Nel
caso di specie i ricorrenti, cittadini tedeschi provenienti dalla Germania, in
data 6 novembre 2002 venivano bloccati al Valico Autostradale del Brennero per
un controllo a seguito del ripristino temporaneo dei controlli di frontiera ai
sensi dell’art. 2.2 della Convenzione di Schengen connesso al Meeting del
Social Forum Europeo.
In
detta occasione, a seguito dell’identificazione, la Polizia di Frontiera del
Brennero - nonostante la formae difida formulata dal Forum Sociale europeo -
adottava il provvedimento di respingimento a carico dei due comunitari, forse
perché all’epoca indagati in quanto occupanti la scuola Diaz nel luglio 2001 (e
giova ricordare che le accuse relative ai manifestanti vennero archiviate,
mentre si trovano in fase dibattimentale i procedimenti a carico dei pubblici
ufficili che fecero irruzione in tale scuola) che veniva impugnato per i
seguenti motivi.
a) Carenza assoluta di motivazione
L’art.
7, DPR 18 gennaio 2002, n. 54 (Testo Unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di circolazione e soggiorno dei cittadini degli stati
membri dell’Unione Europea) sancisce che alla libera circolazione dei cittadini
dell’UE può derogarsi solo per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza
o di sanità pubblica e che tali motivi devono essere portati a conoscenza
dell’interessato (comma 4).
Nel provvedimento, tuttavia, non vi era traccia alcuna di una motivazione in
tal senso, limitandosi a sancire che è stato adottato in attuazione del
ripristino dei controlli di frontiera ai sensi dell’art. 2.2. della Convenzione
Applicativa dell’Accordo di Schengen, connesso al Meeting del Social Forum
Europeo su determinazione dell’Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza.
Inoltre, l’art. 7 sancisce altresì che i provvedimenti di ordine pubblico o di
pubblica sicurezza devono essere adottati esclusivamente in relazione al
comportamento personale dell’individuo. La disposizione stabilisce
espressamente che i motivi, ad eccezione del caso in cui siano inerenti alla
sanità pubblica (caso verosimilmente diverso da quello di cui si tratta),
devono essere riferiti al comportamento personale tenuto dall’individuo che
viene respinto (T.A.R. Bolzano, 17 ottobre 2002, n. 447). Anche in relazione a
ciò, nel verbale non era dato cogliere alcun riferimento ad un comportamento
personale dei ricorrenti (di cui una impegnata, tra l’altro, in una
associazione di diritti umani) che avesse potuto far ritenere alla Polizia di
Frontiera i soggetti pericolosi per l’ordine pubblico o la pubblica sicurezza.
(L’omessa)
motivazione riferita a ragioni di ordine o sicurezza pubblica dovrebbe dunque
essere circostanziata con elementi riferibili alla singola persona interessata:
la legislazione italiana è vincolata sul punto dall’art. 3, n. 1, della
direttiva CEE n. 64/221, e che la Corte Europea di Giustizia ha avuto più volte
modo di pronunciarsi sull’interpretazione della medesima (v. sent. 7 luglio
1982, cause riunite 115 e 116/81, Adoui e Cournaille/Belgio, Racc. pp. 1665
ss), chiarendo che il richiamo da parte di un’autorità nazionale alla nozione
di ordine pubblico presup-pone l’esistenza "di una minaccia effettiva e
abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettività".
Infine, l’art. 8 del TU prevede che il termine concesso al cittadino di uno
Stato membro dell’Unione Europea per abbandonare il territorio nazionale non
può essere inferiore a 15 gg. salvo motivi di urgenza. Anche dei motivi
d’urgenza che hanno giustificato l’allontanamento immediato dei ricorrenti non
vi era traccia.
Il
fatto, quindi, che dal verbale consegnato ai ricorrenti non fosse dato capire
nemmeno se costoro fossero stati respinti per ragioni di ordine pubblico o di
pubblica sicurezza o di sanità pubblica, il fatto che non venisse motivato il
comportamento personale del ricorrente che abbia fatto ritenere la Polizia di
Frontiera di essere in presenza di soggetti pericolosi, ed il fatto che non
venissero menzionate le ragioni di urgenza che giustificassero l’espulsione
immediata dei ricorrenti, costituiva una palese violazione dell’obbligo
generale di motivazione dei provvedimento amministrativo (art. 3 L. 241/90) e
di quello specifico previsto dall’art 7, comma 4, DPR 18 gennaio 2002, n. 54
che si concretizzano in una violazione del principio di trasparenza degli atti
amministrativi e del connesso diritto di difesa.
b) Violazione di legge: falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, DPR
18 gennaio 2002 n. 54.
Il
provvedimento impugnato era stato adottato in attuazione del ripristino dei
controlli di frontiera ai sensi dell’art. 2.2. della Convenzione Applicativa
dell’Accordo di Schengen, connesso al Meeting del Social Forum Europeo su
determinazione dell’Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza.
Tuttavia, come noto, l’art. 2.2. della Convenzione di Schengen conferisce
semplicemente agli stati firmatari il potere di ristabilire, temporaneamente e
previa consultazione delle altre Parti contraenti, i controlli alle frontiere
nazionali ma non attribuisce alcun potere di compiere respingimenti.
Il potere di allontanamento dei cittadini dell’UE, infatti, viene disciplinato
dall’art. 7, che richiede espressamente la sussistenza di motivi di ordine
pubblico, sicurezza pubblica o di sanità pubblica ed altresì che i
provvedimenti di ordine pubblico o di pubblica sicurezza debbano essere
adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale dell’individuo.
Non essendovi nel verbale di respingimento alcun riferimento ai summenzionati
motivi e, ritenendo non verosimile il respingimento per sanità pubblica, non
essendovi alcuna menzione ad uno specifico com-portamento del ricorrente, il
provvedimento pare essere stato adottato, non nell’ambito di un potere
discrezionale della PA, bensì nel pieno arbitrio da parte delle Forze di
Polizia di Frontiera del Bren-nero.
Il
provvedimento doveva perciò ritenersi illegittimo per violazione dell’art. 7,
DPR 18 gennaio 2002, n. 54.
c) Violazione di legge: art 8, comma 1, DPR 18 gennaio 2002 n. 54.
Come noto, l’art. 8, DPR 18 gennaio 2002, n. 54, sancisce che salvo motivi di
urgenza il termine concesso al cittadino di uno Stato membro dell’Unione
Europea per abbandonare il territorio nazionale non può essere inferire a
quindici giorni nel caso di diniego di ammissione al soggiorno.
La ricorrente è stato comunque respinta immediatamente senza che i suddetti
motivi d’urgenza le venissero portati a conoscenza o indicati nel verbale di
respingimento.
Anche con riferimento a ciò, quindi, il provvedimento pare adottato
arbitrariamente in violazione dell’art. 8, DPR 18 gennaio 2002, n. 54 e quindi
deve ritenersi illegittimo.
**
* **
Se
le pronunce del Tribunale di giustizia amministrativa di Bolzano consentono di
fare giustiza, aprendo le porte anche ad eventuali richieste risarcitorie per
violazione del diritto fondamentale della libertà di circolazione, rimane il
fatto che ai cittadini è stato negato un diritto fondamentale tutelato a
livello costituzionale ed internazionale, sulla base dei soliti precedenti di
polizia (con l’aggravante della assoluta non trasparenza edl cd. SIS, Sistema
Inforamativo Schengen). Una rifessione in merito appare ormai imprescindibile.
(Altalex,
28 aprile 2006. Nota di Nicola Canestrini
e Pier Andrea Perini)
Reg.
Sent. N. 118/2006
Reg.
Ric. N. 25/2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
Sentenza depositata il 23.03.2006
Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano
costituito
dai magistrati:
Hugo DEMATTIO –
Presidente
Luigi MOSNA – Consigliere
Marina ROSSI DORDI - Consigliere relatore
Margit FALK EBNER - Consigliere
ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. 25 del registro ricorsi 2003
presentato da
G.
C., rappresentato e difeso dall’avv. Nicola Canestrini, con domicilio eletto
presso lo studio dell’avv. Wolfgang Wielander in Bolzano, via Della Rena n. 14,
giusta delega a margine del ricorso, ricorrente -
c o n t r o
AMMINISTRAZIONE
DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex
lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trento, in Largo Porta Nuova
n. 9, presso la quale, pure per legge, è domiciliato, - resistente -
per
l’annullamento
del
provvedimento di respingimento alla frontiera dd. 6 novembre 2002 adottato
dalla Polizia di Frontiera nei confronti del ricorrente al Valico Autostradale
del Brennero.
Visto il ricorso notificato il 08.01.2992 e depositato in segreteria il
21.01.2003 con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione dell’Interno dd.
09.01.2003;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore per la pubblica udienza dell’11.01.2006 il consigliere
Marina Rossi Dordi ed ivi sentito l’avv. N. Canestrini per il ricorrente e
l’Avvocato dello Stato G. Denicolò per l’Amministrazione dell’Interno;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
F A T T O
Il
cittadino germanico C. G. in data 6 novembre 2002, in seguito ad un controllo
al valico del Brennero, nell’ambito del ripristino temporaneo dei controlli di
frontiera, ai sensi dell’art. 2 II comma della Convenzione applicativa
dell’Accordo di Schengen, connesso al meeting del Social Forum europeo, veniva
respinto verso l’Austria.
Con ricorso ritualmente notificato veniva impugnato il provvedimento di
respingimento, al quale venivano mosse le seguenti censure:
1)
Carenza assoluta di motivazione.
2) Violazione di legge: falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, DPR 18 gennaio
2002, n. 54.
3) Violazione di legge: art. 8, comma 1, DPR 18 gennaio 2002, n. 54.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione dell’Interno, riservandosi di
concludere in prosieguo. Successivamente non ha depositato memorie, né ha
prodotto documenti.
Alla
pubblica udienza dell’11.1.2006 la causa è passata in decisione.
D I R I T T O
Il
ricorso è fondato e merita accoglimento.
Appare
opportuno premettere come, in occasione del meeting del Social Forum europeo,
che si teneva a Firenze dal 6 al 10 novembre 2002, “su determinazione
dell’Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza”, è stata disposta la sospensione
della Convenzione applicativa dell’Accordo di Schengen ed il conseguente
ripristino dei controlli di frontiera.
Il provvedimento impugnato è un prestampato recante l’intestazione III zona
polizia di frontiera-settore polizia di frontiera-Brennero, con oggetto
“verbale di respingimento nei confronti di”, nel quale si dichiara che si è
proceduto al respingimento della persona indicata e successivamente (sempre
prestampato) “il/la predetto/a non viene ammesso temporaneamente nel territorio
nazionale in attuazione del ripristino dei controlli di frontiera ai sensi
dell’art. 2.2 della Convenzione Applicativa dell’Accordo di Schengen, connesso
al Meeting del Social Forum Europeo su determinazione dell’Autorità Nazionale
di Pubblica Sicurezza.”
Il sudescritto prestampato è stato completato con il nominativo e altri dati
identificativi del cittadino germanico, con la data e l’ora del verbale e con i
nominativi degli ufficiali ed agenti di P.S. verbalizzanti.
Con i primi due motivi di gravame dedotti, che si prestano ad un esame
congiunto, il ricorrente deduce l’assoluta carenza di motivazione dell’atto di
respingimento e la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 comma 1 del DPR
18.1.2002, n. 54, che norma i presupposti e limiti del potere di allontanamento
rispetto ai cittadini degli altri Stati membri dell’Unione europea.
Le
doglianze colgono nel segno.
Il
verbale di respingimento adottato dalla Polizia di frontiera non contiene
alcuna parola di motivazione e neppure fa riferimento ad altro provvedimento o
documento nel quale possa rinvenirsi una traccia di motivazione. Non è dato
comprendere su quale base i verbalizzanti abbiano ritenuto di poter respingere il
cittadino germanico, impedendogli l’ingresso in territorio italiano. L’unico
riferimento, come sopra esposto, è quello al ripristino dei controlli di
frontiera in occasione del meeting del Social Forum europeo, che si svolgeva
nella città di Firenze.
Il controllo alla frontiera è una fattispecie ben diversa dal respingimento:
potrà al massimo costituirne un antefatto, in presenza di elementi che lo
possano determinare. Di tale connessione, sulla base di un’analisi di fattori
che colleghino il controllo al successivo respingimento, è impossibile scorgere
un qualsivoglia elemento.
L’art. 1 del DPR 18.1.2002 n. 54 sancisce il principio del libero ingresso nel
territorio italiano dei cittadini di uno stato membro dell’Unione europea,
“fatte salve le limitazioni derivanti dalle disposizioni in materia penale e da
quelle a tutela dell’ordine pubblico, della sicurezza interna e della sanità
pubblica in vigore per l’Italia…” e l’art. 7 del DPR 54/02 ribadisce che
l’ingresso ed il soggiorno dei cittadini dell’Unione europea può essere negato
“solo per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità
pubblica” e precisa che “i provvedimenti di ordine pubblico o di pubblica
sicurezza devono essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento
personale dell’individuo”.
Rileva il Collegio che il provvedimento in esame, non indicando i motivi che
hanno indotto gli agenti di Polizia a respingere il ricorrente alla frontiera
del Brennero, si pone in evidente contrasto con le disposizioni suddette. Invero
la norma impone, in modo inequivocabile, che i motivi del negato ingresso siano
indicati espressamente nel provvedimento e che tali motivi, ad eccezione del
caso in cui siano inerenti alla sanità pubblica, devono essere riferiti al
comportamento personale tenuto dall’individuo che viene respinto.
Il quarto comma del suindicato art. 7 precisa, ancora, che “salvo il caso che
vi si oppongono motivi inerenti alla sicurezza dello Stato, i motivi di ordine
pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, sui quali si basa il
provvedimento che lo concerne, sono portati a conoscenza dell’interessato.
Quindi il legislatore ha voluto assicurare che al cittadino dell’Unione europea
possa essere negato l’ingresso in Italia solamente per i tre ordini di motivi
elencati nella citata norma e che l’interessato sia messo a conoscenza delle
ragioni del negato ingresso, stabilendo una sola ipotesi in cui questa
condizione può legittimamente venir meno, cioè quando sussistano motivi
inerenti alla sicurezza dello Stato.
Il provvedimento impugnato non fornisce alcuna indicazione che permetta di
comprendere in quale categoria di motivi possa essere iscritto e viola comunque
tutti i precetti sopra riportati.
Le disposizioni su riportate sono poste a garanzia del principio di libera
circolazione dei cittadini all’interno dell’Unione europea, di cui all’art. 18
del Trattato istitutivo del 25.3.1957. Detto principio fondamentale
dell’ordinamento comunitario è stato ribadito con la citata Convenzione di
Schengen, che ha soppresso i controlli alle frontiere interne, stabilendone la
possibilità di ripristino, in base a forme prescritte e rigorose procedure,
solamente in occasioni eccezionali. Di conseguenza, ad avviso del Collegio, il
provvedimento oggetto del gravame in esame costituisce una violazione della
normativa italiana e comunitaria in materia di libertà di circolazione e
soggiorno dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea.
Un tanto è sufficiente per ritenere che l’impugnato provvedimento incorre nelle
censure dedotte ed esaminate, con assorbimento dell’ultimo profilo di
doglianza.
In conclusione il ricorso va accolto, con conseguente annullamento del
provvedimento impugnato.
Le
spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione Autonoma
per la provincia di Bolzano -, disattesa ogni contraria istanza ed eccezione,
definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il
provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite in
favore del ricorrente, spese che vengono liquidate nell’importo di euro
1.500,00 (millecinquecento/00) oltre ad IVA e CAP, come per legge.
Ordina che la presente sentenza venga eseguita dall’Autorità
amministrativa.
Così
deciso in Bolzano, nella camera di consiglio del 11.01.2006.
IL
PRESIDENTE L’ESTENSORE
Hugo DEMATTIO Marina
ROSSI DORDI
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