“Sliding Doors”… Qualcuno ricorderà il film di Peter Howitt, uscito nel 1998 nelle sale cinematografiche, che celebrava la casualità del Destino, al quale andiamo inconsapevolmente incontro con gesti e scelte che compiamo in continuazione. La storia di Forlì è una storia allucinante, incredibile. Fidanzati che si amano, che si lasciano per rivedersi l’indomani. Prendono strade diverse, uno in sella alla sua moto, l’altra al volante della sua auto. Chissà qual è stato il loro ultimo pensiero? Prima di un terribile incidente c’è un lungo attimo, nel quale capisci che stai andando incontro al tuo Destino. Senti il tuo corpo che ti abbandona, come una zattera in balia dei flutti prima di una cascata. Vortici, gorghi, onde. Quel momento, lo dedichi a quello che hai fatto, a quello che sei, a quello che avresti voluto essere. “Uccidere un uomo è una cosa grossa – dice Clint Eastwood nel suo “spietato” William Munny – perché gli togli tutto quello che è e tutto quello che avrebbe voluto essere”. Lo stesso è quando vedi il tuo Destino che ti viene incontro. Daresti qualsiasi cosa per evitarlo, ma chiudi gli occhi nell’estrema rassegnazione dell’inevitabile e aspetti che il Fato si compia, che le porte si aprano o si chiudano per sempre. Mauro aveva 29 anni, Simona solo 27. La moto di lui e l’auto di lei rincorrono il rumore dei rispettivi schianti, a chilometri di distanza; lancette degli orologi, pistoni e cuori si fermano all’unisono. Crudele, il Destino si concede anche questa beffa. Comincerà allora il valzer dei “se”, qualcuno non si darà pace, qualcun altro penserà di vivere un incredibile incubo. A volte basterebbe accendere una sigaretta, o non accenderla affatto, far compiere un giro in più al cucchiaino nella tazzina del caffé… Ma certe cose puoi dirle solo dopo, quando il banco ha scoperto le sue carte e tu sei caduto nel bluff. Sì, ogni nostro piccolo gesto condiziona gli eventi futuri: una parola detta male, un pensiero negato, una questione in sospeso. Ieri abbiamo pianto un carabiniere ucciso da un ubriaco al volante, che col suo criminale gesto – quello del bere e di guidare – è divenuto un assassino perfetto. Ha ucciso un padre di famiglia, ma non ha bisogno di nascondere le prove, né di fuggire. Non dovrà farlo, perché non pagherà per quello che ha fatto. Allora noi ci arrabbiamo, scriviamo comunicati, facciamo ricerche, studiamo dati e li rielaboriamo. Ma almeno abbiamo un nemico da odiare, da perseguire. Possiamo dire la nostra per cambiare le cose, o almeno per tentare di farlo. La storia di Mauro e Simona, ci fa piombare nuovamente nell’impotenza più assoluta e ci ricorda che il Destino, il Fato, è più forte di qualsiasi atto della nostra volontà. Non può essere che il Caso a far prendere a Mauro la sua moto; è per forza Un insieme di inezie, di scelte quotidiane. Che non hanno però un comune lieto fine, come nelle commedie sentimentali di Hollywood. Qui siamo nella vita vera, dove la strada è cattiva. Dove c’è quasi sempre un colpevole da odiare che la fa puntualmente franca. Anche stavolta, solo che il Pirata della Strada si chiama Destino. Crudele. Vogliamo sperare che ora Mauro e Simona siano davvero insieme, in una strada senza sangue, piena di nuvole e di felicità. | |
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