da Uomini e trasporti -- Anno XXV n. 218 Giugno 2006
Prima del 1° Maggio Dopo il 1° Maggio
I veicoli di nuova immatricolazione devono avere a bordo
il nuovo apparecchio digitale, ma i centri tecnici italiani non sono pronti e
le imprese di trasporto hanno già cominciato a rivolgersi alle officine
specializzate straniere, con aumento dei costi e perdita di competitività,
specie nei confronti delle imprese dell’Est Europa. L’odissea del cronotachigrafo è giunta – come previsto –
alla spiacevole resa dei conti. Dal 1° maggio è infatti entrata in vigore la
nuova normativa che prevede l’installazione dell’apparecchio digitale per
registrare i tempi di guida dei conducenti di camion, pullman ed autocarri. Si
tratta di una conseguenza dell’emanazione del regolamento UE
sull’armonizzazione dei tempi di guida e di riposo, che entreranno in vigore il
prossimo anno per i veicoli dotati del vecchio sistema di rilevazione e da
subito per i conducenti di quelli dotati di tecnologia digitale. Del resto era
gioco facile prevedere che, dopo la deroga concessa dall’UE nello scorso
agosto, sarebbe stato difficile ottenere un’ulteriore dilazione da parte del
commissario Barrot. Il tachigrafo digitale è quindi obbligatorio per tutti i
veicoli di nuova immatricolazione adibiti al trasporto su strada di merci (con
portata superiore alle 3,5 ton) e di viaggiatori (con capienza superiore ai 9
posti). L’obbligo varrà invece per i camion già immatricolati solo nel caso di
guasto irreparabile al tachigrafo analogico. Nel 2005 – secondo stime Anita –
sarebbero circa 9.000 su 14.000 i mezzi con installato il tachigrafo digitale.
Per il momento Unioncamere ha annunciato che sono state rilasciate circa 3.000
carte conducente e 500 carte di controllo. La novità – per quanto ripetutamente annunciata – ci
coglie paradossalmente del tutto impreparati ed è lecito aspettarsi la probabile
apertura nei nostri confronti di una procedura d’infrazione comunitaria. Come
mai? In parole povere, le officine non sono pronte. Teoricamente, infatti, con
la pubblicazione del decreto 21 febbraio 2006 del Ministero delle Attività
Produttive, i centri tecnici esistenti erano già stati autorizzati ad
effettuare le operazioni di calibratura degli apparecchi digitali, anche se non
era chiaro quale fosse la strumentazione idonea all’operazione, se cioè il
“banco a rulli” oppure – come avviene in altri Paesi europei – la pista di 20
metri. Ma la situazione reale è molto più preoccupante. Le officine italiane
per la quasi totalità non si sono dotate del macchinario a rulli, sia perché la
spesa per le apparecchiature è elevata (circa 50 mila euro), sia perché per
rendere operativo il sistema ci vuole un certo tempo tecnico che non è
riducibile alla data di entrata in vigore del regolamento comunitario 2135/98
(quello che prevede appunto l’obbligatorietà del digitale). È poi facile immaginare che la scelta del sistema a rulli
– quello normativamente più sicuro - comporterà una riduzione delle officine
che richiederanno l’autorizzazione all’attivazione dei tachigrafi digitali, con
relativo aumento dei costi (che comunque sono fino a 5 volte superiori a quelli
del sistema a pista). Visto che siamo così indietro, i veicoli italiani con
cronotachigrafo digitale sono necessariamente obbligati – almeno per il momento
– ad effettuare la calibratura dell’apparecchio all’estero presso officine
straniere specializzate, con la conseguenza di aumenti di spesa e perdita di
competitività da parte delle aziende. E ciò vale anche per chi non esegue
trasporti internazionali, ma ha comunque necessità di rendere funzionante il
tachigrafo sulle strade della Penisola. Che sia un’ipotesi del tutto realistica
ed attuale lo dimostra il fatto che Anita ha inviato da tempo ai suoi associati
la lista delle officine autorizzate ad operare sul tachigrafo digitale in
Austria, Francia e Germania. Un problema che è aggravato dal fatto che nei
primi due mesi del 2006 la vendita di trattori è aumentata di quasi il 22%,
quasi tutti mezzi dotati di cronotachigrafo. Un’altra questione è che il misuratore digitale non è
richiesto per i vettori dell’Est, che nel frattempo continuano ad accrescere la
loro quota di penetrazione nel mercato italiano. In sostanza ci troviamo in
presenza di un differenziale tecnologico che sarà utilizzato sul terreno della
concorrenza, al punto che è facile prevedere un aumento sostanziale della vita
media dei veicoli. In questa bailamme legislativa due sono però le notizie
confortanti. Innanzitutto il decreto ministeriale di febbraio ha esteso anche
ai consorzi, alle cooperative di autotrasporto ed alle case costruttrici la
possibilità di utilizzare le proprie officine per effettuare le operazioni di
calibratura e le revisioni, anche senza possedere la certificazione di qualità
aziendale. Correggendo infatti il decreto ministeriale precedente dell’11 marzo
2005, il nuovo DM recita all’art.1 che “il divieto (di partecipare a imprese
che svolgono trasporto merci su strada - ndr) non opera nei confronti del
personale dei centri tecnici che partecipano ad imprese che svolgono attività
di vendita di veicoli e di trasporto e di locazione senza conducente di veicoli
a terzi, a condizione che il centro tecnico non svolga interventi sui veicoli
di proprietà dell’impresa di vendita cui è correlata l’attività di trasporto o
noleggio”. La seconda mossa che potrebbe dare respiro alle aziende è
quella – richiesta a gran voce dalle associazioni di categoria e dai
costruttori – della proroga per i trasporti in Italia della possibilità
dell’utilizzo manuale dell’apparecchio digitale. Ma al riguardo il Ministero
delle Infrastrutture non ha ancora preso decisioni. La preoccupazione che rimane
è che il tutto si concluda con un’ulteriore rigidità operativa che produrrà un
ulteriore aumento dei costi, difficilmente recuperabile dalle imprese nel breve
periodo.
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