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Notizie brevi 08/05/2006

VERONA - MUORE IL MARESCIALLO ENRICO FRASSANITO, IL SUPERSTITE DI NASSIRYIA. ERA APPENA RIENTRATO IN ITALIA. STRONCATO DA UN’INFEZIONE.

(ASAPS) VERONA – Credevamo che ce l’avrebbe fatta. Lo speravamo con tutte le nostre forze e ormai confidavamo che le preghiere fossero servite. Invece il maresciallo Enrico Frassanito ha fatto appena in tempo a toccare il suolo italiano, appena sceso dal volo governativo che l’aveva riportato in patria da Kuwait City, dove era stato ricoverato dopo il terribile attentato che aveva provocato la morte di due suoi colleghi Carabinieri e di un capitano dell’Esercito, a Nassiriya. Ad ucciderlo è stato uno choc settico irreversibile, sopraggiunto in aereo. Enrico è stato rianimato più volte e la sua fibra ha retto fino a quando la sua barella non è entrata nell’ospedale "Borgo Trento" di Verona. Poi, dopo altri 40 minuti di massaggio cardiaco, i medici e gli infermieri hanno dovuto gettare la spugna. Il suo corpo, devastato dalle ustioni dell’esplosione, ha ceduto. Che dire ora? Francamente non lo sappiamo. La notizia dell’attacco irakeno e subito dopo quello afgano ci lascia sconvolti. I nostri militari stavano cercando di costruire qualcosa, che vale certo di più della loro stessa paura, che certo avevano ma che hanno messo da parte. Lo dicono le popolazioni locali, lo dicono i media stranieri, lo dicono loro stessi, i protagonisti di queste missioni lontane. Partono coi loro zaini pieni di armi, certo, ma anche di attrezzi. Parole studiate in fretta per esprimersi alla meno peggio in idiomi incomprensibili, per muoversi in mezzo a luoghi remoti, ostili, dove il sorriso innocente dei bambini ripaga delle calure con il kevlar sulla testa, di guanti e anfibi sempre calzati, di cuori che battono e che rimbombano ad ogni curva, ad ogni faccia strana, ad ogni alito di vento. Kabul, come Nassiryia, come tanti altri luoghi dove i soldati di pace tengono alto il loro nome e la loro fama di costruttori, più che di invasori. Per questo, per quel che può valere il nostro pensiero, diciamo ai parenti di chi ha perso i propri cari in queste terre lontane, che siamo fieri di loro. Così come siamo fieri di tutti, donne ed uomini anche senza divisa, che sono partiti per andare laggiù a costruire, a insegnare a costruire, e che non sono tornati. Lo stesso per chi è andato là per raccontare e che si è sacrificato per il diritto di tutti noi di sapere. Gesti di generosità, di coraggio, che non restano mai vani. (ASAPS)

 


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Lunedì, 08 Maggio 2006
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