Biserni dott. Giordano Tratto, per gentile concessione di Egaf, da inPratica - supporto operativo, giuridico e tecnico nelle attività professionali del settore motorizzazione, circolazione stradale e trasporti. 0 QUADRO GENERALE La globalizzazione e internet con la sua rete web, se riflettiamo bene, hanno portato riflessi consistenti anche alla globalizzazione di molti reati, si pensi a cosa è oggi il traffico di droga, lo sfruttamento della prostituzione, per non parlare del terrorismo, manifestazioni criminali ormai transnazionali, pensate in uno stato o continente, trasferite come azione e risultato finale in altri stati e continenti. Per non parlare dell’utilizzo della rete web per consumare e inventare nuovi reati, si pensi alla pedopornografia, con una sorta di associazioni virtuali per delinquere e la produzione e scambio di materiali da uno stato all’altro da un continente all’altro. Si pensi ancora alla truffe internautiche, capaci di carpire codici, username, password, in un mondo virtuale che riesce poi a materializzare il trasferimento di somme di danaro dalla banca di una piccola provincia del nostro Paese al conto di una banca russa o di altro stato asiatico. Il criminale consuma i reati e ne trae spesso i benefici, stando comodo seduto su una sedia. Molte tipologie di reati si sono quindi moltiplicate, altre sono nate e sviluppate. Sempre più difficile e sofisticata sembra farsi l’opera di intercettazione e individuazione dell’investigatore, anche lui spesso seduto davanti a un monitor. Anche nel settore dei furti d’auto esiste la possibilità utilizzare internet per stampare documenti di veicoli, autorizzazioni, omologazioni e quant’altro, necessari a rivestire di legalità un veicolo che è invece provento di furto. Possibili anche le forzature di banche dati per carpire e utilizzare elementi identificativi destinati alla clonazione di mezzi. Lo vedremo dettagliatamente dopo. Però in questo contesto si deve affermare che la globalizzazione, l’utilizzo di specifiche banche dati, l’interconessione fra organi investigativi di stati diversi, sembrano aver prodotto risultati nettamente più favorevoli a chi il crimine lo persegue piuttosto che allo stesso criminale. Almeno se limitiamo il nostro giro d’orizzonte al settore dei furti di auto e alle relative truffe, e per quel che riguarda il nostro Paese in particolare. Lo dicono chiaramente le cifre. Si pensi che nel 1991, anno record per i furti di autovetture, solo in Italia ne vennero rubate 367.252. Nel 2004 - ultimi dati ufficiali e consolidati disponibili – se ne sono rubate 182.470, con un calo percentuale di quasi il 50%. 100.388 di queste, per altro, sono state recuperate, pari al 55% del "bottino". In buona sostanza alla premiata ditta Furti SpA, è rimasto in mano nel 2004 un numero netto di 82.082 vetture. Quasi una miseria, rispetto alle circa 200.000 che rimanevano nella rete criminale nei primi anni ’90. Certo i motivi sono tanti, il sistema degli antifurto satellitari e simili si è fatto via via più sofisticato ed efficace (e anche costoso), anche gli antifurto meccanici richiedono all’operatore del "prelievo" maggior tempo e quindi maggiore esposizione al rischio. Ma il calo, in questi ultimi anni, è netto, nettissimo. Ci saranno pure anche altri motivi. È vero, a voler fare gli avvocati del diavolo, potremmo anche dire che per l’aspetto "cannibalizzazione" dei veicoli, in particolare di segmento medio basso, può avere inciso una diminuzione della domanda. In che senso? Nel senso che mentre prima per una utilitaria o una berlina, che aveva subito un danno medio, medio/grave, si andava alla ricerca di pezzi di ricambio usati per sostituire le parti danneggiate, oggi con le nuove scocche, un danno da 3-4 mila euro in una city-car e 6-8 mila euro in una classe B, fa dire al carrozziere per primo che non conviene ripararla. Ecco che cala la domanda di ricambi. Ma i risultati così positivi ottenuti in questo segmento di reato contro il patrimonio devono aver anche ben altre ragioni. Crediamo proprio che questa volta siano state anche le varie polizie a sfruttare a dovere la globalizzazione e la telematica, con un incrocio di notizie dalle varie banche dati e informazioni che un tempo erano scritte nel libro dei sogni. Ricordiamo che il calo dei furti di auto in Italia, -5,7% anche nel 2004, è al sesto anno consecutivo. Altro indicatore importante è il fatto che per la seconda volta negli ultimi 15 anni si è scesi sotto quota 200.000 furti. Nel 2004, lo abbiamo visto, i furti di auto sono stati 182.470, 11.200 in meno rispetto al 2003 quando le auto rubate sono state 193.670. Nel 2002 i furti furono 203.694. Certo il fenomeno in questi ultimi 15 anni ha assunto toni di virulenza criminale veramente elevata. Si consideri che dal 1991 al 2004 le vetture rubate sono state esattamente 3.974.853, pari quasi a 2 anni di vendite di vetture in Italia. Fortunatamente 1.962.863, pari al 49,3% sono state recuperate. Tuttavia 2.009.990 vetture hanno cambiato proprietario per sempre. La riduzione è stata quasi generalizzata in tutte le regioni italiane, anche se alcune aree del Paese vanno in controtendenza come Liguria, Marche, Abruzzo, Calabria, Sicilia e Sardegna dove rispetto all’andamento nazionale, i furti sono aumentati nel confronto con il 2003. Diminuiscono invece nelle regioni tradizionalmente più a rischio: Campania, Lazio e Lombardia, che si confermano però ai vertici di questa attività criminale. Il record negativo resta infatti ancora una volta proprio in Campania, che, nonostante il calo dell’8,4% registrato lo scorso anno, è sempre al top della classifica con 35.670 furti, praticamente uno ogni quindici minuti. Nella regione si è contato il 19,5% del totale dei furti registrati in Italia nel 2004. Lasciare la macchina incustodita è del resto poco consigliato anche nelle province laziali: le auto rubate lo scorso anno sono state oltre 32.000 (il 17,6% del totale), anche se 2.000 in meno rispetto al 2003. Non va molto meglio in Lombardia, con circa 31.800 furti nell’arco dei 12 mesi, pari al 17,4% del totale. Seguono Puglia (19.754 auto rubate, il 10,8%), Sicilia (dove peraltro i furti sono aumentati salendo a 17.319, il 9,5%) e Piemonte (13.129, pari al 7,2% del totale). Fra le province in testa Roma con 29.863 furti, in pratica si involano ancora 82 vetture al giorno. Certo, non si deve esagerare con l’ottimismo in quanto l’Italia con 500 furti di auto al giorno, 21 ogni ora, uno ogni 171 secondi, rimane ai vertici in Europa, pur con un rapporto sceso sotto 6 macchine rubate ogni mille del parco veicoli, rispetto alle 12,9 del 1991. I modelli più richiesti dai ladri: i soliti, le Fiat Uno, Punto, Y10, Panda, fra le italiane. La Golf fra le straniere. Destinazione estero, o riciclaggio in Italia. In alcuni casi "cannibalizzate" cioè smontate a pezzi. Con quello che costano. 1 LE TECNICHE DEL RICICLAGGIO L’attività di riciclaggio dei veicoli con provenienza delittuosa per fattispecie di furto, rapina o appropriazione indebita resta una delle principali attività del crimine organizzato e non. Si tratta di un’attività vecchia quanto l’automobile stessa, che impegna le forze di polizia in una lotta spesso impari con il crimine, che ha trovato in questo specifico settore consumistico una ricca fonte di guadagno e che coinvolge numerosissimi strati delinquenziali, tanto che è praticamente impossibile - in ogni singola indagine - riuscire a smascherare tutti gli aderenti ad un complesso disegno delinquenziale che si occupa di: • individuare il veicolo da rubare; • rubarlo; • trasferirlo il prima possibile in un luogo idoneo al riciclaggio; • approvvigionamento di documentazione e targhe idonee al "lavaggio" del bene; • approvvigionamento di dati e caratteristiche da trasferire sul veicolo di provenienza illecita; • reimmissione del veicolo in una rete di vendita o trasferimento verso mercati esteri. È ovvio poi che anche la provenienza del veicolo, intendendo in questo caso il delitto presupposto (furto, rapina o appropriazione indebita), incide notevolmente sulle successive tecniche che dovranno essere adottate dai criminali per il fine unico che li spinge all’azione: la monetizzazione dell’attività. E allora, prima di proseguire oltre, è bene specificare che quando si parla di "riciclaggio di veicoli" non si intende soltanto il riciclaggio di autovetture. In tutto il mondo, infatti, è estremamente consistente il traffico di ciclomotori, motoveicoli, automobili, veicoli commerciali, macchine operatrici o di movimento terra, fino ad arrivare ai giganteschi camion o scavatori utilizzati nelle cave: veicoli alienati dalla realtà oggettiva del traffico, non soggetti a pubblica registrazione per la circolazione su strada e quindi assolutamente difficili da individuare, una volta che il loro trasferimento sia stato assicurato. Esistono delle tecniche investigative che riconducono alla loro localizzazione, che ovviamente non possono essere qui riferite perché patrimonio ancora segreto delle Squadre di polizia giudiziaria della Polizia Stradale, che contano su questa riservatezza per ottenere formidabili risultati ottenuti sul fronte del contrasto alla criminalità specializzata. Non parliamo poi delle moto ed auto sportive sparite dalla strada e destinate ad alimentare il mercato delle corse e della ricambistica sportiva, dove alcuni soggetti con pochi scrupoli hanno ovviato al problema degli altissimi costi gestionali necessari a scuderie impegnate in campionati locali. In ogni caso, il reato principe resta il furto o la rapina: badate che la gran parte del fenomeno divenuto tristemente noto nell’area mitteleuropea come quello delle "rapine in villa", spesso è anche un approvvigionamento di veicoli di alto valore commerciale, spesso trasferiti subito verso l’est europeo a tutta velocità da giovani slavi estranei ai colpi, ed ai quali i veicoli vengono affidati dopo l’assalto. Ma andiamo con ordine e cerchiamo di dare alcune indicazioni su: • tecniche di furto o rapina; • tecniche di riciclaggio. Per quanto riguarda i motoveicoli, rubarne uno è piuttosto facile e non ci dilungheremo su questo argomento, dedicandoci invece alle autovetture, ai veicoli commerciali ed ai mezzi d’opera. 1.1 Gli autoveicoli Una volta i veicoli venivano rubati in un modo solo: forzatura della portiera, rottura del bloccasterzo, introduzione dello "spadino", del grimaldello o di un cacciavite al posto della chiave d’accensione - o contatto mediante congiungimento dei fili elettrici - dopodiché non restava che mettere quanta più strada possibile dal luogo del furto. L’evoluzione dei sistemi di antifurto elettronici e meccanici è puntualmente seguita da un analogo progresso dei sistemi di effrazione ed accensione dei veicoli, ed oggi rubare una macchina non è più tanto semplice. Intanto perché già molte chiavi dispongono di chip o codici magnetici che consentono al blocchetto di riconoscere quelle originali: con il sistema "code" della Fiat è possibile infatti introdurre una chiave dal profilo identico a quella vera nel blocchetto d’accensione e non riuscire a mettere in moto, mentre altre - come quelle delle Mercedes o della BMW e di altre ancora - hanno sistemi così sofisticati da dialogare con la centralina. Anche la rimozione del veicolo adocchiato con un carro attrezzi costituisce potenziale insidia per i ladri: i sistemi di localizzazione satellitare entrano in funzione allo spostamento del veicolo allarmato e questo può consentire l’immediato allarme alla centrale remota, che provvede ad informare il proprietario e le forze di polizia. Sequestri effettuati negli ultimi 24 mesi da parte della polizia stradale hanno consentito di accertare che nella trousse del perfetto e moderno ladro di macchine possono esserci sistemi di oscuramento delle boe satellitari (dispositivi azionati nei paraggi dell’auto che inibiscono ogni forma di radio trasmissione) o centraline pronte per essere sostituite con quelle delle macchine, che azzerano all’istante quello scambio di codici di cui si parlava prima e che permettono all’abile ladro di metterla in moto e partire nel volgere di circa 180 secondi dalla forzatura della portiera. Per quanto riguarda la rapina, è ovvio che i delinquenti più accorti sono estremamente attenti a volgere le proprie attenzioni a veicoli non dotati di sistemi satellitari, per cui una volta adocchiata la preda è sufficiente prendersela alla vecchia maniera. Sono state accertate banali tecniche di mascheramento del veicolo rapinato, immediatamente dotato di targhe straniere e dirottato verso luoghi sicuri ove far calmare le acque e dove cominciare subito col riciclaggio o dove predisporne il trasferimento verso altri lidi. Il riciclaggio è invece opera più fine e farlo bene è davvero molto complicato. Alcune organizzazioni preferiscono la "clonazione", altre continuano a guardare al "taroccamento" o anche "spizzottamento", mentre altre ancora optano per un riciclaggio meno preciso ma più redditizio, più rischioso nella prima fase ma di sicuro successo negli anni: parliamo del trasferimento all’estero, in prevalenza in paesi extraeuropei o dell’est europeo, dove la tradizione investigativa in questo settore è praticamente inesistente, come del resto l’attività di contrasto da parte delle forze di polizia. Clonazione: non ci vuole molto a scoprire un veicolo clonato. Per realizzare questa forma di riciclaggio serve la disponibilità di documentazione falsa o rubata in bianco (carta di circolazione, certificato di proprietà), di targhe false, di una buona conoscenza delle tecniche di antisofisticazione documentale, e del vecchio "taroccatore", il falsario specializzato nella riproduzione del numero di telaio che sostituisca quello originale, collegato alla banca dati dell’Interno e quindi al delitto presupposto originale. Il problema più grande è proprio l’approvvigionamento di documenti che non inducano in sospetto eventuali organi di polizia. Per questo motivo esiste, come sapete, un fiorente mercato di documenti rubati in bianco, periodicamente sottratti agli uffici della motorizzazione e del PRA. I falsari provvedono poi a compilarli in maniera apocrifa, spesso imitando alla perfezione i caratteri effettivamente apposti dagli uffici dello Stato, lavorando i numeri di stampato in maniera tale da non farne trovare corrispondenza nelle banche dati delle polizie. Altra questione le targhe: in alcuni casi, targhe sicuramente false hanno tratto in inganno anche i periti più quotati, ma la qualità media è sicuramente alta. La carenza di controlli specifici ha reso questo mercato piuttosto sicuro e di solito la scoperta di questi veicoli è casuale, magari a seguito di sinistro stradale o in occasione di qualche passaggio di proprietà o di qualche visita di revisione periodica. Si consideri infatti che nel 90% dei casi, gli acquirenti finali di questi veicoli sono in assoluta buona fede, ed al momento del sequestro ricostruire la catena dell’illecito - ove sia trascorso troppo tempo - è davvero difficile. Alcuni investigatori sono partiti dalla presenza in banche dati diverse di due veicoli con la stessa targa, in altre occasioni sono state le foto degli autovelox a svelare la presenza di un clone o i sistemi di registrazione dei passaggi nelle ZTL. Le ricostruzioni della Polstrada hanno poi accertato che alcuni cloni sono stati ripetutamente fermati dalle forze di polizia senza che nessuna di loro si accorgesse dell’illecito che si mostrava sotto i loro occhi. Ovviamente, per assicurare i responsabili alla giustizia è necessario riconoscere precocemente il veicolo clonato, entro pochi mesi dalla sua reimmissione sul mercato. In alcuni casi, non proprio inquadrati in questa tecnica, si sono addirittura inventati veicoli assolutamente inesistenti. Ad un veicolo rubato vengono punzonati dati di fantasia, comunque vicini per "assonanza" a quelli effettivamente imposti dalle case madri, riportati poi su documenti rubati in bianco ed abbinati a targhe vere, mai assegnate. Un caso piuttosto eclatante è quello della famosa partita di targhe dalla BB*000*ZL alla BB*999*ZZ, ufficialmente distrutte nel rogo di un magazzino del Poligrafico e poi saltate fuori di tanto in tanto su veicoli risultati rubati. In questo caso chi aveva appiccato il fuoco lo aveva fatto per far credere che tutte quelle targhe erano andate distrutte, quindi mai inserite in nessun terminale di ricerca e mai assegnate ad alcuna motorizzazione: un bell’investimento per chi le ha poi distribuite nell’indotto. Chi è in grado di venderne una, chi è in grado di fornire documenti di circolazione, magari compilandoli a richiesta, non può essere un cane sciolto e poiché il traffico illecito di veicoli ha una solidissima base in Campania, stiamo parlando di Camorra. 1.2 Il taroccamento Per gli investigatori della polizia stradale è la forma più romantica di riciclaggio: è un’arte vera e propria, che pochi, pochissimi sono ancora in grado di fare. Chi tesse le fila del gioco ha qui due possibilità, in ordine all’approvvigionamento: rubare prima o rubare dopo. Infatti una buona parte dei trafficanti che ricorrono al taroccamento, detto anche spizzottamento, acquisisce la materia prima di dati dal commercio di veicoli fortemente sinistrati. Quantità industriali di veicoli completamente distrutti vengono venduti in blocco al miglior offerente: alcuni formalizzano le rottamazioni e ne vendono il prodotto dello smaltimento, altri invece - privi di scrupoli - tengono solo targhe e documenti, smaltendo illecitamente i relitti. Una volta in possesso di tanto materiale, servono auto rubate alle quali trasferire i dati di veicoli in realtà non più marcianti (ma sulla carta questo particolare non figura) e "puliti": lo spizzottatore fa " ’o movimento" tagliando all’auto rubata la porzione di lamiera su cui è impressa la sigla alfanumerica del telaio, saldando al suo posto quella del veicolo sinistrato. Quando non è possibile, viene molato il numero originale e sulla superficie nuovamente liscia viene ripunzonato il numero desiderato. I migliori riescono a riprodurre alla perfezione anche gli abbinamenti: più è bravo il taroccatore, più a lungo è destinata a durare la copertura del veicolo, che assume l’identità di quello ormai inutilizzabile. Gli investigatori della polizia stradale italiana sono considerati tra i migliori detective in grado di smascherare anche i travestimenti migliori: di ugual bravura i francesi e gli spagnoli, partner ormai inseparabili nel contrasto a questo fenomeno criminale. Il trasferimento all’estero Sulla breve distanza è il più rischioso, ma quando il veicolo esce dai confini di Stato, ancor meglio se lascia l’Europa, il sistema garantisce infallibilità al 98%. A questa tecnica sono destinati veicoli di elevato valore commerciale, ottenuti spesso dagli assalti alle ville o dai maxifurti nei garage. Una volta ottenuto il veicolo gli viene attribuita una nuova e provvisoria identità: i migliori riproducono i dati di veicoli sinistrati, utilizzando sempre gli stessi, ma ci sono professionisti smaliziati che non si preoccupano troppo delle corrispondenze. I sistemi di taroccamento sono di qualità inferiore, ma la carta vincente è la rapidità con cui il veicolo giunge nelle aree portuali: in Italia, Salerno, Napoli, Livorno e Genova. In Francia Marsiglia, in Spagna Barcellona e Algeciras. Da qui i veicoli vengono o imbarcati su normali traghetti, oppure destinati ai container per destinazioni tra le più varie: alcuni veicoli sono stati rinvenuti negli Emirati, altri in Liberia, altri ancora in Nordafrica. In molte occasioni queste rotte servono solo a raggiungere via mare mete altrimenti più vicine, come l’ex unione sovietica o l’area balcanica. Recuperare questi veicoli diviene praticamente impossibile, ancorché localizzati. 2 I VEICOLI COMMERCIALI Vale tutto quello detto finora, almeno sulle tecniche di riciclaggio. Più difficile è invece il furto, almeno dei trattori stradali, ma alcuni personaggi riescono ad eludere ogni sistema. Vale solo la pena di aggiungere che molti dei ladri di oggi sanno che debbono mettere quanta più strada possibile dal luogo del furto e quindi molti di loro sono soliti staccare il limitatore di velocità, che come sappiamo è direttamente collegato al cronotachigrafo: se ad un semplice controllo su strada il disco fosse inefficiente, valutiamo allora la possibilità che quel trattore sia rubato e non accontentiamoci dell’accertamento al CED. Tiriamo giù dal letto i proprietari, nel caso, ma togliamoci ogni dubbio. Discorso a parte per i rimorchi: ad ogni controllo dovremmo ispezionare a fondo il telaio, verificarne le caratteristiche e la presenza di abbinamenti. Ma per spiegare come fare, dovremmo parlarne una settimana e forse non basterebbe. Infine, i mezzi d’opera. L’ultima colossale operazione della polizia stradale di Firenze, denominata "Ghost Truck" ha rivelato scenari incredibili: veicoli spariti in ogni provincia italiana finivano in un centro di trasformazione che preparava nuove identità, trasferendo veicoli di dimensioni immense in ogni parte del mondo. Caterpillar rubati delle dimensioni di un campo da basket venivano sdoganati sotto gli occhi di polizie di mezzo mondo, garantendo agli artefici del sodalizio guadagni immensi. Il livello di perfezione raggiunto dalla banda di trafficanti (tutta in carcere) era così elevato che anche loro stessi parevano non credere ai loro occhi, quando un colpo particolarmente ardito andava a buon fine: hanno però potuto sempre contare sulla scarsa qualificazione di molti enti deputati al controllo. E consentitemi anche sull’inesperienza che c’è, in questo settore: il punto debole della loro attività era il trasferimento su strada, e in questi casi nessuno o quasi tra chi li fermava per un normale controllo, decideva di controllare a fondo i mezzi, molti dei quali non erano nemmeno inseriti nelle banche dati, come se si trattassero di veicoli privi di una loro identità. Una volta trasferiti all’estero, i veicoli finivano in cantieri dove nessuno li poteva più controllare: pensiamo allo Yemen o all’Africa Nera. La realtà è che in questo campo, come in altri, c’è ancora tanto da fare. Però che la situazione sia nettamente migliorata rimane un fatto. Furti di auto in Italia 1990-2004
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