La grave, e per qualche verso atipica,
incidentalità stradale delle notti del fine settimana individuate nel
venerdì e sabato (ma in realtà ascrivibili agli orari delle prime ore
del sabato e a quelle della domenica), ha iniziato ad assumere una sua
esatta connotazione a metà degli anni ‘80, quando il divertimento
notturno iniziava a stirare i suoi orari nei locali fino a sfiorare
l’alba e gli atteggiamenti disinvolti verso l’alcol e le sostanze
assumevano un tono non più occasionale ma quasi di costume.
La
contemporanea dotazione di vetture potenti e performanti in termini
di velocità, adatte alle tasche sempre più generose dei
genitori che alle capacità di guida dei figli, completavano poi
la miscela esplosiva in termini di pericolo che avrebbe tracciato di
croci le notti delle nostre strade e di lutti tante famiglie.
L’allarme sociale realizzava il suo culmine fra la fine degli anni ’80
e l’inizio degli anni ’90, anche con punte di esasperazione che in qualche
caso non hanno giovato a fare chiarezza sul fenomeno.
La reazione del mondo della notte, gestori dei locali in testa, non
si fece attendere con la opportunistica sottolineatura del circuito
di lavoro alimentato che poteva essere riconducibile alla cifra di 70.000
posti che sarebbero diventati a rischio. Ancora una volta la lama dell’economia
veniva usata a discapito della sicurezza.
Verso la fine degli anni ’90, la stampa e i media, sotto l’attenta regia
di chi doveva tutelare interessi diversi, ponevano l’accento sul fatto
che in fin dei conti quei 500-600 giovani che perdevano la vita ogni
anno nelle notti dei week-end, tutto sommato erano solo l’8% del tasso
di mortalità stradale. Verissimo, però in quell’8% erano
compresi quasi tutti giovani sotto i 30 anni, ai quali si dovevano aggiungere
circa 15-20.000 feriti, molti dei quali con postumi invalidanti.
Ma gli incidenti del fine settimana hanno una loro reale caratterizzazione?
La risposta è sì, senza dubbio. Vediamo di capire perché
analizzando le cifre.
Qualche dato: nel 1985 gli incidenti del sabato notte erano poco più
di 4.000, nel 1995 erano saliti a 6.691 con un incremento del 65,3%.
Nel 2001, ultimi dati disponibili, sono stati 10.058 con un ulteriore
incremento, in soli sei anni, del 50,3%. Per il venerdì notte
si è passati da 2.800 del 1985 a 4.907 del 1995, più 77,5%
e a 7.655 nel 2001 con un ulteriore incremento del 56 %.
Nel 2001 tra le 22 del venerdì e le 6 del sabato e tra le 22
del sabato e le 6 della domenica si sono verificati 17.713 incidenti
con 909 morti e 31.093 feriti. Gli incidenti del venerdì e sabato
notte sono pari al 45,4% del totale degli incidenti notturni della settimana,
i morti e i feriti rappresentano addirittura il 47,1% e il 48,7%. Non
si può quindi contestare che le notti del fine settimana sono
assolutamente le più pericolose.
è quindi evidente che in quella miscela di elementi quali l’alcol,
le sostanze stupefacenti e la più elementare stanchezza, si nasconde
il fattore rischio del fine settimana.
Di fronte ad un quadro complessivo come quello descritto i tracciati
percorribili possono essere semplicemente quelli capaci di incidere
sui fattori di rischio.
In molte province del nord ad alta incidenza di sinistrosità
notturna nei fine settimana, esclusa la rete autostradale, si può
contare anche una sola pattuglia, al massimo un paio, che troppo spesso
non sono in grado di attivare moduli operativi specialistici, in quanto
appena uscite devono già correre a rilevare incidenti già
accaduti, vanificando l’efficacia deterrente del servizio. Eppure è
noto che i servizi mirati contano. Nel nostro Paese i controlli sull’abuso
di alcolici, sono poco frequenti, si possono quantificare in circa 200.000
l’anno, la gran parte attivati dalla Polizia Stradale. Se si chiede
ad un’assemblea di cento persone quante hanno subito una verifica nella
vita non si alzano più di due o tre mani, se si limita l’indagine
all’ultimo anno, spesso non se ne alza nessuna. Secondo gli ultimi dati
disponibili della Polizia Stradale i positivi al controllo sono circa
il 14%, (16% gli uomini e il 3,5% le donne, in crescita però
rispetto agli anni precedenti). Se sono attivati controlli a vasto raggio
nelle province a tasso di rischio elevato per la presenza di numerosi
locali della notte, la percentuale dei positivi raggiunge, a detta degli
operatori, anche il 35-40%. Secondo elementi raccolti dall’Asaps, negli
anni scorsi, ad un incremento dei servizi di contrasto all’alcol e agli
stupefacenti, corrisponde una diminuzione sensibile dei sinistri, che
raggiunge anche il 30%.
In conclusione si può dire che è indiscutibile il fatto
che va incentivata la rete dei controlli, cosa che fino ad oggi non
è stata fatta in modo adeguato e soprattutto proporzionale al
rischio corso dai nostri giovani sulle strade. In questi anni si è
preferito incentivare le figure di ausiliarità, capaci di garantire
introiti facili alle amministrazioni, lesinando sulle necessarie professionalità
capaci di incidere sul versante della fisicità dei controlli,
oltre che sul sistema velocità, che pur rimane fattore di elevato
rischio.
La sfida ai limiti fisici non può essere lasciata senza regole.
E’ vero come sostengono i tifosi della notte che nessuno può
obbligare ad andare a letto la gente alle 3.
Per questo la nostra proposta è precisa: si dimostri coraggio
e coerenza una volta tanto. C’è solo un modo per vedere chi ha
ragione. Limitiamo la vendita degli alcolici tassativamente all’una
di notte e chiudiamo le discoteche alle tre, in via sperimentale, per
un anno intero, poi andiamo a fare la conta dei morti e feriti sulle
strade. Saranno le statistiche a dire chi aveva ragione. Se saranno
diminuiti fisseremo un punto fermo, se tutto sarà rimasto come
prima vorrà dire che la strada non era quella giusta.
Se
dovessimo fare una scommessa, punteremmo su una sensibile riduzione.
Perché non provare?
Giordano Biserni
Presidente
Asaps