Licenziato dalla ditta dopo l’incidente Il 6 agosto scorso Melania Grassedonio, un’allegra
bimbetta di 10 anni, venne travolta e uccisa da una macchina impazzita ad
Arcade, nella Marca trevigiana. La piccola - nativa di Rovereto e residente ad
Ala fino al trasferimento, lo scorso anno, della mamma in Veneto - ora riposa
nel cimitero di San Marco a Rovereto. A voler traslare la salma dal camposanto
di Arcade a quello della città della Quercia è stata la stessa madre,
impressionata dal continuo, assurdo e sacrilego furto di fiori dalla tomba
della bimba. Quell’immane tragedia, tra l’altro, la scorsa estate aveva
fatto il giro d’Italia. Per la morte di una piccola innocente, per il ferimento
di altre cinque persone ma anche per la dinamica dell’assurdo incidente. La
procura di Treviso ha raccolto tutti gli elementi - la ricostruzione del folle
scontro, l’esito delle analisi del sangue sul conducente del mezzo assassino e
le testimonianze dei passanti - e dopo aver chiuso ufficialmente l’inchiesta ha
chiesto il rinvio a giudizio dell’indagato Stefano Girardi. Le accuse mosse dal
sostituto procuratore Francesca Torri nei suoi confronti sono quelle di omicidio
colposo, lesioni personali gravi e guida in stato di ebbrezza. L’automobilista,
tra l’altro, si era già giocato la patente per ubriachezza in una precedente
occasione quando, sotto i fumi dell’alcol, si era messo al volante della sua
macchina uccidendo un passante. La vicenda, però, non dovrebbe limitarsi
all’udienza preliminare e al patteggiamento, se concesso, oppure al processo.
Girardi, infatti, si è liberato nel procedimento penale della famiglia della
bimba uccisa. La signora Grassedonio e gli altri figli non si costituiranno
parte civile perché i danni sono già stati risarciti dall’assicurazione. Chi
non ha ricevuto un euro, e ha tutto il diritto di essere ristorato per le
lesioni subite, è l’uomo che quella tragica sera era con Melania, i fratellini
e la mamma alla sagra di Arcade, Fabrizio Musa. La macchina impazzita di
Girardi, quella volta lo travolse e non ammazzò pure lui per miracolo. Musa se
la cavò con una triplice frattura, le due caviglie e un ginocchio. Dentro di sé
porta ancora le placche di metallo che i medici sono stati costretti ad
applicare dopo l’incidente. La malattia, dunque, continua ed ha già superato
gli otto mesi. E l’uomo, al di là della sofferenza fisica, ha perso anche
il lavoro. Lui è
tecnico manutentore di una ditta che ha un appalto dalla Rete ferroviaria italiana.
Lo scorso agosto era stato incaricato di provvedere alla manutenzione di
quattro nodi ferroviari in altrettante stazioni delle Ferrovie dello Stato
della zona. Ovviamente, visto che si trovava all’ospedale, non ha potuto
provvedere. La conseguenza è stata che la Rfi non ha pagato la sua ditta e lui,
a gennaio, è stato licenziato. La società, comunque, ha già annunciato una
causa civile nei confronti dell’assicurazione dell’automobilista per
ottenere il ristoro del mancato guadagno. Per conto, lo stesso Musa si
costituirà parte civile ma prima di ottenere un risarcimento anche minimo dovrà
attendere, purtroppo, molto tempo. Oltre all’esistenza distrutta da un
guidatore alticcio, quindi, si trova ora senza un conforto economico per quanto
gli è capitato. Quell’assurdo incidente estivo, come detto, ha creato non
poco clamore. A tal punto che lo stesso automobilista quella sera ha rischiato
il linciaggio in piazza dopo aver travolto con la sua Bmw impazzita l’intera
famiglia lagarina (Rita Allegro e quattro figli) e Fabrizio Musa che stavano
passeggiando per la sagra di Arcade. N. G. (*) (*) Nota: ho scelto questo articolo per iniziare la
rassegna di oggi, perché credo che meriti particolare attenzione. Questa vicenda è la descrizione esemplare di una situazione
vergognosa che viviamo nel nostro paese: nessuno si può “chiamare fuori”,
quello che è capitato a quest’uomo può capitare a ciascuno di noi. La battaglia di Giovanni Delle Cave, che continua il suo
sciopero della fame (vedi rassegna di ieri e articolo successivo) va sostenuta con tutto il nostro impegno. Potete esprimere il vostro appoggio a Giovanni Delle Cave, scrivendogli al seguente indirizzo di posta elettronica stradasicuralt@yahoo.it COMUNICATO AICAT ASSOCIAZIONE ITALIANA DEI CLUB DEGLI ALCOLISTI IN
TRATTAMENTO L’AICAT esprime solidarietà a Giovanni Delle Cave per la
sua campagna contro la facilità con la quale vengono rimesse in libertà le
persone che si sono rese colpevoli di incidenti mortali sulle strade. In particolare, in Italia contiamo ogni anno sulle
strade oltre 1.500 morti di "alcol passivo" cioè persone
inconsapevoli ed innocenti che vengono uccise da guidatori che hanno assunto
alcol. A causa della radicata cultura alcolica di questo paese,
queste tragedie quotidiane vengono però rimosse, forse vengono considerate
fatali, e quindi esiste uno strabismo per cui ci si preoccupa dei rischi
degli OGM o dell’influenza aviaria
anzichè di chi si mette alla guida dopo aver bevuto. Ci auguriamo che la sua campagna possa contribuire a
ridurre questo inaccettabile strabismo ed a convincere le autorità che occorre
molta più severità, che occorrono pene esemplari che funzionino come
dissuasori. Ennio Palmesino - Presidente AICAT CORRIERE DELLA SERA – Economia FOCUS Quella voglia di crescere della Campari Non è stata un’assemblea «di routine», quella di ieri tra i soci della Campari. Oltre ad approvare il bilancio 2005, infatti, gli azionisti hanno delegato agli amministratori la facoltà di aumentare il capitale e di emettere obbligazioni. La delega, che vale per i prossimi cinque anni, lancia un segnale molto chiaro: l’azienda, italiana e a proprietà familiare, vuole continuare sulla strada delle acquisizioni. Con la decisione di ieri, infatti, si snelliscono le procedure per raccogliere fondi: così, quando sul mercato spunta un boccone allettante, è più facile trovare in tempo utile le risorse per afferrarlo. E le «occasioni da non perdere» sembrano avere già alcune coordinate di riferimento: segmento degli alcolici, mercati tedesco e britannico. L’impegno finanziario? Solo un mese fa l’amministratore delegato Vincenzo Visone aveva parlato di 500 milioni di euro a disposizione della «campagna acquisti» 2006. A indicare come in questo settore il made in Italy avrà ancora un buon rappresentante. Anche perché, se gli attesi aumenti di capitale ci saranno, è difficile che si arrivi a grossi cambiamenti nella compagine sociale. Le acquisizioni del passato non hanno infatti «spodestato» la famiglia Garavoglia dal trono di primo azionista (oggi con una quota superiore al 50%). Famiglia che anzi ha riacquistato l’impero ceduto in parte nel passato. (g.str.) L’ARENA di Verona Dolore e rabbia a San Bonifacio e a Colognola ai Colli per i giovani
fidanzati travolti da un guidatore in stato di ebbrezza «E’ stato omicidio e il colpevole è fuori» Funerale comune dei due giovani giovedì nella parrocchia
della Prova Incredulità e indignazione. Sono i sentimenti dominanti a
San Vittore di Colognola ai Colli e a San Bonifacio, dove abitavano Giulia
Biondani e Andrea Gecchele, i due ragazzi che sabato pomeriggio hanno trovato
la morte in viale Piave. La moto sulla quale viaggiavano era stata investita da
un’auto che procedeva contromano e alla cui guida c’era un operaio di
nazionalità romena risultato ubriaco. Tra i famigliari dei fidanzati, entrambi
dovevano ancora compiere 22 anni, al dolore si aggiunge la rabbia per la
scarcerazione dell’investitore. Per le due giovani vittime ci sarà un’unica cerimonia
funebre, giovedì alle 16, nella parrocchia della Prova, a San Bonifacio. Tempo
permettendo, si svolgerà all’aperto. In mattinata, davanti all’abitazione di via Corte Pezza,
in località Gazzolo di San Bonifacio, era arrivata anche la troupe di una
televisione milanese. «Sono venuti qui con telecamere e microfoni senza
nemmeno avvisarci, senza chiedere permesso, ci vorrebbe più rispetto per una
famiglia che soffre», sospira la zia del povero Andrea. L’incidente di
sabato ha fatto il giro d’Italia. Ne hanno parlato tutti i telegiornali della
Rai e di Mediaset. «Ma non ne capiamo il motivo», commentano le due donne. «Di
tragedie così purtroppo ne succedono tante, perché fare tanto scalpore per
questo fatto? Non si è fatto altro che aggiungere sofferenza a sofferenza e
adesso chiediamo solo un po’ di silenzio». L’abitazione,
circondata da un giardino ben curato, si raggiunge da una stradina sterrata in
mezzo alla campagna che si imbocca da via Madonna Pellegrina, lungo la quale si
trovano una piccola zona industriale e, più avanti, oltrepassato un grande
capitello dedicato alla Vergine, una serie di case. È lì che ci indicano il
luogo in cui vive la famiglia Gecchele. «Povero ragazzo, e poveri genitori...»,
scuote la testa una signora. Tutto, nonostante il sole e la splendida giornata
primaverile, è avvolto da un alone di tristezza. Ma a fare rabbia è il modo in cui Andrea e Giulia hanno
incontrato il loro tragico destino. «Mio figlio e la sua ragazza», continua la
madre, «sono stati uccisi, che altro si può dire? Stavano andando per la loro
strada, regolarmente, rispettando il codice della strada. Come si può definire,
invece, chi li ha uccisi? Eppure, il colpevole della tragedia, è già fuori, in
libertà. Lo so che è la legge che lo prevede. Ma è giusto? Io credo di no, mi
sembra che ci sia troppa burocrazia e poca umanità». La donna trattiene a
stento le lacrime. «Andrea e Giulia», aggiunge facendosi forza prima di
richiudere la porta dietro a sé, «si volevano bene, andavano d’accordo come se
ne vedono pochi, e pensavano ad un futuro insieme. Adesso non ci sono più... e
non serve più nemmeno parlarne». Giulia era diplomata all’istituto alberghiero e faceva la
barista in città. Viveva a qualche chilometro di distanza dal suo Andrea, sulla
collina di San Vittore, frazione di Colognola. I suoi genitori sono i custodi
di villa Zanella, in centro paese. Quel sabato maledetto la ragazza stava
andando col fidanzato a comprare un regalo per il compleanno del papà Nerino. È
lui a riceverci, poco dopo mezzogiorno, al grande cancello d’ingresso. Poi
scuote la testa. «No, preferisco non dire nulla...». Per tutta la mattinata
nessuno aveva risposto al campanello. «Sono usciti presto», dice una vicina di
casa. Subito si riunisce un gruppetto di donne. «Una disgrazia terribile, e
tutto per colpa di un individuo, uno straniero per di più, che guidava ubriaco»,
esclama una di loro. «Si fa presto a parlare», ribatte un’altra, «ma di gente
così in giro ce n’è tanta, troppa». Arrivano anche due colleghi di lavoro del
papà di Giulia. «Non ci sono parole», commenta un giovane, «e pensare che anche
Simone, l’altro figlio, era stato vittima di un incidente in moto, grazie a Dio
si era salvato anche se gli sono serviti un po’ di mesi per riprendersi del
tutto». Le due famiglie, ora accomunate da un immenso dolore,
hanno deciso che nel loro ultimo viaggio Giulia e Andrea saranno salutati
insieme. La cerimonia funebre sarà comune e avrà luogo giovedì alle 16 nella
parrocchia della Prova, a San Bonifacio, che appartiene alla diocesi di
Vicenza. Per agevolare la partecipazione, tempo permettendo, il funerale si
svolgerà all’aperto e sarà concelebrato dai parroci di San Vittore, don Flavio,
e della Prova, don Gianni. I due ragazzi sono stati ricordati durante le messe
di domenica. Per loro sarà recitato il rosario, nelle rispettive chiese, anche questa
sera. «In momenti come queste le parole non servono a molto, la cosa più
importante è che due famiglie non siano lasciate sole», spiega don Flavio
Silvestri. Solidarietà alle famiglie la esprime anche il capogruppo dei Verdi in Consiglio comunale, Giorgio Bertani. «Concordo con loro che liberare l’automobilista che ha causato il duplice incidente mortale sia stato un atto di ingiustizia. Il magistrato doveva applicare la legge con la massima severità». (e.s.) L’ARENA di Verona Protesta l’associazione delle vittime «Norme indulgenti Colpire con severità i pirati della
strada» La
tragedia dei due fidanzati, assieme a quella dei coniugi Perissinotto, che
hanno trovato la morte in moto andando a sbattere contro due automobili, ha
riaperto il dibattito su una norma, quella dell’omicidio colposo stradale,
ritenuta troppo blanda. Ieri è intervenuta l’Associazione italiana familiari e
vittime della strada per «denunciare dopo l’ennesimo incidente mortale per
colpa di chi guida sotto l’effetto di alcool la non volontà da parte delle
istituzioni nel voler cambiare questo quadro di morte a cui assistiamo
impotenti». L’Associazione ricorda come sia sottovalutato il fenomeno
della guida in stato di ebbrezza o in condizioni fisiche e psichiche alterate
da sostanze stupefacenti. «Si ricordano anche i troppi casi di morti per
incidente per mano di automobilisti ubriachi o drogati che continuano
imperterriti a guidare perchè l’emendamento votato dal Senato secondo il quale
chi provoca un incidente mortale guidando ubriaco incorrerà nella revoca
definitiva della patente solamente se trovato con alcolemia superiore a sei
volte il limite previsto dalla legge, limite sulla soglia del coma etilico, permette
e consente alle persone che non sono in grado di mettersi al volante, di
continuare ad uccidere, anzi, mettono loro in mano a questi assassini la
licenza di uccidere», afferma Pierina Guerra, dell’Associazione italiana
familiari e vittime della strada di Venezia. Ma
da Firenze il mese scorso è partito una nuova proposta di legge per rendere più
dure le pene a chi, con il suo comportamento sulle strade, crea un reale
pericolo alla propria vita e a quella degli altri. Il testo, predisposto da avvocati assieme all’Associazione
vittime della strada, ha proprio l’obiettivo introdurre un sistema
sanzionatorio più efficace di quello attuale. In concreto si tratta di
predisporre un’adeguata tutela penale alla sicurezza della circolazione
stradale, individuando una serie di comportamenti che, per la loro obiettiva
gravità, creano un pericolo per la sicurezza sulle strade. In concreto la
proposta di legge trasforma una serie di comportamenti, oggi semplicemente
contravvenzioni, in delitti punibili quindi secondo il codice penale. Comportamenti che vanno dal superamento di oltre 50
chilometri orari dei limiti di velocità allo stato di "grave"
ebbrezza alcolica, alla guida in stato di alterazione da sostanze stupefacenti
al lancio di oggetti sulla sede stradale, e a qualunque azione od omissione che
causi un grave pericolo per la sicurezza della circolazione stradale. Secondo gli estensori della proposta di legge in questo
modo si ottiene una serie di risultati: prima di tutto porre l’utente della
strada dinanzi alla consapevolezza che il legislatore considera alcune azioni
come oggettivamente pericolose e punibili in quanto tali perché si
caratterizzano come reati di pericolo, indipendentemente dal verificarsi o meno
di danni concreti (questi rimangono comunque punibili e quindi concorrono al
calcolo delle sanzioni). In secondo luogo consentire alla polizia giudiziaria un
immediato intervento di natura coercitiva, ovvero l’arresto in flagranza, non
soltanto in caso di incidenti ma semplicemente quando nel corso dei controlli
emerge a carico del conducente una delle fattispecie previste dalla normativa.
In questo modo è quindi previsto il processo con giudizio direttissimo. Ancora
inculcare nell’automobilista la prospettiva che, ponendosi in determinate
situazioni o superando certi limiti di velocità, rischia concretamente il
carcere. Infine inasprire le sanzioni amministrative accessorie, quale la
sospensione della patente, che restano quelle più avvertite dalla mentalità
comune. La recente introduzione della patente a punti ed esperienze di altri paesi (fra i quali, particolarmente significativo è il caso della Francia) dimostrano che il rafforzamento del sistema sanzionatorio mirato alla sicurezza stradale produce risultati apprezzabili in termini di riduzione di sinistri mortali e con feriti. Un sistema sanzionatorio dove le pene non siano più soltanto un deterrente ipotetico ma vengano percepite come reale prospettiva di concrete sanzioni anche in termini della libertà personale. L’ARENA di Verona - Il comandante della Polizia municipale «Alcol, problema sottovalutato da chi guida» Altamura: «Il romeno che ha investito la moto in viale
Piave aveva conseguito la patente in Italia» C’è poco altro da fare se non adeguare la normativa, che
dovrebbe essere più severa. Non c’è altro modo per contenere questa strage
continua (*). È quanto si deduce dalle parole del comandante della Polizia
municipale Luigi Altamura alla luce dei recenti incidenti mortali. Comandante, un aprile di sangue sulle strade veronesi. C’è
un filo comune tra le ultime tragedie, per esempio quella dei coniugi Perissinotto
a Verona sud e quella dei fidanzati di viale Piave? «Direi di no. Ogni incidente ha una storia a sè. E tutte
le infrazioni al codice della strada sono potenzialmente fonte di tragedie stradali.
L’inversione di marcia come la marcia contromano come il passaggio con il
rosso». Può esserci allora un problema di segnaletica e di
sicurezza di alcuni punti? «Voglio ricordare che per ogni incidente stradale, chi
interviene per i rilievi, siano i vigili o la stradale o i carabinieri, ha
l’obbligo di verificare le condizioni della strada e la segnaletica sia
verticale che orizzontale per comunciare poi eventuali problemi all’ente
gestore della strada dove si è verificato il sinistro. Posso dire che per
l’incidente dei motociclisti accaduto a Verona sud non sono stati rilevati
elementi che possono far pensare all’esistenza di problemi legati alla
sicurezza stradale». Il problema della guida in stato di ebbrezza è
sottovalutato? «Da noi no e per questo siamo molto rigorosi. Ma senza
dubbio gli automobilisti prendono il problema sottogamba. Pensiamo che ben 123
incidenti sono stati provocati da guidatori in stato di ebbrezza. È un problema
molto serio». Può essere che gli stranieri fanno fatica a guidare qui da
noi? «Chi viene da fuori fa fatica a districarsi nel nostro
traffico, soprattutto poi se guida veicoli che non conosce. Però va detto che
il conducente romeno che ha provocato la tragedia di viale Piave, essendo
residente in Italia da molti anni, aveva la patente conseguita qui da noi e
aveva fatto i nostri esami. Non era, insomma, una patente straniera poi
convertita in Italia». (*) Nota: l’adeguamento della normativa è importante, ma
la soluzione non è solo la severità della legge, ma soprattutto il farla
rispettare. Io penso che occorra moltiplicare i controlli, sulla scia
degli altri paesi che in questo modo stanno ottenendo eccellenti risultati. Controlli a tappeto, a tutte le ore, utilizzando i precursori…: chi si mette al volante dopo aver bevuto deve avere ben chiara la percezione che può essere sottoposto ad un controllo del suo tasso alcolico. L’ARENA di Verona - Indagini e polemiche Il magistrato: «Ho applicato la
legge» Lo sconcerto dell’avvocato Scaravelli: «Al dolore si aggiunge
la beffa» «L’alcotest è stato fatto a entrambi i passeggeri della
Opel perchè non era ancora chiaro chi dei due fosse alla guida ma per
l’incidente in viale Piave c’è un solo indagato per duplice omicidio colposo,
il conducente, mentre nessun addebito può essere mosso, ed è evidente, nei
confronti del passeggero che quindi non concorre in alcun tipo di reato»,
pochissime frasi quelle del sostituto procuratore Marco Zenatelli, il pm in
turno sabato Pur comprendendo e rispettando il dolore e la disperazione dei
genitori delle vittime, il pm sottolinea che il ruolo di un magistrato è di
rimanere «terzo», nel rispetto delle norme. Esse non prevedono, di regola,
misure restrittive in caso di incidenti stradali. E ricorda un episodio accaduto anni fa, quando sulla 434
si verificò un incidente con due morti. Mentre le forze dell’ordine stavano
eseguendo i rilievi il conducente dell’auto che aveva provocato il sinistro
cercò di allontanarsi e lui stesso dispose l’arresto che il giorno dopo non fu
convalidato. Chi per il mancato arresto è rimasto senza parole è
l’avvocato Paolo Scaravelli, già capogruppo di Alleanza nazionale in Regione: «Da
cittadino e da avvocato sono sconcertato. Le condizioni per procedere
all’arresto dell’automobilista ubriaco c’erano tutte. Credo che il pericolo
di fuga dell’automobilista sia concreto anche se l’uomo è regolare e ha un
lavoro, potrebbe andarsene dal nostro Paese. Negli ultimi giorni sono morti
quattro motociclisti in città, per responsabilità evidente di extracomunitari.
E in nessun caso s’è proceduto al loro arresto. Il fatto che il reato
sussistesse», continua Scaravelli, «non è stato sufficiente per i magistrati
per far emettere misure cautelari che garantissero ai familiari delle
vittime che queste persone pagheranno per le loro gravissime responsabilità. Il
fatto che il romeno al volante non sia stato arrestato cozza contro il più
elementare senso di giustizia. Ricordo che tempo addietro, specie quando si
trattava di guida in stato d’ebbrezza la Procura di Verona in più di
un’occasione ha proceduto all’arresto di automobilisti». Aggiunge l’avvocato Scaravelli: «I familiari di queste vittime, oltre al dolore per la perdita di una persona che amavano subiscono la beffa di una sensazione di abbandono da parte di chi dovrebbe garantire giustizia». L’ARENA
di Verona Una scia di sangue sulle nostre strade dove la media è di
una vittima ogni due giorni per l’inosservanza delle regole Incidenti, il triste record di
Verona Manovre contromano, alcol e la velocità delle moto sono un
mix mortale Nove motociclisti morti in questo mese, che salgono a 14
dall’inizio dell’anno. I vigili hanno rilevato 123 scontri collegati all’abuso di
alcolici, un fenomeno ancora sottovalutato. La nostra provincia resta tra le prime in Italia con una
media di 160 sinistri l’anno di Elena Cardinali Basta poco per trasformarsi in killer della strada.
Qualche bicchiere di vino o di birra, un paio di bicchierini di superalcolico,
una «riga» di cocaina, qualche pastiglia di ecstasy. Basta poco per uccidere o
uccidersi quando si è al volante di un’automobile, di una moto o di un mezzo
pesante avendo in corpo un livello pericoloso di alcol o di sostanze
stupefacenti. La legge parla chiaro:con 50 milligrammi di alcol per litro di
sangue si è oltre il livello di guardia. E per arrivarci basta poco, meno di
quanto si possa pensare. La guida in stato d’ebbrezza rappresenta uno degli aspetti
più preoccupanti del più vasto fenomeno dell’infortunistica stradale che, a sua
volta, si rivela allarmante, in particolare per i veicoli a due ruote. Solo nel
Veronese, dall’inizio del mese, sono nove le vittime della strada che erano
alla guida o passeggeri di una moto mentre dall’inizio dell’anno i motociclisti
morti a causa di schianti sono stati 14. In Italia dal primo gennaio 1995 al 31 dicembre 2004 il
numero dei motociclisti morti in incidenti stradali è aumentato del 31,7 per
cento. È quanto risulta dai dati elaborati dall’Asaps (Associazione amici Polizia stradale).
In dieci anni si sono contati fra i «dueruotisti» 13.429 morti e 786.985
feriti, «cifre come quelle di una guerra», ha commentato il presidente dell’
Asaps, Giordano Biserni. Se nel 1994 si contavano 1.178 vittime, nel 2004 si è
toccata quota 1.552 (+ 31,7 per cento). I feriti sono passati da 62.381 a
90.035 (+44,3 per cento). In pratica il 27,6 per cento dei morti sulle strade e
il 28,4 per cento dei feriti viaggiava sulle due ruote. L’Italia è prima in
Europa nella graduatoria delle vittime, seguita da Francia, Germania e Spagna. Anche l’abuso di alcol si sta rivelando sempre più
incisivo nel settore dell’infortunistica. L’anno scorso le pattuglie della
polizia municipale hanno rilevato 200 violazioni legate alla guida in stato
d’ebbrezza, con il conseguente ritiro di 93 patenti di guida. Sempre i vigili
hanno rilevato 123 incidenti stradali collegati all’abuso di alcol, su un
totale di 2229 episodi (*). Ma scavando tra i dati forniti dalla polizia municipale
emergono altri dati significativi relativamente la binomio guida-alcol. La
constatazione, ad esempio, che uno scontro su otto riguarda veicoli in cui
viene coinvolto solamente il conducente in quanto unico occupante del veicolo.
L’aspetto interessante è che in tre casi su otto questo tipo di incidenti è
determinata da una momentanea incapacità di controllare il mezzo guidato a
causa dei fumi dell’alcol, che inducono distrazione, sonnolenza oppure, nel
peggiore dei casi, perdita della coscienza. Ma
c’è dell’altro. È stato calcolato che un incidente su 30 riguarda una
fuoriuscita autonoma di strada, cioè veicoli che senza concorso di altri mezzi
vanno a finire nei fossi, centrano alberi e piloni dell’illuminazione stradale
o si schiantano contro cancellate o muri. Tra gli incidenti che avvengono in
questo modo autonomo, dicono i dati della polizia municipale, uno ogni undici è
determinato dalle condizioni di ebbrezza alcolica del conducente. Questi dati rivelano solo la punta dell’iceberg. Negli ultimi anni, in cui la
normativa in materia di guida in stato d’ebbrezza o sotto gli effetti degli
stupefacenti si è fatta sempre più rigorosa, sono proliferati i controlli su
strada per individuare i conducenti ubriachi e, di conseguenza, anche le
statistiche hanno subìto un’impennata. Basta pensare all’introduzione della patente a punti. Dopo
soli 15 mesi dall’entrata in vigore della normativa il calo del beneficio
avvertito inizialmente è andato assottigliandosi in modo costante. L’anno
scorso, a livello nazionale, tra luglio e settembre il numero delle vittime, in
particolare di quelle sotto i 30 anni, è tornato su livelli allarmanti. Se dopo i primi due mesi, infatti, la riduzione era
apparsa consistente (meno 26 per cento dei morti), dopo 15 mesi è risalita fino
a meno 14 per cento). I numeri danno l’idea della gravità della situazione. Le
statistiche parlano di quasi ottomila morti l’anno. In un quarto dei casi, a
perdere la vita sono giovani al di sotto dei 23 anni. Per ogni persona che
muore, per di più, due restano gravemente invalide. Dati eloquenti, specie considerando che, secondo l’Istat,
il 64 per cento degli incidenti e oltre il 60 per cento dei morti sono
riconducibili a comportamenti a rischio degli automobilisti, come eccesso di
velocità, guida distratta, uso del cellulare, assunzione di stupefacenti e
alcol. Dati inquietanti anche dal punto di vista economico, visto che per
fronteggiare i costi sociali e sanitari della sicurezza stradale si spendono 15
miliardi di euro all’anno. Intanto la provincia di Verona continua a mantenersi ai
primi nella poco invidiabile classifica degli incidenti stradali, con una media
di 160 vittime l’anno. Solo in questo sono già 16 i morti a causa di schianti,
di cui nove conducenti o passeggeri di una moto. Gli ultimi due sono stati
ammazzati da un’automobile che filava contromano in viale Piave, guidata da un
autista ubriaco. Solo pochi giorni fa, nel Lazio, sulla statale Pontina, un
giovane alterato dall’alcol ha causato un incidente che ha provocato la morte
di tre persone. (*) Nota: siamo intorno al 5 per cento, un dato
lontanissimo dalla realtà del fenomeno guida in stato di ebbrezza e incidenti
stradali. Significa che a Verona, nel 2005, in un migliaio di
incidenti stradali alcolcorrelati non sono stati sottoposti a verifica
dell’alcolemia i conducenti delle vetture coinvolte. Chi guidava in stato di ebbrezza, pur avendo provocato un
incidente, l’ha fatta franca. Per avere dati realistici in futuro, tutti i conducenti coinvolti in sinistri, anche senza feriti, devono sempre essere sottoposti ad alcoltest. IL
GIORNALE «Troppi killer impuniti La colpa è dei giudici» di Andrea Acquarone da Milano Era una sera del 1997, sua figlia Valeria aveva 17 anni.
Con suo fratello Marcello e un amico stava rincasando. Sentì il motore della
loro auto rallentare e spegnersi, la mamma. E finalmente si sentì tranquilla.
Erano tornati, tutto bene. E lei oggi si fa carico anche di quello altrui.
Combattendo per ottenere giustizia. A colpi di manifestazioni, denunce,
segnalazioni a governo e prefetti e assistenza legale alle troppe vittime di
questa giungla mortale che sono le strade del Belpaese. Per questo da anni chiediamo controlli più efficaci
sulle strade e forti misure sanzionatorie e penali per chi guida in stato di
ebbrezza. Ciascuno ha facoltà di scelta, di decidere se rispettare i limiti
o no, di sorpassare o meno. Di non rischiare la vita altrui. Chi uccide
“scientemente” deve pagare. Ma qui nessuno fa mai un giorno di galera...». È possibile che la vittima debba essere anche vittima di giudici
capaci con i loro comportamenti iniqui di annullare il valore della legge?». I giudici applicano sempre e solo il minimo della pena.
Anche questo è uno dei motivi che ci hanno spinti a sollecitare l’approvazione
del disegno di legge 3337 che, pur se non pienamente rispondente alle nostre
attese, indica tuttavia un’inversione di tendenza nella trattazione del reato
da incidente stradale, non più cosa da poco, ma da stigmatizzare con
l’incremento della pena e della sospensione della patente, con lo svolgimento
di lavori socialmente utili non retribuiti. Fino a una maggiore attenzione
verso le vittime da un punto di vista dei risarcimenti. Con l’assegnazione di una provvisionale dal 30 al 50% del
presumibile risarcimento». Brescia oggi Drammatico appello dell’Acat, l’associazione di via San
Faustino che informa sui rischi fisici e psichici per i bevitori «Non date l’alcol ai ragazzini» Il primo bicchiere a 11 anni. Il 7% degli adolescenti si
ubriaca tre volte la settimana In 5 anni +139 % di alcolisti Giovanissimi in classe con la birra di Elisabetta
Reguitti Alcuni «Vip» come Fiorello il popolare volto televisivo -
che nei giorni scorsi ha sferzato un «attacco mediatico» contro l’alcolismo
giovanile -, prestano voci e volti contro questo fenomeno che, secondo i dati
diffusi Oms, rappresenta il terzo fattore di rischio di mortalità e disabilità
e che in Italia ogni anno «miete» circa 40 mila vittime. C’è una legge dello Stato (la 833/78) che ne regolamenta e
vieta la somministrazione ai minori e, il comune di Brescia è stato capofila,
insieme ad altre città d’Italia nel pubblicare un’ordinanza che vieta la
vendita di bevande alcoliche da asporto dopo le 21. Nonostante tutto l’associazione alcolisti in trattamento
(Acat) di Brescia, per voce del presidente Fausto Cappa, lancia un grido
d’allarme: «Serve più responsabilità da parte anche da parte degli esercenti
che devono avere il coraggio di non vendere e somministrare bevande alcoliche a
chi è già "alticcio" e, soprattutto, ai minori. E non si tratta di
carta d’identità o meno - incalza Cappa-, perchè i fenomeno è diffuso anche tra
i molto giovani che si riconoscono anche a occhio nudo». E a supporto della sua
teoria Cappa porta ad esempio un ragazzino di 11 anni di una scuola media
della provincia di Brescia scoperto dagli insegnanti con una bottiglia di birra
nascosta nello zainetto tra libri e quaderni. LA SITUAZIONE - «Per Acat è difficile inquadrare il problema i termini
numerici dell’abuso di bevande alcoliche e supealcoliche su Brescia - spiega
Cappa -, bisognerebbe incrociare i dati di più realtà coinvolte in questo
problema come Asl e forze dell’ordine di certo è che, alla luce delle
iniziative di sensibilizzazione e informazione che stiamo svolgendo - continua
il presidente ricordando l’alcol-test gratuito fatto qualche sera fa in
piazzale Arnaldo a circa 200 ragazzi - i giovani prendono sottogamba il
problema». E Cappa rivela che dopo il test e il risultato che evidenziava un
livello decisamente sopra la norma di tasso alcolico nel sangue - per legge il
limite è di 0,050 grammi di alcol per ogni litro di sangue ma alcuni dei
«testati bresciani» raggiungeva anche i 2,3 grammi -, i ragazzi confessavano
«beatamente» di continuare la loro serata andando nei locali e nelle discoteche
del Lago. «Ma dove andate in questo stato» chiedeva ai ragazzi Cappa mentre si
allontanavano verso le loro auto. Bere aiuta a sentirsi sicuri ma, secondo
i dati nazionali forniti in occasione della quinta edizione della giornata per
la prevenzione dell’alcol, è la prima causa di morte alla guida. Dal 1998 al
2003, il numero degli alcoldipendenti è aumentato del 136 per cento per gli
uomini e del 144 per cento fra le donne. DONNE E LAVORO - Lo fanno tra le mura domestiche, lontano da occhi
indiscreti e per rimuevare da mente e cuore situazioni di infelicità familiare,
stati di depressione e problemi che temono di condividere con altre persone. Le
donne sono le nuove «vittime» dell’alcol; è forse un fenomeno meno evidente -
afferma il presidente della sezione bresciana di Acat -, solamente perchè dopo
essersi "stordite" con l’alcol, anzichè uscire, si mettono a letto e
dormono e, al ritorno dei familiari, fanno finta di niente paventando serenità».
E i danni provocati dall’alcol hanno ripercussioni anche sul fronte lavorativo
con i 940 mila infortuni sul lavoro denunciati all’Inail il cui 4,20 per cento
del totale, pari a un numero compreso tra i 37 e i 188 mila incidenti è -
secondo quanto pubblicato sull’opuscolo «Alcol e lavoro» del ministero della
salute, delle regioni e dell’Iss - provocato dall’alcol. DIVIETO DI PUBBLICITÀ - È dello scorso febbraio il testo di legge che
«approva il divieto di pubblicità di tutti i prodotti alcolici in tv nella
fascia oraria che va dalle 16 alle 19». «È un piccolo passo in avanti contro
l’affollamento pubblicitario televisivo all’interno dei programmi destinati ai
minori» dice Cappa riportando i dati emessi dall’associazione dei consumatori
«Altro Consumo» che ha registrato, nel corso delle passate feste natalizie ben
90 passaggi di pubblicità di bevande alcoliche e superalcolici. I NUMERI - Secondo la pubblicazione «Alcol: sai cosa bevi?- più
sai, meno rischi», frutto della collaborazione di più realtà legate dall’obiettivo
comune della prevenzione; in Italia il primo bicchiere viene consumato a 11-12
anni di età; l’età più bassa nell’Unione Europea in cui l’età media è intorno
ai 14 anni e mezzo. Sulla base dei dati Istat il 75 per cento degli italiani
consuma alcol. Sono circa 3 milioni i bevitori a rischio e 1 milione gli
alcolisti; 817 mila giovani di età inferiore ai 17 anni hanno consumato, nel
2000, bevande alcoliche e circa 400 mila eccedono nei consumi alcolici. il 7
per cento dei giovani dichiara di ubriacarsi almeno 3 volte a settimane ed è in
costante crescita il numero di adolescenti che consumano alcol (birra,
alcolpops e superalcolici) fuori dai pasti (+ 103 per cento nel periodo 1995 -
2000 per le ragazze tra i 14 e i 17 anni). L’ACAT A BRESCIA - L’associazione dei club degli alcolisti in trattamento
è un’Onlus che ha sede in via San Faustino 38. E’ un’associazione privata che
si riunisce una volta alla settimana seguendo la metodologia di «gruppo» del
professor Hudolin. «Si rivolge a tutte le famiglie coinvolte direttamente e non
con le problematiche legate all’alcolismo», spiega Cappa ricordando anche la
funzione di informazione e divulgazione svolta dall’associazione istituita nel
1990. È una delle tante associazioni che tra Brescia e provincia si occupano di
questo grave fenomeno del «bere a rischio» e dei problemi alcol-correlati. Attualmente
sono 15 le famiglie (denominate club) che fanno parte dell’associazione (*) che
ha attivato un protocollo d’intesa con l’Asl - per fini conoscitivi delle attività
svolte dai club (famiglie) -, e opera in stretta collaborazione con comune di
Brescia e della provincia, con Ircss Centro San Giovanni di Dio e numerose
circoscrizioni cittadine nell’organizzare incontri aperti al pubblico sui
problemi legati all’alcol. «Il nostro obiettivo principale è informare - dice
Cappa -; lo facciamo con pubblicazioni, incontri e giornate particolari come "l’analcoholic
party 3" in programma a maggio, ma se non c’è la volontà di tutti a
contrastare l’alcolismo non possiamo farcela». Per quanti volessero contattare
o semplicemente avere informazioni sulle attività svolte da Acat Brescia è
disponibile il numero della sede: 030 - 3756270. L’ARENA di Verona Domenica sera a Garda un uomo s’è scagliato contro
l’ufficiale per motivi di viabilità. Fermato e poi liberato, sarà processato in
luglio Mercoledì, 26 Aprile 2006
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