(ASAPS) KASHIWARA (GIAPPONE) – Storia vera, dal Giappone.
Storia di amore materno, della determinazione di cui è capace una donna, ma
soprattutto storia di violenza stradale. Tutto è cominciato a Kashiwara, una città nel sud del Giappone, dove un
ragazzino di 14 anni è stato investito da un’auto, il cui conducente è poi
fuggito. Il giovane ha riportato ferite solo qualche frattura e la polizia
locale ha sbrigativamente congedato la madre, che aveva sporto regolare
denuncia. “Non è un caso importante, il ragazzo è vivo”, hanno risposto i
nostri colleghi alla signora in kimono, senza conoscere però di cosa sarebbe
stata capace la donna samurai e che brutta figura stavano per rimediare. Uscita
dalla stazione di polizia, la mamma investigatrice ha calzato il berretto da
Sherlock Holmes e si è data da fare: un testimone aveva infatti indicato il
tipo di auto che aveva investito il figlio. È andata alla motorizzazione, da
dove è uscita con una lista lunghissima di proprietari di quel tipo di auto.
Poi è storia di ordinaria attività investigativa: appostamenti, viaggi a vuoto,
delusioni. Alla fine, però, trova l’auto che cercava, con una vistosa
ammaccatura sul cofano. Aspetta, ed affronta il proprietario quando si presenta
per partire. Senza paura lo ha stretto all’angolo, fino a quando – in lacrime –
l’uomo non è crollato ed ha ammesso la propria colpa. “sì, sono stato io…”. Gli
agenti arrivano sul posto, ascoltano la confessione e ammanettano il pirata
nipponico, sotto lo sguardo severo e fiero della donna. Il capo della polizia,
in una conferenza stampa, le ha reso il giusto onore. “Senza numero di targa –
ha detto il capo – ci sembrava una cosa impossibile”. Mai arrendersi. (ASAPS) |
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