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Articoli 13/05/2006

MILLEMIGLIA: UNO SGUARDO ALLE VECCHIE SIGNORE AIUTA A COMPRENDERE QUANTO SIA STATO FATTO PER LA SICUREZZA

Ma anche a capire perché i limiti dovrebbero essere più rispettati


Archivio Repubblica

Gioielli della meccanica, ma distanti, tanto distanti dal frutto della ricerca nel nome della sicurezza. Perché mai più chi progettava auto all’inizio dello scorso secolo avrebbe immaginato che queste “scatolette” colorate ed affascinanti sarebbero diventate un bene di massa. Il traffico di oggi, le città che diventano sempre più vicine, i chilometri di coda ai caselli nel fine settimana e quella velocità che troppo spesso sfugge di mano erano tutti fattori incalcolabili. L’auto: bene di lusso, sfizio per pochi, con poltrone così scomode da non riuscire ad immaginare di fare più di una manciata di chilometri. Eccola lì, l’auto, alle sue origini. Sfila in Piazza Loggia, a Brescia, dove oggi nessuno pensa alla strage del 28 maggio del 1974: otto morti ed oltre novanta feriti ad una manifestazione sindacale ed antifascista. Oggi Piazza Loggia è la passerella delle vecchie signore, tirate a lucido e controllate da mani esperte, quelle che non si trovano più, in vista di una gara che sa d’altri tempi. Brescia-Roma andata e ritorno, attraverso paesi e città d’arte, in un percorso che è tutt’altro che una passeggiata.

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Il perché lo scopro chiacchierando un po’ con Carlo Salvatori, Vice-Presidente e Membro del Comitato esecutivo di Mediobanca e dell’Abi, titolare dell’insegnamento di Banca e Finanza in Europa nel corso di laurea in Scienze Politiche e Istituzioni Europee dell’Università degli Studi di Parma. Perché con lui? Semplicemente perché è alla sua quarta Millemiglia e, questa volta, in macchina, a fargli da navigatrice, ci sarà anche sua figlia Antonella: “Nelle precedenti edizioni lo seguivo con l’assistenza…” ci dice questa donna dall’espressione visibilmente entusiasta. Chiedo a suo padre, uomo dai toni cortesi di chi è abituato alle pubbliche relazioni e all’alta finanza, quali sono le difficoltà più grandi nel guidare un’auto d’epoca: “Ah, senza dubbio la mancanza del servosterzo e del servofreno. Bisogna pigiare il pedale con forza, fino in fondo: non c’è più l’abitudine a farlo adesso che ci sono gli Abs… E con quello che pesano le vecchie auto, non ha idea di come siano più complicate le manovre in città: ci vuole una buona resistenza fisica per stare al volante a lungo”. Poi c’è la lotta contro il maltempo, perché nonostante sia maggio, il percorso tocca anche punti dove non è così difficile incontrare la pioggia, se non addirittura la neve: “Certo, lì il gioco si fa duro: frenare diventa più rischioso rispetto alle automobili alle quali, ormai, siamo tutti abituati”. Salvatori quest’anno corre con una BMW 327 cabrio. Lo sento organizzarsi con la figlia per l’acquisto di collirio, mascherina per lei e casco con visiera per lui, che indossa gli occhiali: il rischio è quello della congiuntivite, ed anche questo non è da poco se si deve (e si vuole) continuare la sfida. Poi, l’abbigliamento pesante: si viaggia all’aperto ed anche se, nelle condizioni peggiori, si decidesse di chiudere il tettuccio di tela, non c’è di certo una climatizzazione adeguata, e l’abitacolo sembra ancora più stretto. Abituati come siamo ad accomodarci su sedili ergonomici, ad avere il fresco in estate ed il calduccio in inverno evitando i malori, a girare il volante senza il minimo sforzo compiendo manovre più “sciolte”, a frenare gradualmente senza sobbalzi dell’auto, ci diventa difficile renderci conto di tutti gli studi effettuati dalle case automobilistiche in questi ultimi anni.
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E a dare tutto per scontato, come probabilmente fa la bellissima soubrette reduce de La Fattoria, Giulia Montanarini, a Brescia per la sua prima Millemiglia da navigatrice su una Jaguar XK 120 del 1953. “Ah, io guido benissimo – dice sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori – Mai fatto un incidente: e dire che viaggio sempre in autostrada, faccio dai sette agli ottomila chilometri a settimana perché ho paura dell’aereo”. Mi dice che il problema delle autostrade italiane è nei troppi cantieri. E che quando guida canta oppure “lo so, non dovrei, parlo al telefono… Ma metto l’auricolare, e anche le cinture, quelle sempre”. Non so se abbia pesato bene la sua risposta quando le chiedo a che velocità è solita andare: “Ah, se non c’è nessuno ai 180, anche duecento, altrimenti metto il limitatore di velocità a 135”. Mi chiedo se è sicura di ciò che mi dice, ma sorride, e continua a farlo, anche quando le chiedo se ha ancora tutti i punti sulla patente: “No, me ne mancano due, ma sa, non è colpa mia: è stato il mio ex marito, che mi ha fregato la macchina e chissà a quanto è andato, così mi sono ritrovata questo regalino. Io, quando vedo i carabinieri, freno sempre”. La sua sincerità è disarmante: trovo che sia il classico esempio del “vado piano per non prendere la multa”, senza nessuna considerazione non solo per quelle regole del Codice della Strada, ma anche del più comune buonsenso. E non è per nulla imbarazzata, tanto che quando la incontro di nuovo mi sorride ancora una volta. Osservo gli altri Vip che sfilano tra le auto, sentendosi un po’ in vetrina, come Eva Herzigova, Elenoire Casalegno, Fabio Testi, ed i veri appassionati dei motori, che si intrattengono, come ad un concerto, ad ascoltare i diversi rombi dei motori ancora un po’ freddi. I meccanici, in tute candide, sembrano chirurghi tanta è l’attenzione che mettono per controllare ogni dettaglio. Scruto tutte queste vecchie signore, con i fari posteriori piccolissimi, quasi invisibili, e con dotazioni più che essenziali. Parabrezza microscopici per i coupé, visibilità posteriore ridotta per altre supersportive, e dimensioni dalle più piccole alle più mastodontiche, come una vecchia Bentley con le portiere foderate in pelle all’esterno: la più totale assenza di omogeneità negli stili, e forse anche quello ha vagamente il suo fascino. In Piazza Vittoria, una manciata di metri più in là, le auto di oggi: fari allo xeno, fendinebbia, tergicristalli ovunque, navigatori satellitari, pneumatici per ogni stagione. Ed ancora: Abs, servosterzo, sedili riscaldati, abitacoli ipercomodi, potenze che, via via, possono portare a velocità oltre ogni limite, scocche rinforzate, e chi più ne ha più ne metta. Tutto per farci sentire sicuri. Ma un tempo, c’era innanzitutto la strada e l’auto era un piccolo gioiello da rispettare, curare ed amare. Oggi, che la macchina è un mezzo per tutti e dovrebbe essere più sicura, aumentano le imprudenze dovute proprio dalle troppe certezze. Mentre la strada, questa sconosciuta, sembra per troppi aver perso valore.


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Maria Teresa Zonca

Sabato, 13 Maggio 2006
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