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Articoli 20/05/2006

Nome: H5N1
Famiglia: virus

Il rischio contagio non è roba da polli. E mentre il mondo teme la pandemia, aumentano i controlli. Anche su strada

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Barcellona Pozzo di Gotto, Messina: è il 25 gennaio. Due cigni provenienti dalla Russia raggiungono sfiniti la campagna siciliana e muoiono. Varranno le ipotesi iniziali di chi aveva inviato le carcasse dei due volatili all’Istituto Zooprofilattico di Palermo: gli animali avevano contratto il virus patogeno chiamato H5N1. Scatta subito l’allerta e l’11 febbraio il ministro della Salute Francesco Storace sottoscrive un’ordinanza nella quale vengono fissate alcune misure urgenti di protezione: un’ordinanza che non è un provvedimento isolato, ma solo l’ultimo atto di una serie di contromisure in atto da tempo. D’altra parte la “bird flu” è provocata da un virus ad alta patogenicità e l’OMS pretende dai paesi che si debbano misurare con queste emergenze una reazione immediata: l’Italia, questo va detto, è uno dei paesi dimostratisi maggiormente preparato ad affrontare una situazione di questo tipo. All’articolo 4 dell’ordinanza è riportata una lunga serie di restrizioni sulla movimentazione dei volatili, all’interno della zona di sorveglianza, che tutti gli enti locali ed autorità sanitarie dovranno recepire e che gli organi di polizia dovranno far rispettare. In particolare, al comma 1 lettera d) viene disposto il controllo della movimentazione dei volatili domestici e degli altri volatili in cattività, nonché delle uova da cova, mentre al comma 2 lettera a), il ministro ha disposto il divieto, di spostare volatili domestici e altri volatili in cattività al di fuori della zona per i primi 15 giorni successivi all’istituzione della zona stessa (lettera a). Alla lettera b) dello stesso comma, è invece previsto il divieto di concentrare volatili domestici e altri volatili in cattività per fiere, mercati, esposizioni o altre manifestazioni. Questa prescrizione era già prevista in una precedente ordinanza, quella firmata da Storace il 22 ottobre 2005. Nonostante la certezza matematica che gli animali allevati nelle filiere italiane non possano essere contagiati dal virus – vista la qualità e la quantità dei dispositivi di sicurezza – il mercato del pollame ha subito un tracollo, coinvolgendo nella crisi l’intero indotto, comprese le 900 imprese di autotrasporto, concentrate soprattutto in Emilia Romagna ed in Veneto. Si tratta di una piccola flotta di 2mila veicoli, secondo le stime della Fita-Cna, capace di un fatturato medio annuo per veicolo consistente in circa 120mila euro, che rischia di restare ferma e di crollare. Al momento di andare in stampa il settore ha già subito un’erosione in termini di lavoro pari al 70% del fatturato, inducendo il governo a inserire un emendamento d’urgenza che prevede l’azzeramento di imposte e contributi dal 1 gennaio al 31 ottobre 2006, un fondo di 100 milioni per l’anno in corso, contributi per l’accensione di mutui destinati alla riconversione e ristrutturazione delle imprese. Altre misure analoghe sono in previsione per il 2007 e non sembra essere rimasto escluso un finanziamento di altri 100 milioni di euro per sostenere ammortizzatori sociali come cassa integrazione e procedure di mobilità per il personale del settore avicolo. Il decreto è stato rimandato alle camere dal Quirinale, per la mancanza di copertura, e staremo a vedere come finirà. Di sicuro sono a rischio più di 6mila allevamenti, 173 macelli, 517 imprese di prima e seconda lavorazione (180mila addetti per una produzione complessiva di 1,13 milioni di tonnellate di carne ampiamente superiore ai consumi interni) per un fatturato complessivo di 3,5 miliardi di euro: il 6,5% del valore dell’intera agricoltura italiana.

Ma che cos’è l’H5N1?

Da “laici” della scienza, possiamo semplicemente dire che si tratta di un’infezione, di tipo virale, che ha preso di mira gli uccelli, siano questi selvatici che domestici. Il virus è di tipo A, capace cioè di infettare altre specie animali, uomo compreso, creando così la basi per fenomeni di ricombinazione in caso di infezione contemporanea (co-infezione) da parte di diversi ceppi. Purtroppo le strategie difensive poste in essere dall’uomo possono contrastare ben poco il propagarsi dell’infezione, favorita dagli spostamenti degli uccelli selvatici (quelli acquatici migratori in particolare), che ospitano il virus nell’intestino anche senza mostrare i sintomi della malattia ed eliminandolo con le feci, con la saliva e con le secrezioni respiratorie.  Il contatto con altri animali o con acqua contaminata provoca la trasmissione dell’infezione, forte della resistenza straordinaria dell’HN51 alle basse temperature (oltre 4 giorni a 22° e più di 30 giorni a 0°) e sopravvivente al congelamento. Muore invece con il caldo (almeno 70°) e si dissolve durante la cottura. I rischi per l’uomo ci sono, inutile negarlo, ma per il momento gli esperti ritengono che l’infezione avvenga esclusivamente mediante contatto diretto con gli animali infetti, con le loro deiezioni ed anche con i residui della macellazione: quest’ultimo particolare deve essere tenuto in debita considerazione, visto che spesso tali materiali organici residui non vengono smaltiti nello stesso macello ma vengono destinati a strutture idonee, ove giungono per strada, a bordo di veicoli per il trasporto di rifiuti o soggetti alla normativa sul trasporto di merci pericolose, nel caso si tratti di materiali infetti. Il controllo di polizia Il trasporto rifiuti viene disciplinato dalla normativa generale, sulla quale intervengono continui decreti emanati dai ministeri della Salute, dell’Interno e dei Trasporti, ed ai quali le aziende e gli autisti devono attenersi: la frenetica evoluzione della normativa, è oggettivamente un ostacolo alla verifica della legalità. La possibilità di un contagio sull’uomo dunque esiste, ma ad oggi si tratta di un rischio estremamente limitato, visto che dal 2003 ad oggi sono stati accertati “solo” 175 casi complessivamente, 95 dei quali letali. Stiamo parlando di eventi osservati in paesi orientali o mediorientali, dove il controllo sugli allevamenti non può essere capillare per la condizione geopolitica e dove anche la presenza di strutture sanitarie idonee ai primi interventi è carente. Nel nostro paese è stato addirittura attivato il numero di emergenza “1500”, istituito presso il ministero della Salute, dal quale medici e veterinari forniscono informazioni sulla situazione in Italia e sui comportamenti da adottare. Ogni considerazione sui compiti di Polizia Stradale in ordine al controllo dei veicoli destinati al trasporto di pollame continua ad essere disciplinata – salvo l’insorgere di emergenze per ora locali che inducano le autorità sanitarie a disporre il cordone di sicurezza – dalle norme previste dal DPR 320/54, che costituisce il regolamento di Polizia veterinaria e che disciplina gli aspetti amministrativi ed igienico sanitari, e dal D. Lgs. 532 del 30.12.1992, relativo alla protezione degli animali durante il trasporto ed applicato alle spedizioni commerciali Non è un compito da sottovalutare, il nostro, perché potrebbe incidere in maniera significativa proprio alla limitazione della diffusione dell’agente patogeno: pensiamo infatti alle conseguenze di uno scellerato che decidesse di disfarsi di materiali organici abbandonandoli all’esterno o trasportandoli su veicoli non idonei a tale compito. Con tale condotta esporrebbe al contagio gli animali di altre specie, genere umano compreso, e per questo sono state ideate una serie di precauzioni valide proprio per proteggersi.

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La pandemia

Se oggi i rischi appaiono decisamente limitati, il futuro non è dipinto eccessivamente roseo da parte degli scienziati. La maggioranza di epidemiologi e virologi concorda infatti sul fatto che l’umanità dovrà presto affrontare una nuova influenzale e tra tutti i virus di tipo “A” ad oggi studiati, l’H5N1 sembra il candidato più accreditato, vista la sua potenziale capacità di mutare in un ceppo contagioso per gli uomini. “Saltato il fosso”, il virus aviario diventerà un virus influenzale umano, originando appunto una “pandemia”, un’epidemia di influenza estremamente contagiosa, in grado di diffondersi rapidamente in ogni parte del globo senza dare il tempo alla sanità di prendere adeguate contromisure. Più difficile prevederne invece l’impatto sulla popolazione, anche se – vista la nostra storia – il terzo mondo sarà quello più colpito. Nel secolo scorso i virus influenzali di tipo “A” sono stati la causa di 5 pandemie: la più nota e letale fu la Spagnola (H1N1), detta così perché si dice che il primo decesso sia avvenuto tra i reali di Madrid e che flagellò il mondo tra il 1918 ed il 1919. Si trattava di un “mondo” reduce dal primo conflitto mondiale e che si misurò con un numero di morti impressionante. Le fonti più ottimistiche fissano in 20 milioni di decessi il prezzo pagato all’H1N1, anche se per alcuni i morti furono addirittura 50 milioni. Sul finire degli anni ’50, tra il 1957 ed il 1958, fu la volta dell’H2N2, ribattezzato “Asiatica”, che causò 70mila morti solo negli Stati Uniti dopo essere stato scoperto in Cina e che uccise in tutto il mondo circa 2 milioni di persone. Infine l’influenza di Hong Kong (H3N2), che colpì nel 1968 e che fece oltre 1 milione di vittime, 34mila delle quali negli USA. Due virus meno letali causarono altrettante pandemie nel 1946 e la “russa”, nel 1977. Questi “ceppi” influenzali sono ancora in giro anche se in qualche modo – tra vaccini e sistemi immunitari evolutisi nel frattempo – non fanno più troppa paura. L’H5N1 invece sarebbe un virus nuovo, al salto di specie, e questo metterebbe l’uomo nella condizione di fronteggiare una malattia molto più grave. Dal 1997, quando i primi casi di questa minaccia virale vennero scoperti a Hong Kong, il mondo scientifico lavora freneticamente a questa potenziale pandemia, ma fino a quando non sarà isolato il virus mutato, il vaccino non sarà pronto. A partire da quel momento sarebbero necessari almeno tre o quattro mesi per produrlo in serie. Gli osservatori non fanno presagire niente di buono, soprattutto per i paesi più poveri, non dotati di strutture sanitarie capaci di far fronte al numero di persone che improvvisamente potrebbero manifestare la malattia e prima di disporre del vaccino verrebbero esaurite le scorte di farmaci antivirali. Per farla breve, l’OMS – tenendo conto di possibili fattori come il numero di persone infette, la virulenza del virus, le caratteristiche implicite e la vulnerabilità della popolazione contagiata, oltre all’efficacia delle misure preventive – calcola che pur non essendo possibile effettuare una previsione precisa, una pandemia in queste condizioni storiche provocherebbe (nella migliore delle ipotesi) un’ecatombe: da un minimo di 2 ad un massimo di 7,4 milioni di morti. Sono stati presi a riferimento alcuni parametri della pandemia del 1957: nei calcoli nei quali le variabili si riferiscono alla “spagnola” del 1918, i risultati sono purtroppo decisamente peggiori.

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Le conseguenze economiche

L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede dunque un alto tasso di contagio e di assenteismo dei lavoratori (anche quelli che guariranno), che contribuiranno al dissesto economico e sociale. Le esperienze precedenti hanno evidenziato che gli eventi pandemici sono stati caratterizzati da più ondate e da diffusioni differite della malattia, tra una parte e l’altra del mondo. Se l’evoluzione umana dell’H5N1 riuscisse ad intaccare i servizi primari, come energia elettrica, trasporti e comunicazioni, ci troveremmo davanti ad uno dei peggiori eventi della storia moderna. Pur con un quadro di questo genere, una cosa positiva ci sembra di vederla: è la lungimiranza, la capacità di azione e di preparazione che il nostro paese ha dimostrato di avere. I nostri prodotti avicoli, paradossalmente caduti nel dimenticatoio in Italia, hanno beneficiato di sensibili aumenti nell’export, verso paesi comunitari che hanno evidentemente alta considerazione delle nostre procedure di sicurezza. L’unità centrale di crisi del ministero della Salute è in continua attività e per far fronte a quelle emergenze di cui parlavamo poco sopra, il ministro della Salute ha acquistato 4 milioni di antivirali e 36 milioni di dosi di vaccino antinfluenzale. Sul fronte dei trasporti l’ordinanza dell’11 febbraio ha subito bloccato il movimento degli animali vivi sensibili all’aviaria nelle zone interessate dalla cintura sanitaria. Le prime divise ad essersi misurate sul territorio, sono state la Polizia Stradale a Catanzaro, dove sono stati bloccati alcuni tir che trasportavano piccioni, ed i Carabinieri, che dopo aver recuperato 2 cigni infetti a Giarre saranno sotto strettissimo controllo medico per il periodo di possibile incubazione. Questi episodi sono la conferma che ci dovremo confrontare professionalmente con questo virus e che dovremo essere tutti molto vigili e preparati. Qualcuno la chiama già la psicosi del pollo…

* Sovrintendente della Polizia Stradale


© asaps.it

di Lorenzo Borselli

da "il Centauro" n.103
Sabato, 20 Maggio 2006
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