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Rassegna stampa Alcol e guida del 9 giugno 2006

A cura di Alessandro Sbarbada e Roberto Argenta

 
IL GAZZETTINO (UDINE)
SAN DOMENICO I risultati 

Un terzo dei giovani confessa «tristezza»

Indagine della psicologa Marina Gerin

Si dirà che è un’età difficile, che le cose non girano sempre come si vorrebbe, che ci si deve costruire, ma è anche l’età decisiva per plasmare la personalità e gettare le fondamenta dell’uomo di domani. L’adolescenza, con i suoi pesi, le sue cadute e le sue tentazioni, deve sfidare le minacce di disagi che assumono diverse forme: da quella che si consuma in famiglia, a quella che si consuma da soli, abusando dell’illecito, a quella che si perpetua in gruppo, con l’uso di sostanze stupefacenti e di alcol. Non sfugge all’identikit del ’giovane tipo’ di oggi la prima analisi compiuta dalla psicologa Marina Gerin Birsa, incaricata dalla 2. Circoscrizione di sondare l’universo dei ragazzi friulani fra i 14 e i 22 anni (compresi gli stranieri) del quartiere di San Domenico.
Una ricerca che - illustrata durante il meeting organizzato alla Casa Immacolata dal titolo "Vivere...se questo basta, i molteplici volti dell’amore", che sta animando la settimana di musica, sport e solidarietà nel ’regno’ di don Emilio de Roja - pone molti interrogativi e impone soluzioni urgenti. La conoscenza ravvicinata della droga da parte dei ragazzi è quasi una routine, dal momento che più del 65 per cento degli intervistati conosce qualcuno legato alle esperienze delle devianze-stupefacenti. «Non si può restare indifferenti di fronte a questa percentuale», precisa la psicologa. Certo, non si può cadere nella visione catastrofica di una società friulana drogata, ma certamente il dato emerso dovrebbe mettere in guardia, in modo che le frequentazioni dei figli non siano bad company.
Non è un caso che i giovani, richiesti di esprimere una classifica sulla tipologia di disagio più diffusa, abbiano collocato al primo posto, con quasi il 40 per cento, l’abisso costituito dal malefico trio: droghe, farmaci e alcol. Si sa, il quartiere under examination non è un quartiere-facile (tanto che soltanto il 13 per cento dichiara di non aver mai conosciuto e frequentato persone legate a droga, spaccio, furto, teppismo, problemi con la giustizia), sebbene non si possa dimenticare che il disagio giovanile, nelle sue esplicazioni, è diventato globale e si concretizza con le stesse percentuali anche nei quartieri friulani up.
Umore associato alla tristezza e a un senso di depressione invalidante: un ragazzo su tre nella Circoscrizione esaminata afferma di sentirsi triste e di non aver fiducia in se stesso, inoltre il 20 per cento dichiara di provare stati depressivi. Il velo di tristezza e l’angoscia della depressione, che assilla un giovane su cinque, sono elementi di esistenze malate e facilmente soggette agli influssi delle cattive compagnie. La famiglia pare esserci, stando alle risposte date dai ragazzi, li ascolta, anche se uno su quattro ha problemi dentro le mura domestiche. Capitolo sogni: nel quartiere mancano le strutture sportive, per il 34 per cento del campione, e luoghi di ritrovo, oltre a momenti di aggregazione. Riuscire a far calare il disagio è un impegno di tutti, ma innanzitutto si deve incominciare a «valorizzare la vita di per sé, riuscendo a capire che ognuno di noi ha delle potenzialità», secondo la lezione del missionario peregrinante Fidei Donum, don Valentino Salvoldi, originario di Mereto di Tomba, che ha cercato di instillare la sua lezione di buona e sana vita.

Irgi


CORRIERE ADRIATICO

Ma forse c’è da chiedersi che cosa di alternativo Fossombrone è in grado di offrire ai ragazzi

Esplode un crescente disagio giovanile
Gli atti di impertinenza e maleducazione preoccupano i residenti del centro

FOSSOMBRONE – Ragazzini impertinenti, Maleducati. Per niente rispettosi nemmeno delle persone anziane. Le segnalazioni che arrivano a ripetizione da via Nazario Sauro, la parallela sul lato collinare di corso Garibaldi, lasciano molto amaro in bocca.
Cosa fanno di particolare? “Sputano, fanno partire qualche bottiglia di vetro contro i muri, le loro minzioni sui muri e nei cortili lasciano il segno – commentano alcuni abitanti – se provi a dire loro qualcosa è il finimondo… si capisce bene che le loro irrequietezze sono esagitate ancor più da qualche bicchiere di vino. La situazione non ha più nulla a che far con un minimo di tranquillità. Il sabato sera non c’è pace davvero. Qualcuno ci aiuti! Ma chi ci ascolta o ha intenzione di farlo“?
C’è anche chi ha pensato di rivolgere le prime segnalazioni al sindaco. Sarà necessario un controllo adeguato? Si ridimensionerà il fenomeno niente affatto ortodosso? “Nessuno vuole la segregazione – dicono altri – ma nemmeno un libertinaggio di questa portata. Sappiamo bene che in certe situazioni le prime responsabilità in assoluto sono da attribuire alle famiglie. Ma non è certo con gli ammonimenti morali che alla fine dei conti si ottiene qualcosa”.
Ormai assodato che non si tratta di eventi sporadici. La mente torna alle proteste di quando lungo quella stessa strada venivano aperte le famose osterie in occasione della rievocazione storica del carnevale. Girava qualche bottiglie di troppo ed era il pandemonio. Oltre la segnalazione del malcontento della gente sarebbe opportuno capire il perché di così evidente disagio. Chiedersi – ormai è ora se non addirittura tardi – cosa di alternativo Fossombrone è in grado di offrire ai giovani. Fatte salve le strutture comunali come il centro di aggregazione. Sarà necessaria un’azione coordinata a consecutiva direttamente con le istituzioni scolastiche? Cosa pensano i giovani che preferiscono stare da soli piuttosto che imbarcarsi in avventure senza testa?
I veri problemi sono questi. Perché denunciano un stato di lucidità mentale che non è mai al livello di quello che si vorrebbe fosse. Perchè tanto, troppo alcol gira con troppa insistenza? Lo si ripete spesso e sovente: i problemi in cui sono ristretti tanti ragazzi, non devono indurre a chissà cosa ma alla comprensione e al confronto. Al fine di approdare all’esame del fenomeno in maniera adeguata. Nessuno s’illuda che tutto possa essere risolto, riveduto o corretto con un colpo di spugna. Certe dinamiche hanno tempi lunghi di recupero. Nemmeno l’indifferenza riesce a porre rimedio. Anzi rischia di determinare una sorta di incentivo.

r.g.


LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (BASILICATA)

sondaggio L’istituzione di un «garante» potrebbe aiutare a patto che abbia poteri reali. E che non sia un politico 

Alcol, droga e bulli fanno paura più dei pedofili

L’indagine sui minori fatta dalla Swg per la Regione. La sicurezza? «Solo sotto il controllo della famiglia»

POTENZA Droga e alcol ma anche bullismo. Nell’infanzia c’è l’incubo pedofilia, ma nell’adolescenza la situazione è molto più problematica e i rischi sono molto maggiori. Il mondo dei minori in Basilicata è questo. Almeno così lo fotografa un sondaggio eseguito dalla Swg di Trieste per conto della Regione Basilicata, nel corso del quale sono state intervistate 1264 persone, (56 per cento di genitori e 44 di studenti). Al di là delle domande, dalle diverse voci del sondaggio singole emerge chiaramente una tendenza: mancano strutture e la deviazione è dietro l’angolo, motivo per il quale serve una nuova presenza nel sondaggio individuata come un ufficio di garante dei minori che abbia poteri reali. Il rischio per età Facile, ad esempio, inserire in questa tendenza la classificazione del rischio per fasce d’età. Il 42 per cento degli intervistati ritiene la fascia di età più rischiosa quella dagli 15 ai 18 anni. A seguire, al 38 per cento, la fascia 11-14 anni. Molto staccate le altre fasce d’età. La dimensione familiare, osservano i ricercatori Swg, è «quella che influisce maggiormente nel valutare le posizioni di rischio: fino a che il figlio rimane il più a lungo possibile nell’alveo di controllo familiare allora le situazioni di rischio possono essere controllate, quando inizia una più forte esigenza di autonomia dettata dal passaggio dall’infanzia all’adolescenza, allora iniziano a crescere di importanza le relazioni nel gruppo dei pari». I rischi maggiori Ma quali sono i rischi maggiori a cui si va incontro in questo quadro. Se la risposta di genitori e figlie è concorde nell’indicare come primo fattore di rischio l’uso di droghe e alcolici, la «classifica» si divide al secondo livello di gravità. I genitori temono temono l’esposizione ad una comunicazione non controllata (Tv, internet, radio, stampa ecc.). I figli, invece, puntano il dito contro il «bullismo» con delle aree di forte preoccupazione. «Il fenomeno del bullismo - spiegano i ricercatori - assume caratteri di elevata gravità secondo i rispondenti, tanto che per il 70% dei ragazzi frequentanti le scuole professionali, il bullismo risulta assolutamente grave o grave». Il giudizio torna, invece, a ricongiungersi su un altro fattore di preoccupazione ritenuto di poco inferiore ai precedenti. «Una intensità di poco minore - rileva la Swg - è data dai rispondenti alla gravità con cui incidono in Basilicata alcune condizioni di disagio sui minori, quali la scarsa assistenza sanitaria per minori gravemente malati e lo scarso sostegno per i minori con handicap e disabilità». La lotta al disagio La situazione delle tutele offerte all’infanzia in Basilicata hanno fatto registrare nell’ultimo triennio più passi indietro che in avanti. Se, infatti, il 69 per cento degli intervistati ritiene che nulla sia cambiato, il 23 per cento percepisce un aumento dei problemi legati alla tutela dei minori e solo per l’8 per cento i problemi sono minori oggi rispetto a 3 anni fa. Su questa situazione, in particolare, incidono forme di omertà e paura di denunciare le situazioni di disagio. Fattori la cui incidenza è molta per il 40 per cento degli intervistati, abbastanza per un altro 48 per cento. I rimedi possibili Per il mondo dei minori serve maggiore attenzione e l’istituzione di un «garante» può essere un buon inizio, a patto che non sia una figura meramente simbolica. Se l’indicazione che viene dagli intervistati grosso modo coincide con quanti, a causa di posizione lavorativa o incarico ricoperto, sono opinion leader di settore per quel che riguarda la generalità del problema, i pareri si dividono sulle azioni da mettere in campo. In merito alle risposte del sondaggio, la Swg riferisce che «le priorità da affrontare da parte del Garante sono i rischi connessi all’uso di droga (o alcool) da parte dei minori e quelli derivanti dagli abusi subiti da parte dei pedofili; in secondo luogo è necessario proteggere i minori che si trovano in situazioni di disagio per gravi problemi di salute o disabilità e per aspetti legati alla famiglia di origine (es. in condizioni di povertà)» quanti sono punti di riferimento nel settore «puntano in linea di massima ad un’azione a 360 gradi nell’universo della tutela minorile, o si soffermano sul problema del recupero dei minori collocati all’interno di istituti riabilitativi e sull’adozione di interventi mirati al sostegno dei minori stranieri». Pareri differenti, tra intervistati e opinion leader, anche sulle funzioni da attribuire a un eventuale garante. «Da una parte (gli intervistati) il controllo del territorio e la segnalazione delle violazioni dei diritti, dall’altra (gli opinion leader) un lavoro di coordinamento tra enti diversi, ognuno con la propria competenza, per arrivare ad una cultura diversa che contempli una più ampia tutela della condizione minorile». Quanto ai poteri l’indicazione è chiara: «Tre intervistati su quattro vorrebbero conferire a questa figura ampia autorità, compresa la possibilità di sanzionare coloro che non rispettano i diritti dei minori» anche se gli opinion leader mettono in guardia dal rischio di creare sovrapposizioni di funzioni, ad esempio, con l’autorità giudiziaria.. Resta, a questo punto il problema di individuare quale deve essere la figura che va a ricoprire questo incarico. In pochi (il 13 per cento) vedono un politico, moltissimi (il 58%) vorrebbero un operatore qualificato del volontariato sociale mentre il restante 29 per cento indica uno studioso esperto delle tematiche minorili. Giovanni Rivelli


IL MESSAGGERO (VITERBO)

LA QUERCIA

Sicurezza stradale, ne parlano i medici 

Tre giorni di full immersion nella ”Sicurezza stradale e certificazione medico-legale di idoneità alla guida”, al Centro congressi Domus della Quercia. Qui da oggi si riuniscono i rappresentanti delle commissioni patenti provenienti da ogni regione d’Italia (in tutto 106) e giunti a Viterbo, appunto per il convegno nazionale-Consensus conference. La manifestazione è organizzata dalla Società scientifica medici-legali Aziende sanitarie, con il patrocinio della Asl di Viterbo, unità operativa Medicina legale, diretta dalla dottoressa Dalila Ranalletta. Al termine dei lavori arriverà un protocollo unico sul rilascio dei certificati di idoneità alla guida per veicoli e natanti da parte delle commissioni patenti. Negli ultimi anni, infatti, con l’intensificarsi dei controlli da parte delle forze dell’ordine sulle strade, il numero delle persone che si rivolge alle commissioni è cresciuto. Molti sono i casi di cittadini a cui sono stati riscontrati problemi legati all’uso di alcool e droghe. (*) Nella sola Tuscia, durante il 2005, la commissione ha preso in esame le richieste di circa 3.100 utenti della Asl di cui definiti 2491.

(*) Nota: l’uso dell’etilometro sulle strade ha fatto più che raddoppiare il lavoro delle unità operative di medicina legale. In un periodo di sostanziale blocco delle assunzioni questo ha comportato seri problemi in alcune ASL.


IL GIORNALE.IT


Raddoppiate in un anno le patenti ritirate per guida in stato di ebbrezza

- di Redazione - 

C’è il professionista cinquantenne «beccato» al ritorno da una cena di lavoro e il ragazzino di diciotto anni uscito dalla discoteca. L’etilometro non fa differenze: chi ha bevuto più di un bicchiere di vino, un superalcolico o una birra in lattina non deve mettersi al volante. Altrimenti contribuirà ad allungare la lista dei cinquemila genovesi che (cento più cento meno) quest’anno si sono visti sospendere la patente per guida in stato di ebbrezza. I dati della commissione provinciale patenti, di cui fanno parte anche i medici del Sert, parlano chiaro: è bastato aumentare i controlli per far cadere nella rete degli agenti un numero doppio di persone che non hanno superato l’esame dell’etilometro.
«Se l’anno scorso sono state 3.500 le patenti ritirate - spiega Giorgio Schiappacasse responsabile dell’unità operativa del Sert di Quarto -, nel 2006 la cifra si avvia ad essere quasi raddoppiata. E questo perché manca completamente la cultura del “non bere” quando ci si mette alla guida. Basti pensare che non esiste un ristoratore che non offra un amaro a fine pasto, o che non c’è locale dove sono disponibili solo liste lunghissime di cocktail alcolici di tendenza».
Di questo problema sociale che non accenna a diminuire si è parlato ieri e oggi nel corso del convegno «Guida in stato di ebbrezza: pena pecuniaria o attività socialmente utili?», organizzato dalla Asl 3 e dall’associazione nazionale magistrati presso la sala riunioni della sede centrale della Banca Carige (via David Chiossone 12 a Genova). La proposta lanciata dagli esperti che cercano di contenere la diffusione del binomio alcol-guida è quella di trasformare la multa che si deve pagare per rimettersi al volante dopo una sospensione della patente per stato di ebbrezza in lavori socialmente utili. «Oggi la pena pecuniaria si aggira tra i 500 e i mille euro - spiega Schiappacasse -, ma una volta pagata non si impara nulla. Diverso il discorso se si facesse scegliere tra la multa e lo svolgimento di un’attività di servizio. Per esempio se si tratta di uno studente si potrebbe chiedergli una ricerca sull’argomento, oppure se è un negoziante si può fargli fare una pubblicità nel suo negozio... insomma, ci possono essere varie iniziative per far circolare le informazioni giuste e farle arrivare soprattutto ai giovani». (*)
Gli incidenti stradali causati dalla guida in stato di ebbrezza sono la maggior parte e spesso coinvolgono giovani che perdono la vita così, in una maniera che si poteva evitare, solo con un po’ di buonsenso. «Ma bisogna parlarne e attivare iniziative nuove - spiega Schiappacasse - come pubblicizzare i biococktail, 


(*) Nota: una multa forse non sarà sufficiente a modificare un atteggiamento. Ma l’alternativa proposta (servizi educativi, di fatto coatti) sia pure sostenuti dalla logica del contrappasso, mi lascia perplesso.


IL SECOLO XIX

Cresciuti a dismisura gli assistiti dell’Asl 3 per problemi di etilismo 

L’allarme In sei anni passati da 63 a 1.862 

In sei anni la Asl ha visto gli assistiti per etilismo passare da 63 a 1862. Una percentuale di incremento impronunciabile nella quale un ruolo tremendamente importante gioca la diffusione dell’alcol tra i più giovani. Sono i dati, illustrati da Pier Giorgio Semboloni, coordinatore Dipartimento Dipendenze della Asl 3 nell’ambito del convegno dal titolo "Alcol, guida, sospensione patente... misure alternative e nuove proposte", che si sta svolgendo nella sede centrale della Cassa di risparmio di Genova in via David Chiossone, organizzato da un gruppo di lavoro "interdisciplinare" costituito in seno al Sert del centro levante genovese.
«Sono dati impressionanti se si pensa che la percentuale dei pazienti del Sert con problemi di etilismo è passata dall’8 per cento al 30,4 per cento - spiega Semboloni - il fenomeno è in forte aumento e la Asl è un osservatorio privilegiato considerando che è chiamata a intervenire in tutti i casi in cui gli automobilisti vengano trovati alla guida in stato di ebbrezza alcolica». La legge prevede visite psichiatriche (nel 2005 sono state 1931), cicli di otto esami delle urine (422) ed esami del sangue (1885). «E’ necessario trovare un sistema per dissuadere gli automobilisti dal mettersi in viaggio ubriachi. - avverte Carlo Brusco, magistrato di Corte di Cassazione - La nostra proposta è quella di applicare le leggi esistenti a proposito del reinserimento sociale di chi si macchi di reati connessi al codice della strada e all’abuso di alcol. E la normativa vigente già prevede di impegnare queste persone in lavori socialmente utili: pene alternative alla detenzione, con una maggiore utilità per la collettività e un più elevato potere di rieducazione dell’individuo. Le Asl dovrebbero essere il centro propulsore, in fondo già si occupano dei controlli di chi ha avuto la patente sospesa». A questo proposito, Davide Falteri, segretario regionale di Unasca, l’unione nazionale delle autoscuole e degli studi di consulenza automobilistica, spiega: «Abbiamo recentemente aderito alla Carta europea della sicurezza stradale dando il nostro sostegno a una campagna di controlli teorici e pratici annuali a tutti quegli automobilisti che si ritengono a rischio o vogliano essere tenuti aggiornati sulla pericolosità di certe abitudini». Abitudini malsane e pericolosissime che si stanno diffondendo specie tra i ragazzi, sottolinea Gianni Testino, epatologo, presidente ligure della Società italiana alcologica: «Abbiamo recentemente concluso un’indagine tra gli studenti degli istituti tecnici genovesi che ha dato risultati preoccupanti. Il 13 per cento dei ragazzi sono già bevitori problematici cioè assumono una media giornaliera di alcol di 80 grammi, con picchi fortissimi durante il weekend».

G. Cet.


IL GAZZETTINO (PADOVA)

SPRITZ 

Sopralluogo al Portello per preparare l’operazione "decentramento"

Parte il decentramento del fenomeno spritz. Una delegazione istituzionale composta da prefetto, questore, sindaco, assessore alla Polizia Municipale Marco Carrai e assessore al Commercio Ruggero Pieruz, ieri mattina, ha perlustrato via Colombo lungo il Piovego in zona Portello. Ovvero l’area scelta dal comitato "Bar per il centro" per installare durante tutto il periodo estivo sette strutture in legno di sette locali del centro storico (Ai Dadi, Bertelli’s, Cafè Madrid, Chez Moi, Kolar, Bar Lume e Bacaretto insieme Ai Do Archi). Una soluzione che farebbe contenti gli esercenti che potrebbero riprendere a guadagnare fino alle 2 di notte, mentre adesso alle 24 sono costretti a chiudere a causa dell’ordinanza targata Flavio Zanonato, e i residenti tra piazze e Ghetto che senza il popolo degli spritz sotto casa potrebbero finalmente riposare.«Abbiamo studiato tutti insieme - spiega Ruggero Pieruz - se la zona in questione, praticamente di fronte alla mensa universitaria Piovego, sia in grado di ricevere una manifestazione di tale portata. Diciamo che siamo moderatamente soddisfatti e che bisogna sistemare alcune faccende tecniche. L’idea del comitato "Bar per il centro" - prosegue Pieruz - è sicuramente buona se effettivamente riuscirà a far defluire il fenomeno spritz dalle piazze al Portello. Questi sette locali dovranno stoppare la musica alle 24, ma potranno restare aperti fino alle 2».I problemi tecnici ai quali si riferisce l’assessore Pieruz non sono altro che il luogo dove posizionare i servizi igienici e dove sistemarne gli scarichi. Sopralluogo a cui ha partecipato anche Federico Contin, presidente del comitato "Bar per il centro". "Voglio sottolineare, e non per piaggeria, quanto sia stata importante in questo dialogo tra noi e il Comune la figura del questore Alessandro Marangoni. Uomo intelligente e disponibile che ha permesso la continuazione della collaborazione tra baristi e amministrazione comunale.
«Detto questo - afferma Contin - speriamo bene che il Comune questa volta accetti la nostra proposta. Sinceramente ho avuto l’impressione che la soluzione di decentrare il popolo dello spritz al Portello sia piaciuta. Se tutto filerà liscio entro due settimane dovremmo aprire fino a fine settembre. Offriremo al pubblico non solo alcolici e panini, ma musica e spettacoli come il cabaret". Una cosa è certa, l’eventuale sì all’installazione dei locali in via Colombo non significa che il sindaco Flavio Zanonato ritirerà il provvedimento che obbliga venti bar tra piazze e Ghetto di chiudere alle 24 anziché alle 2». «Auspichiamo - termina Contin - che il Comune annulli l’ordinanza, nel momento in cui i ragazzi dello spritz si traslocheranno al Portello».

Marco Aldighieri


IL GAZZETTINO (PADOVA)

L’INTERVENTO

Spritzopoli, Spritzeide, Spritzlandia, Spritz-war, Spritz angels, Spritzstock (direi che manca solo uno Spritz-gate!) sono solo alcuni dei termini nati per descrivere o meglio cercare di inquadrare le vicende nate da un aperitivo di colore arancione, dalla voglia di tanti ragazzi di stare insieme e dalla maleducazioni di pochi. Impossibile riassumere la questione spritz: sulle sue origini e fenomenologia lasciamo volentieri spazio a sociologi e professori, ci limitiamo a ricordare due strategie attuate da Palazzo Moroni quella delle "divise" della giunta Destro e quella dei "piccoli passi" inaugurata dalla giunta Zanonato. Nel primo caso si è tentato, senza successo, di blindare le piazze con agenti di pubblica sicurezza: nessun risultato positivo tangibile se non un’escalation di tensione e paure. Nel secondo caso invece, si è scelto di affidare la tutela dell’ordine pubblico (e in particolar modo la lotta allo spaccio) ad agenti in borghese ottenendo buoni risultati come testimoniano i frequenti arresti e controlli. Accanto a questo intervento discreto ma efficace delle forze di polizia è stato avviato un percorso di partecipazione (la consulta delle piazze) e una politica di provvedimenti concreti come le chiusure anticipate, le campagne contro l’abuso di alcolici e sostanze, una pulizia piu’ efficace delle Piazze e il prolungamento dell’orario di apertura delle toilette pubbliche. Se la strategia della piazza blindata non aveva portato ad alcun risultato, quella dei piccoli passi sortirà effetti solamente a medio/lungo termine. E ai cronici problemi della questione spritz, si aggiungono adesso anche le trovate un po’ demagogiche di alcuni baristi e qualche furbo no global che tenta di strumentalizzare la vicenda.E’ opportuno che la classe dirigente ma anche gli stessi padovani e tutti i soggetti coinvolti, (giovani, baristi, istituzioni) compiano un passo coraggioso ma necessario,adottando una politica, e di conseguenza una prassi basta su concrete responsabilità. Non è un espressione di fumoso politichese, ma un salto di qualità che le menti e i cuori dei padovani possono realizzare nei comportamenti quotidiani. I ragazzi devono rendersi conto (magari stimolati da un’opportuna campagna mediatica promossa dalle istituzioni) che le piazze non sono una sorta di parco giochi o terra di nessuno, ma sono un bene della collettività di cui sono responsabili verso la cittadinanza intera. Le Piazze c’erano ben prima della moda degli spritz: sono sempre state uno strumento di aggregazione. Utilizzare un bene comune cioe’ dell’intera collettività, significa esserne responsabile. Molti ragazzi sono stufi di essere dipinti come un branco filo-alcolico "alla Lucignolo": molti di loro non vedono l’ora, con un pizzico di orgoglio, di dimostrare maturità e senso della comunità.Prassi della responsabilità anche per i bar della zona, i quali dovrebbero abbandonare funerali e trovate un po’ demagogiche che aiutano a vincere la guerra mediatica ma non la vera sfida di una convivenza civile. Come piu’ volte è stato fatto notare, i consumatori di spritz assicurano ai baristi cospicui guadagni. Non c’e’ dubbio che questo fenomeno sia positivo, tuttavia i baristi. devono garantire che la loro attività non provochi impedimenti alla circolazione o danneggi la quiete dei residenti. Sono ancora troppo pochi i bar che si sono dotati di personale (li hanno giustamente chiamati spritz angels!) per garantire questi obiettivi. Credo che anche i baristi debbano essere richiamati ad una conduzione piu’ responsabile della loro attività commerciale. Con serenità, senza lotte, avvocati o ricorsi che non giovano a nessuno.
Responsabilità anche per l’amministrazione provinciale che deve essere necessariamente coinvolta: non ci stancheremo mai di ripetere che tanti dei ragazzi che assediano lo piazze e il centro vengono dai comuni limitrofi e dal resto della provincia. Deve proseguire sulla strada della politica delle responsabilità anche l’amministrazione comunale che puo’ puntare su due obiettivi: il primo è quello di responsabilizzare con opportuni mezzi, i giovani ( proporre percorsi nelle scuole di "uso corretto" della Piazza), gli esercenti ( in questo senso la Carta di Qualità recentemente approvata e un buon passo in avanti) e le altre istituzioni locali. Il secondo obiettivo è quello che potremmo definire "dell’equilibrio", senza dubbio piu’ difficile da realizzare, una vera sfida per la giunta Zanonato. Gli ingredienti dello spritz sono a tutti noti: tuttavia per ottenere una buona bevanda non eccessivamente alcolica bisogna mixare con equilibrio e giuste proporzioni gli ingredienti base. Allo stesso modo gli ingredienti per migliorare la soluzione nelle Piazze sono noti e in alcuni casi gia’ sperimentati: si tratta di capire qual è il giusto equilibrio per ottenere il mix desiderato. "Desiderato da tutti" e non solo da alcuni soggetti: un buon compromesso civile che permetta ai ragazzi di gustare in tranquillità un aperitivo con gli amici, alle famiglie di fare shopping in piazza o riposare dopo una giornata di lavoro nelle abitazioni nel cuore di Padova.

Gruppo Consiliare La Margherita Cdq Centro

IL MESSAGGERO (MARCHE)

PORTO SAN GIORGIO 

Preoccupa la microcriminalità: «Vogliamo il vigile di quartiere» 

di SANDRO RENZI

PORTO SAN GIORGIO - «Vogliamo il vigile di quartiere». Sono sempre di più i cittadini che lo richiedono dopo il recente fatto di cui è stato protagonista Don Davide Beccerica, aggredito e derubato da un balordo in pieno giorno all’interno della Chiesa di San Giorgio. La questione sicurezza torna dunque nuovamente in primo piano. Alcuni episodi di microcriminalità vengono segnalati troppo frequentemente negli ultimi tempi. Mercoledì notte lo chalet Conchiglia, in pieno centro, è stato preso di mira da alcuni teppisti che hanno divelto gli ombrelloni, lanciato i tavolini ed i giochi in spiaggia, rotto alcune sedie, lasciando poi sull’arenile un tappeto di vetri. Danni per poche centinaia di euro. Ma con la stagione balneare già iniziata si tratta per i concessionari di spiaggia pur sempre di un fastidioso contrattempo. Continuano inoltre gli schiamazzi serali a Piazza Mentana, soprattutto nel fine settimana. Piccoli episodi che richiedono un controllo più assiduo da parte delle forze dell’ordine. Intanto si propone l’istituzione del vigile di quartiere. A farsi interprete dell’appello lanciato da vari residenti anche Maria Diana Fioretti. «La loro azione deve consistere soprattutto nel controllare, prevenire e consigliare -spiega l’ex sindaco- a Porto San Giorgio servono più vigili non solo d’estate ma nel corso di tutto l’anno. Infatti la Polizia locale con la sua costante e vigile presenza è un ottimo deterrente contro i fenomeni di microcriminalità». La cittadina costiera è fortunatamente ancora un luogo vivibile rispetto ad altre realtà anche marchigiane. «Ma proprio per questo -dice ancora la Fioretti- è necessario che la Polizia Municipale sia presente in ogni zona della città. E’ necessario quindi che gli amministratori si coordinino al meglio con le varie forze dell’ordine, dai Carabinieri alla Polizia stradale, ma è ancor più impellente l’istituzione del vigile di quartiere». Intanto proseguono in comune gli incontri con i rappresentanti del Sert, delle associazioni di categoria, della Polizia, dei Carabinieri e dei Vigili urbani per arrivare alla firma di un protocollo d’intesa che disciplini, tra le altre cose, l’orario di chiusura notturna degli esercizi pubblici e le modalità di somministrazione delle bevande alcoliche. Ma anche importante approntare una campagna di sensibilizzazione contro l’abuso di alcool soprattutto tra i giovani.


CORRIERE ADRIATICO

Distrutti tutti gli arredi trovati Spezzati gli ombrelloni sulla spiaggia

Vandali in azione alla “Conchiglia”

Assaltato lo chalet. La titolare: “Chiediamo soltanto di fare i controlli”

PORTO SAN GIORGIO - I vandali tornano a colpire sul lungomare centro: preso di mira lo chalet La Conchiglia. Tavolini rovesciati a terra, cestini dell’immondizia spaccati e il contenuto sparso per tutta la spiaggia, ombrelloni divelti, giochi per i bambini distrutti e tirati dentro il fosso o addirittura in mare. Lo scenario che ieri mattina si è presentato ai titolari dello chalet Conchiglia è stato davvero grave. A raccontare come sono andate le cose è la signora Morena, titolare dello storico stabilimento sangiorgese, che anche a nome della categoria vuole lanciare un messaggio chiaro e forte all’amministrazione: fateci lavorare e forniteci un minimo di tutela. E’ impossibile fare turismo in queste condizioni. Non c’è bandiera blu che tenga, nessun riconoscimento ambientale, né tanto meno piste ciclabili o iniziative. Porto San Giorgio deve affrontare una volta per tutte il fenomeno della microcriminalità. La maggior parte delle volte si sanno i nomi dei responsabili, o li si possono intuire, non resta che mettere in atto la linea dura. Ma ecco come sono andate le cose la scorsa notte alla Conchiglia. Mercoledì sera avevamo visto che non girava gente - racconta Morena la titolare - il lungomare era deserto ed abbiamo così deciso di chiudere mezz’ora prima. Poco dopo aver lasciato la struttura sono entrati in azione i vandali. Teppisti che non sono arrivati dentro lo stabilimento in quanto protetto da sistema d’allarme, ma che hanno dato sfogo ai loro impulsi distruttivi insensati nella veranda dello chalet. Rovesciati e spaccati i tavolini del bar, sedie lanciate, immondizia ovunque. Ma non è finita qui. Sfilati e spaccati anche gli ombrelloni che si trovano in spiaggia mentre i giochi per bambini sono stati divelti e scagliati in un vicino canale di scolo delle acque piovane o addirittura in mare. Sul posto sono arrivati i carabinieri che hanno proceduto a tutte le rilevazioni di rito. Le forze dell’ordine hanno bisogno del sostegno dell’Amministrazione comunale - spiega la titolare della Conchiglia - ci deve essere collaborazione, non possono essere lasciate sole a se stesse. Dove sono i vigili urbani? Chi è che fa i controlli la sera sul lungomare? Il tutto considerato poi che siamo in pieno centro. Ieri mattina, mentre la notizia di quanto successo alla Conchiglia si diffondeva, la signora Morena ha ricevuto la solidarietà degli altri gestori degli chalet. Tutti chiedono al sindaco: fateci lavorare, abbiamo investito nella città e non è giusto che l’Amministrazione ci penalizzi”. Sui responsabili intanto ci sono i primi sospetti. Ancora una volta il dito è puntato contro i giovani che ubriachi escono da piazza Mentana e vanno a sfogarsi in spiaggia. Una sera mi trovavo in macchina nella piazza in questione - racconta la signora Morena - dei giovani erano in mezzo alla strada e non mi facevano passare, ho suonato leggermente il clacson e per poco non mi ribaltavano l’automobile.


LA SICILIA

«Così sono uscita dal tunnel dell’alcolismo» Storia

Non riusciva a venirne fuori. Era nel baratro. Dentro il tunnel. E tutto a causa dell’alcol. Lentamente, però, è riuscita a venirne fuori. A trovare la luce. Il tutto a prezzo di grossi sacrifici. Anche perchè mossa da una fede incrollabile. E’ la storia di una donna ragusana, che chiameremo Giovanna.
Ma come ha iniziato Giovanna a fare uso di bevande alcoliche? «Provenivo da una famiglia - racconta l’ex alcolista - dove il vino veniva consumato abitualmente a tavola per i pasti. Pian piano mi resi conto che bevevo anche al mattino, la sera non disdegnavo l’uso di liquori prima di andare a dormire. Premetto che il mio non era un matrimonio felice; mio marito, a volte, mi costringeva a bere cosicchè mi lasciassi andare un po’ con lui. Poi, la nostra unione iniziò a vacillare e nel bere trovai ancor più consolazione, mi faceva stare bene. A nulla valsero anche i suoi tentativi di farmi smettere, io compravo gli alcolici pure di nascosto. A questo punto, ci separammo e, quasi in contemporanea, si separò dalla moglie anche mio fratello, così ci trovavamo insieme a bere per sostenerci a vicenda, senza renderci conto di trascinarci l’un l’altro in una fossa pericolosissima».
Però, da questa fossa, Giovanna ha avuto la forza di uscire. In che modo? «Frequentavo - spiega - un gruppo di preghiera a quel tempo. Lì una mia amica mi indirizzò all’anonima alcolisti dove ho capito molte cose. Premetto che con me c’era mia figlia come ’’auto-aiuto’’; comunque capii che il vizio distrugge tutto con un’aggressività davvero violenta. Tutti gli alcolisti, presto o tardi, si trovano isolati dal resto delle persone proprio a causa del loro temperamento pericoloso».
Ma non è stata soltanto l’anonima alcolisti a fare uscire questa donna iblea dal vizio. «Ad illuminarmi - spiega ancora - fu il Signore. Una brutta malattia, dovuta al vizio del fumo, mi fece perdere anche il lavoro, ma non la vita; allora capii che se ero ancora viva era perchè il Signore mi voleva bene, dunque dovevo volermene anch’io. A questo punto smisi di bere anche per dare l’esempio a mio fratello e tornai a vivere con mio marito. La pace, però, durò poco e il mio matrimonio naufragò del tutto portandosi lontano anche i miei figli; fu un passaggio tremendo nel quale rischiai la ricaduta, ma Gesù è più potente di un bicchiere di vodka! Non ho più bevuto. Non ho più fumato. In realtà è stato uno sforzo che mi costò una depressione tremenda durata circa sette anni. Ma dove era Dio, mi chiedevo, in quel momento? In realtà l’unica ad essere assente ero io, non Dio. Odiavo ed ero nelle tenebre; ma dietro a queste ed altre dolorosissime vicissitudini, c’era un piano di Gesù che mi permise prima di tutto di curarmi con successo e di riallacciare i rapporti con mia madre».

Giorgio Liuzzo


IL GIORNALE DI CALABRIA

Il numero verde antidroga dell’As funziona 

CATANZARO. “Sono 4.448 le telefonate pervenute, nel corso dell’anno 2005, al numero verde anonimo e gratuito 800-019899 del Servizio Regionale di Accoglienza Telefonica “LineaVerdeDroga” (LVD) voluto e finanziato dalla Regione Calabria, Dipartimento alla Salute, che opera in stretto rapporto con il Servizio per le tossicodipendenze dell’As 7 diretto dal dottor Bernardo Grande”. Lo ha reso noto la stessa azienda che con una nota riepilogativa ha illustrato tutta l’attività del servizio messo a disposizione dell’utenza regionale. I dati statistici offerti dal Servizio evidenziano che il 54,8% (v.a. 2.437) del totale delle telefonate sono giunge da utenza femminile, il 43,8% (v.a. 1.949) da utenza maschile mentre i riattacchi risultano essere solo 1,4% (v.a. 62). La distribuzione per classi di età rileva che la fascia di utenza più rappresentata è quella compresa tra i 31/40 anni (27,3 %) con un numero di richieste di intervento pari a 1.214 chiamate. Dato interessante è l’implemento delle telefonate che giungono dai ragazzi di età compresa tra i 16 e i 19 anni che, rispetto al 2004, è pari al 60%. Tale aumento è significativo considerato il battage promozionale che LVD ha voluto e realizzato su tutto il territorio regionale attraverso numerose iniziative di sensibilizzazione e pubblicizzazione del proprio numero verde (spot radiofonici, cartelli pubblicitari su mezzi di trasporto urbano, manifestazioni sportive). A sottolineare la validità di tali iniziative si aggiunge l’evidente incremento dell’utenza telefonica in riferimento alla distribuzione territoriale che cresce in tutti i capoluoghi di provincia: la città e la provincia di Catanzaro registra la percentuale più alta (39,5%), seguita da Cosenza (17,5%), Reggio Calabria (12%), Crotone (8,5%) e Vibo Valentia (5%). Da un’attenta analisi fatta sulla tipologia di utenza afferente al Servizio è emerso che conoscenti, familiari e persone vicine al tossicodipendente (td) - prevalentemente donne - sono quelli che maggiormente utilizzano LVD con una percentuale del 29,2%. Seguono i consumatori di sostanze con il 19,6 % e i professionisti e gli operatori del settore (19,1 %). Sono, comunque, tante e sempre di più le persone che individuano LineaVerdeDroga come punto di riferimento per testimoniare o denunciare stati di malessere psicologico e sociale connessi, non solo alla problematica della dipendenza, ma anche a condizioni di solitudine e difficoltà relazionali e/o esistenziali in cui è forte il bisogno di essere ascoltati. Nel corso dell’anno 2005, le psicologhe operatrici di LVD hanno dato complessivamente risposta a 7.804 richieste: il lavoro di consulenza-ascolto rappresenta il 35,8% dell’attività interna; le richieste di orientamento (37%) verso i Ser.T. e le strutture riabilitative hanno subito un incremento soprattutto per quanto concerne le Comunità a “doppia diagnosi” (segno tangibile di quanto lo stato di tossicodipendenza sia strettamente legato a disagi di tipo psichiatrico); le informazioni sulle sostanze (10,8%) si riferiscono ad esigenze di chiarimento sugli effetti e i rischi derivanti dall’uso/abuso delle sostanze psicoattive di maggiore consumo tra i giovani: cannabinoidi, alcool, ecstasy, cocaina ed eroina. 


 

LAGAZZETTA DI PARMA

Violentata al parco Ducale

Violentata al parco Ducale.Diciottenne aggredita da un parente ubriaco: lui bloccato da un vigilantes « Quando mi ha visto ha iniziato a gridare più forte, urlandomi di aiutarla. Cos« sono corso nel prato e ho strattonato via lui. Che nonostante tutto ha continuato a ridere e a offendermi. Come se non si rendesse nemmeno conto di quello che aveva fatto » . E come se fosse normale aggredire una ragazza di appena 18 anni, come se dopo avere troppo bevuto ci si possa permettere tutto, anche di assalire l’amica che pensava ad una serata allegra, come tante. E che ora invece non riesce più a smettere di piangere. Erano da poco passata la mezzanotte di ieri quando una guardia giurata in servizio di vigilanza al Parco Ducale ha sentito quelle grida disperate provenire da un prato immerso nel buio a due passi dall’ingresso su piazzale Santa Croce. Quelle urla che hanno fatto accorrere il vigilantes che è intervenuto sottraendo alla furia del giovane quella ragazza ormai senza nemmeno la forza di reagire. « Ho bloccato lui e ho allertato i carabinieri. Se penso che sarebbero bastati pochi minuti di ritardo e non avrei potuto fare nulla mi sento rabbrividire prosegue il vigilantes che in quel momento era impegnato nella consueta ronda per la chiusura del parco.


L’ADIGE

Cuoco ebbro, l’hotel sta chiuso

Era in cucina ubriaco. L’apertura ai clienti è stata rinviata

Hanno dovuto rimandare a data da destinarsi l’apertura al pubblico i gestori di un albergo a Mazzin di Fassa. Colpa del cuoco, che non c’è. O meglio, del cuoco che era stato contattato attraverso un annuncio su internet e che non ha superato il periodo di prova perché ha alzato un po’ troppo il gomito, proprio nel giorno d’inaugurazione della stagione: E.B., queste le iniziali del nome, milanese, si è presentato al lavoro in evidente stato d’ebbrezza e per calmarlo c’è voluto pure l’intervento dei carabinieri. L’episodio accaduto mercoledì pomeriggio a Mazzin è degno di un film tragicomico: da una parte i gestori dell’albergo alle prese con l’organizzazione di uno staff per la partenza della stagione, dall’altra un cuoco quarantenne con tanto di referenze che però si è lasciato andare all’alcol. Alle 16, orario previsto per l’inizio del servizio ristorazione, il professionista dei fornelli è arrivato barcollante in cucina. In quelle condizioni non poteva fare molto, nonostante la sua provata esperienza e capacità; contando pure che si trattava del suo primo giorno effettivo di lavoro, la figura fatta non è stata delle migliori. Alle prime rimostranze dei gestori dell’albergo, l’uomo ha reagito in modo violento: non voleva andarsene da quello che ormai considerava il «suo» posto di lavoro e a nulla sono valsi i tentativi da parte dei titolari di farlo tornare in sé. Dopo qualche minuto di tensione è stato chiesto l’intervento dei carabinieri della stazione di Vigo di Fassa. Nemmeno alla vista delle divise il cuoco si è tranquillizzato: quando i carabinieri si sono avvicinati, ha dato in escandescenza e ha colpito il maresciallo Antonio Daffini al polso, con il risultato di rompere il cinturino dell’orologio e di procurargli alcuni graffi al polso guaribili in sette giorni. Nulla di serio, per fortuna, ma la peggior sorte è stata per il cuoco, che con il suo comportamento ha perso il lavoro stagionale ed è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale. I carabinieri, dopo gli accertamenti del caso e dopo che la sbornia era passata, lo hanno accompagnato alla stazione delle corriere. L’uomo è stato liquidato dai gestori dell’albergo con la cifra pattuita per le ore che aveva prestato nei giorni precedenti e se ne è tornato a casa in quanto, formalmente, non ha superato il periodo di prova. L’hotel di Mazzin rimarrà chiuso finché non verrà trovato un altro cuoco, con provata capacità professionale ma preferibilmente astemio.

M. Vi.


IL GAZZETTINO (ROVIGO)

La lite è scoppiata tra due colleghi all’interno dell’imbarcazione Mina, nell’area portuale di Val Da Rio 

Una baruffa finita nel sangue 

Il cuoco di bordo, 26 anni, è stato ferito alla gola: per poco la lama non ha reciso l’arteria 

Chioggia

È successo tutto nel tardo pomeriggio. Una rissa è improvvisamente scoppiata nell’area portuale di Val Da Rio, a bordo dell’imbarcazione "Mina", una nave di bandiera maltese, ma con equipaggio completamente ucraino e comandante bulgaro. Intorno alle 17.30, il nostromo ventiseienne e il cuoco, anche lui di 26 anni, hanno cominciato a discutere animatamente. I motivi della lite ancora non sono ben chiari, ma pare che entrambi avessero bevuto degli alcolici. Dalle parole si è passati presto ai fatti. Prima qualche spinta, poi sono volati dei pugni e infine è venuto fuori anche un coltello. Il nostromo ha colpito il collega all’improvviso, senza dargli il tempo di reagire. Un unico fendente arrivato alla gola che ha causato un profondo taglio. Il resto dell’equipaggio, accortosi di quanto successo, ha subito soccorso il cuoco. Il giovane perdeva molto sangue ed era privo di sensi. Immediatamente sono stati chiamati i soccorsi e dal vici

Sabato, 10 Giugno 2006
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