizione della Giornata per la prevenzione dell’alcol.
Il 60% della popolazione femminile dunque beve alcolici, e di queste il 20% lo fa consumandone quantità in eccesso rispetto a quelle considerate a minor rischio dalle Linee guida per una sana alimentazione (1-2 bicchieri al giorno per le donne e di 3-4 per gli uomini), in una percentuale doppia rispetto a quella degli uomini (10%). Due i periodi della vita particolarmente a rischio: da giovanissime, quando bere le aiuta a sentirsi più sicure ed accettate dal gruppo e, più tardi, a cavallo dei 40 anni, per far fronte al bilancio di una vita spesso deludente.
Dai dati presentati dall’Iss, emerge inoltre che la distribuzione in Italia dei consumatori di alcol a maggior rischio aumenta con l’età per entrambi i sessi, con valori massimi intorno ai 65-74 anni, seguita dalla classe dei 45-64 anni. Il picco di maggior frequenza di uso problematico si colloca invece attualmente tra i 35 e i 44 anni, in un momento particolarmente delicato per le donne, che devono affrontare i timori per la perdita della giovinezza, di riduzione della fertilità e della capacità procreativa, di bilanci di vita affettiva e familiare. I livelli più elevati di dipendenza da alcol, dice l’Iss, si riscontrano tra casalinghe e pensionate.
«Per i giovani l’alcol rappresenta», spiega Emanuele Scafato, dell’Osservatorio fumo, alcol e droga, «la prima causa di morte alla guida. Spesso poi a questa cattiva abitudine, si aggiunge quella del fumo, che aumenta progressivamente con la quantità di bicchieri bevuta. In totale, dal 1998 al 2003, il numero degli alcoldipendenti è invece aumentato del 136% per gli uomini e del 144% per le donne».
Se questi sono gli effetti a livello di salute, non va meglio anche per quel che riguarda il lavoro. Ogni anno infatti vengono denunciati all’Inail 940 mila infortuni sul lavoro, di cui circa il 4-20% del totale, pari a un numero compreso tra i 37 mila e 188 mila incidenti, è provocato dall’alcol, come spiega l’opuscolo «Alcol e lavoro», frutto di un progetto del ministero della Salute, delle Regioni e dell’Iss.
Un quadro preoccupante, cui si aggiungono altri dati, tra cui quelli dell’Organizzazione internazionale per il lavoro (Oil), per cui il 10-12% di tutti i lavoratori con età superiore ai 16 anni ha problemi legati ad abuso o dipendenza da alcol. Più si beve, più aumenta il rischio di incidenti e infortuni fino a ben 25 volte nei bevitori rispetto ai soggetti sobri che si trovano nelle stesse condizioni lavorative. A tal proposito, ricorda l’Iss, è utile sapere che la velocità con cui il fegato elimina l’alcol è di circa un bicchiere all’ora. Il che significa che chi lavora deve necessariamente aspettare almeno un’ora, dopo aver bevuto un bicchiere, per riprendere a lavorare. (*)

 (*) Nota: finalmente quest’anno l’”Alcohol Prevention Day” ha avuto una notevole visibilità, su giornali, radio, televisione.

La rassegna di oggi, per evitare ripetizioni, riporta solo alcuni tra i moltissimi articoli pubblicati oggi dalla stampa sul tema (alcuni con titoli orribili, come quello riportato di seguito).

A parte il cosiddetto “decalogo per i genitori” (vedi rassegna di ieri), che mi ha lasciato molto perplesso (è stato davvero trovato un limite preciso che separa l’uso dall’abuso di alcol? ), mi pare che sia stato fatto un lavoro davvero eccellente, e di questo dobbiamo essere grati soprattutto all’Istituto Superiore di Sanità, che ha lavorato in maniera straordinaria per questa importantissima iniziativa.

Bene così.


IL GAZZETTINO

LA GIORNATA ANTI-ALCOLISMO

Un cin cin tra amici fa bene, ma oltre centomila infortuni sul lavoro l’anno sono causati dall’eccesso di alcol 


 

IL GIORNALE DI VICENZA

Il Cappellano del carcere: «C’è una responsabilità personale del carcerato ma non dimentichiamo la società»

«Sognano di poter ricominciare»
Don Agostino Zenere: «Soffrono per la condanna morale»
A colloquio mi sento dire spesso dai detenuti che cercano comprensione: «In carcere la sola cosa che si può fare liberamente è pensare. Ma non si può pensare tutto il giorno: si diventa matti»

Il detenuto è una persona che soffre per la privazione della libertà. I carceri sono chiamati Istituti di Pena e la condanna è una pena da scontare. Nell’immaginario collettivo trovo sempre la convinzione che i detenuti oggi «fanno un carcere facile» che non sortisce alcun effetto. Invece la privazione della libertà è una gran pena. Chi studia da un punto di vista psicologico l’esperienza detentiva la paragona alla perdita di un genitore che come prova morale e affettiva sta al vertice.
Va detto che la pena è appunto la privazione della libertà (d’altronde funziona così: «Tu hai fatto cattivo uso della libertà recando danno ad un’altra persona, ora io ti punisco e ti tolgo la libertà affinché tu riconosca il valore della libertà e impari le regole che la garantiscono, le regole che questa determinata società si è data»). Mi dicono: «Lei Padre viene dentro tutti i giorni, ma poi sa che può uscire. Lei non si è mai fatto chiudere dentro una cella, anche per poche ore. Tutto quello che normalmente si fa non si può più fare. La sola cosa che si può fare liberamente è pensare. Ma non si può pensare tutto il giorno: si diventa matti».
Il detenuto è una persona che soffre per la condanna morale che il carcere porta con sé. Uno rimane per tutta la vita un ex-carcerato, uno che ha sbagliato, uno che non è degno di fiducia, uno che ha fatto del male agli altri.
È una persona senza più diritti: in cella come compagni può arrivare chiunque, un nero, un albanese, un italiano… chi capita. Può essere tossicodipendente, malato, sporco, ubriaco o ferito: con chiunque arrivi bisogna andare d’accordo, dividere il poco spazio a disposizione, prestarsi le cose, pulire la cella, condividere i servizi igienici. Dalla cella tutto si deve chiedere: una pastiglia per il mal di testa, una penna per scrivere, una busta per inviare una lettera. E’ necessario chiedere con la domandina (un apposito modulo): ci vogliono giorni per avere la risposta. Tutto è rallentato, sottoposto a restrizioni e a innumerevoli regole. Il carcere è generalmente sovraffollato e un solo agente penitenziario deve sorvegliare da solo una sezione con 65 detenuti.
Il carcerato è una persona con forti sensi di colpa che cerca di mascherare con un mare di bugie. Le bugie sono dette al giudice, a volte si concordano con l’avvocato. Lo prevede il sistema giudiziario italiano che riconosce la durezza della privazione della libertà e che permette al reo di non pagare "troppo".
A quanti pianti si assiste! Certo non sono tutti pianti sinceri secondo i nostri criteri di pentimento e redenzione ma esprimono dolore vero. Sì il dolore e la sofferenza, la rabbia e la disperazione sono vere. Per questo insieme di situazioni, nella calma di un colloquio, la persona detenuta cerca di "salvare la faccia" magari per ottenere un sorriso o qualcosa che li aiuti a passare il tempo, oppure solamente per sentire che qualcuno ha ancora cura di loro. Sono uomini come noi con desideri sani di contare qualcosa, di non aver distrutto tutto, di aver ancora la possibilità di cominciare.
Il detenuto è una persona che non lo dice ma che dubita di poter cambiare perché ha già sbagliato innumerevoli volte; perché non sa riconoscere la causa di quanto è successo; perché porta con se una storia che non sa leggere in modo critico. La persona ristretta tende veramente ad attribuire agli altri la sua sventura e a non riconoscere le proprie colpe. (Si dice che in carcere sono tutti innocenti). Possiamo affermare che il problema di queste persone non è tanto la detenzione ma la storia, la vita e l’ambiente che stanno all’origine del comportamento che li ha portati in carcere.
Infine il ruolo della società. Per la persona detenuta il problema non è la carcerazione (anche se a lui può sembrare così). Il problema è la sua storia, è l’ambiente da cui proviene e a cui solitamente torna alla fine della pena.


IL MESSAGGERO

Alcol, emergenza donne e adolescenti
Ma esplode la polemica 

ROMA - Il binge drinking (dai sei bicchieri in su) è arrivato anche da noi e si è diffuso tra i giovanissimi. Un ragazzo su cinque, tra gli undici e i quindici anni, ha fatto uso di alcolici, concentrando il bere in una sola serata. L’allarme lo hanno lanciato l’Istat, nell’indagine presentata ieri sull’uso e l’abuso di alcol e l’Istituto superiore di Sanità che ha diffuso un decalogo di consigli alle famiglie. Pronte le reazioni di alcuni psicologi e nutrizionisti, tra questi Andrea Poli, della Nutrition Fondation of Italy, che parla di «terrorismo epidemiologico» e di «proiettili mediatici» lanciati su un fenomeno circoscritto che non corrisponde agli accenti usati. Posizione condivisa dagli psicologi Giorgio Bressa e Federico Bianchi di Castelbianco. Giampaolo Fabris, sociologo, si chiede se questa tendenza al proibizionismo non sia solo un modo per criminalizza un settore merceologico (*). Le statistiche sull’alcol, dunque, dividono gli esperti. E riaccendono un antico dibattito tra chi vede nel bicchiere un killer capace di uccidere e chi, invece, sdrammatizza esaltando l’innocuità e gli aspetti conviviali, legati ai consumi moderati del vino. Ieri, nella giornata dedicata alla prevenzione, l’Istituto superiore di Sanità e l’Istat hanno diffuso dati. Emerge che c’è un allarme minori. Un ragazzo su cinque (19,5%) fra gli 11 e i 15 anni e uno su due tra i 16 e i 17 anni (50,9%), rileva l’Istat, ha fatto uso di bevande alcoliche nell’ultimo anno. E se c’è un consumo eccessivo nella fascia culturalmente meno elevata, c’è anche, di contro, un consumo che accompagna gli alti livelli di istruzione (beve il 46% delle donne con la licenza elementare e il 73,8% delle donne laureate). Anche l’alcol, dunque, quando si cade nell’abuso diventa una droga trasversale, come la cocaina o l’ecstasy. Aumenta il consumo, dunque. Ma, osserva l’Istat, in Italia «il consumo di alcol è per tradizione culturale moderato ed è soprattutto legato alla gastronomia e agli aspetti conviviali della vita».

 
(*) Nota: la “tendenza al proibizionismo” è solo nella testa di chi ne evoca lo spettro, mi pare.
Qualcuno tra chi legge questa rassegna sa di proposte volte a proibire il consumo di alcol in Italia?
Io non ne ho mai sentite, eppure penso di essere abbastanza informato.
C’è proibizionismo in un paese che ha rubriche fisse di promozione al vino su tutti giornali, le riviste, fino nei telegiornali nazionali?
Davvero esiste questo rischio proibizionistico, quando rileviamo enormi investimenti pubblici, a partire dal Ministero delle Politiche Agricole fino all’ultimo assessorato del più piccolo comune italiano, per sostenere economicamente la produzione ed il commercio del vino?
O forse le "strade del vino" esistono e vengono finanziate con denaro pubblico solo qui a Mantova da dove sto scrivendo?
Lo sa questa gente che viviamo in uno Stato dove le leggi che regolamentano la produzione ed il commercio del vino sono state scritte da parlamentari produttori vinicoli?
Un proibizionismo davvero bizzarro, mi pare.
Eppure basta che per un solo giorno si informino i cittadini sui rischi del bere, che subito salta fuori qualcuno con questa storia balorda del proibizionismo.
Quando anni fa si cercò di far scrivere sulle etichette delle bevande alcoliche le avvertenze sui rischi del bere (così come obbliga la legge 126 del 10 aprile 1991, articolo 1 comma c http://www.adiconsum.it/Settori/Progetti/Progetto%20Ecolabel/Documenti/Legge%20126%201991.pdf ), molti evocarono lo spettro del proibizionismo, quasi come scrivere su un whisky, per fare un esempio, che l’alcol in gravidanza comporta problemi per il feto, equivalesse a proibire agli italiani di bere birra, vino e altri alcolici.
La lobby dell’alcol vinse, e oggi i produttori sono costretti a scrivere le avvertenze in etichetta solo sulle bottiglie destinate al mercato estero…


IL MESSAGGERO
di MARCO MOLENDINI ROMA -

Non fa sconti Fiorello, ci va ... 

ROMA - Non fa sconti Fiorello, ci va giù duro, senza freni, veste i panni del fustigatore armato di randello e, stavolta, non c’è nulla da ridere, non si tratta delle sue imitazioni, delle sue prese per i fondelli, dei suoi scherzi telefonici. «Ergastolo, ergastolo» grida dai microfoni di Viva Radio due, durante la puntata del suo celebratissimo programma quotidiano. Ce l’ha coi pedofili che devono stare in galera, dice, senza se e senza ma e, soprattutto, senza fare sconti. E poi ce l’ha anche con l’alcol che va combattuto e non venduto negli autogrill: «Finché non metteranno sulle bottiglie di whisky la scritta ”nuoce gravemente alla salute” continuerò a dire che è peggio della marijuana» proclama. Applausi in studio. Rosario è gasatissimo. E la sua filippica non si placa, neppure quando esce dallo studio, prende la macchina e assieme alla moglie, Susanna, prende la strada di Venezia.

Che succede Fiorello? ”Viva Radio” due sembrava una tribuna, non un programma comico.
«Succede che mi sono rotto le scatole. Non ne posso più. Mi sono stufato di quelli che chiedono perdono, anche se lo dice la religione. Chissà, forse la mia sensibilità è cresciuta perché sto per diventare padre».
Ma lei è un comico, anzi il comico che piace a tutti, è il suo momento d’oro. Che fa, si mette a rubare il posto ai moralizzatori, ai politici, ai magistrati?
«Non faccio che leggere di violenze, di brutalità, come quell’imbecille che ha ucciso il bambino di Parma, Tommaso. Non so se è stato Alessi o sono stati gli altri. Per me sono colpevoli tutti allo stesso modo, devono andare in galera e beccarsi tutti e tre l’ergastolo».
Ha parlato alla radio di ”paese delle banane” dove uno stupra un ragazzino, poi esce fuori per infermità mentale e ne ammazza un altro.
«Se c’è un reato accertato, se ci sono intercettazioni e siamo sicuri della colpevolezza al cento per cento io sono per il carcere a vita. I minori, i bambini sono da proteggere. Alessi aveva già violentato, perché è uscito? Ci sono troppe storie di questo tipo. Ora anche Luigi Chiatti chiede l’infermità mentale e magari esce».
Spesso si tratta di gente effettivamente malata.
«Se sono malati non mi interessa. Devono sapere che appena toccano un bambino vanno in galera. Mio cognato mi ha raccontato che sua figlia, mia nipote, ha visto qualche giorno fa a scuola un signore che si masturbava davanti al cancello. Quel signore deve sapere che facendo così rischia l’ergastolo. Poi voglio vedere».
La giustizia deve avere una gradualità.
«I bambini sono troppo indifesi. I casi sono tantissimi. Io stesso quando avevo nove anni sono stato molestato in un cinema da un signore che mi ha messo le mani sulle gambe. Ricordo lo shock, la paura che provai. Mi alzai e mi misi a correre senza sapere dove andare».
Ergastolo anche al suo molestatore?
«Ergastolo, ergastolo secco. Spero che il prossimo governo, quando finiranno i conteggi, ma c’è il rischio che fra dieci anni saremo ancora qui a contare le schede, ci pensi e metta riparo».
Che fa, ha voglia di mettersi in politica?
«Io non sono nè di destra, nè di sinistra. Mi interessa solo che vengano protetti i bambini».
E che venga proibito l’alcol.
«È uno scandalo. L’altro giorno ero sulla Pontina. Poi sul giornale ho letto di quell’ubriaco che andava contromano, proprio su quella strada, e ha ucciso tre persone. Se si fosse fatto una canna non sarebbe accaduto: sarebbe andato a rilento, viaggiando a trenta all’ora, al massimo gli avrebbe suonato dietro una fila di macchine, gli avrebbero gridato ” te levi!”. L’whisky invece lo trovi tranquillamente negli autogrill
. Meglio fumarsi le canne».
In trasmissione ci ha scherzato su, lanciando un nuovo modello di auto, la Fiat Canna.
«Non mi piace questa ipocrisia. Chi si fa le cannette viene colpevolizzato, chi beve e guida lo fa liberamente. Io le canne non me le faccio più, ma allora liberalizziamo tutto».


IL MESSAGGERO (FROSINONE)

Locali gratis per chi guida senza bere 

Realizzare una forte campagna informativa nelle scuole del territorio e attuare il progetto «guidatore designato», che consiste nel riservare ad una persona abilitata alla guida che si impegni a non bere e a portare in sicurezza altri amici a casa l’ingresso omaggio in uno dei locali serali aderenti all’iniziativa o, dove l’ingresso è gratuito, una consumazione analcolica gratuita: sono due degli obiettivi previsti dal protocollo sottoscritto dalla Provincia di Frosinone, Automobile Club Frosinone e Csa Frosinone per contrastare il preoccupante fenomeno degli incidenti automobilistici causati dall’utilizzo di alcool e droghe da parte dei giovani, di cui si discuterà oggi a Frosinone nell’ambito della presentazione dell’iniziativa «Ama la vita».

La campagna di sensibilizzazione interesserà gli istituti superiori e tende a rendere consapevoli i ragazzi del rischio che corrono nel mettersi al volante dopo aver bevuto alcolici. All’iniziativa partecipano anche alcuni locali notturni che offriranno biglietti d’ingresso omaggio e drink analcolici al “guidatore designato”: sarà lui ad avere il compito di accompagnare, a fine serata, gli amici a casa. Riducendo i rischi di incidenti.


IL MESSAGGERO (LATINA)

L’Arma della prevenzione 
In giro con le pattuglie dei carabinieri, tra controlli e liti da sedare 

di GIOVANNI DEL GIACCIO

A loro basta uno sguardo per capirsi. Condividono da anni i servizi in strada, le pattuglie, i controlli, ma soprattutto la prevenzione. E’ il loro primo obiettivo. Marescialli, brigadieri, appuntati, tanta esperienza e capacità di analizzare al volo le situazioni. Di notte come di giorno, in città come in periferia. Basta un “giro” con le pattuglie dei carabinieri del comando provinciale di Latina, guidato dal colonnello Domenico Libertini, per rendersi conto ancora meglio di quanto sia complesso il ruolo che sono chiamati a svolgere. I militari della compagnia di Latina, diretti dal maggiore Alessandro Sessa, e quelli in particolare del “radiomobile” conoscono la città e i dintorni palmo a palmo. Preparano i servizi, verificano le “zone” assegnate, partono e possono trovarsi di fronte a tutto. Dalla rapina in corso al furto in appartamento, dall’incidente stradale al controllo per l’alta velocità, dalle liti in famiglia - all’ordine del giorno - a ubriachi che vagano per la città. E’ una Latina per pochi intimi quella della sera e della notte ma con tanti disagi. Si comincia dando un’occhiata ai grandi supermercati che dopo le 20 chiudono e raccolgono l’incasso. Tutto a posto, in alcuni locali i militari sono ormai noti e basta un cenno per intendersi. Come nelle aziende “a rischio”, le multinazionali, dove sono i responsabili della sicurezza interna a fare un cenno su movimenti strani. Si scoprono addirittura stradine sconosciute tra Borgo Faiti e Sermoneta e «qui se vediamo un’auto sospetta la fermiamo subito». Fortunatamente c’è solo gente che rientra a casa. Nel giro vengono tenuti d’occhio gli uffici postali, qui approfittando del buio qualcuno potrebbe lavorare tranquillamente a creare un buco e farsi trovare dentro la mattina per una rapina. La prima “emergenza” è il controllo di uno straniero in via Corridoni, rifiuta le generalità ma alla fine si convince. Nessun problema. Posto di controllo con qualche “movimento” in più, visto che un paio di ragazzi sembrano aver bevuto e hanno precedenti, ecco l’etilometro ma risulterà negativo. «E’ nei fine settimana che riscontriamo il boom di positivi, alcuni quando ci vedono chiedono di farlo per verificare come stanno prima di ripartire». Prevenire, appunto. Degli stranieri con un furgone sono carichi di arnesi che sarebbero ottimi per lo scasso. Serve tempo e pazienza, collegarsi con il computer, stabilire che è tutto in regola. E’ già tempo per un’altra chiamata, lite in strada, l’autore è una vecchia conoscenza, un mucchio di precedenti anche per violenza sessuale. E’ stranamente libero, ubriaco, ma la ragazza si è allontanata e tutto rientra. Poco distante un “barbone” dà in escandescenza in un locale di via Epitaffio, ha vecchi documenti, si fa accompagnare dopo essersi calmato su una panchina. Sarà il suo “letto” mentre sulla strada d’accesso a Latina corrono tutti come folli. C’è tempo per una lite, due ex conviventi con lei che non vuole più saperne e lui che intende chiarire. In mezzo la madre della ragazza che fa da paciere ma alla fine chiama i carabinieri. Il giovane si convince ma avverte: «Io resto qui». Fuori al cancello, per tutta la notte. Lo avvertono che non deve provare a rientrare se vuole evitare guai peggiori. La prevenzione, anche per questo turno, ha funzionato.


IL MESSAGGERO (ABRUZZO)

PAURA IN CITTA’ 

Scatena il cane contro i passanti 
Un balordo semina il panico, intervengono Enpa e Polizia 

 Prima ha spaventato i passanti in piazza Sacro Cuore poi ha aizzato il suo molosso contro le auto ed infine ha preso via del Santuario ed è arrivato a via di Villa Basile dove ha terrorizzato una signora uscita a spasso con i suoi due cani e costretto alla fuga altre due donne che hanno avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Il fatto è successo martedì sera e tutto è iniziato nella centralissima piazza Sacro Cuore. Lo ha raccontato Carmelita Bellini, guardia zoofila dell’Enpa, riuscita ad evitare che il cane - un enorme molosso - facesse seriamente del male a qualcuno. «Erano le 20 - ha raccontato la Bellini - e mi hanno chiamato per un molosso a piazza Sacro Cuore che un ragazzo cercava di vendere per pochi euro. Un ragazzo un po’ strano, così l’hanno descritto, forse ubriaco».
All’arrivo della Bellini, il giovane s’è allontanato col cane verso i colli. «Quel molosso faceva davvero paura - ha detto la delegata dell’Enpa -, quello svitato lo ha sguinzagliato contro le auto di passaggio e ho temuto provocasse un incidente...». La Bellini l’ha rincorso a piedi fino a via di Villa Basile, «un altro po’ morivo per la fatica», e lì ha temuto il peggio: il ragazzo ha infatti aizzato quell’incrocio di rottweiler e di pastore tedesco contro una signora a spasso con una femmina di pastore tedesco e un meticcio maschio. «Il molosso ha aggredito la femmina di pastore tedesco ma, con sorpresa, s’è limitato ad immobilizzarlo senza mordere. La padrona ha gridato aiuto disperata, un’altra spaventatissima s’è attaccata al campanello di un’abitazione e s’è rintanata nel portone, una terza signora ha tirato contro il cane rifiuti presi da un cassonetto. E’ arrivata la polizia, gli agenti conoscevano il ragazzo e l’hanno accompagnato a casa. «A me è rimasto il molosso, peraltro bellissimo e tutto sommato mansueto - ha concluso la Bellini -. E’ affidato ai veterinari della Asl e chi l’avesse smarrito può contattarmi al 368.3150760».


IL MESSAGGERO (MARCHE)

Servizio alcologico: gazebo alla rotonda con i bar protagonisti 

Il Servizio Risposte Alcologiche del Settore Attività Sociali ed Educative del Comune, in occasione del Gazebo informativo che sarà oggi in viale Secondo Moretti a partire dalle ore 10, ha invitato tutti gli esercenti del centro cittadino ad aderire alla giornata di prevenzione alcologica per sensibilizzare i propri clienti sui rischi che il consumo di bevande alcoliche può provocare alla guida. Il Caffè Moretti, il Bar Chantilly, il Caffè Florian, il Caffè Sciarra, Demais e il Ristorantino del Mar, condividendo pienamente le finalità dell’iniziativa (Se guidi, non bevi), proporranno ai propri clienti la degustazione di drink analcolici. Presso il gazebo, i cittadini riceveranno materiale informativo gratuito e simpatici gadgets. Inoltre, presso l’info-point, le famiglie dei Club degli Alcolisti in Trattamento della città, alle ore 11.00, premieranno i vincitori del concorso, indetto dall’APCAT, rivolto alle quarte e quinte classi delle Scuole elementari pubbliche e private di S. Benedetto dal titolo: ”Il Mondo è a colori! Ma con l’alcol” .


LA PROVINCIA DI CREMONA

Assistenza.

Il Sert ospita due club di Alcolisti in trattamento. Presto una nuova apertura a Pianengo. Dati e cifre

Alcol, problema per 3mila
«Sono sempre di più i giovanissimi che bevono molto»

di Luca Bettini

Il dato positivo: negli ultimi 20 anni, il consumo di alcolici in Italia è diminuito del 37%. Quello negativo: sempre più giovani bevono, bevono solo per sbronzarsi. Crema sta nella media. Più o meno 3mila persone hanno problemi di alcol, se non dipendenza abuso e quello che ne consegue: malattie, incidenti stradali e domestici, problemi sul lavoro e in famiglia. Ieri mattina al Sert di Crema conferenza dei Cat, club degli alcolisti in trattamento. Attualmente sono due in città e presto ne verrà aperto un terzo a Pianengo. Responsabile del servizio è Serena Quaresima.

Anche loro si affidano al reparto di alcologia dell’ospedale Santa Marta di Rivolta d’Adda, storico punto di riferimento a livello provinciale per la terapia contro l’alcolismo. «Rivolta è una realtà di grandissima importanza. Il nostro è però un approccio diverso — spiega la dottoressa Quaresima —: meno medicine e più dialogo, più coinvolgimento delle famiglie». Due volte alla settimana (il martedì e il mercoledì dalle 18 alle 19,30) le persone che vogliono uscire dalla dipendenza dalla bottiglia si trovano, discutono, insieme ai parenti e ai ‘servitori insegnanti’. Per ora oltre a Quaresima, lavorano Nicoletta Lari e Valentina Ricetti. «Abbiamo in carico — prosegue la responsabile dei Cat — 41 alcolisti puri, 10 alcol-dipendenti e sette ragazzi ospiti del Cuore di Crema che hanno alle spalle storie di droga e alcol. All’inizio c’è un colloquio. Spesso sono i famigliari che decidono di rivolgersi a noi, senza dire nulla alla persona che ha dei problemi, poi inizia la terapia di disintossicazione farmacologica, in day hospital al Sert, oppure a Rivolta, fase che può durare dai cinque ai dieci giorni». Risolti i guai fisici inizia il lavoro di recupero. «L’alcol — dice Lari, una delle educatrici — è uno strumento di sballo legale, accettato dalla nostra società. Noi vogliamo creare una contro cultura del bere. Smettere significa avere cura del proprio corpo e degli altri. Molte persone in terapia riprendono a fare sport, si appassionano a hobby che avevano abbandonato per colpa della dipendenza». Alla conferenza stampa erano presenti anche due ‘soci’ di uno dei club di Crema, Andrea e Antonio. Hanno raccontato brevemente la loro esperienza. Con leggerezza: «Smettere non è facile, ma non è nemmeno un’impresa impossibile: basta provarci». (*)

(*) Nota: come spesso accade, la terminologia utilizzata in questo articolo (e nel prossimo) è molto distante da quella dell’approccio ecologico-sociale, approccio incentrato sul Club degli alcolisti in tr

Sabato, 22 Aprile 2006
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