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Trasporto 10/06/2006

Speciale Tipologie di Trasporto: Quelli che... trasportano rifiuti





Chiudiamo la nostra serie di speciali sui vari settori del trasporto che operano nel nostro Paese con un excursus su un comparto variegato e molto complesso sia dal punto di vista normativo che tecnico: il trasporto dei rifiuti industriali

Settore difficile quello di cui ci occuperemo nelle prossime righe. Difficile per una vasta serie di motivi, tra i quali spicca la complessità della normativa che regolamenta l’attività di trasporto in questo settore, non solo a livello nazionale, ma anche e soprattutto a livello UE. Nei paragrafi che seguiranno cercheremo di fare chiarezza per quanto è possibile e di offrirvi dunque un panorama completo e comprensibile di quella che è la realtà di questo settore oggi nel nostro Paese. Chiaramente non potremo essere esaustivi visto lo spazio limitato a nostra disposizione e per questo motivo vi rimandiamo a due fonti preziose, che hanno largamente contribuito alla stesura di questo articolo: il sito dell’albo degli autotrasportatori (www.alboautotrasporto.it) e il libro edito dalla Egaf “Accesso all’autotrasporto merci”.

Le difficoltà del resto partono sin dalla definizione della tipologia di merce. Ciò che per un soggetto, infatti, è considerato un rifiuto per un altro può trasformarsi in normale trasporto. Non è facile quindi dare una definizione precisa di rifiuti. Ci ha provato la direttiva CEE 75/442 del 15 luglio del ’75 modificata dalla direttiva 91/156 del 18 marzo’91, che ha attribuito la denominazione di rifiuto a “qualsiasi sostanza o oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I, di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”. Tale direttiva impartisce disposizioni in materia di gestione dei rifiuti al fine di consentire una elevata protezione dell’ambiente e controlli efficaci. Per gestione dei rifiuti si intende la raccolta, il trasporto, il recupero, lo smaltimento, il controllo di tutte queste operazioni e il controllo delle discariche e degli impianti di smaltimento dopo la loro chiusura. Per l’esercizio delle attività di gestione dei rifiuti si prevede l’istituzione di un sistema di autorizzazioni. In particolare, la direttiva, a seconda della destinazione del rifiuto e della presenza di determinate condizioni, prevede differenti regimi autorizzatori:

Autorizzazione per le operazioni di smaltimento e di recupero dei rifiuti;

Dispensa dell’autorizzazione per operazioni di auto-smaltimento e recupero dei rifiuti conformi ad apposite norme tecniche generali che devono essere emanate dagli stati membri;

Iscrizione presso la competente autorità, per le imprese di raccolta e trasporto, di commercio e intermediazione dei rifiuti.

La legislazione Ue

Con l’emanazione della Decisione della Commissione 2000/532/CE, e successive modifiche, sono state introdotte nuove disposizioni comunitarie in materia di classificazione dei rifiuti che hanno cambiato radicalmente il sistema di classificazione precedentemente previsto dal decreto legislativo 22/97. Le modifiche hanno principalmente interessato:

l’unificazione del Catalogo Europeo dei Rifiuti con l’elenco dei rifiuti pericolosi;

l’inserimento di nuovi codici;

l’introduzione del codice “pericoloso” e codice “non pericoloso” per il medesimo rifiuto, in funzione della concentrazione di sostanze pericolose;

l’introduzione di nuovi capitoli riferiti a processi produttivi non presenti nel precedente “Catalogo”;

l’introduzione di specifici capitoli in cui confluiscono “gruppi di rifiuti” secondo il ciclo produttivo di provenienza.

Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio hanno poi emanato la direttiva 9 aprile 2002 recante “Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti”. Le indicazioni sono necessarie affinché ogni rifiuto fin dalla sua produzione ed in ogni successiva fase di gestione, incluso il trasporto, sia correttamente identificato con i codici del nuovo elenco dei rifiuti la cui adozione ha effetti diretti sulla normativa vigente in materia di rifiuti.

Le differenti tipologie di rifiuti trasportabili

Non è cosa facile classificare le varie tipologie di rifiuti sia di provenienza domestica che industriale. Oltre alla comunissima nettezza urbana, occorre tener presente anche degli spurghi, dei pozzi neri o dei pozzetti stradali, dei rifiuti ripugnanti, provenienti ad esempio dai mattatoi o di quelli ospedalieri che comprendono sia i rifiuti organici che i medicinali scaduti. Ma ai fini di una semplice comprensione del complesso mondo dei rifiuti essi vengono generalmente suddivisi in tre ampie categorie: solidi urbani, speciali e pericolosi. Quest’ultima categoria, introdotta dal Decreto Ronchi, ingloba sia i rifiuti tossici che quelli nocivi che prima del 1997, l’anno della sua introduzione, erano nettamente distinti. Vediamo in dettaglio le varie tipologie:

I rifiuti urbani

Per rifiuti urbani si intendono tutti quelli prodotti da un agglomerato urbano e dai suoi residenti. Si tratta quindi di rifiuti provenienti dallo spazzamento delle strade e di quelli domestici, anche ingombranti, che a loro volta con l’introduzione in molte città della raccolta differenziata e l’era del riciclaggio possono essere suddivisi in altre sottospecie (umido e secco, carta, plastica e vetro). Questa categoria comprende anche quei rifiuti di qualunque natura o provenienza, giacenti sulle strade ed aree pubbliche e rifiuti vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali.

I rifiuti speciali

I trucioli prodotti da una segheria richiedono un trattamento diverso da quelli prodotti da chi si diverte con il fai da te e anche una classificazione a parte. Si tratta dei cosiddetti “Rifiuti speciali” e sono: i rifiuti da lavorazione industriale, quelli derivanti da attività commerciali, i rifiuti provenienti dalla fattività di recupero e smaltimento dei rifiuti stessi, i fanghi prodotti da trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi. In senso più ampio in questa categoria possono trovare spazio anche i rifiuti derivanti da attività sanitarie, i macchinari e le apparecchiature deteriorati ed obsoleti, i veicoli a motore, rimorchi e simili fuori uso.

I rifiuti pericolosi

Ampia e molto articolata è la categoria dei rifiuti pericolosi. Essa spazia dalla raffinazione del petrolio ai processi chimici, dall’industria fotografica a quella metallurgica, dagli oli esauriti ai solventi, dalla produzione conciaria e tessile agli impianti di trattamento dei rifiuti, fino alla ricerca medica e veterinaria. I rifiuti speciali pericolosi sono quei rifiuti generati dalle attività produttive che contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti. Per questo motivo occorre renderli innocui, cioè trattarli in modo da ridurne drasticamente la pericolosità. Nell’elenco europeo dei rifiuti approvato con Decisione della Commissione 2000/532/CE, e successive modifiche, i rifiuti classificati pericolosi sono contrassegnati con un asterisco.

La normativa che regola il comparto: l’albo gestori rifiuti

L’Albo nazionale delle imprese esercenti servizi di smaltimento rifiuti nasce con il D.L. 31 agosto 1987, n. 361, convertito poi con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1987, n. 441, che ne traccia solo alcune linee guida in merito alle modalità di gestione dello stesso, demandando ad un successivo decreto attuativo la regolamentazione dell’Albo (D.M. 21 giugno 1991, n. 324). Nel contesto della riforma del sistema delle autorizzazioni in materia di gestione dei rifiuti, il Decreto Ronchi ha individuato nell’Albo (che ha assunto la denominazione di Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti) la competente autorità, prevista dall’articolo 12 della direttiva 91/156/CEE, presso la quale le imprese che provvedono alla raccolta e al trasporto di rifiuti a titolo professionale, nonché i commercian-ti e gli intermediari dei rifiuti devono essere iscritti, qualora non siano soggetti ad autorizzazione. In particolare, l’articolo 30, comma 4, del D.Lgs. 22/97, prevede l’obbligo d’iscrizione all’Albo delle imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi e delle imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi, esclusi i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano la quantità di trenta chilogrammi al giorno o di trenta litri al giorno effettuati dal produttore degli stessi rifiuti. L’iscrizione all’Albo costituisce autorizzazione all’esercizio di tali attività e dell’attività di commercio e intermediazione dei rifiuti. Inoltre è prevista l’iscrizione all’Albo, con valore di abilitazione, per le imprese che effettuano attività di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, che gestiscono impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti di titolarità di terzi e impianti mobili. L’articolo 30 del Decreto Ronchi, infine, prevede l’iscrizione, mediante procedura semplificata, delle aziende speciali, consorzi e società costituite ai sensi della legge 142/1990 che esercitano i servizi di gestione dei rifiuti urbani di competenza del Comune o dei Consorzi di Comuni e delle imprese che effettuano attività di raccolta e trasporto dei rifiuti destinati alle operazioni di riciclaggio e di recupero individuate dalle norme tecniche nazionali. L’iscrizione all’Albo deve essere rinnovata ogni cinque anni. Per l’iscrizione con “procedura semplificata” la comunicazione di inizio attività deve essere rinnovata ogni due anni. Le disposizioni di legge contenute all’articolo 30 del D.L.gs 22/97 hanno richiesto, per essere operative, l’emanazione di provvedimenti attuativi (decreti ministeriali e deliberazioni del Comitato Nazionale dell’Albo).

In base al Decreto Ronchi l’Albo è composto da un Comitato nazionale, con sede presso il Ministero dell’Ambiente, 19 Sezioni regionali e 2 Sezioni provinciali a Trento e a Bolzano i cui componenti durano in carica 5 anni. Compongono il Comitato nazionale 15 membri, esperti nella materia, nominati con decreto del Ministro dell’Ambiente, di concerto con il Ministro dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato e designati dai rispettivi ministeri, dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, dall’Unione italiana delle Camere di Commercio, dalle organizzazioni di categoria dell’industria, del commercio, della cooperazione, dell’artigianato e degli autotrasportatori. Il Comitato nazionale cura la formazione, la tenuta, l’aggiornamento e la pubblicazione dell’Albo in base alle comunicazioni delle Sezioni regionali e provinciali; stabilisce i criteri per l’iscrizione nelle Categorie e Classi nonché per il passaggio da una Classe ad un’altra; fissa i criteri e le modalità di accertamento e di valutazione dei requisiti di idoneità tecnica e di capacità finanziaria delle imprese e le modalità di accertamento e di tali requisiti; coordina l’attività delle Sezioni regionali e provinciali e vigila sulle stesse; fissa i contenuti dell’attestazione dell’idoneità dei mezzi di trasporto in relazione ai tipi di rifiuti da trasportare, da presentare a mezzo di perizia giurata; propone agli organi di controllo accertamenti ispettivi. Le Sezioni regionali e provinciali ricevono e istruiscono le domande di iscrizione all’Albo e deliberano sulle stesse, deliberano l’accettazione delle garanzie finanziarie richieste per l’esercizio dell’attività oggetto della domanda di iscrizione e adottano i provvedimenti di sospensione, di cancellazione, di revoca, di decadenza, di annullamento e di variazione dell’iscrizione. Le imprese che, in base alla loro attività ed alle tipologie di rifiuti gestite, devono essere iscritte all’Albo gestori rifiuti vengono così individuate dall’articolo 30, comma 4, del D.Lgs. 22/97:

Imprese che svolgono attività di raccolta e trasporto di rifiuti non pericolosi prodotti da terzi;

Imprese che raccolgono e trasportano rifiuti pericolosi esclusi i trasporti di rifiuti pericolosi che non eccedano la quantità di 30 Kg al giorno o di 30 litri al giorno effettuati dal produttore degli stessi rifiuti; Imprese che effettuano attività dei bonifica di siti; imprese che effettuano attività di bonifica dei beni contenenti amianto;

Imprese che effettuano attività di commercio e intermediazione dei rifiuti; imprese che effettuano attività di gestione di impianti di smaltimento e di recupero di titolarità di terzi, imprese che effettuano attività di gestione di impianti mobili di smaltimento e di recupero di rifiuti.

Per l’iscrizione all’Albo del titolare o degli amministratori di un’impresa che operi nel campo della gestione dei rifiuti occorre che essi siano cittadini italiani o cittadini di Stati membri della UE o cittadini di un altro Stato residenti in Italia, a condizione di reciprocità, che siano domiciliati, residenti o abbiano sede o una stabile organizzazione in Italia, che non si trovino in stato di fallimento o di interdizione legale o temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese. Occorre, inoltre, che essi non abbiano riportato condanna passata in giudicato, salvi gli effetti della riabilitazione e della sospensione della pena, per reati previsti dalle norme a tutela dell’ambiente, per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, contro il patrimonio, contro l’ordine pubblico, contro l’economia pubblica, ovvero per un delitto in materia tributaria, per un qualunque delitto non colposo e che non siano sottoposti a misure di prevenzione di cui all’articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni ed integrazioni o si siano resi gravemente colpevoli di false dichiarazioni nel fornire informazioni all’Albo.

I veicoli utilizzati nel trasporto rifiuti

In queste righe vi forniremo una breve descrizione delle tipologie principali di veicoli che vengono impiegati nell’attività di trasporto di rifiuti. Ciascuna categoria sarà poi approfondita nelle righe successive in un apposito paragrafo. Nel settore dell’igiene, l’allestimento più noto è certamente l’autocompattatore, un camion equipaggiato con un dispositivo per il carico e il rovesciamento dei cassonetti, a bordo del quale i rifiuti vengono triturati e compattati per ridurne le dimensioni e uniformarne il peso specifico. Giunto in discarica, il compattatore si apre ed espelle il suo contenuto. Viste le diverse condizioni in cui si trova ad operare, l’autocompattatore può avere dimensioni molto varie: ve ne sono su piccoli commerciali così come sui grandi mezzi d’opera a quattro assi e perfino sui semirimorchi. Nei centri più piccoli, dove la quantità di rifiuti è limitata e le strade sono strette, il ruolo dei compattatori è talvolta affidato a vasche con voltacassonetti, installate su piccoli autocarri o anche su motocarri. Un tempo gli autocompattatori utilizzavano una coclea, che ruotando dalla coda del veicolo verso la cabina compattava i rifiuti; giunta in discarica, era azionata in senso contrario per svuotare il veicolo. I sistemi attuali utilizzano invece delle lame metalliche e per lo svuotamento aprono la parte posteriore dell’allestimento e lo ribaltano. Un componente che negli ultimi anni ha visto una rapida evoluzione è il voltacassonetti, ossia il dispositivo che permette di agganciare il cassonetto e svuotarlo. Specie nei centri urbani capita di incontrare allestimenti per la pulizia delle strade. In linea di massima sono di due tipi: le cisterne innaffiatrici, utilizzate per il lavaggio, e le autospazzatrici, che raccolgono polvere e detriti depositatisi sul ciglio della strada aspirandoli e li depositano all’interno dell’allestimento come accade con i compattatori. Entrambe queste attrezzature sono solitamente installate su veicoli di medie dimensioni. Ancora al servizio dell’igiene urbana sono i lavacassonetti, allestimenti utilizzati per il lavaggio e la disinfezione, completamente in automatico, dei cassonetti stradali per la raccolta rifiuti. Per il trasporto di fanghi industriali o di liquami fognari vengono invece impiegate speciali cisterne. Normalmente i veico- li adibiti a questo servizio sono dotati anche di un complesso sistema d’aspirazione, filtrazione e lavaggio dei condotti, che viene a creare un allestimento molto specifico: la cisterna per spurghi. In considerazione all’impiego prettamente urbano di questi veicoli e alla necessità di mantenere una portata elevata pur con un notevole peso delle attrezzature, queste cisterne possono essere omologate come mezzo d’opera e beneficiare quindi dei pesi previsti per questa categoria. Esse devono da un lato aspirare e ridurre di volume i liquami e dall’altro fornire e pompare acqua pulita per la pulizia delle condutture. Inoltre esse sono sottoposte a severe norme antinquinamento, che comportano la tenuta stagna, a causa dei rischi biologici del materiale contenuto al loro interno, e l’impiego dell’acciaio inox nella costruzione delle cisterne. Per questa ragione, tali allestimenti possono essere omologati come mezzo d’opera e raggiungere quindi pesi totali di 20, 33 e 40 tonnellate se montati, rispettivamente, su telai a 2, 3 e 4 assi. Tra le caratteristiche più richieste c’è il ricircolo dell’acqua: i liquami aspirati vengono asciugati con processi di filtraggio, in seguito ai quali i fanghi sono depositati in cisterna e l’acqua riutilizzata per la pulizia dei condotti. Allestimenti di questo tipo, oltre che essere decisamente utili in zone dove scarseggia l’acqua, consentono di ridurre sensibilmente i viaggi dell’autocarro all’interno dei centri urbani. Per questo motivo, nei capitolati d’appalto dei servizi di spurgo emessi da molti Comuni è richiesto specificamente l’impiego di allestimenti con ricircolo. Oltre ai grandi veicoli, in tempi recenti si sono visti piccoli allestimenti per spurgo montati su autocarri a sagoma ridotta: il problema dello spurgo fognario è, infatti, molto sentito nelle piccole isole – che subiscono in estate un notevole picco di presenze – dove allestimenti più grandi non potrebbero lavorare. Ancora nel campo dell’ecologia, infine, troviamo gli allestimenti per trasporto rottami. Vengono impiegati per il trasporto di qualsiasi materiale metallico destinato al riciclo, dalle carcasse di auto ai ritagli di lamiera, e sono omologati come normali veicoli stradali. Secondo l’impiego, possono essere fissi o scarrabili. Questi ultimi vengono utilizzati soprattutto nelle aree industriali e nelle “isole ecologiche”, dove il cassone scarrabile è parcheggiato e ritirato quando è pieno. Essendo sottoposti a frequenti maltrattamenti ed esposti alle intemperie, essi hanno sistemi di carico semplificati, praticamente privi di organi mobili sull’allestimento: una gru dall’apposita conformazione (due bracci a “V” che si muovono lungo un asse parallelo a quello del veicolo) aggancia il cassone sulla testata anteriore, lo trascina grazie ad un rullo posteriore e lo carica bloccandolo sulle slitte vincolate al telaio. La configurazione più utilizzata è l’autotreno con motrice a tre assi e rimorchio a due, che però richiede una manovra piuttosto lunga per il carico di entrambi i cassoni. Gli allestimenti fissi sono impiegati soprattutto nella raccolta di vetro, in abbinamento ad una gru retrocabina con verricello, che permette di sollevare e aprire la “campana”. La configurazione più comune, in questo caso, è la motrice isolata. Infine, lo stesso allestimento in versione ribaltabile, montato su specifici semirimorchi dalla gommatura bassa e con telaio che presenta un lieve collo d’oca, è utilizzato per il trasporto dei rottami di ferro in fonderia.

Vasche

Nei centri storici delle città d’impianto medievale, così come in alcune aree rurali, è ancora diffusa la raccolta dei rifiuti porta a porta con sacchetti singoli o piccoli bidoni. Lo stesso fenomeno si verifica dove esistono sistemi di raccolta differenziata molto capillari. Per raccogliere il contenuto di sacchetti e bidoni vengono utilizzati veicoli di piccole dimensioni, come gli autocarri da 35 quintali a sagoma ridotta, i quadricicli per trasporto merce o addirittura i motoveicoli a tre ruote. Installare un compattatore su veicoli così piccoli è molto difficile, se non impossibile. Si utilizzano allora vasche a tenuta stagna, prive di sponde apribili (compresa quella posteriore), a volte dotate di sistemi semplificati di compattazione, e ribaltabili posteriormente. Questi veicoli svolgono normalmente la funzione di satellite verso un autocompattatore o, in alcuni casi, verso un compattatore scarrabile, parcheggiato fuori dal centro. Le bocche di scarico devono quindi essere di dimensioni e forme adeguate per scaricare senza spandimenti il materiale nel portellone di carico del compattatore.


di Sonia Pampuri
Fonte: Da Trasportare Oggi in Europa
Sabato, 10 Giugno 2006
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