IL GAZZETTINO (NORDEST) Due morti a Resana, l’investitore era ubriaco L’uomo, rumeno di 37 anni, ha perso il
controllo del mezzo e si è scontrato con un’altra auto. Grave la figlia di 6
anni Treviso Un altro fine settimana tragico sulle strade
della Marca. Sabato mattina era deceduto a Postioma di Paese Marco Caon, 21
anni, di Castelfranco Veneto, passeggero di una vettura finita contro un
camion. L’altra sera un altro schianto terribile. Stavolta a Resana. E in
questo caso probabilmente non si sono nemmeno accorti di morire tanto
improvviso e violento nello stesso tempo è stato l’impatto frontale della loro
Alfa 147, risultata essere a noleggio, contro il monovolume Fiat Ulysse che
ha invaso la loro corsia di marcia. Michele Bortoletti, 42 anni, residente a
Spinea, nel Veneziano, e la sua compagna, la 37enne Ines Basso, domiciliata a
Trebaseleghe (Pd) sono morti praticamente sul colpo, incastrati tra le lamiere
della vettura distrutta. Il fratello della donna, E.B., 43 anni, ha riportato
una serie di traumi e fratture varie alle costole, al bacino, al viso e agli
arti, giudicati guaribili in 45 giorni, ed è ora ricoverato all’ospedale di
Treviso. È accaduto nel tratto di strada che collega
Castelminio al capoluogo, al chilometro 17,200 della strada provinciale 19,
all’altezza del civico 8/b, fuori del centro abitato. Al volante del Fiat Ulysse c’era il rumeno
Johan Mihaly, 37 anni, residente a Resana, rimasto gravemente ferito e in
prognosi riservata all’ospedale di Castelfranco per politraumi, trauma
commotivo, fratture costali e lesioni al rachide toraco-addominale. All’uomo,
dopo il ricovero, è stato effettuato anche l’esame alcolimetrico. Sul sedile
del passeggero c’era un amico connazionale, S.A. di 43 anni, che ha riportato
30 giorni di prognosi per fratture costali multiple e la frattura dell’ala
iliaca destra. Dietro si trovava la figlia di Mihaly, A.M., di 6 anni: in primo
momento non sembrava ferita seriamente, ma una volta giunta all’ospedale di
Castelfranco le sue condizioni si sono aggravate. Ora versa a sua volta in
prognosi riservata con sospette lesioni interne e trauma commotivo con edema
cerebrale. Sulla dinamica dell’incidente sta indagando e
raccogliendo testimonianze la Polstrada di Vittorio Veneto. Il tratto di strada dove è avvenuto lo scontro
è praticamente un rettilineo all’uscita di una semicurva a sinistra. Il
monovolume era diretto verso Resana e, subito dopo la semicurva, avrebbe invaso
la carreggiata opposta lungo la quale viaggiava, diretta a Castelminio, l’Alfa
147 condotta da Bortoletti. Pare che quest’ultimo abbia cercato invano di
evitare l’impatto deviando sulla destra. Sul posto non sono state trovate
tracce di frenata, e nemmeno sono emerse cause di tipo meccanico. Più
probabile invece una distrazione dovuta al tasso alcolico del conducente del
monovolume, risultato positivo nella giornata di ieri all’esame del sangue: la
percentuale di alcol riscontrata era di molto superiore al limite stabilito
dalla legge. A Mira,l’altro giorno un venticinquenne castellano, Nicola Menini, è stato trovato riverso nei pressi del suo motorino. Non si sa se si sia sentito male o se sia stato investito. Ricoverato in ospedale, è deceduto nel pomeriggio di ieri. ASAPS.IT LA PROPOSTA DEL DIRETTORE DELLA STRADALE
GIANNELLA DI CONFISCARE L’AUTO AI CONDUCENTI EBBRI TROVA UN GRANDE CONSENSO NEL
SONDAGGIO DEL CORRIERE DELLA SERA. OLTRE L’80% I FAVOREVOLI SU 18.660 VOTANTI (ASAPS) – La proposta del direttore della Polizia Stradale Antonio Giannella – avanzata in occasione del suo intervento alla tavola rotonda dell’Asaps del 27 maggio scorso – ha bucato la cronaca. In un pezzo di Nestore Morosini pubblicato ieri (5 giugno) sul sito web del Corriere della Sera, che abbiamo riproposto anche sul nostro sito internet, l’idea di confiscare l’auto ai conducenti colti alla guida in stato di ebbrezza alcolica (e da stupefacenti ovviamente) che superano il valore di 1 g/l, ha trovato un larghissimo consenso. Spiegata nel dettaglio dal giornalista del quotidiano di via Solferino, la questione è stata girata ai lettori con un sondaggio che ha letteralmente spopolato. Nel breve volgere di poche ore, infatti, hanno risposto 18.660 persone, le quali hanno optato con una quasi unanimità – parliamo dell’80,7% di favorevoli contro il 19,3% dei contrari – per procedere alla confisca del veicolo. Oggi, lo ricordiamo, i positivi al test dell’etilometro, vengono denunciati a piede libero, subiscono il ritiro della patente e la decurtazione di 10 punti. Il dottor Giannella aveva parlato di confisca non in un’ottica “forcaiola”, ma dimostrando con un intervento estremamente articolato che lo strumento della sanzione amministrativa accessoria potrebbe costituire una validissima deterrenza, oltre che una garanzia ancora più efficace di togliere dalla circolazione stradale – letteralmente – coloro che mettono a repentaglio la propria vita e quella degli altri con condotte del genere. In parole povere, inutile marchiare a fuoco con un precedente penale una persona che sbaglia, ma metterla semplicemente fuori dalla realtà oggettiva del sistema mobilità fino ad un’accertata condizione psicofisica del tutto ripristinata. Questo perché, lo sappiamo bene, spesso l’ebbro è recidivo, sia in relazione alla tutto sommata scarsa deterrenza che una contravvenzione penale del genere può rappresentare, sia perché la patente viene spesso riconsegnata alla scadenza del periodo di sospensione e infine perché di fatto non viene meno la disponibilità del veicolo. Il capo della Specialità, nel suo intervento, aveva infatti ben descritto il peso della sinistrosità dovuto alle condizioni alterate dei conducenti, ben il 30% del totale. Nestore Morosini, che aveva partecipato al forum dell’Asaps proprio in veste di relatore, aveva annotato sul proprio inseparabile taccuino la relazione dell’alto funzionario di Polizia, che ha fatto del contrasto alla guida sotto l’effetto di sostanze una delle priorità di tutto il servizio di Polizia Stradale: costi per la collettività, constatazione che un conducente su 10 è in stato di ebbrezza, risultati della campagna “Guido con prudenza – zero alcol tutta vita”, hanno fornito spunti irripetibili per uno dei giornalisti più attenti alla sicurezza stradale, che al momento giusto ha proposto al grande pubblico del suo quotidiano un’idea che peraltro sembrava essere già una realtà legislativa, prima di un’inattesa retromarcia all’ultimo momento. È un segnale importante, questo, perché ci dà la forza di andare avanti per una strada che mostra una larghissima condivisione. Insomma, visto anche l’alta qualità di pubblico del Corriere, non è escluso che questo tassello costituisca una valida base per una riforma di cui auspichiamo una veloce approvazione. Oltre naturalmente alla rivisitazione del sistema controlli e di uno stimolo verso le polizie locali, molte delle quali non dispongono ancora di un etilometro: c’è da augurarsi che siano soprattutto i proventi di questa violazione – oggi interamente assorbiti dallo Stato – ad alimentare le casse dei comuni. Forse in questo modo potremmo arrivare ai numeri dei nostri stati confinari: in Francia, 8 milioni di controlli all’anno, mentre in Italia non arriviamo a 200mila. (ASAPS) LA SICILIA Antonino Iannì si tira
fuori dall’accusa…
Antonino Iannì si tira fuori dall’accusa di
avere fatto parte del commando omicida che la sera del 26 febbraio dello scorso
anno assassinò nelle campagne di "Judeca" il rumeno di 43 anni
Costantin Sutacu. Lo fa sottoponendosi ad esame davanti ai giudici della Corte
d’Assise di Caltanissetta che lo sta processando col rito immediato insieme ai
mazzarinesi Cristoforo Margiotta e Salvatore Iannì, i quali hanno già
confessato ai giudici le loro responsabilità. Antonino Iannì (difeso dall’avv.
Rocco Guarnaccia) venne tratto in arresto alcuni giorni dopo il rinvenimento
del corpo dell’extracomunitario che presentava il cranio fracassato.
All’arresto di suo fratello Salvatore e di Margiotta si giunse, invece, qualche
tempo dopo. I due, infatti, dopo il delitto preferirono tagliare la corda. Ma
dopo alcuni giorni di latitanza trascorsi tra Mazzarino, Riesi e Gela si
costituirono. Ai tre, incriminati nell’ambito dell’inchiesta "Filo
d’Arianna" condotta dai carabinieri e coordinata dal Pm Alessandro Sutera
Sardo, venne contestata l’accusa di omicidio. Ma, inizialmente negarono tutto. Il colpo di scena si è avuto il mese scorso quando Margiotta ammise in aula la sua responsabilità e quella di Salvatore Iannì nell’omicidio e raccontò le fasi del delitto che - suo dire - sarebbe stato frutto di un raptus. Ai giudici raccontò che Sutacu era arrivato a Mazzarino da poco tempo e che aveva trovato ospitalità nell’ovile di Salvatore Iannì. La mattina del 26 febbraio, Margiotta e Salvatore Iannì sarebbero passati dall’ovile per controllare che tutto fosse a posto. I due poi si erano allontanati ed avevano raggiunto un bar dove si sarebbero intrattenuti tra un drink e l’altro e poi, in preda ai fumi dell’alcol, sarebbero tornati all’ovile di Iannì, trovando l’extracomunitario appisolato, mentre un cane era intento ad azzannare delle pecore. Irati dal comportamento di Sutacu che, non avrebbe vigilato attentamente sull’ovile, i due avrebbero invitato il badante a sloggiare. Poi lo avrebbero caricato a bordo del fuoristrada di Iannì con l’obiettivo di abbandonarlo in aperta campagna. Giunti a "Judeca", Margiotta, che aveva preso posto nel sedile anteriore accanto al conducente, sarebbe sceso dall’auto, invitando ancora una volta Sutacu ad andare via. All’atto di chiudere la portiera, il rumeno avrebbe incastrato nel telaio una mano di Margiotta, il che gli costò la vita. Margiotta e Salvatore Iannì inseguirono l’extracomunitario e, dopo averlo raggiunto, lo pestarono selvaggiamente e poi Margiotta afferrò un grosso masso e colpì Sutacu alla testa, fracassandogliela. Margiotta ha scagionato dall’accusa Antonino Iannì. E quest’ultimo ieri ha ribadito la sua innocenza. IL MATTINO (Avellino” “In vino… Venere” «In Vino Venere». Un evento di vini, moda e sapori. L’appuntamento è per oggi pomeriggio alle 18,30 a Palazzo Crispi, in via Crispi, con la delegazione campana dell’associazione Donne del Vino. Si comincia con un dibattito su «La Campania, terra di eccellenza: viticoltura, storia e tradizioni». Ne parlano con Elena Martusciello, delegata regionale dell’associazione, Attilio Scienza, Bruno Gambacorta, Stefano De Caro e Alberto Schieppati. A moderare ci sarà il giornalista Luciano Pignataro. Alle 20, poi, è in programma l’apertura del «percorso enogastronomico»: vale a dire un piccolo viaggio attraverso i sapori e i profumi delle nostre province con i piatti preparati dalle socie ristoratrici e degustazioni dei vini delle socie produttrici. Nell’ambito della serata, infine, sono in programma una serie di performance modaiole organizzate dallo stilista Rosario Farina, naturalmente nel segno di Lady Wine. IL GIORNALE DI VICENZA.IT Uxoricidio. Fissato il terzo grado a fine mese
a Roma «Un volo di 12 metri per uccidere la moglie»
Volpon in Cassazione Sergio
Volpon a fine mese conoscerà il suo futuro. Continua a protestarsi innocente,
ma per le giurie popolari di Vicenza e Venezia è stato lui a gettare dalla
finestra la moglie Maria Teresa Bastianello la sera dell’11 novembre 2002. La Corte d’assise d’appello non aveva fatto
sconti al «marito violento» condannato a 21 anni di reclusione perché sotto
l’effetto dell’alcol in viale Trieste scaraventò la propria donna da
un’altezza di 12 metri. «Volpon non era più lui - ricordò il 19
ottobre dell’anno scorso il procuratore generale Antonio Biancardi - perché era
in difficoltà psicologiche come dimostrava il ricovero all’ospedale del 30
ottobre. Era depresso e beveva. Quella sera non accettò che Maria Teresa
l’avesse rimproverato di nuovo». Ad incastrare l’uomo di 56 anni, dalla vita
tormentata e dissipata, le consulenze di Antonelli e Zuppichini, e dalla
perizia di Marigo, che puntavano il dito accusatore. L’avvocato difensore Matteo De Meo cercherà di
risalire la china accusatoria in Cassazione cercando di convincere i supremi
giudici che è necessario rifare il processo d’appello per vizi di legittimità
nell’applicazione della legge. Il corpo della vittima fu trovato sul
marciapiede a un metro e 90 dal muro del condominio. Per gli esperti la povera
donna fu soggetta a una spinta laterale, testimoniata dalle impronte dei
polpastrelli sulla coscia sinistra a riprova che qualcuno l’aveva sollevata di
peso. «Gli esperti hanno parlato di un
afferramento», ricordò il pm Giacomelli che coordinò le indagini della squadra
mobile. De Meo ha sempre replicato che ci sono buoni
elementi per sostenere la tesi del suicidio o della caduta accidentale. Contro Volpon ci sono anche le testimonianze
di Gianluca Cucarolo e Lara Fumaroni che in macchina erano fermi al semaforo.
Quest’ultima vide cadere il corpo, parallelo al marciapiede, che si sfracellò
davanti al bar Millennium. Il ragazzo vide un uomo coi capelli bianchi, è la
descrizione di Volpon, che si affacciò. Poi l’individuo fuggi lasciando le
chiavi della morta nella toppa della serratura interna e chiudendo con le
proprie. «Lo fece per depistare le indagini», osservò Giacomelli nella
requisitoria del primo grado il 5 ottobre 2004. La vittima era sotto l’effetto di alcol e
medicine quando fu lanciata nel vuoto. Volpon fu rintracciato al cellulare dalla
polizia e, quando ritornò in viale Trieste, non si scompose. «Quel giorno volli regalarmelo, nel senso che
feci una baraccata, ma non sono colpevole dell’omicidio», ricordò l’uomo alla
corte d’assise di Vicenza. Per l’accusa, invece, tutti gli indizi lo chiamano
in causa in maniera schiacciante. «Poteva confessare e avrebbe potuto meritare uno sconto di pena», sostenne il procuratore generale Biancardi. Anche per la corte d’appello d’assise è un assassino. Ma il suo difensore De Meo è convinto: «Non ci sono elementi certi e non può essere condannato a 21 anni. Volpon è credibile. La pressione delle dita sulla coscia dipese dal fatto che l’aiutò ad alzarsi dal bagno poco prima che lei si lanciasse nel vuoto». Una tesi che fin qui non è stata creduta. L’ultima possibilità è a Roma, il 28 giugno. Quel giorno il destino di Volpon potrebbe diventare definitivo. SESTO POTERE.COM DIPENDENZE PATOLOGICHE E DISAGIO PSICOLOGICO:
PARLANO GLI ESPERTI (Sesto Potere) - Modena Giovedì 8 giugno, alle
ore 15.30 presso La Tenda (viale Molza, angolo viale Monte Kosica Modena) si
parla di alcologia e salute mentale. La presentazione della raccolta di saggi
“Alcologia e salute mentale” a cura di Giuseppe Corlito, basata sulla
convinzione che i problemi alcolcorrelati sono comportamenti che si sviluppano
sotto l’influenza di un gran numero di fattori esterni e interni alla persona,
sarà infatti l’occasione per introdurre un seminario sullo stesso argomento
rivolto ad operatori, volontari e cittadini interessati. L’incontro è
organizzato dall’assessorato Politiche Sociali del Comune di Modena e dall’Usl
- Distretto 3, in collaborazione con Insieme a noi e Acat Modena. Dopo il
saluto dell’assessore alle Politiche sociali, Francesca Maletti e
l’introduzione di Fanny Zangelmi, responsabile Ufficio prevenzione dipendenze
patologiche e altre forme di disagio del Comune, seguiranno gli interventi
dell’autore Giuseppe Corlito, psichiatra, di Stefano Alberini, educatore
professionale e di Luigina Mariani, psicologa, tutti servitori-insegnanti di
Club. Dalle 17.30 Paolo Capurso, direttore del Dipartimento Salute Mentale
Ausl, Claudio Ferretti, direttore Sert, Patrizia Guerra, responsabile Servizio
Sociale Educativo Assistenziale di Base e Paola Del Vecchio, responsabile
Servizio Politiche per l’Integrazione Sociale e Residenzialità Anziani del Comune,
insieme a rappresentanti delle associazioni Insieme a Noi e Acat (club
alcolisti in trattamento) confronteranno le esperienze modenesi. Dopo il
dibattito, concluderà il seminario, alle ore 20, un momento conviviale a base
di aperitivo analcolico. Per informazioni: Ufficio prevenzione dipendenze
patologiche e altre forme di disagio - Comune di Modena Tel. 059 2033419, fanny.zangelmi@comune.modena.it
. (Sesto Potere) IL GAZZETTINO (Nordest) Padova, un omicidio senza movente L’autopsia non chiarisce com’è stato ucciso
l’idraulico di Sant’Angelo di Piove. La testa non presenta lesioni letali Padova Come è morto Renzo Trabuio? In testa non ci
sarebbero lesioni letali. L’autopsia eseguita ieri pomeriggio dal dottor
Claudio Terranova, dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Padova, non
avrebbe chiarito come è stato ucciso il quarantaseienne idraulico di
Sant’Angelo di Piove, preso a calci da Manolo Diana, muratore trentenne.
All’esame autoptico hanno partecipato anche i dottori Silvano Zancaner e Mauro
Banfi, pure dell’Istituto di medicina legale dell’Università, nominati
rispettivamente dall’avvocato Paola Menaldo, legale dei familiari della
vittima, e dall’avvocato Danilo Taschin, difensore dell’imputato. Trabuio aveva
pure delle costole rotte, ma sarebbero da addebitare al fatto che i sanitari
del Suem hanno tentato in tutti i modi di rianimarlo. Adesso il dottor
Terranova dovrà effettuare ulteriori accertamenti. Questa mattina alle 11 Manolo Diana comparirà
davanti al giudice delle indagini preliminari, Nicoletta De Nardus, per
l’udienza di convalida. Il pubblico ministero Antonella Toniolo chiede che nei
confronti del muratore sia emessa un’ordinanza di custodia cautelare in carcere
per omicidio volontario. Un delitto senza movente. Perchè Diana e
Trabuio si sono messi a litigare sul piazzale del circolo Arci di via Mattei?
Le undici persone che hanno assistito alla tragedia non sanno riferirlo. Dicono
di aver sentito il muratore dire all’idraulico: «Cosa c. guardi?... Mi hai
rotto i c...». Gli inquirenti smentiscono che la lite sia stata causata da
divergenze calcistiche. È un’ipotesi che ha sollevato il fratello della
vittima, che non era presente al pestaggio. Forse la storia del calcio è nata
perchè Renzo Trabuio era un fedele tifoso della Juventus. Sia Diana, sia Trabuio erano affezionati
frequentatori del circolo Arci, da tutti chiamato il "Bar del
popolo". Era la mezzanotte e mezza e ai tavolini all’esterno c’erano
undici avventori locali e quattro magrebini. Trabuio era in piedi, appoggiato a
uno dei due leoni in pietra che stanno davanti al locale. Stava fumando una
sigaretta. E Diana gli è passato accanto. Gli avventori raccontano di aver sentito delle
urla. Hanno visto Diana strappare la sigaretta dalla bocca dell’idraulico. Sono
volate sberle e insulti. Alcuni dei presenti sono accorsi per dividerli. Anche
Li Li, la cinese che gestisce il bar del circolo, si è messa in mezzo. Ha
urlato a Renzo Trabuio di andarsene a casa. No, il muratore e l’idraulico non
erano ubriachi. Avevano bevuto un amaro e una birra. Quindi, l’alcol non
c’entra. (*) Dopo le urla e gli spintoni sembrava che tutto
fosse finito. Ma cinque minuti più tardi i due hanno ricominciato ad
insultarsi. Adesso erano nel parcheggio. Durante la colluttazione hanno
ammaccato una Mercedes. Ancora sberle e pugni finché Trabuio è caduto a terra.
A questo punto Diana lo avrebbe preso a calci in faccia. Poi gli avventori
hanno visto il giovane muratore salire in scooter e andar via. Hanno pensato
che anche Trabuio se ne fosse andato. Invece, qualche minuto dopo una passante
ha dato l’allarme. L’idraulico era sull’asfalto, ormai in fin di vita. Lino Lava (*) Nota: avete letto bene, c’è scritto proprio così. REDATTORE SOCIALE DROGHE Profilo del cocoainomane: socialmente
integrato il 60%; 1 su 10 è straniero Chiude a Verona la due giorni dedicata
all’abuso. Più a rischio i manager, tra i 36 e i 45 anni. Stili di vita,
comportamenti, rischi ed esiti tragici VERONA - Seconda giornata del Cocaina Verona
Congress, una seconda giornata all’insegna del confronto sui modelli di
interventi psicoterapici nella dipendenza da cocaina, nonché ai trattamenti
farmacologici. L’apertura, però, è stata ancora di Giovanni Serpelloni,
direttore dell’Osservatorio regionale sulle dipendenze e presidente del
congresso. Serpelloni ha delineato attraverso un’accurata relazione il profilo
del consumatore di cocaina, evidenziandone aspetti individuali e sociali. Ecco
alcuni aspetti, inseriti nell’interessante manuale presentato proprio a Verona
(un manuale di aggiornamento tecnico-scientifico destinato in primis agli
operatori) e che lo stesso Serpelloni ha già anticipato a Redattore Sociale nei
giorni scorsi (vedi lancio del 01.06.2006). Innanzitutto va detto che appare
difficile evidenziare ’un’ profilo di consumatore, e ciò per la molteplicità
delle problematiche a monte e, soprattutto, per il fatto che sono ancora pochi
coloro che sono trattati all’interno dei servizi. Ciò implica la necessità di
differenziare le offerte in base alle diverse tipologie di consumatore di
cocaina, alfine di individuare strategie adeguate. Certamente sono stati
adottati dei molteplici criteri per la descrizioni dei soggetti, tra essi:
caratteristiche neurobiologiche, comportamenti di assunzione, vie di
assunzione, associazione con altre droghe, caratteristiche sociali, finalità
dell’assunzione (per divertimento, per migliorare le performance lavorative,
ecc…), per la stabilizzazione dell’umore. Il tutto non dimenticando che
esistono fattori condizionanti il rapporto tra soggetto e sostanza, quali un
maggior grado di vulnerabilità dei tossicodipendenti e comportamenti
socio-ambientali. Numeri e trend - "La tendenza che è
possibile ipotizzare – ha affermato Serpelloni – ci inducono a parlare di un
maggiore interessamento per il futuro delle fasce giovanili. Vi sarà, in
particolare, un maggior uso di crack, dunque di un maggiore uso di sostanze
utilizzate per via respiratoria, e in prospettiva, purtroppo, non è difficile
pensare anche ad un maggior numero di decessi, anche in relazione alle
poliassunzioni (soprattutto con alcol e altre sostanze, che amplificano
l’effetto della cocaina, ndr)”. Attraverso il raffronto incrociato con diversi
studi ed indagini, emerge che il 4,6% della popolazione adulta ha sperimentato
almeno una volta nella vita la cocaina; in Europa l’età media è di 21,7 anni
“ma – ha detto Serpelloni – abbiamo fondate prove che in Italia l’età è ancora
più bassa”. In Veneto, per esempio, è di 17,9 anni. Il 70% delle persone in
trattamento in Italia ha tra i 20 e i 34 anni; ma anche in questo caso per le
persone non intercettate dai servizi (la maggior parte) si pensa ad un’età più
bassa. Due i macro-gruppi di che è possibile evidenziare: i soggetti tra i 15 e
i 20 anni e i soggetti più grandi, più socialmente e professionalmente
impegnati. Il 2% dei sedicenni ha provato almeno una volta nella vita la
cocaina. Le donne sono meno interessate al problema cocaina: ogni 15 uomini ne
rimane invischiata una ma, dato significativo, dal 2001 al 2003 per loro è
stato riscontrato un trend di aumento doppio. Particolare attenzione merita il
fenomeno della comorbilità e, proprio nel caso delle donne, della correlazione
dell’uso di cocaina con i disturbi del comportamento alimentare. La droga,
insomma, è usata per il controllo del peso corporeo. Fattori di rischio - Detto che gli assuntori
di cocaina sono più scolarizzati rispetto agli altri, un importante fattore
emerge dallo studio sull’età di inizio dell’assunzione di altre sostanza,
stavolta legali. Si è visto infatti che tanto più bassa è l’età in cui si
inizia a bere alcolici o a fumare e tanto più alta è la possibilità che il
giovane faccia uso nel corso della sua vita di cocaina. Interazioni - La via ‘inalatoria’ è
sicuramente la modalità prevalente del gruppo definito ’party’, vale a dire di
chi fa uso di cocaina a scopo socializzante. La via iniettiva o respiratoria è
invece più frequente in pazienti in trattamento nei servizi e in chi consuma in
strada, vale a dire quelli meno socialmente integrati. Al contrario di ciò che
si ritiene, la cocaina è poi usata spesso con altre sostanze, o con l’alcol
(simbiosi pericolosa, quest’ultima, perché si ottiene un mix denominato
coca-etilene che allunga l’effetto della sostanza, con conseguenze anche molto
gravi per la salute) (*). Dal 65 al 68% dei pazienti la utilizza
assieme alla cannabis, in moltissimi (50%9 utilizza anche l’eroina come
sostanza alleviante i sintomi da cocaina. Un 22-24% presenta un mix
cocaina-anfetamine-cannabis; una larga forbice (a seconda degli studi), dal 22
al 69%, fa uso anche di alcol; il 60% unisce farmaci non prescritti. Quanto ai
luoghi, l’associazione eroina-cocaina è usata prevalentemente in strada 50% e
moltomeno nei gruppi ‘party’ (3%); il binomio cocaina-alcol soprattutto nei
party (69%) e solo per il 20% in strada; più equa l’associazione
cocaina-cannabis: per il 41% nei party e per il 62% in strada. Classi sociali e comportamenti - Come detto,
il 60% di chi fa uso di cocaina è socialmente integrato. Più a rischio sono i
manager, tra i 36 e i 45 anni, che si occupano soprattutto di marketing e
vendita. L’80% delle persone che fanno un uso prevalente di cocaina non hanno
problemi penali, a testimonianza di quanto prima affermato. In generale, questi tipi di consumatori
presentano un minor grado di comportamenti antisociali rispetto ai consumatori
di eroina, ma maggiori problemi psichiatrici. Il rischio di comportamenti
aggressivi, tra l’altro, è di otto volte superiore rispetto alla normalità (
con l’uso di anfetamine il rischio è 10 volte superiore). C’è dunque una
stretta correlazione con facilità ai conflitti e attitudini aggressive (anche
se è difficile stabilire se esse preesistono, e dunque caratterizzano una
fattispecie a rischio, o sono conseguenza dell’assunzione). Altri disturbi
emersi ad una prima osservazione delle persone che fanno uso di cocaina: ansia
e attacchi di panico, disturbi del sonno, disturbi dell’alimentazione,
diminuzione della capacità di attenzione, di concentrazione, delle capacità di
apprendimento. Gruppi particolari - Ne emergono tre rispetto
alla casistica tradizionale. Sono quelli degli extracomunitari, degli sportivi
e dei minori. Tralasciando l’ultimo gruppo, non affrontato da Serpelloni in
sede di relazione, va detto che l’11% degli stranieri extracomunitari fa uso di
cocaina (il 45% dei colombiani, il 22% dei tunisini, il17% dei rumeni). Quanto
agli sportivi, dal 1993 al 2000 sono triplicati quelli che sono risultati
positivi alla cocaina. Motivi: tentativo di miglioramento della performance
agonistica, ansia da prestazione e altro. Tragici epiloghi. Chiudendo con i decessi
cocaina-correlati, un’indagine nel Milanese fa emergere che nel 25% la morte è giunta
per overdose, nel 31% dei casi per incidenti e le 44% per suicidi/omicidi.
(da.iac) (*) Nota: a proposito dell’interazione alcol-cocaina si veda anche il prossimo articolo IL SECOLO XIX Uccise rivale: 18 anni di carcere TRIBUNALE Rito abbreviato per Jbel Hatem che
agì sotto l’effetto di droga e alcol. La vittima si trascinò fino in via
Matteotti Tunisino morì dissanguato dopo una coltellata
alla gola in piazza Nota Sanremo Sotto l’effetto di droga ed alcol, aveva
sferrato una coltellata alla gola del rivale e connazionale che, dopo essere
stato raccolto per strada quasi dissanguato, era morto all’ospedale al termine
di un’agonìa di quasi nove ore. Ieri il responsabile del feroce regolamento di
conti - avvenuto il 5 aprile 2005 in piazza Nota -, il ventiduenne sedicente
tunisino Jbel Hatem, è stato condannato in tribunale a Sanremo a 18 anni di
carcere. La sentenza è stata pronunciata con la formula del rito abbreviato
(che ha permesso all’imputato di ottenere una pena ridotta di un terzo) dal giudice
dell’udienza preliminare Maria Grazia Leopardi, che ha riconosciuto Hatem
colpevole di omicidio volontario pluriaggravato e porto abusivo di arma, nonché
di minacce di morte rivolte quello stesso giorno a un altro nordafricano. Il
giovane è stato condannato anche a 9 mesi per aver dichiarato false generaltà e
a ulteriori 9 mesi per violazione del decreto di espulsione dall’Italia.
Sconterà la condanna nel carcere di Voghera, e a fine pena dovrà trascorrere
tre anni di libertà vigilata. La vittima si chiamava Fredj Mathlouthi, aveva
36 anni, anche lui era tunisino. Pare che con l’assassino ci fossero vecchi
rancori, addirittura risalenti all’epoca in cui abitavano nello stesso
quartiere di Tunisi, poi acuiti da questioni legate allo spaccio di droga nel centro
storico di Sanremo. La sera del 5 aprile i due si erano incrociati
in piazza Nota, e Hatem aveva aggredito e stordito il rivale - che impugnava
anche lui un coltello -, spruzzandogli in faccia gas lacrimogeno contenuto in
una bomboletta spray; poi aveva sferrato la coltellata alla gola. Nonostante la profonda ferita a carotide e
vena giugulare, Fredj Mathlouthi era riuscito a percorrere almeno 200 metri a
piedi e a raggiungere via Matteotti, dove era crollato a terra in una pozza di
sangue. Qui era stato soccorso da alcuni passanti, e caricato su un’ambulanza.
Trasportato all’ospedale, era stato sottoposto a un disperato intervento
chirurgico, ed era riuscito a sopravvivere per alcune ore. Ma la mattina
seguente il suo cuore aveva cessato di battere. Le indagini condotte da carabinieri e polizia
di Sanremo avevano portato nello spazio di 24 ore all’individuazione e alla
cattura dell’omicida, già noto alle forze dell’ordine per il suo carattere
violento e qualche mese prima già dennunciato dopo che aveva minacciato un
altro connazionale sempre con un coltello. Un’irruzione degli agenti del
commissariato nell’alloggio di Jbel Hatem, in salita San Bernardo nella Pigna,
aveva portato al rtrovamento di alcuni indumenti sporchi di sangue, mentre lo
stesso Hatem aveva una leggera ferita su un fianco, corrispondente a uno
squarcio nel suo giaccone di pelle. Davanti alla polizia e al pubblico ministero Vittore Ferraro, il tunisino aveva confessato, sostenendo di aver agito sotto l’effetto della droga e dell’alcol: nelle ore precedenti il delitto, avrebbe consumato tre grammi di cocaina e bevuto birra. Jbel Hatem aveva inoltre aggiunto di essere stato a sua volta colpito dal rivale. Ieri è arrivata la sentenza di condanna, con la quale il giudice ha accolto totalmente le richieste del pm Ferraro. IL GAZZETTINO (VICENZA) CHIAMPO Coinvolti venti indiani, nove dei
quali sono stati arrestati, mentre uno è piantonato in ospedale. E la lista
potrebbe allungarsi Denaro e alcol hanno scatenato la maxi
rissa I carabinieri hanno trovato di tutto a terra:
bastoni, tubi in ferro di un’impalcatura, bottiglie spaccate e coltelli Chiampo Altro che Far West. Sull’asfalto di via Zaupa,
teatro della colossale rissa che l’altra sera ha coinvolto una ventina di
indiani sikh, i carabinieri della Compagnia di Valdagno, a testimonianza che
non si è andato per il sottile, hanno raccolto di tutto: bastoni, tubi in
ferro, bottiglie spezzate, coltelli.Nove (una decima è piantonata in ospedale)
sino ad ora le persone finite in carcere (cinque sono state medicate al pronto
soccorso di Arzignano per ferite da taglio, trauma cranico e lesioni varie, con
prognosi tra i 30 e i 10 giorni) con l’accusa di rissa, ma la lista potrebbe
allungarsi: i carabinieri del capitano Andrea Massari sono fiduciosi di poter
identificare quanti hanno preso parte alla sanguinosa colluttazione. Occhiate di traverso durante la visita al
tempio sikh di Castelgomberto: questa la giustificazione, fornita a mezze
parole, dai fermati per il pandemonio scoppiato domenica sera alle 21.40. Ma
secondo i militari dell’Arma a scatenare il tutto è stata una questione di
denaro. E a contribuire a far salire il sangue agli occhi sarebbe stato il
tasso alcolico riscontrato nel sangue di alcuni arrestati. Tutto è cominciato domenica nel tardo
pomeriggio, questo quanto appurato sino ad ora dai carabinieri nonostante
l’omertà ostentata dai fermati, con una lunga e concitata, quanto misteriosa,
telefonata tra Balwinder Singh, 46 anni, proprietario di una palazzina al
civico 77 di via Zaupa i cui appartamenti sono prevalentemente locati a
indiani, ed una persona ancora da identificare.Intorno alle 21.30, si presenta
sotto la palazzina un gruppetto di sikh. Suonano, il proprietario scende
accompagnato dal figlio, Jasbir Singh, 27 anni. Inizia una accesa discussione,
intanto in pochi minuti arrivano altre auto con altri indiani a bordo. Alle
21.40 si scatena il finimondo, senza esclusione di colpi: chi brandisce un
bastone, chi tubi di ferro da impalcatura prelevati da qualche cantiere, chi un
coltello, chi una bottiglia spezzata, chi si arrangia con pugni e piedi. Pochi minuti e sul posto convergono una decina
di pattuglie, sin poco prima impegnate sulla regionale 11 per una retata
antiprostituzione. In via Zaupa, teatro dello scontro, ci sono tre feriti a
terra: il proprietario della palazzina, il figlio, ed un amico corso a dar man
forte, Sukjinder Singh, 28 anni, via Manni, Arzignano, poi soccorsi da
un’ambulanza. Un paio d’ore dopo i carabinieri arrestano altri sette indiani
nelle vicinanze del pronto soccorso, dove s’erano radunati, assieme ad un’altra
decina di persone che sono riuscite a dileguarsi, pare in attesa dell’uscita
del terzetto soccorso dal Suem, per riprendere il confronto. Oltre al
proprietario della palazzina, al figlio e all’amico, sono stati arrestati
Gurpreet Singh, 21 anni, Altissimo, via Cortivo 11, celibe, operaio; Satnam
Singh, 21 anni, Altissimo, via Cortivo 11, coniugato, operaio; Jagraj Singh, 28
anni, Chiampo, via Baracca 3, coniugato, operaio; Ravinder Singh, 28 anni,
Altissimo, via Garavoglia n.20/b, coniugato, operaio; Satnam Singh, 28 anni,
Altissimo, via Garavoglia n.20/b, coniugato, operaio; Paramjit Singh, 27 anni,
Chiampo, via Agello 6, coniugato operaio; Afreshjit Singh, 28 anni, Chiampo,
via Mazzocco 6, coniugato, operaio. L’episodio di via Zaupa ricalca quello
avvenuto ai primi di gennaio a Maglio di Sopra di Valdagno, protagonisti sempre
indiani sikh, con la particolarità che uno dei coinvolti porta lo stesso nome e
cognome dei fatti di Chiampo anche se non sussistono legami di parentela.
Allora in otto assalirono brutalmente un connazionale trascinandolo in strada. Giorgio Zordan IL MATTINO (AVELLINO) VALLO LAURO. ARRESTATO ANCHE UN ESTORSORE Truffa al comune: denunciato Aveva
falsificato la certificazione per un appalto GIOVANNI SPERANDEO Quindici. Assegni estorti e truffa all’amministrazione comunale, le ultime indagini svolte dai carabinieri della stazione di Quindici coadiuvati dai colleghi della Compagnia, agli ordini del tenente Rosario Basile, hanno portato alla denuncia di due persone, S.C., pregiudicato di 24 anni di Quindici, è stato denunciato per estorsione, appropriazione indebita e falso materiale. A Quindici è stato denunciato R. A. 29 anni, quale amministratore di una cooperativa sociale, per il reato di false dichiarazioni e truffa finalizzata all’erogazione di contributi statali. Il 30enne ha reso false attestazioni qualitative riguardanti i requisiti della propria società tramite un’autocertificazione, risultata poi fasulla, per ottenere l’appalto dal comune riguardante l’assistenza domiciliare ad anziani nel paesino irpino. Ad un successivo controllo dei carabinieri della stazione di Quindici sono state riscontrate tali irregolarità ed il responsabile della cooperativa è stato deferito a piede libero all’autorità giudiziaria. Un giovane, sempre a Quindici, invece, agendo sotto l’effetto dell’alcol, aveva minacciato di morte un compaesano di 20 anni per farsi consegnare due assegni per una somma complessiva di 400 euro. Non contento, il pregiudicato era tornato alla carica prendendosi il telefono cellulare del ventenne e l’intero blocchetto degli assegni, da cui aveva emesso anche alcuni titoli falsificando la firma del titolare per altri 200 euro. Il danno complessivo causato alla giovane vittima ammonta a quasi 1000 euro tra cellulare e danaro. LA PROVINCIA DI CREMONA Il caso. Donna di 51 anni denunciata per guida
in stato di ebbrezza e per aver sottratto il documento appena sequestrato Le ritirano la patente e lei la ruba Troppo alcol in corpo, coinvolta in un
incidente Cerca di allontanarsi con i verbali dei poliziotti di Cristiano Mariani Al volante con un tasso
alcolico da primato, resta coinvolta in un incidente lungo la Bergamina e si
allontana come nulla fosse accaduto. La polstrada riesce comunque a
rintracciarla alle porte della città e le ritira la patente. Ma lei, una donna
cremasca di 51 anni, non ci sta. E si riprende il documento. Semplicemente, una
volta uscita dalla caserma, si è avvicinata alla vettura di servizio della
Stradale e ha prelevato dal cruscotto il permesso di guida, ma anche i verbali
del caso. I poliziotti li avevano appoggiati lì, in attesa di ultimare la
pratica. L’episodio risale a sabato e l’automobilista è stata denunciata. Ieri mattina, negli uffici della procura della Repubblica, è stato aperto un fascicolo per «guida in stato di ebbrezza» e «furto». Sebbene quest’ultima ipotesi di reato appaia — a detta degli stessi inquirenti — ancora da vagliare. Perchè afferrata la patente, la donna ha avuto giusto il tempo di allontanarsi di pochi passi: gli stessi agenti che l’avevano sottoposta alla prova dell’etilometro l’hanno raggiunta, recuperando l’incartamento appena ‘rubato’: «Ma cosa fa signora? Il documento ce lo deve lasciare e anche i verbali». Alla cinquantunenne è stato riscontrato un tasso di due grammi di alcol per litro di sangue, contro lo 0,50 previsto come soglia massima per mettersi al volante. Superato il limite, oltre al taglio dei punti e all’immediata sospensione del permesso di guida, scatta una contravvenzione di tutto rispetto, cui è abbinata la denuncia penale. Insomma, un bel guaio. L’incidente nel quale è rimasta coinvolta la donna risale a pochi minuti prima delle 15 e ha avuto per teatro la via che dalla periferia di Dovera conduce alla ex statale Paullese: un tratto di strada particolarmente impegnativo, con carreggiata stretta e curve in quantità. La Peugeot della cremasca è ‘venuta a contatto’ con la vettura su cui viaggiavano alcuni stranieri, giovani di origine africana. Nulla di grave, ma la cinquantunenne ha tirato dritto. E agli immigrati non è rimasta alternativa, se non seguire quell’auto, avvertendo la polizia con una telefonata. La Peugeot ha puntato su Crema, percorrendo la trafficatissima ex statale Milano-Cremona. E giunta alla periferia della città è stata ‘agganciata’ da un equipaggio dei vigili urbani, che ha poi passato il testimone ai colleghi della Stradale. Gli agenti hanno scortato la donna in comando e qui è stata sottoposta alla prova di rito. Il test ha confermato i sospetti iniziali: alcol in concentrazione superiore al consentito. Di qui il ritiro della patente e l’avvio dell’iter per la denuncia a piede libero. Cui si è aggiunta la nuova accusa: il furto di una patente... che poi era la sua. CORRIERE.IT – Cronaca di Milano IL CASO Cremona
e l’uragano Irlanda, i nuovi barbari Come per Samarcanda: scappi dalla morte, e poi
la trovi che ti aspetta dove non ti aspettavi che fosse. Come per gli Ufo: li
aspetti sempre, anche se non ci credi; e quando arrivano, sono diversi da come
li immaginavi. Come per i barbari: hai sempre temuto che ti piombassero addosso
dall’Est, credi di averli individuati anche in quelli che dal deserto arrivano
fin qui col gommone; e invece ecco che vengono giù dall’Irlanda. Materializzati
all’improvviso a Cremona, città esentata da remotissimi tempi da distruzioni e
invasioni, dove arrivano in carovane di fiammanti automobili, anziché sciolti e
scalpitanti cavalli; modernissimi camper anziché tende, dove riparano donne, vecchi,
malati e bambini; e barbecue golosissimi, anziché fumosi e puzzolenti fuochi
dove arrostire animali appena scuoiati, pesci forse ancora vivi. E brandendo,
anziché le clave e le mazze, bottiglioni di birra schiumante, dopo il tramonto
invade la pacifica e impreparata città una gigantesca orda di pellerossa
lentigginosi, gli occhi cerulei e i capelli carota. Che schiamazzando e ululando ubriaca, invade
qualsiasi luogo sacchegghiando, sporcando, infrangendo, e provocando una rissa
mostruosa con feriti e contusi: l’inevitabile agente con naso fracassato,
l’energumeno ammanettato e portato in caserma. E spavento, indignazione, dolore, domande. Infatti: chi sono? Da dove vengono? Perché
sono qui? Come negli incubi covati a lungo dentro frustrazioni inaudite, dalle
gole degli inattesi invasori escono intraducibili voci: bocche aperte intorno a
suoni che nessuno capisce. Poi, fina
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