Il Consiglio di Stato, con la decisione in
commento, si pronunzia per la prima volta sull’applicabilità dell’art. 42 bis, D.Lgs n. 151/20011
nei confronti del personale delle Forze Armate. Davvero sorprendente la motivazione con la quale si
escludono i dipendenti militari dall’ambito applicativo della citata
disposizione. Viene richiamato, in particolare, l’art. 3, D.Lgs n. 165/2001 che al
primo comma sancisce che rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti, tra
l’altro “..il personale militare..”. Afferma il Collegio, più nel dettaglio, che
contemplando l’art. 42 bis i dipendenti “di amministrazioni pubbliche di cui
all’art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, vero è che detta ultima
disposizione considera anche il personale delle amministrazioni dello Stato,
dunque, anche gli appartenenti alle Forze Armate; tuttavia, detta norma
andrebbe “letta” insieme con l’art. 3, D.Lgs n. 165/2001 che, appunto, sancendo
che il personale militare rimane disciplinato dal rispettivo ordinamento, ciò,
in realtà, consentirebbe di inferire una espressa deroga all’applicabilità
dell’art. 42 bis, riguardante, invero, i soli pubblici dipendenti civili. La non condivisibilità di tale opzione ermeneutica
emerge palese soltanto leggendo la disposizione normativa contenente l’asserita
deroga relativamente agli appartenenti alle Forze Armate. Recita, infatti, l’art. 3, comma 1, D.Lgs n. 165/2001 che “In
deroga all’art. 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi
ordinamenti: .. il personale militare..”; laddove, però, i commi 2 e 3
dell’art. 2, D.Lgs n. 165/2001 fanno riferimento alle sole fonti del rapporto
di lavoro oggetto di contrattualizzazione, dunque le disposizioni del capo I,
titolo II, del libro V del codice civile, le leggi sui rapporti di lavoro
subordinato nell’impresa, i contratti collettivi, ecc.2. In sostanza, la deroga di cui all’art. 3, D.Lgs n. 165/2001, ha un
oggetto ben definito: sancisce che non si applica al rapporto di lavoro dei
dipendenti militari, proprio perché non contrattualizzati, la disciplina
privatistica. Null’altro. Eppure il Supremo Consesso - che tra l’altro omette
di richiamare le disposizioni derogate nel corpo della decisione - desume da
tale deroga, afferente tutto il personale delle amministrazioni pubbliche non
privatizzato, il dato normativo che consentirebbe di escludere i dipendenti
militari dall’ambito di applicazione dell’art. 42 bis. A ben vedere, essendo l’art. 3, D.Lgs n. 165/2001 norma
eccezionale - proprio perché contemplante una deroga alla introdotta
privatizzazione dell’impiego pubblico - la stessa non pare suscettibile di
applicazione al di fuori dei casi dalla stessa contemplati (art. 14, Preleggi);
nessuno dubita che al personale in regime di diritto pubblico non si applichino
le regole privatistiche concernenti la disciplina del rapporto di lavoro, ma non
si vede come tale principio fissato dall’art. 3, D.Lgs n. 165/2001 possa
precludere anche l’applicabilità dell’art. 42 bis al personale militare.
Diverso sarebbe stato, se il legislatore avesse stabilito l’applicabilità
dell’istituto di cui all’art. 42 bis ai soli pubblici dipendenti privatizzati.
Ma così non è. Per di più l’istituto dell’assegnazione temporanea
mira, evidentemente, a tutelare interessi di matrice costituzionale come,
appunto, i diritti della famiglia (artt. 29 e 30 Cost. ad esempio); si potrebbe
obiettare che nei confronti del personale militare sono però ammesse deroghe
all’esercizio di diritti costituzionali, si pensi all’esercizio del diritto di
sciopero. Tuttavia, dette deroghe, proprio perché incidenti su diritti
fondamentali, devono essere espresse, come d’altronde sancito dall’art. 3, L.
n. 382/1978, secondo cui “ai militari spettano i diritti che la Costituzione
della Repubblica riconosce ai cittadini. Per garantire l’assolvimento dei
compiti propri delle Forze armate la legge impone ai militari limitazioni
nell’esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l’osservanza di particolari
doveri nell’ambito dei principi costituzionali”3. Probabilmente conscio della fragilità della tesi
sostenuta, il Consiglio di Stato ha rilevato, infine, che in ogni caso la norma
di cui all’art. 42 bis “regola, palesemente, un’ipotesi di trasferimento da
un’amministrazione ad altra, laddove nella specie trattasi di trasferimento tra
sedi di servizio della medesima amministrazione, onde non deve farsene nella
specie applicazione”. Con tale ultima affermazione si sono dunque
sconfessate le argomentazioni, del tutto condivisibili e soprattutto ben
argomentate, dei giudici di prime cure, i quali, conformemente a varie
pronunzie, rimarcavano due ragioni a favore dell’applicabilità dell’istituto
dell’assegnazione temporanea anche ai trasferimenti all’interno della medesima
amministrazione: 1) il principio di continenza che impedirebbe di
concludere che, una volta che la norma abbia dato ingresso ad un istituto di
più ampia attuazione, coinvolgendo tutte le amministrazioni, essa non consenta
altresì di avvalersene quando sia coinvolta una sola P.A.; (Altalex, 7 giugno 2006. Nota di Valentina Di Lello) 2 Art.
2, comma 2 e 3, D.Lgs n. 165/2001 (Fonti): “I rapporti di lavoro dei
dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni
del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui rapporti
di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni
contenute nel presente decreto. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o
statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui applicabilità
sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di
essi, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e,
per la parte derogata, non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge
disponga espressamente in senso contrario. 3 Si
pensi ad esempio al divieto espresso imposto agli aventi lo status di
militare (art. 8, legge 11 luglio 1978, n. 382) di esercitare il diritto di
sciopero, diritto costituzionalmente garantito (art. 8, legge 11 luglio 1978,
n. 382). 4 TAR Lazio, sez. I bis, 13 dicembre 2004, n. 16955. REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente DECISIONE sul ricorso in appello n. 2378 dell’anno 2005,
proposto da Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui ope
legis domicilia alla via dei Portoghesi n.12, Roma, contro C. G., rappresentato e difeso dall’avv. Giannetto
Soddu, elettivamente domiciliato in Roma, via E. Quirino Visconti, n. 20 presso
l’Avv. Maria Stefania Masini, per l’annullamento della sentenza del Tribunale Amministrativo
Regionale del Lazio, sez. I bis, del 21.12.2004 n. 16955; Visto il ricorso in appello con i relativi
allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio della
parte appellata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno
delle rispettive tesi difensive; Visti tutti gli atti di causa; data per letta alla pubblica udienza del 21 ottobre
2005 la relazione del Cons. Sandro Aureli; Uditi, altresì, gli Avv.ti Petretti su delega
dell’Avv. Soddu Giannetto e l’Avvocato dello Stato Maddalo; Ritenuto in fatto e in diritto: FATTO Con la sentenza impugnata il T.A.R. del Lazio ha
annullato la nota del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – I Reparto -
SM – Ufficio Personale Marescialli, in data 26 luglio 2004, prot. 320152
/T-5-2/Per.Mar, con la quale è stata respinta l’istanza presentata ex art.42-bis
del D.Lgs.151/2000 dal M.llo C. G., in servizio presso il Comando Regione
Carabinieri Sardegna, diretta ad ottenere la temporanea assegnazione presso il
Comando Regione Liguria (Comando provinciale Carabinieri di Genova), risiedendo
la moglie e la figlia, nata il 3 novembre 2001, a Bargagli. A tanto il primo giudice è giunto riconoscendo
l’applicabilità della suddetta norma alla fattispecie esaminata. Il Ministero della Difesa ha appellato la sentenza
suddetta per chiederne l’annullamento, attesa la ritenuta inapplicabilità della
norma di cui si discute all’Arma del Carabinieri, senza che ciò determini
comunque alcun profilo di illegittimità costituzionale in ragione del
particolare status giuridico rivestito dagli appartenenti ad essa. La parte appellata si è costituita per chiedere il
rigetto dell’appello confutando le tesi dell’Amministrazione, e con il
contestuale appello incidentale ha riproposto le questioni ritenute assorbite
dal primo giudice. All’udienza del 21 ottobre 2001 la causa è stata trattenuta
per la decisione. DIRITTO La decisone di primo grado è giunta
all’annullamento del diniego di trasferimento temporaneo opposto dal Comando
Generale dei Carabinieri al Maresciallo C., padre di figlia minore di anni tre,
ritenendo applicabile e quindi violato l’art.42-bis del D.lgs. 26 marzo 2001,
n. 151, contenente disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno
della maternità e della paternità. Come già correttamente rilevato, la norma anzidetta
è stata introdotta dall’art. 3,comma 105, della legge 24 dicembre 2003 n. 350,
e per essa "il genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente
di amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni, può essere assegnato,
a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non
superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o
regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività
lavorativa….". Decisivo è quindi stabilire quali siano le
amministrazioni tenute ad applicare l’art. 42-bis in esame. Al riguardo la Sezione non ritiene di poter
condividere l’avviso del primo giudice. Osserva in primo luogo il Collegio che destinatario
del beneficio in oggetto è il personale dipendente delle pubbliche
amministrazioni disciplinate dal D.Lvo 165/01, che contiene la disciplina dello
stato giuridico del personale civile dello Stato, come emerge chiaramente dalla
rubrica della norma. Quindi personale civile e non militare come nel caso in
esame. Inoltre l’art. 1 del decreto n. 165/01 contiene
disposizioni che disciplinano l’organizzazione degli uffici e i rapporti di
lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche; per
quest’ultime, a tenore del II° comma," s’intendono" tra l’altro,
"tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole
di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed
amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i
Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni
universitarie…." Senonchè non può non essere osservato che proprio
in tema di disciplina del rapporto di lavoro, nel successivo art. 3 dello
stesso decreto n. 165/01 viene affermato che "rimangono disciplinati dai
rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli
avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia
di Stato, il personale della carriera diplomatica e della carriera prefettizia
nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie
contemplate dall’articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello
Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e successive
modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287…." Ora non v’è dubbio che la materia dei
trasferimenti, temporanei o definitivi che siano, del personale dipendente
delle pubbliche amministrazioni riguarda il rapporto di lavoro del medesimo,
concernendo direttamente la variazione del luogo in cui la prestazione deve
essere effettuata. Onde, l’ampia individuazione delle pubbliche
amministrazioni, contenuta nel II° comma dell’art. 1 del decreto n. 161/01,
viene integrata , anche ai fini dell’applicazione dell’art.42-bis del decreto
n. 151 del 26 marzo 2001, dal successivo art.3, per il quale " il
personale militare e le Forze di polizia di Stato", rimangono disciplinati
dai rispettivi ordinamenti. Ciò avviene, com’è noto, in forza del particolare
status giuridico dei detti dipendenti, le cui funzioni giustificano un regime
differenziato, del quale, per questa stessa ragione, è indubbia la copertura
costituzionale. L’art. 42-bis del decreto n. 151 del 2001, non è
quindi invocabile dal dipendente che appartiene all’Arma dei Carabinieri. Con il che, si può aggiungere, che appare
irrilevante il profilo d’incostituzionalità della suddetta norma, regolando tra
l’altro essa, palesemente, un’ipotesi di trasferimento da un’amministrazione ad
altra, laddove nella specie trattasi di trasferimento tra sedi di servizio
della medesima amministrazione, onde non deve farsene nella specie
applicazione. Per tale suesposta medesima ragione, tutti i motivi
che sorreggono l’appello incidentale, sono destituiti di fondamento, posto che
il contestato riferimento alle esigenze di servizio dell’Amministrazione,
contenuto nel diniego impugnato, riveste evidente carattere aggiuntivo e
secondario rispetto alla contrapposta inapplicabilità dell’art. 42-bis già
citato, e invocato dal C. nella propria istanza di trasferimento. L’appello deve quindi essere accolto. Le spese del doppio grado del giudizio possono
essere compensate in considerazione della novità della questione che pone
difficoltà di interpretazione della normativa, testimoniata anche dalla
differente valutazione del giudice di primo e secondo grado. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sez. IV), definitivamente pronunziando sull’appello meglio
indicato in epigrafe, così provvede: accoglie l’appello, e per lo effetto in
riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso proposto in primo grado; compensa le spese del doppio grado dei
giudizio. Ordina che la presente decisione sia
eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, addì 21 ottobre 2005 dal
Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sez. IV), riunito in Camera di
Consiglio con l’intervento dei signori: Stenio Riccio Presidente L’ESTENSORE IL PRESIDENTE DEPOSITATA IN SEGRETERIA 28 dicembre 2005 Il Dirigente |
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