Giurisprudenza di legittimità
Svolgimento del processo. – L. A. proponeva opposizione
avverso il verbale di contestazione, contenente irrogazione di sanzione
pecuniaria, per violazione degli articoli 41 e 145 codice della strada per aver,
alla guida di un veicolo, proseguito la marcia con semaforo rosso. L’opponente
sosteneva di aver attraversato un incrocio con il semaforo che indicava la luce
verde e dopo gialla. Il comune di Castelnuovo Scrivia faceva pervenire
controdeduzioni scritte. Con sentenza 25 luglio 2002 l’adito Giudice di pace di
Tortona accoglieva l’opposizione osservando: che il passaggio del ricorrente
con il «rosso» non era stato percepito direttamente dagli agenti accertatori,
bensì era stato desunto attraverso valutazioni soggettive che non potevano
essere assunte come valido elemento probatorio; che gli agenti rilevatori,
stante la loro posizione, non potevano avere una chiara percezione del
susseguirsi di veicoli in rapporto all’avvicendarsi delle luci semaforiche; che
dopo il passaggio di un autocarro con il «giallo» era possibile desumere il
passaggio con il rosso dei veicoli circolanti dietro il detto autocarro; che
tuttavia era altrettanto ragionevole la presunzione, in base a quanto emerso in
fatto, dell’impiego dell’incrocio da parte del ricorrente quando il semaforo
era ancora sulla luce arancione con conseguente impossibilità di arretare
la marcia per evitare di occupare
l’incrocio e di determinare una situazione di pericolo; che pertanto non
sussistevano elementi tali da permettere di accertare con sicurezza la
responsabilità dell’opponente. La cassazione della sentenza del Giudice di pace di
Tortona è stata chiesta dal Comune di Castelnuovo Scrivia con ricorso affidato
a tre motivi. A. L. non ha svolto attività difensiva in sede di
legittimità. Motivi della decisione. – Con il primo motivo di ricorso
il Comune di Castelfranco Scrivia denuncia contraddittorietà della motivazione
per avere il giudice di pace prima rilevato che dopo il passaggio dell’autocarro
i veicoli che lo seguivano sono passati con il «rosso» e poi affermato
illogicamente che l’autovettura del L. aveva impegnato l’incrocio quando
«trovandosi essa in coda all’autocarro il semaforo era ancora sulla luce
arancione». Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 2700 c.c. e nullità del procedimento per violazione dell’articolo 112
c.p.c. il Comune sostiene che il giudice di pace: a) ha omesso di considerare
che gli agenti di polizia municipale avevano affermato di aver visto con i
propri occhi la luce semaforica rossa; b) ha negato valore l verbale redatto
dagli agenti di polizia municipale con riferimento a fatti avvenuti in loro
presenza. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione
dell’art. 2697 c.c. e nullità del procedimento per violazione dell’articolo
112 c.p.c. deducendo che il giudice di
pace ha di ufficio mosso doglianze «per conto» del L. il quale ha sempre e solo
sostenuto di essere passato con il verde «mutante in giallo» senza offrire
argomenti e prove in suo favore. La Corte rileva l’infondatezza e, sotto alcuni aspetti,
l’inammissibilità delle dette censure che, per evidenti ragioni di ordine
logico, possono essere esaminate congiuntamente per la loro stretta connessione
ed interdipendenza e che, pur se titolate come violazione di legge (artt. 2700,
2697 c.c. e 122 c.p.c.) e come vizi di motivazione, si risolvono tutte
essenzialmente in una diversa valutazione del merito della causa e in un
difforme apprezzamento delle risultanze istruttorie – con riferimento
specificamente al contenuto del verbale di accertamento della violazione
contestata al L. da agenti della polizia municipale del Comune ricorrente come
tali inammissibili in questa sede di legittimità. Trattasi infatti di compiti
del merito e di attività che sono prerogativa del giudice del merito o del
potere discrezionale di quest’ultimo di apprezzamento dei fatti e delle
risultanze processuali e la cui motivazione al riguardo è insindacabile in sede
di legittimità se come nella specie sufficiente ed esente da vizi logici o da
errori di diritto. Il giudice di pace, con motivato apprezzamento di merito
in relazione ai vari elementi probatori acquisiti (verbale di contestazione,
dichiarazione dell’opponente, controdeduzioni del Comune) considerati nel loro
complesso, ha ritenuto non sorretta da prove sicure la fondatezza della pretesa
sanzionatoria – ossia la sussistenza dell’infrazione addebitata al L. – ed è
pervenuto a detta conclusione attraverso argomentazioni complete ed appaganti,
improntate a retti criteri logici e giuridici, nonché frutto di un’indagine
accurata e puntuale delle risultanze processuali. Il giudice di pace ha dato conto delle proprie
valutazioni, circa gli operati accertamenti in fatto, con sufficiente
motivazione esaminando compiutamente le risultanze di causa ed esponendo
adeguatamente le ragioni del suo convincimento. Alle dette valutazioni il
comune ricorrente contrappone le proprie, ma della maggiore o minore
attendibilità di queste rispetto a quelle compiute dal giudice di merito non è
certo consentito discutere in questa sede di legittimità, ciò comportando un
nuovo autonomo esame del materiale delibato che non può avere ingresso nel
giudizio di cassazione. Peraltro dalla motivazione dell’impugnata sentenza risulta
chiaro come il giudice di merito, nel porre in evidenza gli elementi favorevoli
alla tesi del L. abbia implicitamente espresso una valutazione negativa per
quelli prospettati nella contraria tesi del Comune opposto. Per quanto concerne poi la questione relativa alla fede
privilegiata che, conformemente al disposto dell’art. 2700 c.c. deve
riconoscersi ai verbali redatti da pubblici ufficiali, e appena il caso di
richiamare il principio ormai pacifico nella giurisprudenza di legittimità
secondo cui, con riferimento al verbale di accertamento di una violazione del
c.s., l’efficacia di piena prova a querela di falso, che ad esso deve
riconoscersi in dipendenza della sua natura di atto pubblico – oltre che quanto
alla provenienza dell’atto ed alle dichiarazione rese dalle parti, anche
relativamente «agli altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta
essere avvenuti in sua presenza (conosciuti e descritti senza margini di
apprezzamento) o da lui compiuti» - non sussiste né con riguardo ai giudizi
valutativi che esprima il pubblico ufficiale, né con riguardo alla menzione di
quelle circostanze relative a fatti, i quali, in ragione delle loro modalità di
accadimento repentino, non si siano potuti verificare e controllare secondo un
metro sufficientemente obiettivo e pertanto, abbiano potuto dare luogo ad una
percezione sensoriale implicante margine di apprezzamento, come nell’ipotesi
che quanto attestato dal pubblico ufficiale concerna non la percezione di una
realtà statica (come la descrizione dello stato dei luoghi, senza oggetti in
movimento), bensì l’indicazione di un corpo o di un oggetto in movimento, con
riguardo allo spazio che cade sotto la percezione visiva del verbalizzante (nei
sensi suddetti, tra le tante, sentenze 3 dicembre 2002 n. 17106; 8 marzo 2000
n. 3350; 10 aprile 1999 n. 3522). Nella specie la sentenza impugnata è conforme al detto
principio atteso che il giudice di pace, dopo aver posto in evidenza che nel
verbale di accertamento si faceva riferimento al transito del veicolo del L. mentre
attraversava una crocevia con il semaforo che proiettava luce rossa ha valutato
tutte le circostanze di fatto emergenti dalle risultanze processuali ed ha
tratto la conseguenza che sul punto il verbale opposto rappresentava solo un
elemento probatorio liberamente apprezzabile non coperto dalla fede
privilegiata dell’atto pubblico. Quindi il giudice del merito ha ritenuto
confrontando le opposte tesi difensive della parti insufficientemente provata
la commissione della violazione con valutazione ineccepibile e non censurabile. Sotto altro aspetto le censure concernenti gli asseriti
errori che sarebbero stati commessi dal giudice di pace nel ricostruire i fatti
di causa sono inammissibili risolvendosi nella tesi secondo cui l’impugnata
sentenza sarebbe basata su affermazioni contrastanti con gli atti del processo
e frutto di errore di percezione o di una svista materiale degli atti di causa.
Trattasi all’evidenza della denuncia di travisamento dei fatti contro cui è
esperibile il rimedio della revocazione. Secondo quanto più volte affermato da
questa Corte la denuncia di un travisamento di fatto, quando attiene al fatto
che sarebbe affermato in contrasto con la prova acquista, costituisce motivo di
revocazione e non di ricorso per cassazione importando essa un accertamento di
merito non consentito in sede di legittimità (sentenza 9 agosto 2002 n. 12807;
1 giungo 2002 n. 7965; 1 marzo 2002 n.
3024; 3 febbraio 2000 n. 1195). In definitiva sono insussistenti gli asseriti vizi di
motivazione e le dedotte violazione di legge che presuppongono una
ricostruzione dei fatti diversa da quella ineccepibilmente effettuata dal
giudice del merito. Va solo aggiunto, con riferimento all’asserita violazione
dell’articolo 112 c.p.c., che, come risulta precisato nella parte narrativa
della sentenza impugnata il L., con l’atto di opposizione al verbale di
contestazione sostenne espressamente di aver attraversato l’incrocio in
questione con il semaforo che proiettava luce verde e subito dopo gialla. Nel
corso del giudizio l’opponente ribadì la propria tesi difensiva peraltro
esposta nell’immediatezza del fatto agli agenti accertatori e fatta inserire
nel verbale impugnato precisando le circostanze di fatto e di luogo post a base
di detta tesi. Quindi il giudice di pace al contrario di quanto sostenuto dal
ricorrente era tenuto a valutare il materiale probatorio acquisto per
verificare la fondatezza o meno dei motivi di opposizione e così operando non
si è «sostituito» il L. e non ha posto a fondamento della decisione impugnata elementi
di fatto e di diritto non prospettati dalla parte o una causa petendi non fatta
valere con l’opposizione, né ha rilevato di ufficio ragione di nullità del
provvedimento. Peraltro, come questa Corte ha avuto di precisare, nel
procedimento di opposizione a sanzione amministrativa pecuniaria, il sindacato
del giudice si estende alla validità sostanziale del provvedimento attraverso
un autonomo esame della ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto
dell’infrazione contestata (sentenza 29 marzo 2001 n. 4588). Il ricorso deve
pertanto rigettato. Non si deve
provvedere sulle spese del giudizio di cassazione nel quale l’intimato A. L.
non ha svolto attività difensiva. (Omissis).
|
|
|
© asaps.it |