Sono tornato ieri sera dal “Congresso di Spiritualità
Antropologica ed Ecologia Sociale” di Assisi, dove ho incontrato molti amici,
tra i circa 1.500 presenti a questo bellissimo incontro annuale. Alessandro Sbarbada IL SECOLO XIX San
Martino dice no al vino SANITA’
Applicata una legge del 2001. Il
direttore Cosenza: «La salute dei dipendenti viene prima di tutto» Un
bicchiere di vino a pasto? Da oggi sarà un pallido ricordo per i dipendenti del
San Martino. Tra le prime ad adeguarsi alle disposizioni del decreto antialcol,
che ha individuato tutta una serie di categorie di lavoratori che non possono
permettersi il "cicchetto" a pasto, la mensa dell’ospedale cancella
la carta dei vini e delle bevande alcoliche. Ad accompagnare il pasto dei
dipendenti del San Martino solo acqua e bibite. Neppure la birra, anche quella
all’indice. Alessandra Costante CORRIERE ROMAGNA Ubriaco spara ai carabinieri RIMINI - L’alcol, la notte tra il 19 e 20 giugno del
2002 gli aveva strappato per sempre la figlia Milena, morta nella Mercedes
finita contro un albero in un campo di Corpolò, dov’era l’auto volata perché
guidava ubriaco fradicio. Il destino, nel lontano ’83, gli aveva tolto
Daniela, sei anni, azzannata da due cani lupo in un tenuta agricola vicino casa
dov’era andata a giocare con i fratelli.Questa volta il bicchiere di troppo ha
privato Domenico Bonci, agricoltore 54enne di Villa Verucchio, della libertà. Ma,
per fortuna, non è costato caro a uno dei carabinieri del Radiomobile
intervenuti per riportarlo alla ragione dopo che aveva dato di matto in un
ristorante di Villa Verucchio: il colpo di pistola calibro 22,
"partito" dall’arma illegale che impugnava è schizzato sul selciato,
senza ferire i due militari che, seppur a fatica, l’altra notte alle 3,30, sono
riusciti ad arrestarlo per porto illegale d’armi da fuoco e resistenza a
pubblico ufficiale Domenico Bonci, agricoltore classe ’52 di Villa Verucchio.
Pochi minuti prima dell’intervento dei carabinieri, l’uomo dal ’98 privato
della licenza di caccia e colpito da una "diniego alla detenzione di armi
e munizioni" dal prefetto di Rimini a causa di alcuni precedenti penali,
era entrato ubriaco fradicio in un ristorante e aveva iniziato a
infastidire il titolare e il figlio cui chiedeva di diventare Dj e mettere una
specifica canzone.Con il "solito" atteggiamento da sbruffone come i
due hanno verbalizzato, tra un urlo e una minaccia "prima o poi la
pagherete" ha estratto l’arma e ha iniziato a rotearla in aria. E di
quella pistola hanno subito informato il capo pattuglia quando è entrato nel
locale, mentre il collega iniziava il corpo a corpo con Bonci che in tutti i
modi cercava di divincolarsi dal carabiniere. Spintoni cui ha fatto seguire con
mossa repentina l’estrazione della pistola riposta nella cinta, sparando un
colpo verso terra. La palla è rimbalzata sul selciato per poi schizzare lontano
dal corpo del carabinieri. Finalmente ammanettato è stato portato in caserma a
Rimini, mentre i militari della stazione di Verucchio hanno provveduto alla perquisizione
dell’abitazione conclusa dal sequestro di un’altra pistola e di un fucile da
caccia calibro 22 privi anch’essi come l’arma che aveva fatto fuoco di
matricola e modello. Rinvenuti anche circa 300 proiettili di vario calibro.Oggi
sarà processato per direttissima. e.ch. ASAPS.IT GUIDA IN STATO DI EBBREZZA, PORTOGALLO: Scatta la gara di velocità per dimezzare la mortalità
entro il 2010 (ASAPS) LISBONA (PORTOGALLO) – Il limite attuale è quello convenzionalmente indicato dall’Unione Europea, vale a dire 0,5 grammi di alcol per ogni litro di sangue. Si tratta dello stesso limite vigente nel nostro paese, dove è convinzione di molti che si tratti di una vera e propria privazione nei confronti della libertà dell’individuo e che sia sufficiente un calice di rosso per rischiare una denuncia per guida in stato di ebbrezza. Niente di più sbagliato, ovviamente, ma mentre in Italia si continua a perdere tempo con disquisizioni accademiche tra chi è “pro” e soprattutto tra chi è “contro”, in altri stati europei si pensa addirittura di abbassare ancora il limite ed adeguare la soglia al limite oltre il quale è scientificamente provato che comincino a farsi sentire gli effetti dell’ebbrezza alcolica: 0,2 g/l. È il caso del Portogallo, dove il signor Ascenso Simoes, sottosegretario al ministero degli Interni, ha ribadito ancora una volta la necessità di modificare l’attuale “codigo de circulacao” abbassando la soglia da 0,5, appunto, a 0,2. A chi gli si è rivoltato contro - non dimentichiamo che siamo in un paese e a forte tradizione vinicola – ha risposto seccamente che il tasso di mortalità potrebbe essere drasticamente ridotto, tanto che la sola misura contribuirebbe in maniera significativa ad avvicinare la sinistrosità portoghese ai parametri imposti dall’Unione entro il 2010, sempre più vicino. In Portogallo, ogni agente della PSP (Policia de Seguranca Publica) o della GNR (Guardia Nacional Repubblicana), dispone di un etilometro in dotazione individuale ed ogni controllo stradale prevede la sottoposizione alla prova da parte del conducente: oggi, quello che era il fanalino di coda europeo in tema di sicurezza stradale, rischia di sorpassarci in una gara di velocità che ha come scopo quello dimezzare la mortalità… (ASAPS) SANIHELP.IT Il vino rosso protegge denti e gengive Altro che dentifrici e colluttori specifici: il miglior modo
per preservare la salute di denti e gengive è bere vino rosso. A sostenerlo è uno studio canadese, presentato a Orlando,
Florida, durante l’American Association for Dental Research Annual Meeting. I ricercatori hanno dimostrato che i polifenoli contenuti
nel vino rosso hanno potenti proprietà antiossidanti (*), in grado di
contrastare alcune patologie odontoiatriche come la gengivite o la parodontite,
un’infezione cronica causata dai batteri presenti nella placca. I componenti del vino rosso, infatti, possono limitare
l’effetto dei batteri sulle gengive. Un bicchiere al giorno, insomma, toglie davvero il
dentista di torno, soprattutto per i soggetti più a rischio come anziani,
fumatori, persone affette da diabete e pazienti che assumono steroidi, contraccettivi
orali o alcuni farmaci antitumorali. Fonte: American Dental Association 2006 di Silvia Nava Il trucco è il solito: la ricerca viene fatta sui polifenoli,
presenti in moltissimi cibi e bevande, il titolo è sul vino. AGENZIA BOLZANO: VENDE BEVANDE ALCOLICHE A UBRIACO, DENUNCIATO
BARISTA Bolzano, 13 mag. - (Adnkronos) - Puo’ esserci la responsabilita’ dell’esercente nello stato di ubriachezza dell’avventore. E’ quanto sembra scaturire da cio’ che e’ avvenuto in un pub di Castelrotto, in provincia di Bolzano, dove il 32enne titolare e la 18enne barista sono stati denunciati dai carabinieri per somministrazione di bevande alcoliche a persone in manifesta ubriachezza e per determinazione in altri dello stato di ubriachezza. I militari, entrando nel locale, infatti, hanno verificato che i due stavano approfittando del palese stato di alterazione etilica di alcuni avventori per somministrare ulteriori dosi di bevande alcoliche, inducendo i clienti ad accrescere il proprio stato di ubriachezza. IL MESSAGGERO (ABRUZZO) Preoccupanti le prime indiscrezioni di un’inchiesta della
Squadra mobile. Il sabato sera gli
under 16 arrivano a spendere anche sessanta euro a testa di MARCELLO IANNI Bevono fino a stare male. In una sera, riescono a spendere
anche cinquanta o sessanta euro. Solo, ed esclusivamente, per bere. Fino
all’ultima goccia, fino alla chiusura del locale. Hanno 16 o 17 anni, possono
contare su una buona disponibilità economica grazie a paghette ”faraoniche”. Sono
i giovani che si ubriacano ogni sabato sera. Per ridere, per stare in
compagnia, ma anche per imitare i divi della televisione. Perché ormai una
”sbronza” non scandalizza più nessuno. Tranne gli agenti della Squadra
mobile che per arginare questo problema hanno avviato un’inchiesta dopo che
alcuni ragazzi sotto i 16 anni sono finiti in coma etilico, dopo aver
abusato di alcol, soprattutto Rhum. Serate ”normali” durante le quali sono
riusciti a bere una quantità di alcolici che manderebbe al tappeto anche un
adulto. Le indagini hanno appurato che alcuni locali notturni, per
concorrenza, avrebbero escogitato degli inviti ad entrare nei locali piuttosto
accattivanti: pezzetti di carta colorati nei quali si invita il ”popolo della
notte” a recarsi in quel locale per ricevere gratuitamente, o a prezzi
irrisori, una consumazione. Nel corso degli accertamenti sarebbero stati
scoperti barman che, senza alcun problema, hanno somministrato bevande
alcoliche anche a minori di 16 anni, costringendo poi gli stessi ad essere
trascinati dagli amici di forza in un bagno per vomitare o a fare ricorso delle
cure dei sanitari dopo essere caduti in coma etilico. Eppure riuscire a bere super alcolici per un minorenne non
è mai troppo agevole. O comunque non dovrebbe esserlo. Servire alcolici ai
minori di 16 anni è vietato. Lo sanno bene gli esercenti che di solito
espongono un cartello sul quale il divieto campeggia a lettere cubitali.
Divieto che, però, spesso viene aggirato dagli under 16 che la fanno franca un
po’ ingannando i baristi e un po’ confidando nell’”elasticità” di questi
ultimi. E’ raro, infatti, vedere un barista che chiede ad un ragazzino la
carta d’identità, prima di versare un alcolico. E così, mentre spesso viene
addotta la scusa che il minore manda un maggiorenne al bancone, stavolta la
somministrazione è stata vista direttamente dagli agenti che hanno filmato con
telecamere nascoste tutta la scena, cogliendo in flagranza i baristi mentre
servivano alcolici a minori di 16 anni. Per il direttore del Sert, Daniela Spaziani, il fenomeno non va sottovalutato, anche quello del mix tra alcol e droghe. «I primi abusi di alcol si riscontrano già tra gli 11 ed i 12 anni - ha detto Spaziani - ce lo dicono gli stessi professori scolastici». IL MESSAGGERO (UMBRIA) Venerdì sera due ubriachi hanno anche assalito un
autobus di STEFANO
COCCHIERI Scene di ordinaria follia in via della Pallotta. Poco dopo
le otto di sera di venerdì due ubriachi stranieri (probabilmente magrebini)
iniziano a discutere, si spaccano addosso le sedie di plastica del bar nel
quale si erano scolati l’ultima bottiglia, poi iniziano un vero e proprio
”raid” nella trafficatissima via, bloccano il traffico, fermando un autobus
colpendolo con calci e pugni, danneggiano auto, rovesciano cassonetti
dell’immondizia, fino all’arrivo di due volanti della polizia con quattro
poliziotti che, dopo aver bloccato i facinorosi extracomunitari, li hanno
caricati nelle loro auto in mezzo alle lamentele e le proteste di abitanti
ormai esasperati dalle continue e inarrestabili vessazioni e furti ai quali
sono giornalmente sottoposti. Un quartiere tranquillo e ancora vivo, a due passi dal
centro che sembra non riuscire più a trovare pace.Un quartiere nato nei primi
anni sessanta nel lato sud est della città di Perugia che all’epoca finiva con
via dei Filosofi, la via dei ”palazzoni” nata negli anni cinquanta che
delimitava, insieme alla parte alta di via XX Settembre, la periferia del
capoluogo. A distanza di quarant’anni, via dei Filosofi e "la
Palotta" hanno chiaramente cambiato fisionomia e aspetto, un po’ come
tutta la città. Da quelle parti Don Leonello (prete di frontiera della
parrocchia di San Ferdinando), ha accolto i "pionieri"
extracomunitari che venivano a trovare fortuna nella ricca Perugia. Con i polacchi nei primi anni ottanta, e i sudamericani
negli anni immediatamente successivi, il quartiere si è lentamente ma
inesorabilmente popolato di extracomunitari: gente brava, venuta per trovare
lavoro, che si è integrata con i residenti perugini, anche se non senza qualche
mugugno della borghesia locale che andava via via ad invecchiarsi. Via della
Pallotta, infatti, a due passi da Piazza Italia con il crescere di frazioni
come Ponte San Giovanni e Ferro di Cavallo, era diventata improvvisamente zona
centrale con i prezzi degli appartamenti che ancora oggi non sono certo
accessibili ai più giovani. Oggi quella zona pullula di extracomunitari, nonostante
Don Leonello da tempo non sia più parroco. Nel quartiere buono della città,
infatti, l’accoglienza del "prete di frontiera" è stata sostistituita
dagli hard discount e da esercizi pubblici di basso profilo intorno ai quali si
sono sviluppati traffici di tutti i tipi, compreso quello di stupefacenti,
corroborato dal vicinissimo Parco di Sant’Anna. Area di verde attrezzato che,
se di giorno è popolato di bambini che vivono nel quartiere, di notte è frequentato
da ”brutti ceffi” (soprattutto magrebini e giovani sbandati dell’est Europa)
che nella zona e fino a Piazzale Europa, in preda ai fumi dell’alcol e della
droga, fanno razzia di scooter, sfasciano auto per rovistarne l’interno e
ovviamente utilizzano la zona per iniettarsi la "dose" giornaliera. Qualche mese fa vennero raccolte firme per far chiudere
uno degli esercizi pubblici che fungevano da ricettacolo per ubriaconi e
drogati, ma l’appello non ha avuto esito. Oiar i cittadini alzano di nuovo la voce per chiedere maggiore attenzione e protezione per loro stessi e per i loro ragazzi. IL MESSAGGERO (PESARO) Il segretario provinciale del Siulp: «Spesso una sola
pattuglia per turno, se si ammala un operatore viene annullata» «Con la nuova
Questura, una Volante in più» Lanzi: «Da vent’anni aspettiamo inutilmente risposte,
mancano ben 33 agenti» di SILVIA BALDUCCI PESARO Riflettori ancora accesi sul tentato stupro avvenuto nei pressi del centro storico di Pesaro. Vittima della violenza, una giovane pesarese di 36 anni. L’aggressione si è consumata ad opera di un ventunenne russo visibilmente ubriaco, nell’ indifferenza di alcuni automobilisti, sordi alle richieste d’aiuto. E sulle ceneri di questo brutto episodio proliferano riflessioni e commenti. Anche dall’associazione Uisp giungono costruttive proposte: «Una città sorda al problema dell’integrazione - afferma Alessandro Ariemma, presidente dell’associazione - unitamente a mentalità maschiliste diffuse, costituiscono un pericolo effettivo alla sicurezza della donna». Crede si possa evitare tale rischio? «Innanzitutto devono essere rioccupati gli spazi urbani della città, attraverso momenti di aggregazione che garantiscano la “protezione” delle fasce più deboli insieme alla possibilità di integrazione degli stranieri». La Uisp si allinea dunque alle dichiarazioni del sindaco Ceriscioli? «Ovviamente condivido la scelta di evitare l’arroccamento e la chiusura puntando piuttosto su progetti di politica sociale a favore dell’integrazione». Esponenti di Forza Italia e An hanno invece lamentato un pugno troppo debole dell’amministrazione comunale invitando a intensificare i servizi di vigilanza notturna. Cosa ne pensa? «Credo non si possa giocare sulla paura o sull’esclusione. I brutti e i cattivi esistono e non è attraverso la violenza che si risolve il problema. Bisogna promuovere il rispetto e la solidarietà, obiettivi che si raggiungono con politiche educative più che con pattugliamenti». Alcune proposte concrete? «Si potrebbero innanzitutto organizzare corsi di autodifesa personale per promuovere una maggiore autocoscienza femminile. Ma anche momenti di sport per tutti e giochi negli spazi aperti della città. La chiave è educare il cittadino, sin dall’infanzia al rispetto e alla solidarietà. Si dovrebbe contenere la violenza maschile, ridimensionando anche il linguaggio e le immagini dei media». Si può ancora davvero parlare di maschilismo? «In un certo qual modo sì. La donna oggi si vende e si compra come un oggetto. I media sono pieni di messaggi maschilisti e forse ancora la famiglia stessa è incentrata sull’uomo. Dobbiamo lavorare per una società di pari dignità». Si riuscirà a vincere davvero la sfida più ardua, l’integrazione? «Dobbiamo promuovere l’intercultura. è un obiettivo ardito e in qualche modo utopistico, ma è l’unico pensabile». IL MESSAGGERO Donna trovata agonizzante: sospetti sul figlio di 36
anni GENOVA - È indagato per lesioni
gravissime A.F., il figlio della donna di 68 anni ricoverata in gravissime
condizioni all’ospedale Galliera di Genova trovata sabato sera agonizzante in
casa.Alla donna è stato riscontrato un trauma cranico provocato da una caduta
avvenuta in circostanze ancora poco chiare. Secondo la Polizia, sabato verso le 22, il figlio 36enne sarebbe rientrato in casa ubriaco. Per motivi che non sono ancora stati accertati, l’uomo avrebbe cominciato a litigare con entrambi i genitori, che erano già in camera da letto. Una situazione non nuova: già in passato l’uomo, disoccupato, avrebbe avuto violente discussioni con entrambi. LA PROVINCIA DI CREMONA Dramma famigliare a Genova. Il padre: è un violento, ma
non ha tentato di ammazzarla GENOVA — Agonizzante, in un lago di sangue, nel suo appartamento. Così l’altra notte è stata trovata Olimpia Ventura, 68 anni, residente in via dei Carpentieri, nel quartiere Rivarolo, a Genova. La donna è stata trasferita all’ospedale Galliera dove è ricoverata in condizioni critiche nel reparto di rianimazione a seguito di trauma cranico. La polizia di Genova sta indagando per chiarire le circostanze che hanno portato al ferimento della donna, probabilmente causato da una lite con il figlio, Andrea Fusi, 36 anni, indagato per lesioni gravi. Secondo la ricostruzione effettuata dagli investigatori, il giovane, nullafacente coniugato e separato, è rientrato a casa dei genitori, dove vive, alle 22 di sabato in evidente stato di ebrezza alcolica. Per una questione di soldi ha litigato con la madre. La lite è scoppiata in camera da letto e proseguita in cucina ed è sfociata in una colluttazione. La donna è caduta e ha colpito il muro con il capo provocandosi lesioni gravi. La polizia ha compiuto la ricostruzione dei fatti dopo avere sentito le versioni del figlio e del padre, che al momento della lite si trovava in un’altra stanza. «Mio figlio è un violento — ha detto l’uomo — è sempre nei guai. Ma non ha tentato di uccidere mia moglie. Olimpia è caduta e ha picchiato il capo contro il muro». Le condizioni della donna dopo le prime cure sono in lieve miglioramento. Al momento del ricovero, aveva perso conoscenza e si trovava in uno stato di coma lieve. Ora è in prognosi riservata nel reparto di rianimazione dell’ospedale. Sembra che a chiamare i soccorsi siano stati i vicini di casa della donna, che hanno sentito delle grida provenire dall’appartamento. Il giovane è stato portato in questura e dopo essere stato ascoltato a lungo, all’alba è stato rilasciato. IL SECOLO XIX Guida contromano e centra
taxi modenese in stato di ebbrezza Paura in centro a
Sarzana: quarantacinquenne denunciato all’autorità giudiziaria Tragedia sfiorata l’altra in
centro a Sarzana. Un’automobilista modenese, ebbro, alla guida di un furgoncino
"Pk" ha imboccato a tutta velocità via San Francesco contromano
centrando frontalmente un taxi che stava procedendo nella giusta direzione di
marcia. L’impatto è stato violentissimo, ma per fortuna il tassista sarzanese
che stava portando a casa un ultimo cliente dopo aver terminato il turno di
lavoro sul parcheggio della stazione ferroviaria ha riportato solo alcune
contusioni. Praticamente illeso anche l’automobilista di Sassuolo,
quarantacinquenne che sceso dal furgoncino semidistrutto aveva qualche
difficoltà a mantenersi in equilibrio ma solo a causa di ciò che aveva bevuto.
L’incidente è accaduto poco dopo la mezzanotte. Il rumore provocato dalle
lamiere ha svegliato molti abitanti del quartiere. Sul posto sono intervenuti i
carabinieri del Nucleo Radiomobile. IL GIORNALE DI VICENZA.IT Sfilata di pioggia e fango Un’impresa da alpini di Nicoletta Martelletto Si chiama Linda Peli, ha 19 anni, bresciana. Sfila già
alle 8 accanto all’alfiere della fanfara della Tridentina ed è lei l’aurora del
giorno più lungo degli alpini. Capelli corti, occhi dolci e scuri, Linda
indossa la divisa alpina: «Sei bella come il sole» le gridano dietro, bella
come il sole che non c’è. Già prima degli esami di maturità, lo scorso anno, ha
chiesto di prestare servizio ed è ora in servizio a Merano. «Intanto un anno,
poi si vedrà, mi è sempre piaciuto il mondo degli alpini, ma non escludo di
proseguire in polizia o nei carabinieri» commenta raggiunta a fine corteo. È
così simpatica e applaudita che nel primo pomeriggio sfilerà di nuovo, con la
fanfara ad interrompere un flusso inarrestabile di arrivi. Il popolo alpino affronta davvero una gran prova:
l’Altopiano è rimasto un luogo incantevole a detta di tutti fino a sabato sera,
ma dalle 4 dell’altra notte si trasforma in una Cayenna di fango e maledizioni.
Accade così che l’ammassamento
vada a rilento e la pioggia battente non dia tregua. Ma non al punto da
fiaccare le energie di chi ha percorso centinaia di chilometri pur di arrivare
fin sotto l’Ossario. È il caso degli abruzzesi di Torrebruna sulla valle del
Trigno: il pullman è già in posizione di partenza sul famoso “anello” alle 7.30
anche se la sfilata non è ancora iniziata. Il vigile urbano tenta di farli
sloggiare: «Noi da qui non ci muoviamo, aspettiamo i nostri». Spiaciuti per
aver potuto visitare poco e niente dell’Altopiano gli alpini di Saluzzo: «Siamo
qui da due giorni ma le strade sono bloccate, non ci si può muovere, ci
fermiamo domani e speriamo di poter vedere qualche luogo della Grande guerra.
Ma vi aspettiamo a Cuneo l’anno prossimo». Il risveglio umidiccio dirotta il pubblico subito verso i
bar: caffè supercorretto e bicchieri di rosso a 1 euro - prezzo politico - sono
il pronto intervento più richiesto. È ancora presto per dirigersi al “palatenda
gastronomico” e agli “stend” come recitano le frecce dopo il terzo chilometro
di transenne. Gli applausi delle 8 sono riservati alle penne nere che arrivano
da mondi lontani: come i 28 alpini australiani capitanati da Aldo Zanatta, 62
anni, di Cusignana («vivo a Melbourne da 40 anni ma un’occasione così non volevo
perderla»), da Giuseppe Querin di Oderzo che abita a Sidney al pari di
Valentino Rigon, vicentino originario di Lugo. Lungo i viali la folla aumenta al pari delle nuvole, in un
crescendo di colori e di ombrelli. Li squaderna a 5 euro sul suo banco Moustapha,
ambulante senegalese nei pressi del Palaghiaccio: prova ad allargarsi su due
banchi con la moglie, ma dopo qualche ora gliene fanno tirar via uno. Il più
modaiolo è l’ombrello mimetico, che di euro ne richiede 10. Le mogli abruzzesi
fanno un tifo pazzesco e aspettano i consorti alla “tappa” finale, ma
sostengono che «a Parma c’era molta più gente, non siamo neanche un quarto
rispetto allo scorso anno». È la volta del Piemonte, sfilano le unità cinofile
con cani stupendi e bagnati come... pulcini, suscitando l’ammirazione
soprattutto dei bambini. Che sono tanti, insospettabilmente, nonostante la
calca e il maltempo. «Ca custa lûn ca custa, viva l’Austa» e al grido gli
alpini rispondono con generosità instancabile. Fa loro eco il pubblico che si
scalda le mani in un applauso lungo come la voglia di tregua. E verso le 10,
dopo aver ammirato le piccozze della Scuola alpina e la fanfara di Ivrea,
finalmente smette di piovere. È immediata la presa d’atto che si profilano guai dalla
caserma dei vigili del fuoco in avanti: lo sterminato campo nella zona degli
“ospedali” verso l’aeroporto è stato in parte evacuato. Molti pullman
affondavano nella melma e sono stati spostati con inevitabili disagi per gli
alpini che a fine percorso cercavano i loro autisti. Non è stata immediata la
dispersione del corteo, in un imbuto - mai parola è stata più adatta - di
taverne e gastronomie spuntate un po’ dappertutto. Morale: traffico non
bloccato, ma paralizzato per almeno tre ore, mentre arrivava in dirittura anche
lo striscione “Ortigara Termopili d’Italia”. Giuseppe Menaspà, servizio
d’ordine da Novara, 22 adunate alpine, conferma: «Questa è Asiago, dei problemi
si sapeva fin dall’inizio, ma la gente si sta comportando bene». Conferma
Angelo Venzo, di Villaverla, 36 adunate, alpino a Udine tra il 1962 e il ’64:
«L’Altopiano è inadatto, ma ce la faremo». Le cucine da campo per la verità sono il biglietto da
visita dall’organizzazione alpina: e nei momenti difficili come quelli di ieri
sono diventate il luogo dei gemellaggi. Così, tirati per il braccio nella
tendopoli degli emiliani, si invoca «un santo a cui votarsi» e loro rispondono
in coro «il sangiovese». Invece dagli alpini di Sarcedo, si viene riforniti
gratis di pane e salame e bevande calde grazie capogruppo Aldo Brunello, al
cuoco Emilio Busato di Rozzampia, consigliere comunale a Thiene, con più
cittadinanze alpine, e alle amorevoli cure di Paola e Isa. Ah, le donne degli
alpini: si sprecano i complimenti alle bionde affacciate sui terrazzi, alle
mamme nel giorno della loro festa e anche all’incauta cronista che sfidando il
corteo in senso contrario si becca una dose di confidenze non richieste. Emozionato il pubblico per le penne nere valtellinesi e la
protezione civile, per gli alpini sciatori di Aprica, fino al blocco granitico
dei bergamaschi, tosti e infiniti, che invitano tutti al pellegrinaggio di
luglio sull’Adamello. Non sono da meno i bresciani, una foresta di gagliardetti
fermati a mezzogiorno e poi rilanciati dopo il falso allarme sull’arrivo del presidente
del Senato Marini: il pubblico è impaziente, partono i fischi, la grande
macchina è di nuovo in moto. Macchina? Scatta quella fotografica al civico 20
di via Btg. Sette Comuni dove troneggia sul cancello un cocker con berretto e
mantellina tricolori. Macchina? Sotto sequestro le più pericolose dei tour
notturni, come l’Ape munita di maxi damigiana e la motofalciatrice con bar
viaggiante. Alle tredici il dio degli alpini riapre le cateratte e per un’altra ora l’acqua diluisce il tasso alcolico: se la beccano tutta il Quarto di Trento ma soprattutto il comparto friulano. Coraggiosi? No, di più, quasi eroici. Anzi: alpini. L’ADIGE La storia di cinque donne fedeli ai raduni e allo spirito
alpino La donna. Parola fondamentale nel vocabolario alpino. Se la mamma è cantata nelle tristi nenie dei soldati prigionieri di guerra, la fidanzata è la protagonista dei ricordi d’amore, dei sogni del futuro. Un binomio inscindibile. Le donne gli alpini se le sono portate anche ad Asiago. A dormire in tenda. Come Lidia Bonfanti , Gilda Tartaglia , Clementina Bonfanti , Rosa Conzatti e Gianna Nicolodi del gruppo di Nogaredo e Nomi . Sono sedute sotto il tendone dell’accampamento messo in piedi dal gruppo. Se gli uomini passano il tempo a rivangare vecchi ricordi di naja e a cantare i classici del repertorio di montagna, loro chiacchierano di altro. Gilda, con 25 adunate, è la più esperta, Gianna dal 1979 ne ha perse solo tre. «Questo - dice una delle cinque - è uno degli appuntamenti imperdibili. Ci piace partecipare all’evento, vedere i nostri uomini sfilare. Ci piacciono gli alpini allegri, non quelli ubriachi, gli alpini che cantano, non quelli che litigano». Una a una citano le adunate cui hanno partecipato. Le più belle? Probabilmente quelle nel sud Italia: Pescara, Catania, Bari. «Perché lì la gente è calorosa e abbiamo stretto belle amicizie». In effetti qui ad Asiago gli abitanti sembrano un po’ freddini, quasi che l’arrivo delle penne nere l’abbiano subito più che voluto. Le donne degli alpini non se ne curano. E raccontano. «Dormiamo in tenda perché non siamo gente da camper». E per essere più convincente Lidia aggiunge: «Abbiamo sposato alpini, mica uomini qualunque». Signore di una certa età che ricordano con piacere «quella volta che a Cremona la tenda galleggiava sull’acqua». Almeno quella volta avrà stramaledetto il suo uomo, gli alpini, il loro orgoglio… Macché. «No, non ho mai pensato: chi me lo fa fare?». Anche loro conquistate dall’alone magico che sembra animare normali uomini quando schiacciano in testa un cappello verde di panno. «Ci chiedete cos’è l’anima alpina? Noi rispondiamo che è un ideale, uno spirito di solidarietà speciale. Una cosa che c’è nel sangue». Esagerato. «No, forse adesso qualcuno può intenderla come una cosa un po’forzata, ma una volta era proprio così». Per convincerci Gilda racconta del suo Mario. «Quando siamo andati a Dobbiaco ha rivisto i suoi commilitoni dopo 40 anni: baci e abbracci per mezzora». Commovente. Incredibile? Non per queste donne. D.B. CORRIERE ADRIATICO Giovani polacchi in preda ai fumi dell’alcol Rissa ai giardini pubblici Due arresti e 4 denunce JESI - Neanche fosse stata una maxi rimpatriata. Uno di
quegli incontri programmati in cui ci si rivede dopo essersi persi di vista per
tanto tempo e inevitabilmente, si finisce per combinare dei guai. E’ stato così
per un nutrito gruppo di polacchi, almeno una quindicina, tutti giovani, di età
compresa tra i 20 e i 25 anni, residenti in Vallesina. Si sono ritrovati sabato
sera, poco prima di mezzanotte, ai giardini pubblici di viale Cavallotti. Alcol
ed eccitazione sono stati un mix esplosivo che ha generato una mega rissa con
degli jesini. Sono scattate quattro denunce e due arresti. Da una serata di divertimento e semplici atti di goliardia, si è arrivati alla rissa. Hanno contribuito di certo le varie “sbevazzate” nel cuore dei giardini e la rassicurante presenza del branco. Uniti ci si sente sempre onnipotenti, come se l’appartenenza a un gruppo implichi anche il ficcarsi tutti nel medesimo guaio. Fatto sta che i polacchi, alcuni dei quali alle forze dell’ordine, si sono accaniti contro una combriccola di jesini, che aveva scelto allo stesso modo di trascorrere il sabato sera ai giardini, l’altra notte peraltro particolarmente affollati. Se ne sono date di santa ragione. Schiaffi, pugni, calci senza esclusione di colpi. La maxi rissa non ha risparmiato i suppellettili del chioso-bar: nella scazzottata sono volati tavolini e sedie. Danni anche alla struttura. Poi qualcuno allarmato da tanta confusione, ha chiamato carabinieri e polizia, che sono intervenuti congiuntamente a sedare la rissa. Ma in quel parapiglia generale, qualcuno è riuscito a scappare. Poco male, le forze dell’ordine li stanno cercando per identificarli. In sei sono stati fermati. Di questi, quattro denunciati per rissa e due addirittura arrestati per la violenta reazione difronte alle forze dell’ordine. Si tratta di un ventenne, Artur Jakubczak, polacco residente a Jesi, e di un 25enne sempre polacco ma residente a Chiaravalle, Pawel Sletz. Oltre alle accuse di rissa aggravata e danneggiamenti, i due dovranno anche rispondere di resistenza a pubblico ufficiale visto che hanno tentato di svicolare al fermo dei carabinieri respingendoli con calci e spintoni. Ma non ce l’hanno fatta. Poi, non contenti, una volta accompagnati in caserma per essere identificati e per il disbrigo delle pratiche, hanno distrutto perfino uno dei telefoni a gettoni affisso alla parete della sala d’attesa. I due polacchi sono stati accompagnati al carcere di Montacuto dove restano a disposizione dell’autorità giudiziaria. Sono scattate le ricerche degli altri componenti della banda. BRESCIA OGGI A Flero quattro senegalesi hanno
molestato una ragazza, picchiato e rapinato un ivoriano Alba violenta in discoteca Aggredito il titolare, la banda arrestata dai carabinieri di Franco Mondini Alba violenta a Flero. Quattro senegalesi hanno prima
molestato una ragazza di colore all’interno di una discoteca che propone musica
etnica e poi aggredito un giovane cliente ivoriano intervenuto in suo aiuto e
infine picchiato il titolare. E’ accaduto ieri mattina alle cinque alla
discoteca «Arcadia» di Flero che propone musica afro, un locale che richiama
principalmente africani da tutto il nord Italia, oltre che da Brescia e da
Bovezzo dove vivono migliaia di senegalesi, molti dei quali venditori
ambulanti. Un episodio che i carabinieri di Verolanuova sono riusciti
a chiarire nei dettagli solo nel primo pomeriggio di ieri, dopo lunghi
interrogatori. A poca distanza, nella camera di sicurezza della caserma, erano
rinchiusi i quattro protagonisti: senegalesi con precedenti per spaccio e
violazione dei diritti Siae e un paio con permesso di soggiorno scaduto. Il
«capo» della banda è un 34enne che vive a Novi Ligure. Insieme a lui un 22enne
di Bagnolo Mella, un 32 enne di Rho e un 27enne di Martinengo (Bergamo). L’allarme è scattato al «112» attorno alle cinque con la
segnalazione di una rissa nel locale notturno che si affaccia sulla statale
Quinzanese: ad intervenire per primi i carabinieri del Radiomobile di
Verolanuova. In seconda battuta, per portare in caserma gli arrestati sono
giunti anche i colleghi da Brescia a dar manforte. E subito è emerso che non si trattava di un litigio tra
clienti, uno dei tanti che avvengono all’interno o all’esterno di pub, night o
locali notturni, con intervento ogni notte delle forze dell’ordine. Un episodio
ben più grave. I quattro immigrati africani avevano aggredito fisicamente
e minacciato con un coltello e un cacciavite, oltre che con un bastone, un
ragazzo ivoriano di 18 anni che era intervenuto in difesa della ragazza di
colore molestata e minacciata. I senegalesi hanno aggredito il giovane della Costa
d’Avorio procurandogli ferite e contusioni comunque non gravi. Minacciato e contuso al termine di un alterco anche il
gestore dell’«Arcadia», un cinquantenne di Brescia che cercava di riportare la
calma e di allontanare i quattro senegalesi che erano ubriachi. Minuti
difficili con alcuni avventori intervenuti in aiuto del ragazzo ivoriano, del
titolare della discoteca e della giovane molestata. Diverbio che è proseguito
nel piazzale dell’«Arcadia». I clienti hanno cercato di bloccare i quattro
senegalesi dopo averli disarmati. Quando sono giunti i carabinieri di Verolanuova i
senegalesi hanno cercato di nascondersi dietro ad un cespuglio dove sono stati
bloccati dai militari senza che ci fosse colluttazione. L’accusa è di lesioni
personali, minacce, porto di armi bianche e di rapina impropria. Durante il litigio nel locale notturno di Flero i senegalesi si sono impadroniti del portafogli e del telefono cellulare del ragazzo ivoariano. Ma solo il suo telefonino è stato recuperato. CORRIERE ROMAGNA Un tranquillo weekend senza paura MARINA DI RAVENNA - Tanto tuonò che piovve. Acqua vera,
non metaforica e soprattutto analcolica. E’ bastata quella a raffreddare gli
animi più caldi di Marina, meglio di qualunque piano preventivo.Si viveva un
weekend da prova generale nella località regina dell’estate ravennate. Un
clima, in realtà, molto meno militarizzato di quanto ci si attendesse. Almeno
trenta pattuglie tra Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza e
Polizia Municipale erano in servizio per garantire la sicurezza dopo le risse
del weekend scorso.La presenza delle forze dell’ordine è stata forte, ma
sicuramente discreta, evitando di drammatizzare una situazione già
sovraccaricata di polemiche in settimana. E allora alla fine tutto è filato via
liscio, appena appena turbato da qualche scena di ordinaria crisi etilica.
Come quella che ha visto come protagonista un uomo di Brisighella.Verso le due
e un quarto è stato soccorso dal 118, ormai privo di sensi, quasi in coma
etilico, in viale delle Nazioni di fronte a un bagno.Pochi minuti dopo il 118 e
la polizia sono intervenuti per un episodio analogo: una ragazza ravennate di
29 anni, in sella ad uno scooter, in evidente stato di ubriachezza, mentre
percorreva viale delle Nazioni ha praticamente percorso la Rotonda Ciro Menotti
senza mai curvare.Fortunatamente se l’è cavata solo con qualche lieve ferita e
forse con un po’ di spavento, ma è anche plausibile che non sia accorta di
nulla.Gli agenti della Polizia hanno inoltre ritirato,
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