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Rassegna stampa Alcol e guida del 30 maggio 2006

  IL SECOLO XIX

L’accusa, un battito di ciglia
In coma dopo un litigio, è completamente paralizzata e può solo aprire e chiudere gli occhi
La donna, interrogata, ha incolpato il figlio: è stato lui a picchiarmi 

Genova. Olimpia non aveva nemmeno la possibilità di dire quant’era stanca, mentre la stavano sottoponendo a un interrogatorio come a Genova non se n’erano visti mai. E però è stata abbastanza forte, concentrata, da rispondere usando il codice che aveva concordato insieme ai poliziotti: un battito delle palpebre per dire sì, due battiti per il no, tre per il forse o non ricordo e altri piccoli accorgimenti per tradurre l’unico linguaggio che riesce a parlare, da quando si è risvegliata dal coma in cui l’aveva scaraventata suo figlio al termine d’una lite violentissima, tre settimane fa, nel quartiere Rivarolo.

Olimpia Ventura ha 67 anni e dopo quarantacinque minuti estenuanti in un letto dell’ospedale Galliera, con due agenti, un medico e un infermiere accanto, ha accusato Andrea Fusi, 37 anni, il figlio indagato da giorni per lesioni gravi. «Avevate litigato quella sera?» e lei ha chiuso gli occhi una volta. «Perché hai battuto la testa? È stato un incidente?» e ha replicato con due battiti. «Ma allora ti ha picchiato?». Olimpia ha abbassato la palpebra, gli inquirenti per essere sicuri gli hanno rifatto la domanda e lei ha ripetuto lo stesso gesto. E non è stata un’iniziativa estemporanea, quella che hanno scelto gli uomini del commissariato Sestri, ma l’unico modo per stringere il cerchio di un’indagine che si stava rivelando difficilissima. Perché Andrea Fusi nega, continua a ripetere che c’era stato sì un battibecco, sabato 13 maggio, «ma la mamma era agitata, io l’ho tenuta e non so bene come abbia potuto perdere l’equilibrio».

Gli investigatori hanno chiesto aiuto agli specialisti del reparto rianimazione, hanno capito che la donna è paralizzata e muta, ma capisce quello che gli accade intorno, può ancora ascoltare e vorrebbe raccontare, chiarire. Sul verbale consegnato al pubblico ministero titolare dell’inchiesta, è scritto con chiarezza che l’unica via per poter ottenere la sua verità era rappresentata da quel codice, quel botta e risposta un po’ surreale e massacrante su cui si erano accordati in precedenza. E poi Genova non è Cambridge, dove Stephen Hawking, cosmologo di fama internazionale, ha creato una macchina capace di tradurre in scrittura i movimenti impercettibili del suo occhio, ripercorrendo così i maltrattamenti subiti dalla moglie.

È probabile che l’indagine subirà una svolta, nei prossimi giorni; Olimpia non ha sgombrato il campo solo dai dubbi sulla dinamica dell’infortunio, rimarcando che si era trattato di un’aggressione e non di un incidente, ma ha aggiunto a modo suo dettagli sul movente e sul retroscena. «C’era anche tuo marito, in cucina? Andrea ti ha chiesto dei soldi? Era forse ubriaco?». Ha replicato puntuale, precisa, negando la presenza di un altro nella stanza del pestaggio, facendo capire chiaramente che il vino e il denaro c’entrano parecchio, «Era già accaduto altre volte?», è stata una delle ultime domande, poste per suffragare qualche testimonianza inquietante raccolta fra amici, vicini, altri familiari. Lei ci ha messo di più, stavolta, ma aveva compreso benissimo. Ha atteso che glielo chiedessero ancora, e ancora, ha chiuso gli occhi una volta soltanto e tutti hanno intuito che poteva bastare, che era meglio chiuderla lì.

«Non sappiamo - ammettono al distretto di polizia - in quale considerazione verrà tenuto, nel corso di un eventuale processo, un verbale del genere. Ma noi siamo certi d’aver fatto la cosa giusta, abbiamo chiesto il supporto dei medici perché non fosse un’esperienza devastante su una donna già debole. E adesso c’è un resoconto attendibile, importante». Andrea Fusi non può avvicinarsi alla casa dei genitori, dal pomeriggio dell’interrogatorio. Gli è stato fatale l’orgoglio d’una donna muta,che non sente più le mani, le braccia, le gambe, ma può aprire e chiudere gli occhi.

Matteo Indice


 

COMUNICATO STAMPA

Pollina, Merlo e Bonaffini al Festival Musicale Analcolico di Castel d’Ario
Il 4 giugno nell’area feste di Castel d’Ario si svolgerà il “Festival Musicale Analcolico 2006”.

La manifestazione è organizzata da A.P.C.A.T. (Associazione Provinciale Club degli Alcolisti in Trattamento) di Mantova, dall’Associazione Europea Familiari e Vittime della Strada-onlus, dalla Provincia di Mantova (Assessorato ai Servizi Sociali – Politiche Giovanili) e dal Comune di Castel d’Ario; con la collaborazione dell’associazione “Aiutiamoli a vivere”.

Dalle 18.30, ad ingresso libero, la festa si animerà grazie alla musica del Coro Baha’i di Mantova, delle “Prime impressioni”, dei “Fuoritempo” e dei Choolers. Alle 21 poi sarà la volta di Luca Bonaffini, Vittorio Merlo e Roberto Manuzzi, e Pippo Pollina con il “Palermo Acoustic Quartet”.

Oltre alla musica si potranno “degustare” piatti tipici del posto come il risotto alla Casteldariese e i tortelli di zucca. Il tutto accompagnato, rigorosamente, da bibite analcoliche.

In caso di maltempo il Festival si terrà nel palazzetto dello sport di Castel d’Ario.

Per informazioni sulla manifestazione, si può scrivere a Alessandro Sbarbada - e-mail a.sbarbada1@tin.it - oppure telefonare a Marisa Moschini, tel. 347/9058103.

http://www.csvm.it/downloads/volantino%202006%20definitivo.doc


 
UNIVERSO ON LINE

L’alcol fa bene al cuore ?

Bere bevande alcoliche ogni giorno, secondo alcuni ricercatori, porterebbe a una riduzione del rischio di infarto e malattie cardiache, il beneficiò sembra però valido solo per gli uomini. Non è la prima volta che si sente parlare di presunti benefici dell’alcol sul cuore, questa volta la notizia arriva da un articolo pubblicato sul British Medical Journal che riporta i dati di uno studio danese effettuato su un campione di oltre 50.000 persone con un’età compresa fra i 50 e i 65 anni. Tutti i volontari sono stati sottoposti a un questionario speciale e seguiti per una media di sei anni.

Stando ai dati ricavati dagli studiosi, gli uomini che quotidianamente bevono quantità moderate di alcolici ridurrebbero fino a picchi del 41 per cento i rischi di cardiovasculopatie. L’incidenza dei disturbi diminuisce invece solo del 7 per cento in quelle persone che bevono solo una volta a settimana. Dall’analisi non si sono invece riscontrate particolari differenze legate alla quotidianità dell’abitudine del bere quantità moderate di alcolici da parte delle donne. L’analisi ha dimostrato che le donne che bevono un drink a settimana hanno circa un terzo delle probabilità di avere dei problemi cardiaci, tale dato però, a differenza degli uomini, non varia se l’abitudine del drink è quotidiana.

Secondo i ricercatori, la differenza della reazione dei due sessi al consumo di alcolici potrebbe essere legata agli ormoni, non sottovalutano però anche il tipo di alcolici consumati e il modo in cui l’organismo metabolizza l’alcol. Morten Gronbaek, ricercatore del National Institute of Public Health danese, spiega che con questo studio è stato mostrato che la frequenza del bere ha un ruolo maggiore rispetto alla quantità, ma anche che c’è una differenza fra i sessi.

Gli studiosi tengono comunque a puntualizzare che questo studio non va preso come un invito implicito a eccedere con gli alcolici, inoltre evidenziano che bere uno o due drink per lui e uno al giorno per lei sarebbero sufficienti contro le cardiopatie in quanto non si otterrebbero ulteriori benefici se si beve di più.

Notizie come queste potrebbero essere mal interpretate dai lettori, per questo motivo bisogna stare molto attenti alle informazioni che si danno. Una persona che non ha mai bevuto in vita sua, o lo ha fa in maniera sporadica, di certo avrà molti più benefici per la salute di chi beve quotidianamente. Nel dicembre del 2005 uno studio pubblicato sul Lancet evidenziava come anche un consumo leggero o moderato di alcolici non fa bene alla salute.

La ricerca coordinata da Ron Jackson, dell’University of Auckland (Nuova Zelanda), evidenziò che la maggior parte degli studi che esaltavano ipotetici benefici dell’alcol non erano randomizzati e quindi ogni associazione positiva fra alcol e i rischio cardiovascolare poteva tranquillamente essere dovuta a fattori di cui non si è tenuto conto. I benefici che si potrebbero ottenere dal consumo di alcol sarebbero sempre troppo lievi o moderati per poter essere ritenuti giustificabili rispetto ai danni che si hanno dal bere alcolici.


 

WINENEWS.IT

"I TRUCIOLI NEL VINO FANNO MALE": LO DICE IL NUTRIZIONISTA GIORGIO CALABRESE

I trucioli nel vino fanno male. Lo dice il nutrizionista Giorgio Calabrese che spiega “sono rimasto sbalordito dall’assenso che è stato dato dall’Oiv, una specie di Onu del vino.

“I chips sono dannosi alla salute, infatti con questa pratica si favorisce la cessione di idrocarburi e di alcuni metalli pesanti e, fra gli aromi, anche di sostanze come l’acido vanillico e l’acido siringico.

Test su cavia hanno dimostrato danni al fegato e ai reni”.(*)

 
(*) Nota: test su uomini e donne hanno dimostrato che anche l’alcol nel vino qualche problemuccio a volte lo crea.


 

IL GAZZETTINO (NORDEST)

Non sarebbe casuale la morte di un motociclista
Pirata della strada per una «vendetta»

Verona

Li avrebbe investiti solo per quelle parole al bar: «Guarda quello com’è ubriaco». È una brutta storia quella accaduta sabato notte sulle sponde del Lago di Garda, dove una bella serata tra amici è finita in tragedia per colpa di una testa calda alterata dall’alcol. Prima una lite in un bar, poi l’inseguimento in auto contro quella moto su cui vaggiavano due ragazzi come lui. E infine, l’incidente che ha provocato la morte di un giovane di 37 anni, Alessandro Patrone, di Brenzone, conosciuto da tutti sul Garda perché era l’artista che ha dipinto con affreschi l’oleificio di Brenzone. Tutto inizia verso le due di notte al bar "La Pinta", un pub in centro a Brenzone. C’è un uomo che da fastidio, che ha alzato un po’ troppo il gomito e alcuni ragazzi della compagnia di Alessandro lo apostrofano ridendo: «Guarda com’è ubriaco quello». Forse vola qualche parola grossa. Ma sembra che tutto finisca lì. Alle 2.30 il locale chiude e Alessandro prende la sua moto assieme a un amico, Giuseppe Perbellini, 38 anni, di Verona, per tornare verso casa. All’improvviso, dopo neanche un chilometro di strada, la moto viene affiancata da un’Alfa 155 rossa. Alla guida c’è Luigi Liguori, 38 anni, muratore di origini napoletane. È lo stesso uomo con cui gli amici di Alessandro avevano litigato poco prima al bar. Quell’uomo al volante sembra pazzo: un testimone assiste alla scena da un balcone e racconta che l’Alfa rossa ha stretto la moto fino ad andarci sopra, e poi ha continuato la sua corsa, trascinando la Suzuki 650 per venti metri, e sbattendola contro un muretto. Il testimone chiama i soccorsi, ma per Alessandro non c’è nulla da fare. Il giovane muore mentre l’ambulanza corre verso l’ospedale di Malcesine. Il caso è ora nelle mani della Procura della Repubblica di Verona. Per ora Liguori, che guidava ubriaco, è indagato "solo" per omicidio colposo. Ma la sua posizione potrebbe cambiare.

Massimo Rossignati


 

L’ARENA

- La testimonianza. Parla l’amico di Patrone che viaggiava in moto con lui

«Quello ci voleva ammazzare»

Giuseppe Perbellini rivive l’investimento: «Sento ancora quel motore impazzito»

 di Alessandra Vaccari

«Ale, dai alzati. Che culo abbiamo avuto, non ci siamo fatti niente. Ale, rispondimi, guardami Ale, non ci siamo fatti niente». Ma Alessandro era a terra con gli occhi sbarrati, il rantolo in gola. Ale era già volato via, la sua vita sganciata dal mondo terrestre. Giuseppe l’ha tenuto abbracciato fino a quando è arrivata l’ambulanza, e quando entrambi sono arrivati in ospedale gli hanno detto che l’amico era morto.

Giuseppe Perbellini è l’amico di Alessandro Patrone. Era il sella dietro di lui la notte tra sabato e domenica. Giuseppe è stato fortunato. È pieno di lividi e ammaccato. Ma vivo.

«Ale e io eravamo stati a fare una braciolata a casa di amici. Tornando ci siamo fermati al bar a salutare altri ragazzi. Il bar aveva già chiuso. Fuori c’erano una quindicina di persone tra cui quello che poi ci è venuto addosso. Io non ci ho fatto caso, vedevo che rompeva le scatole di qua e di là, e mi ero detto che era anche fortunato che nessuno gli dava bado. Tutti gli dicevano di andare a casa. Uno che conosco gli ha anche detto che non gli dava la soddisfazione di litigare con lui. Poi ho visto che il tipo si allontanava, ma sempre senza prestargli tanto interesse. Poi Ale, io e un altro abbiamo preso la moto per tornare a casa perchè stava diventando tardi».

Ma Liguori non era andato a casa. S’era appostato in una piazzola ad aspettare che passasse qualcuno. Transita la prima moto, quella con la persona da sola: «Liguori gli è saltato addosso, gli ha strappato la mascherina del casco e il nostro amico a quel punto è sceso dalla moto e gli ha dato un paio di sberle», ricorda Giuseppe, «quando siamo arrivati Ale e io li abbiamo separati. Abbiamo invitato entrambi ad andare a casa e poi sembrava tutto finito, siamo ripartiti. Per noi era tutto finito, non aveva senso che fosse diverso».

I motociclisti si mettono in sella e vanno verso la statale, diretti a Malcesine.

«Mi sono voltato indietro e ho visto che l’Alfa stava andando in direzione opposta, invece poi ci è venuta dietro», continua il ricordo di Giuseppe, «ha fatto un’inversione e ci ha puntato. Ho detto ad Ale che quello ce l’aveva con noi, gli ho detto di accelerare che ci veniva addosso. Sento ancora nelle orecchie il rumore dell’auto, il motore fuori giri. Credo che fosse a tavoletta. Vedo i fanali che si avvicinano sempre più e sento la botta. Io sono rotolato non so per quanti metri. La moto è rimasta agganciata all’auto e poi scaraventata via».

Soffre Giuseppe a ricordare, gli si incrina la voce e gli manca il fiato. È tutto così incomprensibile, irreale.

«Mi sono alzato, le gambe che tremavano, mi sembrava di sognare. Alessandro era a terra. L’ho chiamato, gli ho detto di alzarsi, rantolava. Non mi rispondeva. Ho pensato che forse era svenuto, non potevo credere che a me non fosse accaduto niente e lui potesse morire».

I soccorsi, l’ambulanza, la corsa in ospedale. Scatti, immagini di una vita che sembra non essere più la tua. Volti di persone che si accavallano, domande della polizia: «Ho detto loro quello che sto dicendo adesso. Perché questa soltanto è la verità. Quell’uomo ci è venuto addosso con l’unica intenzione di ammazzarci. Voleva ucciderci. È capitato a noi, ma l’avrebbe fatto con chiunque altro. Ale e io con lui non avevamo neanche parlato al bar. In strada abbiamo fatto da paceri. La storia era chiusa lì. Non aveva senso che non lo fosse perchè non era successo niente di grave. Mi chiedo come possa valere così poco la vita di una persona. L’ha schiacciata come avrebbe fatto con una formica. Non c’entra niente che fosse ubriaco. Quello sarebbe stato così anche da sobrio. È un assassino». (*)

 

(*) Nota: può darsi che sia vero.

Ma certamente l’alcol, in queste occasioni, “getta benzina sul fuoco”.


 

IL GIORNALE DI VICENZA.IT

La disgrazia è avvenuta all’alba quando è scattato l’allarme per recuperare i due soldati Usa
Stroncato da una baldoria fatale Parà muore davanti alla Ederle
La vittima deceduta su un’auto di servizio. Un commilitone se l’è cavata

(i. t.) Morire a causa di una sbornia nel “Giorno del Ricordo”, il Memorial Day, una delle grandi feste che accomuna il popolo statunitense. Il soldato Michael Leonard di 25 anni, originario del New Jersey, ha esalato il suo ultimo respiro davanti alla porta carraia della Ederle, poco prima dell’alba. Un’ambulanza lo stava trasportando nell’ospedale della base per essere sottoposto alle cure necessarie, quando un sospetto rigurgito, unito a uno stato di quasi coma etilico, l’avrebbe ucciso. Il dubbio sulle cause è legato alle scarne notizie che sono pervenute dalla caserma.

Un altro commilitone, Robert Pearson di 21 anni, invece, nonostante si trovasse nelle stesse condizioni psicofisiche, è stato salvato ed ora sta decisamente meglio. È stato ascoltato dai superiori e nel pomeriggio ha fornito una ricostruzione del dramma.

Dovrebbe essere un’inchiesta del sostituto procuratore Alessandro Severi, visto che la morte è avvenuta all’esterno della base, ad accertare i motivi dell’assurdo decesso. Questa mattina i carabinieri della Setaf del tenente colonnello Fortunato Spolaore potrebbero trasmettere un primo rapporto alla magistratura.

Anche in questa circostanza l’uso del condizionale dipende dal fatto che se dovesse essere pacifico che Leonard ha fatto tutto da solo, nel senso che non ci sono sospetti di coinvolgimenti esterni, sarebbero le autorità americane ad eseguire l’esame autoptico. La salma del soldato adesso si trova all’obitorio del San Bortolo in attesa delle decisioni delle autorità.

Quanto alla ricostruzione della tragedia essa sarà più chiara non appena Pearson sarà in grado di spiegare per filo e per segno la notte di bisboccia che si è conclusa in maniera drammatica.

Visto la giornata festiva i parà della Ederle potevano rientrare più tardi e, pertanto, Leonard e l’amico se la sono presa comoda, accompagnando le ore piccole da un locale all’altro, fino a quando non ce l’hanno fatta più a forza di ingurgitare alcool, e si sono accasciati in stradella della Racchetta in centro storico, tra le contrà della Fascina e Mure Pallamaio.

Avevano bevuto davvero tanto, anche se sarebbe stato Pearson a riuscire a dare l’allarme alla Ederle, prima che qualcuno riuscisse ad allertare il 118. Ecco spiegato perché prima dell’ambulanza del Suem è giunto un monovolume della Ederle con i soccorsi per i due ubriachi.

Le condizioni del ragazzo sono apparse subito serie, ma non pareva così drammatiche com’è poi risultato, perchè altrimenti sarebbe stato accompagnato direttamente al San Bortolo, invece che trasferirlo in caserma. Del resto, questi recuperi notturni di paracadutisti che alzano il gomito sono molto frequenti.

L’irreparabile è accaduto vicino alla base, quando la fatale miscela composta dall’alcol e da un sospetto rigurgito hanno stroncato il pur atletico ragazzo americano. Aveva bevuto davvero troppo, arrivando al limite, senza rendersi conto che lo stava oltrepassando. I sanitari hanno provato a ventilarlo, ma non c’è stato verso. A ucciderlo sarebbe stata la baldoria fatale.


 

IL GAZZETTINO (VICENZA)

OMICIDIO COLPOSO?

Soldato americano si ubriaca e muore

 (m.a.) Sarà l’autopsia, disposta per oggi, a chiarire le cause della morte di un giovane militare americano della Caserma Ederle, deceduto per soffocamento causato, da quanto emerso finora, da un fatale rigurgito. E intanto la procura apre un’inchiesta per omicidio colposo. La vittima si chiama Michael Jared Leonard, 24 anni, celibe, originario del New Jersey. L’altra sera aveva partecipato con altri tre commilitoni a un barbecue fra amici. Poi, insieme al collega Robert Pearson, 21 anni, aveva deciso di fare un giro in centro città passando di bar in bar fino a rimediare una pesante sbornia. L’allarme scatta alle cinque di ieri mattina, quando un passante - o forse un connazionale - telefona alla Setaf avvertendo che ci sono due militari Usa stesi per terra in stradella Racchetta. Dalla base di viale della Pace esce immediatamente una monovolume con un funzionario dell’esercito per controllare la veridicità della segnalazione: una volta sul posto, la situazione sembra chiara, i soldati sono ubriachi fradici e vengono caricati sull’auto. Ma una volta giunti all’ingresso di via Aldo Moro ci si accorge che qualcosa non va: Michael rantola e poi rimane immobile, tutti i tentativi di farlo rinvenire falliscono, anche quelli di uno specialista rianimatore, suo compagno di corso, chiamato d’urgenza. Nulla da fare: ai medici del Suem, allertati subito dopo, non resta che constatare il decesso del giovane e ricoverare Robert in ospedale in gravi condizioni ma non in pericolo di vita. Sulla vicenda stanno indagando i carabinieri della Setaf al comando del tenente colonnello Fortunato Spolaore. Il fascicolo aperto dal magistrato di turno per il reato di omicidio colposo tende ad accertare eventuali responsabilità per una tragedia tanto assurda. Fra le ipotesi al vaglio degli inquirenti, quella che qualcuno, nella fattispecie uno o più baristi, possa avere servito alcolici ai due soldati nonostante il loro evidente stato di ebbrezza.


 

 

IL MATTINO (SALERNO)

Fuori pericolo il ragazzo ricoverato dopo una sbornia

Eboli. Fuori pericolo il bimbo di 10 anni. Giunto in ospedale in choc etilico, il ragazzino è ricoverato nel reparto di Pediatria. Le cure procedono con risultati incoraggianti, i medici si dicono ottimisti. A frenare l’entusiamo dei sanitari c’è l’età del piccolo. Gli organi interni più deboli potrebbero risentire della sbornia pomeridiana. Per questo motivo il bimbo sta seguendo un’alimentazione rigida. Beve acqua naturale, gli è stata vietata ogni altro tipo di bevanda gassosa. Ieri mattina il piccolo è stato visitato dal primario e dai sanitari del reparto. Sotto osservazione da due giorni, potrebbe essere dimesso nelle prossime ore. La sbornia è quasi superata, il pomeriggio trascorso con il Tavernello sembra solo un cattivo ricordo. Alle ore di ansia e paura (l’incubo di sabato pomeriggio) seguono ora momenti meno tesi. I familiari abbozzano sorrisi sinceri e distensivi. Superati i momenti più drammatici, sono anche riusciti a parlare con il figlio ricoverato in corsia. Gli hanno spiegato la gravità del gesto effettuato. I rischi a cui si è esposto per una stupida gara con i suoi amici. Episodio davvero inusuale per i medici del Maria Santissima Addolorata. Ricoveri in pediatria per choc etilico non ce ne sono mai stati. Nel caso del bimbo però, tutto è riconducibile a una banale sbornia frutto di un pomeriggio di spacconate. Nelle ultime ore si è discusso molto della dinamica dei fatti. I parenti del bimbo sotto choc si sono lamentati per il mancato controllo dei ragazzini. Chiusi in camera a giocare, nessuno si è preoccupato di controllarli. I padroni di casa sono intervenuti solo quando il bimbo si è collassato, grazie alle grida d’allarme lanciate dagli altri ragazzini. fr.fa.


 
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (BRINDISI)

Bloccato e denunciato un 51enne in preda ai fumi dell’alcol
Armato di grosse forbici si scaglia contro moglie

MESAGNE Con la mente offuscata dai fumi dell’alcool, minaccia con un lungo coltello la moglie e di vicini di casa accorsi in suo aiuto. Intervengono sul posto i vigili urbani e poi gli agenti del commissariato che lo immobilizzano e lo fanno ricoverare in ospedale. È accaduto l’altra sera, a Mesagne, a corte Purgatorio. Autore della bravata un mesagnese di 51 anni. La moglie, presa dal panico, questa volta non ce l’ha fatta a sopportare e lo ha personalmente denunciato presso il Commissariato di polizia di Mesagne. Ora il marito violento, quando sarà dimesso dall’ospedale, dovrà rispondere di minaccia aggravata. Nel frattempo si trova presso l’ente ospedaliero di Campi Salentina, dove lo ha portato l’ambulanza del 118. Prima è stato cercato un posto all’ospedale «Melli» di San Pietro Vernotico. Poi, per mancanza di posti letto, è stato trasferito fuori distretto sanitario, nel nosocomio della cittadina leccese. L’individuo, l’altra sera, si era armato di un paio di forbici con lame d’acciaio di ben 25 centimetri. Arma in pugno aveva inseguito la moglie tentando più volte di colpirla. Per fortuna la donna è stata più sveglia e, dopo un inseguimento in casa, vistasi a mal partito, è uscita per strada ed ha chiesto aiuto ai vicini. Questi conoscono la grave situazione della famiglia ed hanno tentato di dissuadere e calmare l’esagitato. Per tutta risposta l’uomo non solo non si sarebbe lasciato convincere ma avrebbe anche tentato di aggredire le persone che si erano avvicinate. A quel punto un vicino di casa ha telefonato al Comando della Polizia municipale che ha interessato il commissariato. L’intervento della pattuglia dei vigili urbani è stato quanto mai veloce e provvidenziale, scongiurando che ci fossero più gravi conseguenze. I vigili hanno immobilizzato l’uomo e gli hanno sottratto il coltello. Quindi hanno chiesto l’intervento del 118 perché? l’uomo aveva bisogno di immediate cure. Infatti il medico di servizio del 118, una volta giunto sul posto, ha ritenuto opportuno il ricovero, visto lo stato confusionale in cui l’uomo si trovava. Ora, dopo la degenza in ospedale, dovrà rispondere alla giustizia perché la moglie non intende continuare a rischiare la vita: denunciandolo, di fatto, ha deciso di dire basta a tanti anni di sofferenze e disagi.


 

ALICE NEWS

GERMANIA/ BERLINO, 16ENNE AGGRESSORE STAZIONE "CHIEDE SCUSA”

Tramite il suo legale: "Si dice pentito del suo gesto”

Berlino, 30 mag.(Apcom) - A quattro giorni dal folle raptus omicida al gala per l’inaugurazione della stazione ferroviaria a Berlino, il 16enne autore dell’aggressione, nella quale sono rimaste ferite una trentina di persone, una delle quale portatrice di hiv, "si è detto pentito" del suo gesto - come dichiara il legale ai microfoni della tv regionale berlinese Rbb - chiedendo scusa e ammettendo indirettamente la sua colpevolezza.

"In nome del mio cliente porgo le scuse a tutte le vittime e ai loro parenti. Il mio cliente si dice molto dispiaciuto del gesto a lui attribuito e chiede perdono", è quanto dichiarato dal suo legale, come scrive il quotidiano "Die Welt" nella sua edizione on-line.

Il numero delle vittime coinvolte nella folle aggressione, avvenuta venerdì sera, è salito oggi a 41, secondo il giudice che segue le indagini. La magistratura ha riferito che 33 persone hanno riportato ferite da taglio o da punta.

Le prime analisi del sangue sul 16enne che venerdì ha accoltellato i presenti nella mischia, rivelano un "tasso alcolico considerevolmente alto, ma non estremamente alto". Una delle prime vittime ha dichiarato di essere sieropositiva.


 

IL GAZZETTINO (PADOVA)

LA CURIOSITÀ 

Il problema padovano finisce sul Times.
E gli inglesi dicono: «In Italia c’è chi fa peggio di noi...»

La vicenda degli spritz padovani insieme con le notizie del terribile terremoto che ha sconvolto l’isola di Giava in Indonesia. Due eventi così distanti per origine e conseguenze che sono stati uniti e raccontati ieri nella stessa pagina del Times alla sezione "World News". Tanto hanno fatto parlare di se nelle ultime settimane gli spritz e il popolo delle piazze che la penna attenta del corrispondente italiano da Roma del Times non si è lasciato sfuggire la ghiotta occasione per rendere noto al mondo quanto di stile inglese ci sia anche nelle abitudini dei padovani. «Il rumore notturno della gente che beve e delle bottiglie di vetro rotte è un problema talmente inglese che è quasi uno stereotipo. Adesso però l’antica città di Padova soffre della stessa malattia. Tutto colpa dello spritzer, l’aperitivo locale a base di vino bianco - riporta Richard Owen, con qualche problema di spelling, forse per la poca familiarità con il tipo di aperitivo in questione - Nel disperato tentativo di allontanare dal centro storico le orde di ubriachi, l’amministrazione ha vietato la vendita di alcolici dalle 20 di mercoledì alla domenica mattina. Baristi e avventori sono già in rivolta». Certo sarebbe curioso capire quali siano state le fonti di informazione usate da Sir Owen, ma indipendentemente dalla natura delle stesse rileggendo l’articolo originale si denota un certo spirito di riscatto personale per essere stati considerati gli inglesi un popolo di bevitori spesso e volentieri indisciplinati e maleducati. Retoriche a parte, l’articolo del Times pone l’accento sul contrasto fra Padova meta turistica grazie ai capolavori di Giotto e del Mantegna e la Padova universitaria, vissuta e abitata da una considerevole popolazione studentesca. Come causa del problema di abuso di alcool, il Times individua la frequente abitudine da parte dei baristi di "rinforzare" la ricetta originale con l’aggiunta di Campari o Aperol, ragion per cui il tasso alcolico può raggiungere anche i venticinque gradi. Partendo dalla processione funebre sulla morte degli spritz, l’articolo riassume i recenti episodi che hanno portato alla situazione attuale, riportando le dichiarazioni delle parti chiamate in causa, dai rappresentanti istituzionali ai residenti ai baristi stessi.

«La petizione indetta dai baristi "Volete vivere in una città viva o rimanervene a casa?" è stata sottoscritta da duemila persone - riporta Owen nel suo pezzo, rifacendosi alla richiesta di referendum promossa dagli esercenti - Al contrario quella indetta dall’associazione dei residenti è stata siglata solo da poche centinaia di persone». Le conclusioni sommarie a cui cerca di portare il lettore l’articolo del Times non possono convincere i ben informati di come non sia possibile risolvere il problema con un semplice intervento delle forze dell’ordine, che - sempre stando al contenuto del pezzo - dovrebbero procedere all’arresto immediato di chiunque violi il coprifuoco deciso dalla giunta. Giusto per sdrammatizzare, i fatti padovani si concludono con il lieto finale tipico di ogni buona commedia raccontata all’inglese: subito dopo le dichiarazioni dell’assessore Pieruz vengono citati aneddoti e benefici del fresco aperitivo, risalente all’epoca vittoriana (l’orgoglio nazionale prevale sempre). Ideale per l’estate, si consiglia vivamente di servire ghiacciato, magari utilizzando limonata al posto dell’acqua minerale. E il sidro al posto del vino.

Matteo Mignolli


 

IL GAZZETTINO (PADOVA)

Zilio chiede che tutti mettano le carte in tavola
«Basta palleggiarsi le responsabilità»

Li aveva messi nero su bianco non più tardi di una ventina di giorni fa.

Concetti semplici, volti a definire la "questione spritz" in un contesto che non fosse né quello del muro contro muro, né quello delle soluzioni "a gettone", cioè delle soluzioni buone una sera sì e l’altra no, con associazioni di categoria dapprima d’accordo sulle soluzioni restrittive e poi in disaccordo.

Adesso Fernando Zilio quei concetti li riprende, ampliandone la portata.

«Quello che è evidente - mette in chiaro il presidente dell’Ascom - è che il problema dello spritz richiede decisioni politiche e prese di responsabilità precise. Nessuno, in questo senso, è autorizzato a chiamarsi fuori: non il Comune che deve far rispettare la legge, non il commercio che deve fare proposte possibili, non i gestori dei bar che devono uniformarsi alle regole, non l’Università e la scuola più in generale (ma anche le famiglie) che stanno alla finestra mentre i giovani, moltissimi dei quali minorenni, non trovano di meglio che affogare nell’alcol».

Zilio rivolge uno sguardo al passato e cerca soluzioni future.

«Non vi è dubbio -continua il presidente dell’Ascom- che i "cattivi maestri" abbiano lasciato il segno. Nessuno vuole le piazze ed il centro deserti e meno che mai i commercianti. Ma non possiamo nemmeno permettere che per avere le piazze animate si ammetta tutto e il contrario di tutto, si ammanti di "cultura" ciò che invece è degrado, si lasci incancrenire una situazione dove vale ormai solo il "tutti contro tutti"».

«Sarò anche un ingenuo - continua Zilio - ma ritengo che non ci siano proposte di mediazione che tengano con chi occupa la piazza per delinquere, lordare, spacciare. Questa gente va contrastata con tutti i mezzi perché così dicono le regole e le regole vanno sempre rispettate».

Circa il futuro, Zilio non si nasconde le difficoltà.

«Tornare indietro, dopo che si è lasciato che una tradizione positiva diventasse un problema, non è facile. Ciò nonostante dobbiamo provarci. E dobbiamo provarci fin da subito ripristinando il primato della legalità. Non è pensabile che a settembre il problema si ripresenti nelle forme e con le tensioni attuali così come non è pensabile che il Comune non adotti provvedimenti tesi anche a mantenere gli equilibri commerciali del centro cittadino. Consentire infatti che aprano bar su bar dove prima c’erano negozi di vicinato costretti a passare la mano per affitti esorbitanti, significa snaturare il contesto stesso del centro storico».

Da qui la proposta di Zilio.

«Serve subito un incontro nel quale tutti (istituzioni, associazioni, residenti, comitati) mettano le carte in tavola. Senza reticenze o retro-pensieri e, una volta individuate le decisioni, ci sia la coerente applicazioni delle stesse. Non è pensabile continuare con il palleggiamento delle responsabilità e con l’inseguimento del consenso. Chi ha più coraggio è tempo che lo metta in campo!».


 

IL GAZZETTINO (VICENZA)

Omette il soccorso, 8 mesi e patente sospesa

Arrestato con l’accusa di omissione di soccorso tre anni fa, ha patteggiato una pena di 8 mesi di reclusione e di mille euro di multa oltre alla sospensione della patente per un mese. Si tratta di El Habib Boulmane, marocchino di 29 anni, residente a San Bonifacio. Era il 14 dicembre 2003 quando a Ponte di Barbarano tamponò violentemente l’Opel Tigra condotta da Marzia Baretta, 27 anni di Albettone rimasta lievemente ferita (otto giorni di prognosi). L’uomo alla guida di una Bmw fu fermato poco dopo la fuga e risultò sotto l’effetto dell’alcol.


 

IL MESSAGGERO (UMBRIA)

Un video-verità fatto sul campo 

Nel corso del progetto i ragazzi hanno voluto realizzare, con l’ausilio dell’associazione Atpc, un video dal nome ”INdipendenze” che racchiudesse la loro esperienza e, tramite due spot, il loro messaggio finale. L’alcolismo è associato alle manette, il sapere e la verità ad una bevanda dal nome emmblematico: plaisir. In forma anonima i giovani si sono raccontati, hanno parlato del loro rapporto con l’alcol, delle loro paure. Gli studenti hanno visitato, con don Lucio Gatti, direttore diocesano Caritas, la comunità di San Fatucchio e hanno voluto dedicare il video a tre ragazzi della comunità, Filippo, Riccardo ed Elia, che hanno raccontato apertamente e serenamente le loro esperienze e il loro iter per uscire dalle dipendenze.

G. Palm.


 

IL MESSAGGERO (UMBRIA)

Insieme per l’arte, concerto e gala per la Genealogia degli Alfani 

 di GIULIANA PALMIOTTA

Giovani sotto i riflettori, questa volta sono proprio loro a pretenderlo. Quando la scuola integra la sua funzione educatrice con quella formatrice, attraverso esperienze di vita, allora il risultato non è mai scontato. I ragazzi delle quinte A e B indirizzo Biologico dell’Itas Giordano Bruno hanno presentato ieri il progetto ”INdipendenze”, diario di un percorso progettuale durato due anni legato al tema delle dipendenze patologiche, che ha visto coinvolti i ragazzi, i docenti ed esperti in materia. «Gli studenti - ha spiegato il dirigente dell’istituto Alberto Stella - durante il camposcuola a Preci hanno scelto l’argomento. E’ stato un momento di riflessione che ha portato, col tempo, non ad una ricerca asettica e semplicemente scientifica, ma ad un lavoro personale, di maturazione interiore».

La scelta dell’argomento in apparenza si discosta dagli esempi degli anni passati. «In genere si parlava di aree del filone ambientale - ha precisato la tutor del progetto Serena Arcelli - ma in definitiva la tematica scelta riguarda a tutti gli effetti il rapporto falsato uomo-ambiente». Gli studenti coinvolti si sono trovati ad operare su un terreno delicato, anche dal punto di vista tecnico, poiché hanno dovuto seguire le tappe della metodologiaa della ricerca e si sono dovuti districare all’interno di ambiti complessi, cercando anche di sintetizzare e scegliere gli spunti più significativi delle varie aree. «Abbiamo visto come ideali destinatari del progetto e del materiale ad esso correlato - ha precisato Francesco Pelli, studente dell’Itas - i giovanissimi, soprattutto del biennio, che spesso possono essere confusi dai problemi della loro età».

«E’ sabato, che bello ora posso bere», è una frase che una studentessa ripeteva ogni fine settimana. «Ma ora mi fa paura sentire chi ripete quel ritornello che era mio», testimonianza raccolta sul campo e proiettata come monito sullo schermo mentre gli esperti si alternavano al microfono. Il lavoro dell’istituto porterà il suo messaggio anche all’esterno, soprattutto considerando gli ultimi preoccupanti dati dell’abbassamento dell’età in cui ci si avvicina al consumo di alcolici. «Il lavoro è scientificamente valido - ha sottolineato a tal proposito Ezio Cesarini, dirigente della scuola media Pascoli, in un intervento su scuola e prevenzione - Troppo spesso si parla di belle teorie difficili da mettere in pratica. Noi operiamo proprio in un momento delicato, quello della formazione della personalità. Bisogna agire in continuità per formare l’uomo ed il cittadino di domani». Sono state affrontate questioni psicologiche legate alle dipendenze e all’uso di alcolici e il taglio non è stato mai banale. «La preoccupazione iniziale - commenta Patrizia Di Bartolo del Goat - era di non fare il solito discorso. I servizi che lavorano con i giovani si interrogano spesso sul da farsi, perchè oggi i confini sono sempre più sfumati. Bisogna costruirsi una sana autostima». «Parlare di disagio giovanile forse è riduttivo - spiega Stefano Goretti del Ser.T - i giovani sanno essere più capaci e competenti di quanto ci aspettiamo. Sono le ansie da prestazione sociale che portano alle dipendenze», come conferma Andrea, studente Itas, «oggi i ragazzi non hanno personalità, si affidano a sostanze stupefacenti». «Una chiave di lettura per la prevenzione - hanno spiegato Serena Covarelli, del progetto Discoteca D’ok, e Michele Bellucci, dell’associazione Atpc - è l’educazione alla pari: giovani che educano altri giovani». Alla fine del percorso i ragazzi si sono ritrovati profondamente cambiati, «Abbiamo osservato, siamo stati osservati e ci siamo osservati - conferma Alessia Regnicoli, la studentessa dell’Itas che ha chiuso l’incontro -. Abbiamo dato una serie di possibili risposte al problema, ne abbiamo preso coscienza, perché, come si dice, prevenire è meglio che curare».


 

LA PROVINCIA DI CREMONA

Schianto per una nutria Arriva un’auto e investe tutti

Da brividi l’incidente avvenuto alle 23.20 di domenica sera sulla Giuseppina, alle porte della città, vicino al distributore Api. La Jeep con a bordo tre ragazze di Casteldidone si è ribaltata dopo che la giovane alla guida ha perso il controllo causa una nutria in mezzo alla strada. Una delle ragazze, mentre le altre erano imprigionate nell’abitacolo, ha fermato e chiesto soccorso a quattro ragazzi, scesi da due auto. Poi un altro schianto: l’Audi con a bordo quattro indiani (quello alla guida è risultato ubriaco) piomba a tutta velocità, schiva la Jeep e finisce contro le vetture dei soccorritori. Bilancio: 7 feriti, uno apparso in un primo momento grave. Ieri il quadro è parso più rassicurante. In ospedale restano due ragazze e due indiani.


Mercoledì, 31 Maggio 2006

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