Giurisprudenza di
legittimità
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE ha pronunciato la seguente P. D. ha
impugnato davanti al Giudice di pace di Isernia l’ordinanza ingiunzione con cui
il Prefetto di quella provincia le aveva irrogato una sanzione pecuniaria, per
aver lasciato un autoveicolo in sosta vietata. L’opponente ha dedotto che il
divieto non poteva considerarsi operante, stante l’illegittimità del relativo
segnale verticale, che era privo sul retro delle prescritte indicazioni dell’ente
o dell’amministrazione proprietari della strada, del numero dell’autorizzazione
concessa per la fabbricazione, degli estremi dell’ordinanza di apposizione. Il
Prefetto di Isernia si è costituito in giudizio, contestando la fondatezza del
ricorso. Questo è stato respinto, con sentenza del 26
febbraio 2003, avendo il Giudice di pace ritenuto che "il segnale non
conforme a quanto previsto dall’art. 77 del Regolamento di esecuzione ed
attuazione del C.d.S. è da ritenersi illegittimo, con efficacia esimente nei
confronti di colui che non lo abbia osservato, solo in quanto esso sia
concretamente inidoneo a rendere edotto l’utente della strada della particolare
norma di condotta che il segnale è destinato ad esprimere", sicché
"soltanto quando sussista siffatta concreta inidoneità alla funzione
propria del segnale stradale - che è quella di render nota all’utente della
strada la norma di condotta da osservare - possono porsi le ulteriori questioni
dell’eventuale disapplicazione del provvedimento amministrativo incorporato nel
segnale ovvero della sussistenza, in capo all’autore, dell’elemento soggettivo
della violazione". P. D. ha
proposto ricorso per cassazione, in base a un motivo. Il Prefetto di Isernia
non ha svolto attività difensive nel giudizio di legittimità. Motivi della decisione Con il
motivo addotto a sostegno del ricorso P. D., denunciando "violazione e
falsa applicazione dell’art. 77 comma 7 Regolamento del Codice della Strada
D.P.R. 16 dicembre 1992 n. 495", lamenta che il Giudice di pace ha fatto
applicazione di un principio che la giurisprudenza di legittimità aveva
enunciato con riferimento al codice della strada previgente e che ormai non è
più attuale, dopo l’abrogazione delle disposizioni da cui era stato tratto. La doglianza è infondata. Le ragioni
che avevano indotto questa Corte a ritenere che l’obbligo di rispettare la
segnaletica stradale non venisse meno, ove questa non fosse esattamente
conforme alle disposizioni del regolamento di esecuzione del codice della
strada del 1959, salvo il caso di divergenze tali, da rendere non conoscibile
la condotta prescritta (v., per tutte, Cass. 23 marzo 1994 n. 2763 e 21
settembre 1998 n. 9438) valgono senz’altro anche per le norme, del tutto
analoghe, del codice della strada del 1992 e del relativo regolamento. Né l’uno
né l’altro, infatti, condizionano l’operatività del divieto o dell’obbligo
stabilito dal cartello alla presenza, sul retro di questo, delle indicazioni di
cui si tratta, le quali non sono affatto essenziali ai fini della disciplina
della circolazione. L’unica informazione rivolta agli utenti della strada è
quella relativa all’ordinanza di apposizione, informazione destinata a
consentire il controllo che il segnale non sia stato collocato in mancanza del
necessario relativo provvedimento: ipotesi che però P. D. non ha prospettato,
come motivo di illegittimità dell’accertamento della violazione contestatale. Il ricorso
deve essere pertanto rigettato. Non vi è da provvedere sulle spese del giudizio
di cassazione, nel quale la parte intimata non ha svolto attività difensive. La Corte rigetta il ricorso. Roma, 21 novembre 2005 Depositata in cancelleria il 22
febbraio 2006. |
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