Un banale
tamponamento spacca in due l’Italia per quasi 20 ore, blocca l’arteria
più importante del sistema mobilità italiano, il nodo autostradale
di Bologna, crea lunghissime code di Tir anche all’interno della città.
Mai più, dicono tutti: ma in concreto che soluzioni si possono
adottare?
Ventidue novembre 2004: una cisterna carica di 40 metri cubi di Gpl viene
tamponata violentemente da un altro veicolo, nel tratto della A14 che
attraversa Bologna. L’incidente, non grave in termini di conseguenze per
gli uomini (un solo ferito), ha invece ripercussioni catastrofiche sulla
circolazione. La fuoriuscita di gas dal mezzo pesante e il conseguente
pericolo di un’esplosione rende necessaria la chiusura, in entrambe le
direzioni, sia dell’autostrada sia della tangenziale di Bologna. Nella
zona si formano lunghe code e molti automobilisti rimangono a lungo imbottigliati
nel tratto dell’autostrada che corre all’interno della tangenziale. Sul
posto intervengono diverse squadre dei vigili del fuoco, impegnate a neutralizzare
con l’acqua la nube di vaporizzazione del gas fuoriuscito, oltre ad ambulanze
e polizia stradale. L’intero carico di Gpl viene travasato in un’altra
cisterna, fatta arrivare da Venezia. Il blocco del nodo autostradale di
Bologna ha anche pesanti ripercussioni sulla viabilità ordinaria
all’interno della città, dove si formano per ore ingorghi e code.
Fino alle 22 si vedono file di Tir in coda a passo d’uomo sui viali centrali
di circonvallazione. Le autoambulanze rimangono bloccate dall’enorme quantità
di traffico. Per sicurezza viene deciso di evacuare uno stabile e oltre
25 persone da un hotel a ridosso dell’uscita 5 della tangenziale. Nel
frattempo il nodo autostradale di Bologna rimane bloccato da metà
pomeriggio per tutta la notte. Delle diverse autostrade che confluiscono
a Bologna rimane percorribile interamente e in entrambe le direzioni solo
l’A1 Milano-Napoli. L’A13 Ferrara-Bologna rimane bloccata fino alle 22
verso sud. Insomma, è il caos. Solo la mattina dopo si torna gradualmente
alla normalità.
Perché raccontiamo questo episodio? Per evidenziare come la sicurezza
del trasporto di merci pericolose sia un problema sociale, che coinvolge
tutti e che va affrontato con un programma preciso di interventi. E a
poco o niente servono uscite demagogiche come le dichiarazioni del Codacons
che ha richiesto addirittura lo stop dei "camion-bomba" sulle
autostrade italiane. Un provvedimento inattuabile, perché l’80%
del traffico ADR percorre tragitti inferiori ai 200 km e quindi, anche
incentivando il traffico su rotaia, non si potrebbe spostare che una piccola
quota (circa il 2%) del traffico merci totale.
Dai dati sul trasporto di merci effettuato su strada nel 2000 risulta
che su 250 miliardi di tonnellate al chilometro trasportate, lo spostamento
delle merci pericolose rappresenta il 6%. L’Italia è al primo posto
nei confronti del resto dell’Europa, dove la media è circa del
5%. La percorrenza media nazionale di un carico è di 170 chilometri
e il 41% delle tonnellate trasportate ha origine in sole tre regioni:
Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Il 90% del totale delle merci pericolose
è rappresentato dal trasporto dei carburanti, il restante 10% comprende
le sostanze esplosive e tossico-radioattive, materie che hanno la possibilità
di produrre in caso di incidente effetti devastanti e nubi tossiche sull’ambiente
circostante, con conseguenze rischiose per la popolazione.
Come rendere sicuri tutti questi spostamenti? A nostro giudizio le strade
percorribili sono due: l’utilizzo di sistemi di controllo e monitoraggio
sempre più raffinati tecnologicamente (come quelli presentati al
Siss di Rimini di cui parliamo a parte) ed un ripensamento della classificazione
delle merci pericolose, come quello suggerito da Galliano Di Marco, direttore
esercizio di Autostrade per l’Italia: "Occorre creare delle subclassi
– osserva Di Marco – Le merci più delicate potrebbero
essere assoggettate a scorta tecnica; quelle di media pericolosità
tracciate con sistemi satellitari; per le altre basterebbero le norme
attuali". Inoltre sembra anche opportuna la creazione di nuclei di
pronto intervento, come ipotizzato dal sottosegretario ai Trasporti Paolo
Uggè, simili a quelli dei Vigili del fuoco di Mestre, localizzati
in nodi chiave come Bologna e Firenze, che potrebbero ridurre significativamente
i tempi di intervento in caso di crisi. Poi ci sarebbe il discorso delle
aree di sosta, cioè di punti specializzati dove fermare e
al limite controllare i carichi pericolosi, idea interessante ma scarsamente
realizzabile, visto che negli ultimi vent’anni di aree nuove se ne sono
viste pochissime e i fondi per farne altre latitano.
Unico aspetto positivo in questa questione è che i camionisti non
vengono più dipinti come criminali su gomma, anche se in molti
chiedono una maggiore formazione e preparazione. Ma siamo proprio sicuri
che la situazione migliorerebbe? Dal luglio 2003 ad oggi solo il 7,1%
totale degli incidenti hanno visti coinvolti veicoli commerciali superiori
a 3,5 ton e solo 318 incidenti su oltre 15 mila hanno avuto come
protagonisti Tir ADR. La soluzione è quindi un’altra: maggiore
prevenzione e migliore operatività.
Giordano Biserni, presidente Asaps
"Mancano le aree attrezzate, abbondano gli autisti abusivi"
"È bene si sappia che intorno alle nostre città sulle
tangenziali il pericolo corre su gomma, il rischio è sempre elevatissimo.
Ecco perché insistiamo sulla necessità di estendere la rete
dei controlli di alto profilo professionale lungo la rete autostradale
e le principali arterie". Giordano Biserni, presidente dell’Asaps
(Associazione Sostenitori Amici Polizia Stradale), è da sempre
sostenitore di un forte incremento delle misure di sicurezza nel trasporto
di merci pericolose. "Misure che vanno ulteriormente aumentate –
specifica – quando a essere coinvolta è un’autocisterna che
trasportava Gpl, uno dei 3.000 tipi di merci pericolose, alcune decine
delle quali ad altissimo rischio di esplosione, incendio, radiazione o
inquinamento, che transitano ogni giorno sulle strade e autostrade italiane".
Secondo una elaborazione dell’Asaps, negli ultimi mesi è in aumento
la percentuale di veicoli con merci pericolose coinvolti nei sinistri,
oggi al 2,03% del totale degli incidenti dei veicoli pesanti.
Biserni segnala però la mancanza cronica di apposite aree attrezzate
che consentano il controllo sistematico e qualificato del trasporto pesante
in condizioni di sicurezza, a cui "si deve aggiungere un’ulteriore
serie di fattori di rischio: lo stress, la stanchezza, la necessità
di allungare i tempi di guida e le velocità dei mezzi pesanti per
sopperire al lievitare dei costi – si pensi solo all’aumento del
16% del carburante da gennaio a oggi – per cui questi veicoli sempre
più spesso sono condotti da conducenti stanchi ed esasperati".
Particolarmente grave il problema degli autisti abusivi, quasi sempre
extracomunitari alla guida dei loro camion-lumaca "che definiamo
in questo modo – afferma Biserni – non perché vadano
particolarmente piano, ma perché sul camion ci trascorrono la loro
vita come se fosse la loro casa viaggiante, con costi/km molto inferiori
rispetto a quelli delle nostre imprese e una concorrenza che non è
azzardato definire sleale".
Salone Sicurezza Stradale di Rimini
TRAMP, TELECONTROLLO PER SICURI TRASPORTI ADR
Come prevenire i rischi del trasporto di merci pericolose su strada? Una
proposta viene dal Salone internazionale della sicurezza stradale di Rimini.
Si tratta del progetto Tramp (Telecontrollo del rischio nell’autotrasporto
di merci pericolose), sviluppato al Politecnico di Milano e inserito nell’ambito
della ricerca "Valutazione e prevenzione del rischio nel trasporto
delle sostanze tossico-nocive" finanziata dal Cnr-Gndrcie per conto
della Protezione civile. La sperimentazione di Tramp partirà in
Lombardia a fine 2005 con 200 vettori. "Conoscere a priori origine
e destinazione di un carico pericoloso – ha spiegato Loretta Floridi,
responsabile del Servizio industriale e trasporti del Dipartimento di
Protezione civile – consente di gestire meglio un’eventuale emergenza".
Il sistema si propone di acquisire ed elaborare informazioni relative
al trasporto di merci pericolose nella zona geografica di competenza.
Concentrare tutte le operazioni da compiere su una centrale renderebbe
la mole di dati troppo grossa per essere gestita con facilità.
Per questo è stata ideata una struttura gerarchica che amministra
le varie operazioni che devono essere svolte prima, durante e dopo il
viaggio. Il punto nevralgico del sistema è costituito dalla Centrale
di Controllo e Coordinamento (CCC), il cui fine è di prevedere
e mitigare il rischio associato al trasporto di merci pericolose; a questa
struttura spetta quindi il compito di individuare il percorso a rischio
minimo e gestire le anomalie che si possono verificare durante il viaggio.
Il compito di gestire le operazioni relative al contatto diretto con i
veicoli e il telecontrollo del mezzo (che non richiede una responsabilità
decisionale e una competenza istituzionale) sono delegate invece alle
Centrali Operative Periferiche (COP) che in questo modo riescono a snellire
il lavoro assegnato alla CCC. Il terzo elemento fondamentale della struttura
del sistema è l’autista del mezzo di trasporto, il quale segue
le indicazioni fornitegli dalla CCC e comunicategli dalla COP.
Il rischio viene valutato mediante la raccolta, organizzazione ed elaborazione
dei dati, relativi ai fattori di rischio e agli scenari incidentali di
diversa natura. Poi si cerca di prevenirlo attraverso la pianificazione
degli itinerari, il monitoraggio in tempo reale dei veicoli e dei carichi
trasportati tramite il telecontrollo dei veicoli, della loro posizione,
dell’integrità del carico attraverso l’uso di tecnologie di localizzazione,
diagnostica di bordo e telecomunicazione. L’emergenza viene poi gestita
tempestivamente grazie allo studio delle aree di impatto e delle caratteristiche
dei territori interessati dai flussi di traffico di carichi pericolosi.
Gli operatori che devono effettuare un trasporto di merci pericolose possono
avvalersi di differenti tipologie di servizio: è possibile ricevere
informazioni circa l’itinerario a rischio minimo che collega l’origine
del trasporto con la sua destinazione, un telecontrollo del veicolo, della
sua posizione e integrità del carico, tramite tecnologie di localizzazione,
diagnostica di bordo e telecomunicazione. Infine si garantisce una gestione
rapida e razionale dei soccorsi nel caso di un’emergenza, attraverso la
conoscenza tempestiva dei dati relativi a ogni singolo trasporto.
Metti un ministro a bordo di un Actros
I corsi di guida sicura partiti lo scorso giugno dall’accordo tra Aci
Vallelunga e Mercedes-Benz sono soltanto una tappa sul cammino che da
sempre il marchio tedesco percorre per sviluppare programmi di sensibilizzazione
e di formazione del conducente e per dotare i propri veicoli industriali
e commerciali di strumenti tecnologici di sicurezza attiva e passiva.
Lo scopo finale di questo impegno è quello di tendere a un "mondo
senza incidenti", attraverso un’integrazione tra tutti gli elementi
che interagiscono nel sistema mobilità, vale a dire le persone,
i veicoli, la rete infrastrutturale e le condizioni ambientali. Nulla
di più normale, quindi, che obiettivi di questo tipo si incrocino
con le politiche istituzionali in materia di sicurezza stradale e di viabilità.
Prova ne sia che quando nel corso del 2003 il sottosegretario al Ministero
delle Infrastrutture, Paolo Uggè, ebbe l’occasione di testare direttamente
i sistemi di sicurezza disponibili sui veicoli Mercedes-Benz, non soltanto
ne rimase colpito, ma pensò bene di attivare un gruppo di lavoro
per studiare concrete soluzioni che, favorendo l’integrazione tra i veicoli
e quella tra condizioni stradali-climatiche e gli stessi veicoli, potessero
contribuire a ridurre la pericolosità della circolazione stradale.
Tanto per fare un esempio, la nebbia è un problema ambientale specifico
di alcuni contesti geografici del nostro paese. Ebbene disporre di un
veicolo con sensore di prossimità, che cioè con un radar
riesce a percepire, più dell’occhio umano, il tratto di strada
antistante e quindi frenare laddove incroci con questo "sguardo elettronico"
altri veicoli, è stato giudicato un fattore decisamente preventivo
di quei tamponamenti a catena provocati dall’abbassamento della visibilità
determinato dalla presenza di nebbia.
Dallo scorso ottobre questo dialogo con le istituzioni ha coinvolto anche
il ministro Pietro Lunardi, il quale intervenuto a Vallelunga a una manifestazione
Mercedes-Benz, ha ulteriormente ribadito l’importanza di una collaborazione
fattiva tra imprese e istituzioni sul fronte della sicurezza, esprimendo
piena soddisfazione per l’impegno e il senso di responsabilità
sociale di Mercedes-Benz nel rendere fruibile a un pubblico più
vasto tecnologie e programmi di formazione. Quindi, provati direttamente
i dispositivi che equipaggiano i veicoli industriali e commerciali Mercedes-Benz,
il ministro delle Infrastrutture ha espresso chiaramente la volontà
comune di sviluppare ulteriori iniziative, come la prosecuzione dei corsi
di guida sicura e la realizzazione di altri programmi finalizzati per
un verso a sviluppare la professionalità del conducente e per l’altro
a sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto al valore e al ruolo della
figura dell’autotrasportatore. Tutte rose che adesso attendono di fiorire.
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