LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (NORDBARESE)
La sezione locale si muove molto soprattutto nelle scuole
proponendo lezioni di educazione e sicurezza stradale
La prevenzione prima di tutto
L’Associazione
Genitori protagonista anche nella lotta contro l’alcol
L’A.Ge. (Associazione Genitori) di Barletta insieme al
Comune e al SerT ha promosso e organizzato tutte le manifestazioni del progetto
«Ubriacati? di vita!» che mobiliteranno pub e locali a partire dalle ore 21 di
giovedì 15 e venerdì 16. L’A.Ge. nazionale nasce nel 1968 ispirata ai valori
della costituzione italiana e dell’etica cristiana, perseguendo l’obiettivo di
aiutare i genitori ad esercitare pienamente il loro ruolo educativo. «Siamo un
gruppo di genitori - spiega la presidente del sodalizio locale Nunzia Roggio -
che da anni si occupa delle problematiche legate alla crescita educativa,
sociale e culturale dei ragazzi e in particolar modo la nostra attenzione è
rivolta all’educazione e alla sicurezza stradale, due strumenti che possono
contribuire a diminuire le tragedie maggiormente concentrate nel fine
settimana». Dal ’97, in seguito a dei tragici incidenti che hanno scosso la
comunità barlettana, l’Associazione Genitori ha cercato di portare all’attenzione
pubblica questo gravissimo problema sociale. Per questo la loro attività si è
rivolta alle famiglie, perché dal dolore potesse nascere un messaggio di
speranza per tutti, ma anche ai giovani, perché riprendessero in mano il
proprio destino. Tra le tante iniziative condotte negli ultimi anni
l’innovativa rassegna artistica «Maggiogiovani - mai più sogni interrotti» che
offriva uno spazio per esibirsi ai tanti complessi locali dando spazio al sano
protagonismo giovanile. «Da anni collaboriamo con enti pubblici e privati sul
fronte della sicurezza stradale, delle dipendenze ma anche sul versante
culturale -continua la presidente Roggio - basti pensare al recente impegno a
favore della sede distaccata locale del Conservatorio "Piccinni" di
Bari. Collaboriamo molto anche con l’amministrazione comunale e soprattutto con
le scuole dove incontriamo studenti con i quali lavoriamo molto sul versante
della legalità e dell’educazione stradale». Da questa collaborazione sono nate
iniziative rilevanti come «Urban Traib», sempre legato alle «stragi del sabato
sera», che ha coinvolto oltre 500 alunni degli istituti superiori e la campagna
«CU - See You» promossa dal Consiglio dei Ministri incentrata sulle dipendenze
da alcool e droga, che ha riscosso un analogo successo e molte adesioni. «Da
diversi anni ci rechiamo al Motor show di Bologna con una cinquantina di
studenti degli istituti locali e uniamo alla visita alla fiera convegni e
manifestazioni sulla sicurezza stradale con grande soddisfazione dei ragazzi».
Sono tante e tutte di fondamentale importanza queste iniziative perfettamente
calate nella realtà dei giovani, che mirano con efficaci strumenti e
testimonianze vive, a promuovere degli stili di vita più sani.
Dal ’97, dopo alcuni tragici incidenti che hanno scosso la
comunità barlettana, l’A.Ge. ha portato all’attenzione pubblica questo problema
sociale
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (NORDBARESE)
l’iniziativa
Dalle istituzioni,
dalle scuole e dai locali cittadini parte un progetto per contrastare il
fenomeno, incentivando il cocktail analcolico
La pericolosa «invasione»
dell’alcol
Tanti sono i lati negativi legati
agli abusi in cui cade un numero sempre più elevato di giovani
Fino a non molti anni fa i giovani barlettani che
intendevano passare una serata all’insegna della distensione e del divertimento
erano costretti a «migrare». Mete privilegiate il lungomare di Colonna o il
centro storico di Trani con i suoi numerosi locali e, soprattutto in piena
estate, il lido di Margherita di Savoia. Senza dimenticare che all’epoca
rientrare a casa a mezzanotte era consentito solo a pochi privilegiati, per lo
più maschi già maggiorenni. Ora è il centro storico, o meglio il borgo
marinaro, il luogo in cui convergono i ragazzi alla ricerca di qualche ora da
passare in allegra compagnia, senza troppi pensieri. A seconda degli orari i
primi ad affollare quella zona sono gli adulti, spesso intere famiglie che si
trascinano bimbi anche molto piccoli, meta preferita le pizzerie, poi ci sono
gli adolescenti, più squattrinati rispetto ai grandi, che si accontentano di un
panzerotto o di un pezzo di focaccia e una coca. L’ultimo turno spetta ai
giovani, senz’altro più indipendenti, che amano la pizza ma non solo. È «la
movida» alla barlettana. Dietro questa sana voglia di divertirsi è però in
agguato l’esagerazione, la voglia di «sballare», lo spirito di emulazione, che
porta anche giovani cosiddetti normali, a seguire il gruppo e le sue
intemperanze. A questo va aggiunto che il mercato offre prodotti quanto mai
accattivanti e intriganti: «alcol pops» o «read to drink», bevande alcoliche
veloci da bere, pronte all’uso, con un prevalente gusto di succo di frutta ma
che spesso contengono vodka, rum o altri supercolici potenti. Un mix quello di
alcol e frutta che piace molto alle ragazze, ecco spiegato, almeno in parte,
l’aumento di giovanissime che bevono. Un’altra moda che si va pericolosamente
diffondendo è il «binge drinking», una sorta di «abbuffata di alcol», che
consiste nel bere in poco tempo una quantità tale di alcol da fare andare in
tilt il cervello con danni immediati e naturalmente anche a lungo termine. E
che dire dei prodotti scadenti e dei superalcolici venduti a costi bassissimi
per invogliare al consumo, più di un esercente definisce scorretti ed
eticamente contestabili questi sotterfugi per accaparrarsi la clientela eppure
c’è chi non ci pensa due volte e organizza serate all’insegna dell’alcol a
prezzi stracciati. La movida barlettana ha anche una sua triste appendice
consumata per le strade, lo spettacolo che si presenta la mattina dopo è
davvero preoccupante: lattine, bottiglie di birra e altre bevande sparse
ovunque, segno dell’escalation incalzante di questo tipo di abitudine. Che
fare? Dare spazio alla fantasia e alla creatività e proporre delle alternative
alle bibite alcoliche porta come conseguenza inevitabili effetti positivi per
gli stessi esercenti, per il buon nome del loro locale e, in ultima analisi,
per l’ordine pubblico cittadino. Già esistono in commercio le birre analcoliche
per chi non intende rinunciare a questo tipo di bevanda, inoltre nelle grandi
metropoli vanno diffondendosi i locali in cui si preparano e si servono solo
drink e cocktail a base di frutta e ortaggi rigorosamente analcolici. Del resto
la massiccia adesione all’iniziativa lanciata in questi giorni con il concorso
«W il cocktail analcolico» la dice lunga sulla disponibilità dei locali a
mettersi in gioco e a catturare con la loro bravura e fantasia il cliente.
Oltre una trentina i pub che hanno aderito con le loro bibite che di volta in
volta fanno riferimento al locale o ad un nome di fantasia ispirato
dall’iniziativa. I giovani stessi fungeranno da originale giuria e formuleranno
il loro giudizio, alla fine verrà stilata una classifica con dei vincitori. Ma
in realtà a parte le coppe e le targhe che verranno distribuite in
quell’occasione, è bene aver tracciato la strada per una collaborazione tra
operatori sociali ed esercenti che sarà proficua solo se costante ed eticamente
matura.
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO (NORDBARESE)
Nell’ambito dell’iniziativa «Ubriacati...di vita!», il
SerT ha raccolto dati sulle abitudini degli adolescenti attraverso un
questionario
Il primo cocktail? Ormai si beve a
soli dieci anni
Il progetto «Ubriacati ?di Vita!» parte da lontano, come
afferma la psicologa Maria Cassano, responsabile dell’Unità operativa di
prevenzione ed epidemiologia del Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’AUSL
Bat Infatti già da tre anni il Dipartimento sta sviluppando il «Progetto
DDP2000» finanziato dalla Regione Puglia. Tale Progetto si pone i seguenti
obiettivi: creare un osservatorio delle situazioni di disagio degli adolescenti
e dei giovani; organizzare un lavoro di rete tra istituzioni scolastiche e
servizi socio sanitari; fornire un percorso formativo ai giovani finalizzato
alla promozione della salute; attivare un sistema di filtro e di segnalazione
precoce di situazioni a rischio; promuovere attività di informazione ed
educazione alla salute nei punti di incontro e di aggregazione dei giovani. E
proprio dai giovani è partita la sollecitazione ad occuparsi del preoccupante
fenomeno dell’abuso di alcol trovando nel locale SerT e nel direttore del
Dipartimento, il dottor Nicola Corvasce, grande apertura e disponibilità a confrontarsi
su questo tema. «Durante gli incontri con i docenti del gruppo di lavoro
interistituzionale -prosegue la psicologa - tenutisi nell’anno scolastico
2004-05, è emersa la necessità di attivare modalità educative e strategie
formative per incentivare adeguati livelli motivazionali tra gli studenti.
Pertanto, si è deciso di adottare la strategia dei laboratori di ricerca per
favorire il protagonismo dei giovani». Dai laboratori è nato lo slogan
«Ubriacati ??di Vita!» e la redazione di un questionario anonimo sulle
abitudini alcoliche. Sono stati somministrati 1483 questionari, a 1063 maschi e
420 femmine e l’analisi dei dati è stata realizzata dai ragazzi stessi sotto la
supervisione degli operatori del locale Ser.T. «Le conclusioni che si possono
trarre - spiega Maria Cassano - sono che la birra è la bevanda alcolica più
utilizzata dai ragazzi. L’Italia ha il triste primato dell’inizio d’uso di
bevande alcoliche a 11 anni rispetto alla media europea dei 13 anni. A Barletta
la situazione è anche più critica dal momento che l’età di approccio al primo
bicchiere si abbassa a 10 anni. Ha iniziato a bere quotidianamente vino il 14%
dei maschi e il 12,2% delle femmine, birra l’8,5% dei maschi ed il 8,4% delle
femmine e liquori l’8,6% dei maschi ed il 6,8 delle femmine. Il 27% dei ragazzi
dimostra di avere già una propensione ai comportamenti a rischio dichiarando di
aver guidato sotto l’effetto di alcolici. La maggior parte degli intervistati
utilizza l’alcol a scopo socializzante, infatti il luogo di maggiore assunzione
è il bar o il pub seguiti dalla strada e da casa propria. Il sesso femminile
dimostra di avere una maggiore tendenza a bere alcolici nei momenti di
depressione e di tristezza. Il 13,7% dei ragazzi ed il 10,5% delle ragazze
risultano essersi ubriacati almeno 1/2 volte negli ultimi 30 giorni, mentre il
12,2 % dei ragazzi ed il 3,3% delle ragazze , essendosi ubriacate un maggior
numero di volte, dimostrano di avere già un problema con l’alcol». Quest’anno
grazie al progetto «Risch-Io» promosso dalla Prefettura di Bari che ha motivato
tutte le istituzioni pubbliche e private a lavorare in rete, il progetto
«Ubriacati ??di vita!» si è sviluppato sul territorio coinvolgendo i gestori
dei locali del divertimento giovanile.
LA STAMPAWEB
CRONACHE
LA «MODA» TAFFERUGLI DAVANTI AI LICEI, SCONTRI CON LA
POLIZIA, BATTAGLIE A COLPI DI GAVETTONI E, SOPRATTUTTO, TANTO «FUMO»
Il pesante Halloween dell’ultimo
giorno di scuola
di Giuseppe Culicchia
Gavettoni, un modo per festeggiare
la fine dell’anno scolastico
Speciale Maturità 2006
«Io i giovani d’oggi non li capisco», mi ha detto tempo fa
Lulù, una ragazza di ventidue anni che nel fine settimana per pagarsi gli studi
universitari lavora come barista a Torino in un club dei Murazzi. «A
quattordici o quindici anni fanno già le cose che i miei coetanei cominciavano
a fare solo a diciassette o diciotto: bevono, s’impasticcano, tirano di coca».
Ora. Che una ragazza poco più che ventenne affermi di non capire i giovani
d’oggi può in effetti sembrare alquanto bizzarro. Però forse può servirci per
metabolizzare una volta per tutte un dato di fatto abbastanza incontrovertibile
nella sua banalità. I quattordicenni di oggi non sono quelli di ieri. Quanto
agli undicenni di domani, sarebbe bene metterselo in testa subito: stanno per
stupirci con effetti speciali.
Le battaglie
Per dire. La conclusione dell’anno scolastico è stata
salutata in tutta Italia col consueto rito para-orgiastico, che com’è noto
prevede battaglie a colpi di farina, uova e gavettoni. In svariati casi, però,
si è andati un po’ sopra le righe. Ad esempio a Genova, dove di fronte al liceo
D’Oria è dovuta intervenire la polizia, che si è trovata a fronteggiare una
rivolta di adolescenti: protetti da caschi e passamontagna scagliavano
bottiglie contro gli uomini in uniforme. Due studenti sono fuggiti in motorino,
e inseguiti dalle guardie si sono immediatamente schiantati contro un Mercedes,
come del resto vuole lo stereotipo. Episodi simili si sono verificati nei
giorni scorsi a Roma come a Caserta o a Palermo, trasformando la fine delle
lezioni in una sorta di Halloween fuori stagione, con passanti coinvolti loro
malgrado solo perché colpevoli di trovarsi nel posto sbagliato al momento
sbagliato, cioè nei pressi di una scuola al suono dell’ultima campanella. In
fondo si potrebbe anche analizzare il fenomeno dal punto di vista
dell’antropologia culturale, o magari citare il Nietzsche filologo della
"Nascita della Tragedia" e le sue riflessioni sui riti dionisiaci: è
lo sfogo degli istinti primordiali, repressi durante il resto dell’anno in
osservanza alle regole scolastiche, a produrre tali eccessi, anche perché si sa
che nei momenti in cui ti liberi dalle regole e dalle convenzioni riesci a dare
a seconda dei casi il meglio o il peggio di te (con una certa prevalenza,
dobbiamo riconoscerlo, del peggio). E magari sono soltanto cambiati i tempi:
uno dovrebbe sempre tenere a mente che gli Anni Venti, i favolosi Ruggenti
cantati da Francis Scott Fitzgerald in romanzi come "Di qua dal
Paradiso" o "Il Grande Gatsby", erano anni in cui veniva
considerato immorale il taglio alla maschietta adottato dalle ragazze che con i
loro boyfriend frequentavano gli spacci illegali di alcolici e si dimenavano
sulle note di una musica all’epoca ritenuta scandalosa, il jazz. Per tacere dei
"capelloni" del Sessantotto e dintorni, all’epoca esecrati e oggi in
genere affermati professionisti.
I quattordicenni
Nel Paleozoico o nel Pleistocene, quando i quattordicenni
eravamo noi, per festeggiare la fine della scuola ci si dava appuntamento in
pizzeria. I più spregiudicati ordinavano una birra grande al posto della
Coca-cola, e una volta fuori dal locale tra i più loschi della classe girava
l’inevitabile "canna". Oggi, stando alle notizie di cronaca delle
ultime ore, non è tanto che la pizza abbia stufato. Piuttosto, l’uso più o meno
abitudinario di certe sostanze tra gli adolescenti è molto più diffuso, e di
conseguenza girano altri quantitativi di hashish. Proprio a Torino ne hanno
appena sequestrati 100 chilogrammi tondi, per un valore di circa 200 mila euro.
Il corriere non era il solito nordafricano di quelli che riforniscono i
connazionali minorenni dalle parti di piazza Vittorio, ma un ventunenne
italiano, e per la questura lo stupefacente era destinato a essere consumato
proprio in occasione delle imminenti feste di fine anno scolastico. Lulù lei i
giovani d’oggi non li capisce, e pur essendo così vicina a loro li avverte già
come distanti. Dal bancone del locale dove serve loro i drink li osserva e si
dice che no, quando toccherà a lei avere dei figli non permetterà loro di
comportarsi così. Come biasimarla? I dati riguardanti il rapporto tra gli
adolescenti e gli alcolici sono quelli che sono: il 4,6% beve quotidianamente,
il 16,2% una volta alla settimana, il 9% una volta al mese, il 46,6% raramente,
il 23, 6% mai. Mentre uno studio dell’Osservatorio Epidemologico sulle
Dipendenze condotto in Piemonte su un campione di 1641 ragazzi quattordicenni
ha appena rivelato che il 38% di loro "fuma", l’11% si fa le
"canne", il 2,8 % fa uso di cocaina, il 2,4% assume psicofarmaci (in
genere ragazzine che imparano dalle madri più o meno depresse), mentre solo lo
0,8 si "cala" di Ecstasy.
Le esagerazioni Ma forse non sono solo i quattordicenni di
oggi a esagerare: specie pensando ai residui di cocaina quotidianamente
presenti nelle acque reflue del Po. E allora sorge il sospetto che i nostri
riti dionisiaci non si tengano in occasioni straordinarie come presso gli
antichi greci, ma un po’ più di frequente.
LA STAMPAWEB
TORINO
RICERCA CONSUMI IN
CRESCITA NELLA BELLA STAGIONE. E GLI ESPERTI AVVERTONO: TROPPI ADOLESCENTI
COINVOLTI
L’estate nel fumo di una canna
di Monica Perosino
La bella estate è cominciata. Scuole chiuse, orari di
rientro più flessibili e feste quasi ogni sera sono solo alcuni dei fattori
che, come ogni anno in questo periodo, fanno registrare un notevole incremento
nell’uso di sostanze «ricreative»: hashish, marijuana, alcol, coca, pastiglie.
In testa alle preferenze degli adolescenti resta stabile l’hashish seguito a
ruota dall’alcol.
Secondo i dati Eu-Dap (European Drug Addiction Prevention
Trial) l’uso di cocaina, hashish e marijuana inizia molto prima di quanto si
pensi, alcuni, già a quattrodici anni, hanno provato cocaina, hanno fatto uso
di psicofarmaci e bevono alcolici quotidianamente: su 1641 studenti torinesi
del primo anno di scuola superiore l’11,5% fuma cannabis e il 22,7% si è
ubriacato almeno una volta, l’1,8% ha sniffato cocaina e il 2,4% ha usato
psicofarmaci. Ma a farla da padrone continuano ad essere le canne: «Tra i
motivi del loro successo - spiega Fabrizio Faggiano, coordinatore dell’Eu-Dap -
c’è innanzitutto il desiderio di aumentare la socializzazione, ma anche la
percezione della “norma”: i ragazzi ritengono che tutti, alla loro età, fumino
canne e quindi si sentono quasi obbligati a farlo. Non da ultimo il successo
delle canne è dovuto all’estrema disponibilità del mercato. Trovare hashish è
la cosa più facile del mondo».
Da anni si cerca di sottolineare la pericolosità del
consumo di bevande alcoliche, tra le dipendenze più sottovalutate, oltre quella
dagli psicofarmaci: il 4,6% degli adolescenti beve ogni settimana. Solo il
23,6% non beve mai. Il fenomeno è spesso trascurato anche perché, nella concezione
comune, si è dipendenti dall’alcol, e quindi alcolisti, solo quando si arriva a
comportamenti antisociali e a gravi malattie. «I consumi aumentano decisamente
d’estate - aggiunge Faggiano - c’è meno autocontrollo, più occasioni di uscire
alla sera e poi, in questa stagione, la pressione del mercato è nettamente
maggiore, la pubblicità punta tutto sull’identificazione alcol e freschezza».
In tv scorrono immagini di stupende ragazze in bikini che scolano misteriosi
intrugli rosati, giovanotti in riva al mare che meditano con una bottiglia di
«mix» in mano, ballerine scatenate sulle note di coca e rum.
«Il messaggio è chiaro: in estate bevi le “alcol-pops”,
bevande fresche e colorate mascherate da bibite alla frutta ma, in realtà, con
una buona dose di alcolici». Per fortuna gli italiani hanno un forte controllo
culturale sulle bevande alcoliche: resiste il consumo moderato rispetto
all’eccesso, ad esempio, dei paesi del nord Europa: «Loro legano l’alcol al
divertimento del sabato sera, noi, per ora, al buon cibo. (*) Il consumo
d’hashish, invece, ha una probabilità molto inferiore a quello del consumo di
alcolici di trasformarsi in dipendenza: è molto probabile che resti la sostanza
della gioventù».
(*) Nota: anche il bere legato al cibo ha i suoi problemi.
Il cosiddetto bere nordico in un certo senso si è aggiunto al bere
mediterraneo.
L’ADIGE
Piccoli registi, storie di giovani
e alcol
Già più di 200 iscritti al concorso in videoclip
Giovani registi in erba raccontano l’alcol dal loro punto
di vista. È la possibilità data ai giovani trentini tra i 13 ed i 22 anni dal
progetto «zerogradi clip», un’iniziativa lanciata dall’amministrazione pubblica
in collaborazione con i soggetti commerciali ed associativi di Trento. Sono già
più di duecento i giovani che hanno presentato la domanda di partecipazione,
178 di loro sono trentini mentre 57 sono stranieri e sul totale circa una
quarantina ha meno di quindici anni. Nel progetto sono inseriti anche dei
percorsi formativi correlati al video clip, come dei corsi di montaggio, corsi
di riprese con la videocamera, ed anche attività dedicate alla composizione di
testi per brani musicali. Il bando di partecipazione al concorso prevede
infatti che siano i ragazzi a sviluppare da soli tutte le parti utili alla realizzazione
del prodotto finale: dalla sceneggiatura, che dovrà raccontare in massimo
cinque minuti una storia di ordinario abuso di alcol nel mondo giovanile; alle
musiche, i cui testi potranno essere in italiano oppure in una delle lingue
dell’Unione Europea. I partecipanti avranno a disposizione anche delle
videocamere (fino ad esaurimento delle disponibilità), che potranno noleggiare
gratuitamente dall’associazione «L’Area», che partecipa anch’essa al progetto
che è stato realizzato grazie alla sinergia tra diverse realtà locali.
All’iniziativa concorrono infatti una miriade di soggetti, dalla Provincia
(attraverso gli assessorati alle politiche sociali, alla salute ed alle
politiche giovanili) all’Azienda Sanitaria, dal Commissariato del Governo alla federazione
italiana esercenti alla Confesercenti del Trentino. Ed è proprio attraverso la
collaborazione di quest’ultima che sono state inserite nel progetto anche delle
attività formative per i lavoratori dei locali notturni, al fine di
sensibilizzare anche chi somministra le bevande alcoliche per «educare a bere
ed avere una clientela di qualità, cercando bevande che siano accattivanti». Per
tutte le parti coinvolte è importante cercare di capire la realtà giovanile,
forse troppo spesso stigmatizzata e colpevolizzata. «Non ci sono né istituzioni
né strutture deposte a contrastare il fenomeno dell’abuso giovanile di alcol».
Ha detto L’assessore provinciale alla Sanità Remo Andreolli durante il suo
intervento di ieri in conferenza stampa. «Il tema - ha continuato - abbisogna
dell’apporto di tutte le componenti della comunità. Il fenomeno sta prendendo
vie diverse rispetto a quelle attualmente conosciute e noi dobbiamo riuscire a
parlare il linguaggio dei giovani, coinvolgerli e capirli». Andreolli ha
anticipato un disegno di legge per vietare la vendita di alcolici a chi ha meno
di sedici anni. Dello stesso tenore anche le dichiarazioni di Violetta
Plotegher, assessore comunale alle politiche sociali: «Questo agire a livello
interistituzionale - ha detto - ci consentirà di dare voce ai giovani, far si
che riescano ad esprimere il loro punto di vista sulla società in cui vivono
rivelandone le contraddizioni». J.V.
LA PROVINCIA DI CREMONA
Rivolta d’Adda domenica 18esima
festa contro l’alcolismo
Rivolta — Il servizio di alcologia dell’ospedale Santa
Marta e l’associazione l’Approdo organizzano per domenica la diciottesima
edizione della Festa Analcolica. La manifestazione, che da anni si festeggia la
terza domenica di giugno, riunirà al parco della preistoria di Rivolta
centinaia di persone, con l’intento di socializzare e ritrovarsi per una
giornata di festa. L’iniziativa, che fa parte del percorso di riabilitazione
alcologica per i frequentatori del centro di recupero guidato da Giorgio
Cerizza, inizierà alle 10 e proseguirà fino a sera.
IL GAZZETTINO (PADOVA)
IL VESCOVO
Colmare il vuoto del cuore dei
giovani con la preghiera
Tre Vescovi per il Santo, quest’anno. Infatti, se la
solenne concelebrazione delle 11, presieduta dal presule di Padova, Antonio
Mattiazzo, ha visto la presenza di monsignor Oscar Rizzato, elemosiniere della
Casa Pontificia in Vaticano, quella delle 12,30 è stata officiata dal delegato
pontificio monsignor Francesco Gioia.
Il rito solenne è stato, ovviamente, quello delle 11, che
da "anni e annorum" vede il Vescovo di Padova celebrare col capitolo
della cattedrale, e quindi con i rappresentanti degli ordini religiosi presenti
in diocesi. Accanto a monsignor Mattiazzo, quest’anno, c’erano poi anche il
ministro provinciale dei frati minori conventuali padre Marco Tasca e il
rettore della basilica padre Enzo Poiana, con (anche questo, secondo
tradizione) l’accompagnamento della Cappella musicale antoniana diretta da un grande
maestro: padre Betteto, con sessanta eccezionali cantori.
Al Vangelo, monsignor Mattiazzo richiamandosi all’esempio
di frate Antonio, ha invocato la sua intercessione perchè Padova sia liberata
dai mali che l’affliggono e dai vizi che vi allignano, e poi perchè gli
immigrati trovino ospitalità, gli adolescenti e i giovani valide ragioni di
vita. Perchè, se oggi tanti giovani godono di un grande benessere materiale, è
anche vero che soffrono di un malessere profondo (alcol, droga), che crea un
vuoto: il vuoto del cuore che soltanto Dio può colmare. Di qui, la necessità,
sull’esempio del Santo, della preghiera, che guarisce le ferite del cuore, che
rafforza la volontà, dona consolazione nelle traversie della vita.
Alla solenne concelebrazione del Vescovo di Padova ha
assistito anche - come riferiamo a parte - il principe Emanuele Filiberto
Savoia attorniato dai cavalieri dell’Ordine Mauriziano.
Durante la sua messa, a conclusione della mattinata, il
delegato pontificio Francesco Gioia si è richiamato alle Letture, per invitare
a quella saggezza e sapienza che furono del Santo, nella consapevolezza che
sapiente è chi fa una gerarchia dei valori. Ha quindi affermato la
inviolabilità della vita, oggi minacciata da una mentalità egoistica che
predica la liceità dell’aborto e dell’eutanasia. Infine, il Delegato Pontificio
ha sottolineato la necessità di attaccarsi fortemente al Santo, per mettere Dio
al centro della vita, e di confidare nella onnipotenza della preghiera: uno dei
segni (il primo) distintivi del Taumaturgo, che fu grande missionario, grande
predicatore, annunziatore del Vangelo nel mondo.
G. Lu
L’ARENA.IT
Droga & proposte. Il direttore del Dipartimento entra
nel dibattito lanciato dal ministro Paolo Ferrero
Stanze per il buco? «Inutili»
Serpelloni ricorda che già 10 anni
fa se ne ipotizzava la creazione
di Alessandra Vaccari
Il ministro alla Solidarietà sociale l’ha buttata lì, in
un’intervista a Radio radicale: «Non ho alcuna contrarietà preconcetta a forme
di sperimentazione di riduzione del danno degli stupefacenti, come ad esempio
le shotting room, le stanze del buco». Esistono già in Svizzera, ma la loro
efficacia non è stata assolutamente accertata.
Il ministro è nuovo, viene da pensare, azzarda. Chi tanto
nuovo non è a queste iniziative è invece Giovanni Serpelloni, direttore
dell’osservatorio regionale sulle dipendenze del Veneto. Già dieci anni fa, su
incarico dell’assessore regionale antiproibizionista del Veneto, Emilio Vesce
aveva condotto alcuni studi sull’efficacia delle gallerie del buco, come
altrimenti vengono chiamate.
«Come tutte le iniziative già fatte all’estero, dovrebbero
ben essere valutate, sia dal punto di vista tecnico che da quello sociale»,
dice Serpelloni, «e soprattutto verificare se si tratta di un’iniziativa
efficace. Per l’assessore Vesce ero stato a Zurigo. Il farmaco a base di eroina
veniva somministrato tre volte al giorno dagli infermieri. Ma siccome il
tossicodipendente dopo sei ore andava in astinenza, per la notte gli veniva
data una sigaretta a base di eroina. Secondo i dati che ci vennero forniti»,
continua l’esperto, «questo trattamento veniva applicato a chi era refrattario
al metadone. Si trattava di una percentuale del 3-4%, dei tossicodipendenti,
che dopo sei mesi abbandonava la sperimentazione, per passare al metadone, che
può essere ingerito oralmente».
Ma siccome la sola esperienza Svizzera non era bastata,
Vesce e Serpelloni si recarono a Londra, dove da 50 anni, l’eroina viene
prescritta dai medici e non c’è proibizionismo. Anche a Londra veniva la stanza
del buco veniva frequentata dai refrattari al metadone (3% dei
tossicodipendenti) che comunque nell’arco di sei mesi abbandonavano la terapia.
«Se ci sono prove di efficacia, ma al momento non ce ne
sono», continua il dottor Serpelloni, «che alcune terapie risolvano, riducano i
rischi, ritengo che vadano valutate bene, integrate nel sistema sanitario
nazionale, che è però ben diverso da quello svizzero o da quello inglese».
Lo studio di dieci anni fa si concluse con un niente di
fatto per tre ragioni.
«Le Nazioni unite non ci diedero il permesso di produrre
quei farmaci a base di eroina che avremmo dovuto somministrare nelle stanze del
buco. E non credo che i protocolli siano cambiati». Spiega il dottor Serpelloni,
«inoltre la regione Veneto valutò che il nostro sistema sanitario, con le
strutture di Sert e comunità bastava ad affrontare il problema. Non ultimo,
venne effettuato uno studio sull’impatto sociale che avrebbero avuto questi
centri. E i cittadini li bocciarono».
Continua il medico, «catturato» al volo al cellulare a
Parigi, al rientro da Los Angeles per il convegno sul vaccino per la dipendenza
da cocaina: «Credo che in Italia in questo momento la priorità sia altra ed è
l’utilizzo di cocaina soprattutto nelle fasce d’età giovanissime. Droga che
viene utilizzata con alcol e anfetamine ottenendo lo speedball. E chi si
bombarda di queste sostanze nel fine settimana poi si inietta eroina per
cercare di sedarsi all’inizio della settimana, essendo sovreccitato». Conclude
Serpelloni: «Ritengo che la realtà regionale, per quanto riguarda l’uso di
eroina sia ben gestita, anche se possiamo migliorare, come sostengo sempre. Per
il resto andrei cauto».
REDATTORE SOCIALE
Anziani e alcol, un problema
tutt’altro che marginale
Al centro della terza Conferenza del Veneto, il
problema riflette un preoccupante aumento del consumo di alcolici in regione;
coinvolti sempre più adolescenti, soprattutto ragazze
PADOVA - Anziani e alcol, un tema tutt’altro che marginale
nel Veneto, dove i dati parlano chiaro: se in carico ai servizi per
l’alcoldipendenza ci sono complessivamente 10.500 pazienti, la percentuale
degli over 60 è del 18%. E la percentuale sale al 28% se si considera la classe
d’età compresa tra 50 e 59 anni. Quanto ai ricoveri ospedalieri correlati
all’alcol, gli ultimi dati disponibili (quelli del nel 2003) rivelano che in
Veneto ci sono stati 14.447 ricoveri, per un totale di 9.454 pazienti. La
percentuale maggiore (54%) riguardava proprio persone con più di 60 anni.
E’ l’assessore regionale alle Politiche sociali, Antonio
De Poli, a ricordare e commentare i dati, introducendo i lavori della III Conferenza
regionale sull’Alcol (Padova, Centro congressi “Papa A. Luciani”), dedicata in
particolare al rapporto tra anziani e alcol. Il rapporto non è affatto
marginale perché riguarda sia la salute, con i giusti comportamenti a cui
attenersi per un sano invecchiamento, sia la politica sociosanitaria perché –
concordano gli operatori intervenuti alla conferenza - il problema del bere
negli anziani non è ancora considerato nel suo giusto peso. “Serve un
cambiamento importante di cultura da parte della società, delle famiglie, della
scuola – ha dichiarato l’assessore – per far prevalere le ragioni dei valori e
della vita a quelle dell’immagine, della superficialità, del falso benessere.
Bisogna trovare risposte concrete - ha poi aggiunto - per incidere sulle
persone anziane che iniziano a bere perché magari non inserite nella società e
non ritenuti soggetti attivi e portatori di risorse.”
La Conferenza regionale sull’Alcol è stata anche
l’occasione per fare un punto generale sull’alcolismo in Veneto.
Sempre più precoce l’età in cui si inizia a bere. In
aumento anche il numero di persone in carico ai servizi di alcologia delle
strutture pubbliche del Veneto, mentre diminuiscono le ospedalizzazioni per
patologie correlate al consumo di alcol.
I dati sono relativi a una ricerca specifica del Cnr e si
riferiscono al 2003. Secondo i dati, sarebbe pari al 79% della popolazione
veneta (con più di 14 anni) la percentuale dei consumatori di alcol, ovvero
3.110.000 persone. Rispetto al 1998, il “trend” è in crescita dell’1,2% tra la
popolazione maschile, e del 17% tra gli adolescenti. Attorno agli 11-12 anni si
inizia a bere il primo bicchiere (di solito vino), tra i 15 e i 16 anni si
sperimentano bevande con gradazioni alcoliche superiori, mentre le prime
ubriacature arrivano intorno ai 15 anni. Ma è tra la popolazione femminile che
si registra l’aumento più macroscopico e preoccupante, con un + 32,6% tra le
adolescenti e un +19,5% tra le giovani di 18-24 anni.
Attualmente i servizi regionali seguono gli
alcoldipendenti cronici, pertanto i giovani restano sconosciuti e del tutto
estranei alle intercettazioni dei servizi: a questo proposito, dai lavori della
Conferenza è emerso l’invito a orientare i servizi verso questi ‘nuovi’ utenti.
L’assessore De Poli ha poi ricordato come e con quali
strumenti la regione intende affrontare il problema. Sottolineati i 176 i
progetti di contrasto al consumo di alcol attivati dalla Regione, nell’ambito
del piano triennale del “Fondo lotta alla droga” 2003-2005. Ricordata poi la
rete alcologica regionale, che consiste di 21 dipartimenti per le dipendenze,
una comunità terapeutica residenziale pubblica per alcolisti, un’associazione
regionale dei clubs per alcolisti in trattamento (formata da 523 gruppi),
un’associazione alcolisti anonimi che opera con 100 gruppi, una comunità del
privato-sociale specifica per alcolisti e altre comunità che hanno moduli
speciali riservati alla patologia.
Sottolineati inoltre i rilevanti costi economici da
sostenere a causa dell’abuso di alcol (cure sanitarie e ospedaliere per
incidenti stradali, cirrosi, etc), “costi che, in prospettiva, risulterebbero
molto minori se impiegati per una diffusa opera di prevenzione” ha concluso
l’assessore che ha pure avanzato una proposta: puntare non solo sulla cura ma
ma sul cambiamento culturale. Da questo punto di vista, tra le altre proposte,
la Regione suggerisce che ospedali e congressi, meeting, convegni siano fatti
senza la presenza di alcol nei bar ospedalieri e senza usare alcol durante i
coffee-break o durante le colazioni tra una sessione e l’altra”.
(Stefano Bracalente)
CORRIERE ADRIATICO
Situazione intollerabile Si rischia come l’altra sera a
Vismara che qualcuno decida di farsi giustizia da solo
Stranieri
ubriachi e aggressivi “controllano”, di sera, la zona Ipercoop, ma anche la
centralissima Via Ardizi
Luoghi proibiti ai residenti,
passare è un rischio
EMANUELE LUCARINI
PESARO - Il rischio esiste. E ha due volti. Il primo e
quello che corre ad attraversare determinati angoli della città, diventati
ormai “terra di nessuno”. Il secondo è il timore che questa denuncia venga
scambiata per razzismo, o comunque intolleranza nei confronti degli stranieri.
Ma tacere quanto abbiamo visto sarebbe grave.
La “discesa in campo” di un intero condominio di Via
Mondini, nella zona di Vismara, indignato per il comportamento di alcuni
giovani stranieri conferma che la gente è esasperata. Non degli stranieri, per
fortuna, ma di chi calpesta le più elementari regole della convivenza civile. E
non crediamo che a Bucarest come a Tunisi, a Casablanca come a Chisinau, a
Tirana come a Lagos sia consentito di orinare davanti alle finestre altrui.
Anzi... Qui si è scatenato un condominio, mettendo in fuga i tre giovani rumeni
maleducati e provocatori, di là, forse, la punizione sarebbe stata esemplare.
Però, che un condominio si sia ribellato scendendo in piazza
per dare la caccia a giovani che sembrano volere trarre pessima lezione
dall’ospitalità altrui, è un segnale preoccupante, da non trascurare. Quando la
gente decide di farsi giustizia da sola, significa che la giustizia non c’è
più. Ma allo stesso tempo che non viene garantita la tranquillità, la sicurezza
dei cittadini.
Anche a Pesaro ci sono angoli della città dove chi passa
non si sente tranquillo. E la colpa - spiace dirlo - è di stranieri che fanno
di tutto per attirare odio.
Uno dei luoghi meno tranquilli (più pericolosi, se
preferite) è il piazzale antistante l’ingresso dell’Ipercoop Miralfiore (lato
città). Quando è sera diventa punto d’incontro di giovani stranieri, teste
rasate, sguardo feroce, bottiglie di vino e birra in mano. Bevono, bevono e
ancora bevono. E il malcapitato che si reca a fare l’acquisto dell’ultimo
minuto è obbligato a fare lo slalom tra questi ceffi, bottiglie rotte e parole
certamente incomprensibili, sicuramente poco amichevoli. Sono soprattutto
giovani provenienti dai paesi dell’Est europeo, arrivati nel piazzale in
bicicletta. Sembra un rito quotidiano. Non pochi, pesaresi e non, hanno avuto
paura.
La situazione si ripete, quasi ogni sera, nella
centralissima Via Ardizi. Lungo gli scalini che conducono a Via Baviera, alla “Guercia”,
sostano giovani stranieri spesso ubriachi che talvolta infastidiscono i
passanti. Potete immaginare cosa potrebbe scatenare un’eventuale protesta.
E’ corretto che queste situazioni accadano in pieno
centro, a centro metri dalla questura?
E’ corretto che Piazzale Matteotti dopo una certa ora sia
“vietata” ai pesaresi o comunque a tutte le persone che rispettano le regole
della civile convivenza? Altrettanto si può affermare per Piazza Lazzarini e i
giardini davanti all’ospedale e nella zona della stazione ferroviaria e dei
bus. Non sarebbe ora d’intervenire decisamente per riportare questi angoli alla
fruibilità di tutti?
Oppure si deve attendere che a farlo sia un “condominio” o
un gruppo di amici o di persone stanche di subire soprusi a casa propria?
L’ARENA.IT
I gestori dei bar. «La maggioranza
dei clienti è formata da giovani educati»
«Non siamo noi gli sceriffi»
Il portavoce: «Ma vorremmo
conoscere chi ha offeso gli agenti»
«Ci piacerebbe conoscere i ragazzi che hanno insultato i
vigili per poterci regolare in merito e sapere come si sono svolti i fatti». A
dirlo è Daniele Rebecchi titolare del bar Lamberti di piazza Erbe nonché
portavoce dell’associazione esercenti della piazza più frequentata dagli amanti
dello spritz.
Già, perché da qualche tempo i titolari dei dodici locali
si sono organizzati in un comitato che ha come scopo quello di salvaguardare
uno degli spazi più belli della città attuando una serie di regole che li mette
tutti sullo stesso piano.
La prima di queste è l’orario di chiusura che va
rispettato: le due di notte. Le indicazioni vogliono che mezzora prima del
chiudersi delle saracinesche vengano accese le luci bianche e si ricordi alla
clientela che il locale sta per chiudere. La seconda è che dalle una della
notte le bevande, alcoliche o analcoliche che siano, vanno servite in bicchieri
di plastica.
A questo riguardo, i titolari sostengono una tesi precisa.
«Dire che l’accordo previsto di servire in bicchieri di plastica dopo una certa
ora non è stato rispettato è falso», spiega Ribecchi, «se i clienti si fermano
a consumare al tavolo è ovvio che li serviamo come si deve. Ma se prendono una
birra al banco e escono allo scoccare dell’una della notte alla bocca portano
un bicchiere in pet».
Il portavoce tra l’altro tiene a sottolineare come tutta
la clientela si sia da 15 giorni a questa parte tranquillamente abituata a
questa novità e non solo «sono educati e buttano i bicchieri nell’apposito
bidone che tutti noi abbiamo predisposto fuori dal locale», fa notare.
Ma i suv tanto di moda parcheggiati sul toloneo? A questo
proposito Rebeccchi non ha dubbi «non bisogna fare di tutta un’erba un fascio»,
dice. Il paragone con i teppisti della curva sud che allo stadio si mescolano
con i veri tifosi sembra d’obbligo ma è quel «pare che si voglia montare un
caso» che lascia perplessi.
Che intenda dire che è in corso una campagna anti
sprizzato? Le voci nella piazza non sembrano smentirlo tanto più che tra i più
affezionati piassarotti c’è chi giura che il problema non è solo veronese. «Non
può essere solo un problema legato alla moda dell’aperitivo che già da molti
anni è in voga nelle grandi città», affermano. Che sentirsi metropolitani
significhi anche questo? Nessuno risponde ma allo spritz non si rinuncia. E il
fatto che il popolo dell’aperitivo disturbi fino a notte inoltrata incuranti di
tutto e di tutti?
Anche in questo caso Rebecchi ha le idee chiare: «Lo
spritz si serve dalle 19 al massimo alle 21.30. Poi tutti vanno a cena e la
clientela cambia e così anche le consumazioni. Purtroppo ad essere notati sono
sempre i giovani che alzano il gomito».
Tornando agli insulti offerti da alcuni giovani ai vigili
il portavoce del comitato afferma: «Sinceramente non mi sono accorto di nulla,
e come me anche altri. Eppure ero qui che lavoravo». Tiene a ribadire per
l’ennesima volta che non tutti i giovani sono maleducati e che non tutti
parcheggiano sul toloneo o addirittura sotto il leone di San Marco.
Giovedì, 15 Giugno 2006
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