Le sentenze dei Giudici di Pace
diventano appellabili davanti al tribunale. Il sistema di verifica dei giudizi
di primo grado diventa più pratico, più agevole e possibile
Troppo e strano il silenzio dei
media intorno all’importante novità
La novità relativa alla modifica
dell’articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689 è arrivata silenziosa con
il Decreto Legislativo 2 febbraio 2006 nr.40, quasi ci sia un certo pudore a
parlarne. No, parliamone, sinteticamente, ma parliamone. Che in materia di
giudizi davanti ai Giudici di pace, le cose non abbiano sempre funzionato bene,
lo dicono i fatti. Noi stessi come associazione abbiamo raccolto numerose
"perle" di sentenze e ovviamente siamo più volte intervenuti nelle
sedi competenti. Se col tempo ai GdP è stata tolta la competenza per giudicare
sulla guida in stato di ebbrezza e se oggi, da ultimo, con una apposita
modifica di legge si è reso possibile il ricorso in Tribunale avverso alle loro
sentenze, ci sarà stato un motivo. E’ vero non c’è stato molto rumore sulla
notizia dell’imminente modifica all’art. 23 della legge 689/1981, anzi è
passata quasi inosservata sugli organi di informazione. E’ chiaro a tutti che
la riforma introdotta dal recente Dlgs 40/2006 segna una svolta a dir poco
rivoluzionaria anche nei rapporti tra la Pubblica Amministrazione e la
magistratura non togata. Dal 2 marzo 2006 non sarà più necessario ricorrere in
Cassazione contro le sentenze spesso discutibili dei Giudici di pace. Si potrà
proporre appello direttamente al Tribunale. Ora ci sarà finalmente un
termometro per la verifica il monitoraggio dell’operato dei Giudici di pace da
parte dei colleghi togati, giudici di carriera che potranno recuperare il
giusto profilo di applicazione della norma, che in più occasioni è apparso a
molti fin troppo svilito da numerose sentenze a dir poco approssimative e
addirittura innovative in modo molto "originale" del diritto da parte
dei giudici onorari. Verrebbe da dire una battuta del tipo "la ricreazione
è finita", ma saremmo ingenerosi nei confronti dei tanti Giudici di pace
che comunque hanno svolto bene il loro lavoro, senza confonderlo col ruolo di
assistenti sociali, come altri hanno invece fatto. Recentemente in molti casi
gli atteggiamenti in sede di giudizio erano oggettivamente cambiati, apparendo
più professionali ed equi. Ora la P.A. avrà l’oppurtunità di vedere validati i
giudizi dei GdP con un sistema di ricorso più agevole, più pratico e più
praticabile. Rimane da risolvere il dispendio di energie con presenze numerose
di operatori di polizia per la discussione dei procedimenti. Operatori che in
molti casi, sotto il tiro incrociato dei difensori spesso sostenuti dai GdP, si
sentono più imputati che testi. Non sarebbe da scartare l’idea di una sorta di
avvocatura amministrativa dello Stato e delle Amministrazioni locali deputata a
seguire puntigliosamente e in modo molto professionale i procedimenti in tutto
il loro evolversi. La situazione non poteva durare, oggi si è girata una pagina
importante. Qualche modifica ulteriore rimane ancora da fare. Adesso siamo però
più fiduciosi.
Giordano
Biserni Presidente
Asaps
DECRETO LEGISLATIVO 2 febbraio
2006, n.40 G.U. n. 38 del 15 febbraio 2006 Art. 26 1. All’articolo 23 della legge 24 novembre
1981, n. 689, sono apportate le seguenti modificazioni: a) al quinto comma, le
parole: «ricorribile per cassazione» sono sostituite dalla seguente:
«appellabile»; b) l’ultimo comma e’
abrogato.
Chi glielo dice
ora agli agenti? Guida in stato
ebbrezza, giudici contro: l’etilometro non basta più per condannare un ubriaco alla
guida. Il giudice monocratico di Olbia
assolve un romano
Esulta ovviamente il difensore: “sentenza
rivoluzionaria”.
Non esulta l’asaps. Per noi la sentenza e’ pericolosissima
(ASAPS) OLBIA –
“La sola prova rappresentata dal dato registrato dall’etilometro non è sufficiente a dichiarare la responsabilità penale di chi viene trovato
alla guida dell’auto in stato di
ebbrezza”. È questo il succo della sentenza
del giudice monocratico presso il
tribunale di Olbia, dottor Vincenzo Cristiano, che ha assolto da ogni addebito penale un 22enne
romano che la scorsa estate venne colto
in flagranza di guida in stato di
ebbrezza al volante della propria auto, dalla Polizia Stradale, durante
le vacanze. Il giovane aveva un tasso alcolemico più che doppio del consentito,
che l’etilometro aveva accertato essere di 1,2 grammi di alcol per litro
di sangue. “Sentenza rivoluzionaria”,
dice il legale dell’ebbro; “sentenza
pericolosissima”, diciamo noi. Il perché
è ovvio: se passa questa linea, se non vogliamo nemmeno più l’etilometro e l’accertamento di Pubblici Ufficiali nell’esercizio delle proprie
funzioni, che nella fattispecie
rivestono la qualifica di agenti o ufficiali di polizia giudiziaria,
allora per far rispettare la legge cosa deve servire? Pensiamo al “giudice di notte”, come in altri paesi del mondo, dove togati permangono a
turno nelle aule a trattare le
“urgenze”, al quale portare in aula l’indagato e fargli sentire l’alito… ma visto l’andazzo non ci speriamo molto. È più probabile che se l’interpretazione del
giudice venga ripresa anche da altri – e
ci auguriamo proprio di no – il responso
finale lo darà l’esame autoptico di chi si schianta in auto, sperando che non porti con sé all’altro mondo, come invece accade troppo spesso,
qualche innocente. Non ci rimane dunque che l’esame del sangue:
vorrà dire che intaseremo le corsie dei
pronto soccorsi, costringendo i sospetti
a lunghe trasferte, i medici a maggior
dispendio di aghi e siringhe, i laboratori di analisi a sempre crescenti ritmi di lavoro, mentre
sulle strade non vigilerà più
nessuno. Vorrà dire che dovremo
rinunciare anche ai 180mila controlli
etilometrici all’anno, contro gli 8 milioni della Francia o i 5 milioni della Spagna, paesi che
rispetteranno il progetto europeo di
dimezzare la mortalità entro il 2010. Noi no. Noi dobbiamo rassegnarci a questo
teatrino davvero poco serio, di chi
arriva a negare l’evidenza anche in
aula. Sì, lo diciamo con forza e ce ne assumiamo come al solito ogni responsabilità. Come si
può chiudere così l’azione penale,
scegliendo di negare una verità scientifica come quella di una macchina sofisticatissima che analizza l’alcolemia e che passa i più
severi test di omologazione? Come si fa a sostenere che la prova
dell’etilometro è sufficiente al massimo
per l’applicazione delle sanzioni amministrative e non di quelle penali? Come si fa a sostenere che la semplice assunzione di alcol non determini uno stato di ebbrezza
“dal momento che, a parità di quantità
ingerite, le conseguenze sull’equilibrio di chi ne abusa sono diverse da soggetto a soggetto”? La risposta la fornisce proprio il legale che ha vinto la sua personale battaglia, e che ha detto alla
stampa – ovviamente subito avvertita –
che quella di ieri (1 marzo, ndr) “…è
una sentenza rivoluzionaria perché consacra una regola giuridica fondamentale: quella per cui il libero convincimento prevale sul test scientifico e
sulla prova legale. In questo senso se
le sanzioni amministrative devono essere
automaticamente applicate quando si supera la soglia prevista dalla norma, perché sussista anche il reato di guida in stato di ebbrezza
occorre la prova che l’assunzione, anche
oltre misura, di bevande alcoliche
comporti il venir meno dell’equilibrio psico-fisico del soggetto e che, pertanto, questi si trovi
effettivamente in stato di
ebbrezza”. Per fortuna nel nostro
ordinamento non sussiste il principio anglosassone dello “stare decis”, cioè del precedente giudiziario vincolante. Ora però chi glielo dice a tutte le divise
che operano giorno e notte sulle strade,
rincorrendo, fra mille rischi, violazioni a pacchi? Ci verrebbe da dire facciamoci una bevuta tanto…
Giordano Biserni
(ASAPS)
Giurisprudenza di legittimità
Corte di Cassazione Civile
Sez. I, 31 ottobre 2005, n. 21188
Pedoni – circolazione dei pedoni – Attraversamento fuori delle strisce pedonali – Mancato
utilizzo di apposito sottopassaggio – Sottopassaggio
a distanza inferiore a cento metri ma
non visibile né segnalato – Violazione
ex art. 190, comma secondo, c.d.s. – Esclusione.
Non sussiste la violazione di cui all’art. 190, secondo comma, c.d.s., nel caso in cui
un pedone per attraversare la
carreggiata non si sia servito di apposito sottopassaggio situato a distanza inferiore a cento metri, qualora tale sottopassaggio non sia visibile
né segnalato.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con ricorso depositato il 27 febbraio 2001 la sig.ra A.G. proponeva
opposizione all’ordinanza 18 gennaio
2001, notificatale l’1 febbraio successivo, con cui il Prefetto di Ancona le aveva intimato il pagamento della sanzione amministrativa di
lire 72.000, oltre spese di notifica,
per avere ella, in Falconara Marittima, attraversato la carreggiata stradale senza servirsi degli attraversamenti pedonali, in presenza di
apposito sottopassaggio, a distanza
inferiore ai 100 metri, così violando l’articolo 190, comma 2, del c.d.s.. Lamentava (per quanto qui ancora rileva) il difetto di dolo o colpa
da parte sua, non essendo il
sottopassaggio in questione visibile – né segnalato – dal punto in cui ella aveva attraversato la strada. Resisteva la Prefettura di Ancona a mezzo di funzionario e l’adito Giudice di pace della stessa città,
con sentenza del 25 luglio 2001,
rigettava l’opposizione osservando che :
l’articolo 190, comma 2 c.d.s. non contempla il requisito della visibilità degli attraversamenti
pedonali e pone a carico del pedone il
dovere di verificarne la presenza entro i cento metri; del resto, il sottopassaggio in questione era ben noto a tutti gli abitanti di Falconara
Marittima ed era, comunque, ben visibile
dal punto in cui l’opponente aveva attraversato la strada; inoltre, l’opponente, ben conscia della sua omissione, aveva provveduto al
pagamento della sanzione otto giorni
prima del deposito dell’opposizione. Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la sig.ra G., articolando tre motivi illustrati anche da
memoria. Il Prefetto intimato non svolge
difese.
MOTIVI DELLA DECISIONE Con il
primo motivo la ricorrente denuncia
violazione e falsa applicazione dell’articolo 3 della legge 689/81 e dell’articolo 190, comma 2, c.d.s.. Premesso che il sottopassaggio non
era visibile dal punto in cui ella si
trovava e che la sua esistenza non era in alcun modo segnalata, censura la sentenza impugnata perché, affermando che l’articolo 190, comma
2, c.d.s. non contempla il requisito
della visibilità del passaggio pedonale
ed impone al pedone l’obbligo di verificarne l’esistenza nell’ambito di 100 metri, si è limitata a prendere in considerazione la fattispecie di illecito
così come descritta dalla norma sul
piano oggettivo, mentre ha del tutto obliterato il principio della necessità dell’elemento psicologico dell’illecito amministrativo, sancito in
generale dall’articolo 3 della legge
689/81. Con il secondo motivo, denunciando
vizio di motivazione, la ricorrente
deduce che la sentenza non ha, in realtà, indicato alcuna ragione della ritenuta visibilità dell’attraver samento pedonale,
invece da escludere in base agli elementi di prova acquisiti; che è arbitrario sostenere che ella doveva necessariamente essere a conoscenza del
sottopassaggio in quanto residente in
Falconara, città di oltre tremila abitanti; che l’avvenuto pagamento della sanzione è idoneo a giustificare la ritenuta infondatezza
dell’opposizione, avendo essa eseguito
il pagamento in considerazione della esecutività dell’ordinanza-ingiunzione, che non è sospesa dalla proposizione dell’opposizione (articolo
22, ultimo comma, legge 689/81). Con il terzo motivo, denunciando violazione
dell’articolo 23, comma 12, della legge
689/81, lamenta che il giudice di pace
non abbia – come invece gli imponeva la norma invocata, ispirata al principio del favor rei – accolto
l’opposizione nel dubbio sulla
sussistenza dell’illecito.
Il primo motivo è fondato. Effettivamente
il giudice di pace basa il rigetto dell’opposizione anzitutto sul rilievo, considerato in sé sufficiente
(gli ulteriori argomenti sono
configurati come autonomi), che l’articolo 190, comma 2, c.d.s. non prevede la visibilità dell’attraversamento pedonale come elemento
della fattispecie ed impone al pedone
l’obbligo di verificare l’esistenza dell’attraversamento
stesso nell’ambito di 100 metri. Detta tesi, non può, nella sua assolutezza, essere condivisa, perché prende in considerazione
esclusivamente l’aspetto oggettivo
dell’illecito e trascura tutto l’elemento psicologico del medesimo, invece essenziale ai sensi
della norma generale di cui all’articolo
3 della legge 689/81 e del cui accertamento in concreto, dunque, il giudice di merito deve darsi carico, ove richiestone (come
nella specie) con l’opposizione. Agli
effetti di tale accertamento, senza dubbio rileva la conoscenza ovvero conoscibilità, secondo l’ordinaria diligenza, dei presupposti di fatto
dell’illecito, qual è, nella fattispecie
di cui al comma 2 dell’articolo 190 c.d.s., l’esistenza di un attraversamento pedonale distante non più di 100 metri; sicché sotto tale profilo –
ossia ai fini del giudizio di conoscenza
o conoscibilità del presupposto di fatto
– certamente rileva anche la visibilità dell’attraversamento, intesa come possibilità, per il pedone, di
verificare l’esistenza di esso
applicandosi con l’ordinaria diligenza. Fondato è anche il secondo motivo. Il giudice di pace, infatti, non dà minimamente conto delle ragioni per cui ha ritenuto che
l’attraversamento pedonale fosse in
concreto visibile dalla opponente. Inoltre l’affermazione che quest’ultima lo conosceva, come tutti gli
abitanti di Falconara, è in realtà
arbitraria. Del pari arbitrario è, infine, dedurre l’ammissione della colpa dell’opponente dell’avvenuto pagamento da parte sua, della
sanzione (giustamente la ricorrente
sottolinea in proposito l’esecutività dell’ordinanza-ingiunzione, che non viene sospesa neppure dalla proposizione dell’opposizione, ai sensi
dell’articolo 22, ultimo comma, legge
689/81). Nell’accoglimento dei primi due
motivi resta assorbito l’esame del terzo (che presuppone il dubbio sull’elemento psicologico, al cui accertamento dovrà invece procedersi nel
giudizio di rinvio). In conclusione,
accolti i primi due motivi del ricorso e dichiarato assorbito il terzo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio, per un nuovo esame, al
giudice indicato in dispositivo, il
quale si atterrà al principio di diritto sopra enunciato e motiverà sulla sussistenza o meno del dolo o della colpa in capo all’opponente. Il giudice di
rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità. [RIV-0601P13].
Assicurazione
obbligatoria – Risarcimento danni – Domanda di risarcimento – Assistenza legale
del danneggiato – Composizione bonaria della vertenza – Spese legali – Rimborsabilità.
In tema di
assicurazione obbligatoria per la R.C.A., per il risarcimento del danno il
danneggiato ha diritto, in ragione del suo diritto di difesa costituzionalmente
garantito, di farsi assistere da un legale di fiducia e, in ipotesi di composizione
bonaria della vertenza, di ottenere il rimborso delle relative spese legali. (Cass. Civ., Sez. III,. 31 maggio 2005, n. 11606) [RIV-1005]
Depenalizzazione –
Accertamento delle violazioni amministrative – Contestazione – Immediata –
Esclusione – Condizioni – Indicazione di motivi generici – Conseguenze –
Fattispecie in tema di uso durante la guida di telefono non a viva voce.
In tema di violazioni del codice della strada, la contestazione
immediata imposta dall’art. 201 c.d.s. ha un rilievo essenziale per la
correttezza del procedimento sanzionatorio e svolge funzione strumentale alla
piena esplicazione del diritto di difesa del trasgressore; la limitazione del
diritto di conoscere subito l’entità dell’addebito può trovare giustificazione
solo in presenza di motivi che la rendano impossibile, dovendo tali motivi
essere, pertanto, espressamente indicati nel verbale. (Nella specie la Corte ha
accolto l’opposizione a verbale di contestazione per uso durante la guida di
telefono non a viva voce, sul rilievo del verbale notificato al trasgressore
conteneva solo generica giustificazione dell’impossibilità per i verbalizzanti
di procedere alla contestazione immediata). (Cass.
Civ., Sez. II, 28 aprile 2005, n. 8837) [RIV-1005]
Velocità – Limiti
fissi – Apparecchi rilevatori – Autovelox – Velomatic mod. 512 – Rilevamento
della velocità successivo al transito del veicolo – Contestazione immediata
della violazione – Esclusione.
In materia di
accertamento di violazioni delle norme sui limiti di velocità compiute a mezzo
apparecchiature di controllo (nella specie autovelox Velomatic mod. 512), ai
sensi dell’art. 384 Reg. c.s., qualora esse consentano la rilevazione
dell’illecito solo in tempo successivo, ovvero dopo che il veicolo sia già a
distanza dal posto di accertamento, l’indicazione a verbale dell’utilizzazione
di apparecchi di tali caratteristiche esenta dalla necessità di ulteriori
precisazioni circa la contestazione immediata, mentre solo nella diversa
ipotesi in cui l’apparecchiatura permetta l’accertamento dell’illecito prima
del transito del veicolo la contestazione deve essere immediata, ma sempre che
dal fermo del veicolo non derivino situazioni di pericolo e che il servizio sia
organizzato in modo da consentirla, nei limiti delle disponibilità di personale
dell’amministrazione e senza che sulle modalità di organizzazione sia possibile
alcun sindacato giurisdizionale. (Cass. Civ., Sez.
I, 7 aprile 2005, n. 7332) [RIV-1005]
|