Archivio Repubblica Gioielli della meccanica, ma distanti, tanto distanti dal frutto
della ricerca nel nome della sicurezza. Perché mai più chi progettava auto
all’inizio dello scorso secolo avrebbe immaginato che queste “scatolette”
colorate ed affascinanti sarebbero diventate un bene di massa. Il traffico di
oggi, le città che diventano sempre più vicine, i chilometri di coda ai caselli
nel fine settimana e quella velocità che troppo spesso sfugge di mano erano
tutti fattori incalcolabili. L’auto: bene di lusso, sfizio per pochi, con
poltrone così scomode da non riuscire ad immaginare di fare più di una manciata
di chilometri. Eccola lì, l’auto, alle sue origini. Sfila in Piazza Loggia, a
Brescia, dove oggi nessuno pensa alla strage del 28 maggio del 1974: otto morti
ed oltre novanta feriti ad una manifestazione sindacale ed antifascista. Oggi
Piazza Loggia è la passerella delle vecchie signore, tirate a lucido e
controllate da mani esperte, quelle che non si trovano più, in vista di una
gara che sa d’altri tempi. Brescia-Roma andata e ritorno, attraverso paesi e
città d’arte, in un percorso che è tutt’altro che una passeggiata. Archivio Repubblica Il perché lo
scopro chiacchierando un po’ con Carlo Salvatori, Vice-Presidente e Membro del
Comitato esecutivo di Mediobanca e dell’Abi, titolare
dell’insegnamento di Banca e Finanza in Europa nel corso di laurea in Scienze
Politiche e Istituzioni Europee dell’Università degli Studi di Parma. Perché
con lui? Semplicemente perché è alla sua quarta Millemiglia e, questa volta, in
macchina, a fargli da navigatrice, ci sarà anche sua figlia Antonella: “Nelle
precedenti edizioni lo seguivo con l’assistenza…” ci dice questa donna
dall’espressione visibilmente entusiasta. Chiedo a suo padre, uomo dai toni
cortesi di chi è abituato alle pubbliche relazioni e all’alta finanza, quali
sono le difficoltà più grandi nel guidare un’auto d’epoca: “Ah, senza dubbio la
mancanza del servosterzo e del servofreno. Bisogna pigiare il pedale con forza,
fino in fondo: non c’è più l’abitudine a farlo adesso che ci sono gli Abs…
E con quello che pesano le vecchie auto,
non ha idea di come siano più complicate le manovre in città: ci vuole una
buona resistenza fisica per stare al volante a lungo”. Poi c’è la lotta contro
il maltempo, perché nonostante sia maggio, il percorso tocca anche punti dove
non è così difficile incontrare la pioggia, se non addirittura la neve: “Certo,
lì il gioco si fa duro: frenare diventa più rischioso rispetto alle automobili
alle quali, ormai, siamo tutti abituati”. Salvatori quest’anno corre con una
BMW 327 cabrio. Lo sento organizzarsi con la figlia per l’acquisto di collirio,
mascherina per lei e casco con visiera per lui, che indossa gli occhiali: il
rischio è quello della congiuntivite, ed anche questo non è da poco se si deve
(e si vuole) continuare la sfida. Poi, l’abbigliamento pesante: si viaggia all’aperto
ed anche se, nelle condizioni peggiori, si decidesse di chiudere il tettuccio
di tela, non c’è di certo una climatizzazione adeguata, e l’abitacolo sembra
ancora più stretto. Abituati come siamo ad accomodarci su sedili ergonomici, ad
avere il fresco in estate ed il calduccio in inverno evitando i malori, a
girare il volante senza il minimo sforzo compiendo manovre più “sciolte”, a
frenare gradualmente senza sobbalzi dell’auto, ci diventa difficile renderci
conto di tutti gli studi effettuati dalle case automobilistiche in questi
ultimi anni. Archivio Repubblica E a dare tutto per scontato, come probabilmente fa la bellissima
soubrette reduce de La Fattoria, Giulia Montanarini, a Brescia per la sua prima
Millemiglia da navigatrice su una Jaguar XK 120 del 1953. “Ah, io guido
benissimo – dice sfoderando uno dei suoi sorrisi migliori – Mai fatto un
incidente: e dire che viaggio sempre in autostrada, faccio dai sette agli
ottomila chilometri a settimana perché ho paura dell’aereo”. Mi dice che il
problema delle autostrade italiane è nei troppi cantieri. E che quando guida
canta oppure “lo so, non dovrei, parlo al telefono… Ma metto l’auricolare, e
anche le cinture, quelle sempre”. Non so se abbia pesato bene la sua risposta
quando le chiedo a che velocità è solita andare: “Ah, se non c’è nessuno ai
180, anche duecento, altrimenti metto il limitatore di velocità a 135”. Mi
chiedo se è sicura di ciò che mi dice, ma sorride, e continua a farlo, anche
quando le chiedo se ha ancora tutti i punti sulla patente: “No, me ne mancano
due, ma sa, non è colpa mia: è stato il mio ex marito, che mi ha fregato la
macchina e chissà a quanto è andato, così mi sono ritrovata questo regalino.
Io, quando vedo i carabinieri, freno sempre”. La sua sincerità è disarmante:
trovo che sia il classico esempio del “vado piano per non prendere la multa”,
senza nessuna considerazione non solo per quelle regole del Codice della
Strada, ma anche del più comune buonsenso. E non è per nulla imbarazzata, tanto
che quando la incontro di nuovo mi sorride ancora una volta. Osservo gli altri
Vip che sfilano tra le auto, sentendosi un po’ in vetrina, come Eva Herzigova,
Elenoire Casalegno, Fabio Testi, ed i veri appassionati dei motori, che si
intrattengono, come ad un concerto, ad ascoltare i diversi rombi dei motori ancora
un po’ freddi. I meccanici, in tute candide, sembrano chirurghi tanta è
l’attenzione che mettono per controllare ogni dettaglio. Scruto tutte queste
vecchie signore, con i fari posteriori piccolissimi, quasi invisibili, e con
dotazioni più che essenziali. Parabrezza microscopici per i coupé, visibilità
posteriore ridotta per altre supersportive, e dimensioni dalle più piccole alle
più mastodontiche, come una vecchia Bentley con le portiere foderate in pelle
all’esterno: la più totale assenza di omogeneità negli stili, e forse anche
quello ha vagamente il suo fascino. In Piazza Vittoria, una manciata di metri
più in là, le auto di oggi: fari allo xeno, fendinebbia, tergicristalli
ovunque, navigatori satellitari, pneumatici per ogni stagione. Ed ancora: Abs,
servosterzo, sedili riscaldati, abitacoli ipercomodi, potenze che, via via,
possono portare a velocità oltre ogni limite, scocche rinforzate, e chi più ne
ha più ne metta. Tutto per farci sentire sicuri. Ma un tempo, c’era
innanzitutto la strada e l’auto era un piccolo gioiello da rispettare, curare
ed amare. Oggi, che la macchina è un mezzo per tutti e dovrebbe essere più
sicura, aumentano le imprudenze dovute proprio dalle troppe certezze. Mentre la
strada, questa sconosciuta, sembra per troppi aver perso valore. |
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