Il prefetto scrive ai genitori: «Controllate i figli» Iniziativa senza precedenti del dottor Frantellizzi per
cercare di porre un freno alle troppe vittime della strada I dati degli incidenti sono espliciti: la metà di essi
sono imputabili all’alcol di cui i giovani abusano prima di guidare Un accorato appello affinché si affronti con serietà un
problema, l’abuso di alcol, che riguarda i giovani (ma non solo) della nostra
provincia. Ma
anche un modo per far capire alle famiglie che non sono "sole" in
questa battaglia, e che possono contare sull’aiuto delle istituzioni e di tutti
soggetti coinvolti nella questione. UNA LETTERA SCRITTA COL CUORE Questo il senso della lettera di sensibilizzazione inviata
dal Prefetto di Sondrio Sante Frantellizzi a tutti i nuclei familiari della
provincia, recante l’invito a non sottovalutare il problema del rapporto tra
alcol e guida, e ad impegnarsi per essere promotori di una cultura di rispetto
per la vita e per la salute, propria ed altrui. Un’iniziativa senza precedenti
sul nostro territorio, che dimostra ancora una volta la grande sensibilità del
Prefetto del capoluogo verso le problematiche dei nostri ragazzi, in linea con
le precedenti iniziative in tema di sicurezza stradale, come il concorso
"Per non berti la vita", il workshop sulla prevenzione di droga e
alcol tenutosi lo scorso 6 giugno e gli altri progetti finanziati dal Fondo
Nazionale Droga. UNA CULTURA TROPPO "TOLLERANTE" Un invito ad aprire gli occhi, a contrastare una cultura
che tollera pericolosamente il consumo di bevande alcoliche, che si riflette
pesantemente sul dato degli incidenti stradali che avvengono sulle strade di
Valtellina e Valchiavenna. «Care famiglie - scrive Frantellizzi - da tempo
la nostra provincia si confronta con la dolorosa realtà degli incidenti
stradali, spesso mortali, frequentemente correlati all’abuso di alcol. I dati
sono preoccupanti: quasi la metà di essi è imputabile all’alcol, e si stima che
almeno un quarto delle morti tra i giovani sia dovuto all’alcol. Questa
situazione, che il nostro territorio condivide con altre regioni d’Italia e
d’Europa, induce tutti noi ad alcune riflessioni». Il Prefetto sottolinea
l’incessante operato di prevenzione e repressione, nei confronti dell’abuso di
sostanze psicoattive legali o illegali, da parte di Istituzioni dello Stato,
Asl, scuole, parrocchie, associazioni, nonché delle forze dell’ordine, ma «è
evidente - sottolinea - che tutto ciò costituisce solo una parte di quanto è
necessario fare, soprattutto se si considera che in Italia il consumo di
bevande alcoliche fa parte di una radicata tradizione culturale e che
l’assunzione di alcol è una consuetudine considerata accettabile, e ritenuta
fonte di problemi solo in situazioni particolari, e raramente percepita come
fattore di rischio per il singolo. Il numero di vittime che ancor oggi
registriamo sulle strade ci dice infatti che maggiore deve essere l’impegno di
tutti per un’efficace attività di informazione e di prevenzione nei confronti
dei danni provocati dall’alcol». LA FAMIGLIA, OPERATORE SOCIALE Ma per cambiare le cose, o almeno per provarci, è
indispensabile l’aiuto della famiglie: «A voi genitori e familiari quindi -
prosegue la missiva - mi rivolgo con l’auspicio che insieme possiamo sforzarci
per trovar forme di collaborazione e di impegno che diventino opportunità per
sviluppare una maggiore e più diffusa consapevolezza tra i cittadini di tutte
le età che la consuetudine al bere, così come una benevola tolleranza sociale
al consumo di alcol, sono un fattore di rischio per tutta la comunità. E che si
possa promuovere la consapevolezza che arginare gli effetti prodotti dall’abuso
di alcol, non ultimi gli incidenti stradali, è un’azione che chiama in causa la
scelta di ciascuno rispetto allo "spazio" ed al
"significato" attribuiti alle bevande alcoliche». PROMUOVERE IL RISPETTO DELLA VITA Frantellizzi «come Prefetto ma anche come padre di
famiglia» chiede con forza di riflettere su tali questioni, nella speranza di
accrescere la sensibilità di tutti, di trovare finalmente risposte concrete:
«Nell’ambito familiare, ma anche sul lavoro, con gli amici e in ogni occasione
trovate il tempo di parlare di questi argomenti senza pensare che possano
interessare sempre e soltanto gli altri. Facciamo in modo di non dover
nuovamente piangere tragedie assurde, rammaricandoci poi magari di non aver
fatto tutto quanto in nostro potere per evitarle». Una lettera
"dura", dai contenuti e dai toni forti, per spronare chi si occupa
dell’educazione e della crescita dei giovani ad affrontare con maggiore
cognizione di causa un problema che, giorno dopo giorno, cresce velocemente.
Proprio come le macchine che sfrecciano, e si schiantano, sulle nostre strade.
Un’iniziativa, realizzata con l’aiuto della banca Popolare di Sondrio, del
Consorzio Bim, dell’ambulatorio specialistico Trauma Clinic di Livigno, nonché
con la collaborazione tecnica della Polizia stradale, dell’Asl locale,
dell’Automobil Club e dell’Ufficio Scolastico Csa, che avrà il suo avvio in
questi giorni, con la spedizione della missiva nelle case di tutti i
valtellinese e valchiavennaschi. Nicola Locatelli (*) (*) Nota: un’iniziativa lodevolissima, davvero ammirevole. *** LA PROVINCIA DI SONDRIO del 17 giugno 2006 e’ allegato al documento inviato E c’è anche un test per capire il rapporto che abbiamo con
l’alcol (n.l.) Un test per capire il nostro rapporto con l’alcol, ma anche una guida ai servizi presenti sul territorio con importanti indicazioni circa gli effetti dell’alcol sull’organismo con particolare riferimento ai rischi per la guida. Questo il contenuto del plico che, insieme alla lettera firmata dal Prefetto Sante Frantellizzi, giungerà nelle case di tutte le famiglie della nostra provincia. Il test serve a scoprire se il comportamento del singolo soggetto verso l’alcol nasconda qualche segnale di disagio. Quattro le domande a cui rispondere: recentemente hai mai pensato di ridurre il tuo bere? Sei stato infastidito da critiche sul tuo modo di bere? Hai provato disagio o senso di colpa per il tuo modo di bere? Hai bevuto alcolici di mattina per farti coraggio e/o iniziare la giornata? Per chi ha meno di 30 anni il rispondere positivamente ad almeno una domanda può significare che il consumo di bevande alcoliche potrebbe provocare dei problemi; stessa conclusione per i soggetti al di sopra dei 30 anni che rispondono "sì" ad almeno due di esse. Infine, la missiva della Prefettura contiene un depliant che aiuta a capire i rischi per la salute dovuti all’alcol, nonché gli effetti sulle capacità di chi si mette alla guida dopo aver bevuto. Si spiega cos’è l’alcolemia, ovvero al concentrazione di alcol nel sangue (il tasso consentito in Italia per poter guidare è 0,5 grammi/litro), quali fattori la influenzano, nonché i motivi per cui il bere aumenta i rischi di incidenti stradali. Dai problemi visivi (campo visivo ridotto, diminuzione della percezione degli ostacoli laterali, maggiore sensibilità alle luci), a quelli percettivi (errata percezione del rischio e del pericolo, ma anche di distanze e velocità), dall’alterazione delle capacità di giudizio (euforia che porta a sopravvalutare le proprie capacità), fino al calo dell’attenzione, sonnolenza, riduzione dei tempi di reazione. LA PROVINCIA DI SONDRIO del 18 giugno 2006 Prime reazioni alla lettera su incidenti e abusi d’alcol
inviata dal prefetto Frantellizzi a tutte le famiglie valtellinesi «Urge una cultura del bere intelligente» Contini (Ais): «Nei corsi cerchiamo di trasmettere segnali
positivi ma attenti alle demonizzazioni» Dopo che il Prefetto di Sondrio Sante Frantellizzi ha
deciso di inviare ai giovani valtellinesi e valchiavennaschi e alle loro
famiglie una lettera in cui chiede loro di riflettere in modo serio e
responsabile sulle questioni legate all’uso e all’abuso di alcolici,
soprattutto poi se a fine serata devono mettersi alla guida per ritornare a
casa dai locali e dalle discoteche della provincia, un accorato appello che
porti alla diffusione di una cultura del “bere intelligente” parte pure da
Natale Contini, delegato provinciale dell’Ais (Associazione italiana sommelier):
«Di solito – ha spiegato Contini – ai nostri corsi e alle nostre serate
partecipano persone che hanno attorno ai 30 anni o più, ma c’è pure qualche
giovane. Noi parliamo con loro, cerchiamo di diffondere messaggi positivi, e i
giovani, dal canto loro, si sono sempre mostrati interessati. Bisogna però
diffondere di più una cultura del “bere intelligente” e spero davvero che
l’appello del Prefetto dia i suoi frutti in tal senso. Per quanto ci riguarda,
invece, come Ais possiamo solo ribadire il nostro impegno con i corsi e le
serate in cui, lo ribadisco cerchiamo di trasmettere un atteggiamento cauto e
intelligente circa il consumo di vino e di altre bevande alcoliche e sperare
che vi partecipino sempre più ragazzi e ragazze». Per Natale Contini, però,
se è vero che l’abuso di alcolici, che tante tragedie ha causato nel corso di
quest’anno, va combattuto con tutte le forze, non bisogna cadere nell’errore di
generalizzare la questione: «Sono contrario alla demonizzazione in atto – ha
sottolineato – che mette quasi sullo stesso piano la degustazione di un
bicchiere di vino e il consumo ripetuto ed eccessivo di alcolici. Il vino è
trattato quasi come una droga e addirittura c’è chi in Parlamento vuole
proporre di mettere sulle etichette delle bottiglie messaggi simili a quelli
che compaiono sui pacchetti di sigarette. Non credo che questo sia il modo
giusto di affrontare la questione e dunque sono convinto che bisogna evitare e
combattere pure queste campagne di demonizzazione. Inoltre, e non mi
riferisco alla lettere del Prefetto che non ho letto perché sono fuori città e
su cui dunque non posso entrare nel merito, credo pure che lo Stato debba
spendere meglio i suoi soldi e non in campagne di questo tipo, anche perché
così facendo entra nella sfera del privato di ogni singolo cittadino».
Infine, Natale Contini ha voluto fare un’ulteriore distinzione, perché, come
lui stesso ha tenuto a precisare non tutti, anche tra i giovani, si ubriacano
per rendere più divertente una serata: «C’è chi si ubriaca anche perché ha
altri problemi e vuole così scappare dalla realtà del quotidiano. Questo è un
problema di carattere sociale e come tale va affrontato». (*) Giuseppe Maiorana (*) Nota: questo articolo a mio parere merita diverse
riflessioni. 1) E’ un peccato vedere come, di fronte ad una esemplare
iniziativa per la sensibilizzazione ai problemi alcolcorrelati dei cittadini,
con particolare riferimento al problema alcol e guida, il giorno dopo sul
giornale ci sia solo l’intervento critico dei sommelier: mi aspetto che, a sostegno del Prefetto di Sondrio,
si levino le voci delle Associazioni dei
Familiari e delle Vittime della Strada, delle Associazioni dei Club degli
Alcolisti in Trattamento e degli Alcolisti Anonimi, dei vari Servizi Pubblici,
sociali e sanitari, che si occupano di problemi alcolcorrelati, e di ogni
singolo cittadino sensibile a questo tipo di problemi. Chi
vuole può scrivere al giornale letteresondrio@laprovincia.it , e alla
Prefettura urp.pref_sondrio@interno.it 2) ciascuno pensa sempre che il suo bere sia
“intelligente” e che il bere problematico sia sempre quello che fanno gli
altri. C’è un “mito”, secondo il quale chi conosce il vino o le
bevande alcoliche rischia di meno, in quanto più informato: nella mia
esperienza ho visto troppi sommelier, troppi baristi, troppi medici distrutti
dal bere, per potere credere ancora a questo mito. E poi, come dimostra il signor Contini in questo articolo,
conoscere il vino non significa affatto intendersene di problemi
alcolcorrelati. 3) Nel vino c’è l’alcol, e l’alcol è certamente una droga,
tra le più pericolose (http://www.aicat.net/rapporto_del_prof_bernard_roques.htm
). 4) Le avvertenze sui rischi in etichetta sono obbligatorie
per legge, la legge c’è già (n° 126 del 10 aprile 1991, articolo 1, comma c - http://www.medialaw.it/privacy/consumatori/1991126.htm -) , e non viene fatta rispettare, proprio
per non disturbare le lobbies dell’alcol. Informare sui rischi non significa
demonizzare. 5) Riguardo al fatto che lo Stato dovrebbe spendere meglio
i suoi soldi, perché “con campagne di questo tipo si entra nella sfera del
privato di ogni singolo cittadino”, confesso che mi riesce difficile
commentare senza essere offensivo. Lo Stato investe infinitamente più risorse a promuovere
l’alcol che a combatterne le conseguenze. Per fare un esempio tra i tanti,
appena cinque giorni fa abbiamo ospitato in questa rassegna un articolo sul
“progetto vigna”, per il quale il Ministero delle Politiche Agricole ha
investito 6,5 milioni di euro (http://www.europeanconsumers.it/articolo1.asp?idarticolo=2992&idsezione=26
). Anche chi beve e poi guida rischia di entrare nella mia
“sfera del privato”, se io o un mio caro ce lo troviamo addosso, sulla strada:
lo Stato ha il dovere di fare tutto il possibile per prevenire le
drammatiche sofferenze che troppi cittadini vivono in conseguenza del consumo
delle bevande alcoliche. Alessandro Sbarbada – Mantova - a.sbarbada1@tin.it IL GAZZETTINO (Treviso) Nove feriti ieri pomeriggio a Maserada nell’uscita di
strada di un’auto di giostrai che ha coinvolto altre vetture Incidente, bambina in Rianimazione E’ stata più volte rianimata sul posto. In ospedale anche
i fratellini. Due veicoli in fiamme Maserada Nove feriti, di cui cinque bambini, due auto in fiamme. E’
il drammatico bilancio del gravissimo incidente che si è verificato ieri pomeriggio
intorno alle 17 lungo la Postumia, all’altezza di Maserada. Secondo una prima
ricostruzione dell’accaduto, l’auto, una Renault Clio, in cui viaggiava una
famiglia di Trevignano, probabilmente giostrai, padre, che risulterebbe in
stato di ebbrezza, madre e i loro cinque figlioletti, tutti tra i 2 e i 7
anni, ha imboccato ad alta velocità, provenendo da Cimadolmo, la curva di
uscita verso Treviso della rotatoria che conduce a Candelù. Ma la manovra non è
riuscita, tanto che l’auto è andata a invadere la corsia opposta lungo la quale
stavano sopraggiungendo diverse vetture. Dopo aver sbattuto contro le prime due, un’Audi guidata da
L.C., una 32enne di Maserada, e Stilo condotta da S. B., 33 anni, di San
Biagio, al cui fianco viaggiava la moglie, al settimo mese di gravidanza, la
macchina è andata a schiantarsi frontalmente contro la terza auto, una Skoda,
al volante della quale c’era un 38enne di Castelfranco, S.R. In seguito al
violentissimo impatto, le due vetture hanno preso fuoco. Il conducente della Skoda è miracolosamente riuscito a
uscire dalla macchina con le sue gambe prima che prendesse fuoco, mentre ci
hanno pensato altri automobilisti e gli uomini che lavoravano sui campi vicini
a estrarre bambini e genitori dall’altra macchina. Ad avere la peggio è stata
la piccola di 2 anni, trasportata d’urgenza d’urgenza dall’elicottero dei Suem
al Ca’ Foncello, dov’è stata operata; ora è in rianimazione in prognosi
riservata. Più lievi le ferite riportate dalle altre otto persone coinvolte nel
sinistro, causato dall’imprudenza del guidatore della Clio, G.C, 34 anni. La Polizia stradale ha lavorato fino in serata per
chiarire la dinamica dell’incidente. Un lungo lavoro è toccato anche ai vigili
del fuoco, usciti sul posto con tre mezzi: non solo hanno dovuto spegnere le
fiamme sprigionatesi dalle auto, ma hanno dovuto anche liberare la carreggiata
stradale, rimasta occupata per ore, con tutte le conseguenze che si possono
immaginare sul traffico, intenso a quell’ora per l’andirivieni dal mare. Lina Paronetto AGIonline SCUOLA:FESTA FINE ANNO TRA ALCOL E CALDO, 10 RICOVERI A
BOLZANO (AGI) - Bolzano, 17 giu. - Per brindare la fine dell’anno scolastico, senza rischiare di non trovare i cocktail desiderati nel luogo della festa, si sono addirittura portati da casa in zaini e borse le bevande preferite. Alcuni di loro, pero’, hanno concluso la serata al pronto soccorso. Il bilancio del "School Out Festival" svoltosi presso il padiglione della fiera di Bolzano, e’ di dieci giovani ricoverati all’ospedale San Maurizio a seguito dell’abuso alcolici, altri con contusioni di lieve entita’ in varie parti del corpo. Alla festa, ben presto degenerata, hanno preso parte circa cinquemila giovani. Tra le cause degli incidenti l’eccessivo tasso d’umidita’ unito alle elevate temperature. Alcuni malori si sono verificati all’esterno del padiglione dove i pompieri sono piu’ volte intervenuti con idranti per gettare sia per rinfrescare l’ambiente che per placare gli animi piu’ accessi di alcuni studenti in fila in attesa di entrare. IL GIORNALE Di Silvia Villani «Mi hai tradito, ora devi morire»
Nigeriana uccide l’ex tra la folla La scorsa settimana, in preda ai fumi dell’alcool,
aveva frantumato la vetrina di un negozio di alimentari di un suo connazionale
e aveva tirato calci e pugni contro gli agenti del commissariato di Sesto San
Giovanni intervenuti in via Breda. Il negoziante, secondo lei, andava punito
perché aveva presentato un’altra donna al suo ragazzo. Condannata a tre mesi
con la condizionale, la sua pena era stata sospesa. Sette giorni dopo, rosa
dalla gelosia, Rose Igbinokhar, ventinovenne nigeriana, ha ucciso in via
Marelli il suo fidanzato, un ragazzo nato in Mozambico da un genitore italiano.
Quando lo ha avvicinato ha infatti cominciato a urlare ai presenti «deve morire
perché mi sta tradendo». Roques Joao Soberano, che tra poco più di un mese
avrebbe compiuto trentasei anni, nonostante avesse chiesto ai passanti di chiamare
la polizia perché era convinto che la donna lo avrebbe ucciso, non ha cercato
di difendersi. Numerosi colpi al collo e al torace hanno così messo fine alla
sua vita. È morto all’ospedale Niguarda cinque ore dopo. Rose Igbinokhar, in carcere a Monza per omicidio
premeditato, è stata anche denunciata per porto abusivo d’armi e danneggiamento
aggravato dato che, al momento del fermo, ha rotto a calci la portiera della
volante. Nella sua borsa sono state trovate tre forchette, la foto della
vittima vicino a una statuetta votiva e alcun i numeri de «La torre di
guardia», la rivista dei Testimoni di Geova. Legati a uno orologio sono stati
rinvenuti anche una treccia e alcune ciocche di capelli. IL GAZZETTINO (Vicenza) IL DELITTO DI ROMANO Dal Gip, a Vicenza, dopo
l’interrogatorio di garanzia. Il loro legale ha insistito sulla legittima
difesa e sul fatto che, invece di sparire, si sono costituiti Convalidato l’arresto, i due moldavi restano in cella In ospedale, la suocera della vittima ha riconosciuto il
cadavere. Valentyn lascia la moglie e un bimbo di 18 mesi. Martedì forse
l’autopsia Bassano Giornata importante, quella di ieri, nell’inchiesta
sull’orribile delitto avvenuto martedì sera a Romano e scoperto 24 ore più
tardi. Il Gip ha convalidato l’arresto di Igor Munteanu, 20 anni, domiciliato a
Cassola, ed Eduard Tcacenco, 19, clandestino, ospite del connazionale, i due
moldavi che mercoledì pomeriggio si sono presentati alla Questura di Vicenza,
confessando di aver ucciso un amico ucraino. La salma di questi - Valentyn
Poluektov, 26 anni, sposato, un figlio di 18 mesi - è stata riconosciuta dalla
suocera, presso la quale, a Fellette, aveva preso alloggio, circa 2 mesi fa. Il Gip dott. Colbacchini ha interrogato i due fermati, al
S. Pio X di Vicenza, per buona parte della mattinata di ieri. Era presente il
loro legale, l’avv. Giuseppe Pavan di Padova, che mercoledì li aveva
accompagnati in Questura. Oberato dalle attività connesse all’inchiesta, il pm.
che si occupa del caso, dott.ssa Arata, ha inviato una minuziosa relazione. A
quanto è dato sapere, i due moldavi hanno insistito sulla loro versione dei
fatti. Scoppiato un diverbio (forse suscitato da una partita a carte, forse legato
a un precedente screzio fra Valentyn e Igor, di certo fomentato dall’alcol),
secondo loro, il Poluektov li avrebbe minacciati con un coltello e, dopo esser
stato disarmato, con un altro ancora. I due gli sarebbero saltati addosso e
nella colluttazione vi sarebbero stati degli affondi con le lame. La coltellata
più devastante, alla carotide, se la sarebbe inferta proprio il 26enne, mentre
i due avversari gli torcevano il polso. Terminata la rissa, ritenendolo ancora
vivo, i due moldavi avrebbero trascinato l’ucraino in vasca da bagno per
tentare di rianimarlo. Quando hanno capito che era morto hanno buttato in un
cassonetto i due coltelli e sono fuggiti. Il difensore ha insistito sulla
legittima difesa, ha osservato che i due, pur potendolo benissimo fare, non
sono spariti, anzi si sono costituiti, e ha sottolineato il loro spirito di
collaborazione. E ha chiesto la loro liberazione. Il Gip ha convalidato il
fermo e mantenuto la misura della custodia in cella. Anche ieri mattina, a Vicenza, Munteanu e Tcacenco
sarebbero caduti in alcune contraddizioni. É su queste discordanze che
continuano a lavorare gli investigatori del Commissariato. Continuano i
sopralluoghi nella casa dell’orrore, posta sotto sequestro. «Abbiamo
cristallizzato la scena del crimine - ha riferito il dott. Campagnolo - ora
dobbiamo ricostruire il susseguirsi degli avvenimenti, trovare i riscontri alle
dichiarazioni dei due fermati, dare un senso a tutte le loro mosse». E isolare
l’elemento scatenante della tragedia. Hanna Babiy, 43 anni, è arrivata in città in mattinata.
Era partita da Bisnika, la città sua, della figlia Snigiana e del genero,
giovedì sera. Un particolare straziante: martedì Valentyn l’aveva chiamata,
raccomandandole di salutare la moglie e accennandole che in serata si sarebbe
incontrato con degli amici: erano Igor ed Eduard. Venerdì, mentre era in
viaggio, la donna è stata raggiunta da un’altra telefonata: la Polizia italiana
l’avvertiva del dramma. L’immigrata ucraina ha effettuato il riconoscimento del
cadavere in ospedale, alle 12, in lacrime. Poi negli uffici di viale P.
Giraldi, ha compilato gli atti necessari. Con questi, lunedì, il pm. potrà
ordinare l’autopsia che si svolgerà, forse, martedì. La signora Hanna è ospite
di conoscenti italiani. Fa la badante, ma ora tocca assolutamente a lei essere
assistita. Bruno Cera IL GIORNALE DI VICENZA Omicidio a Fellette. Ieri nell’obitorio dell’ospedale. In
carcere i due moldavi L’ucraino
massacrato riconosciuto dai parenti
di Davide Moro Igor Munteanu e Eduard Tcacenco rimangono in carcere. Ieri
mattina, dopo l’interrogatorio di garanzia che si è svolto al San Pio X di
Vicenza, il giudice per le indagini preliminari Silvano Colbacchini ha
convalidato il fermo dei due moldavi accusati di omicidio volontario aggravato e
ha accolto la richiesta della custodia cautelare in carcere presentata dal
sostituto procuratore Linda Arata. Respinta, quindi, l’istanza di scarcerazione
presentata dal legale dei due, l’avvocato Giuseppe Pavan, che aveva chiesto la
legittima difesa. L’udienza di convalida è durata un paio d’ore, dalle 9.30
alle 11.30 circa, durante le quali i due immigrati hanno sostanzialmente
ribadito la loro versione dei fatti: in seguito ad una lite avvenuta martedì
sera in un appartamento al primo piano del civico 6 di via Bassanese a Fellette
di Romano, sarebbero stati prima minacciati da Valentyn Poluektov, e solo dopo lo
avrebbero barbaramente ucciso con almeno cinque coltellate alla gola e due
all’addome e una furia di calci e pugni al volto. Un ruolo essenziale l’ha avuto l’alcol, otto i litri di
vino bevuti dai tre nella serata di martedì, nel giorno del ventesimo compleanno di Munteanu.
Dopo il massacro Munteanu e Tcacenco hanno trascinato il corpo dell’ucraino
nella vasca da bagno con l’intento di farlo riprendere; i due, prima di
scappare da una zia a Padova e costituirsi di loro spontanea iniziativa il
giorno dopo, gli hanno poi riempito la bocca di carta igienica per tamponare le
ferite. Sempre ieri mattina sono arrivati in città per il riconoscimento
ufficiale anche i parenti della vittima, un clandestino ucraino di 26 anni,
sposato e con un figlio neonato. La formalità è stata espletata, non senza
momenti piuttosto difficili, dalla suocera di Valentyn, che è anche
l’affittuaria dell’appartamento dove si è consumato il truce assassinio, e
alcuni parenti. Il riconoscimento è avvenuto all’obitorio del San
Bassiano, alla presenza degli inquirenti della polizia, e i famigliari si sono
poi trasferiti nel commissariato di viale Pecori Giraldi per la compilazione
degli atti. È probabile quindi che sia imminente la fissazione dell’autopsia
sul corpo del 26enne ucraino, che a questo punto potrebbe avvenire entro la
metà della settimana prossima. Parallelamente vanno avanti anche le indagini che dovranno
chiarire tutti i lati oscuri di questa vicenda. Si è appurato che Valentyn
Poluektov era stato controllato il 18 aprile scorso dai carabinieri in centro a
Bassano. Siccome aveva con sé solo una fotocopia del passaporto, l’immigrato
era stato fotosegnalato, denunciato per la violazione della Bossi-Fini ed era
poi stato invitato a presentarsi in questura a Vicenza per le pratiche di
espulsione. Lui, però, aveva ignorato le disposizioni: era venuto in
Italia a febbraio per trovare un posto di lavoro in regola e potersi quindi
sistemare, e nel frattempo si manteneva con saltuari lavoretti di facchinaggio.
Dai primi di questo mese viveva in via Bassanese da solo
perché la suocera era tornata in Ucraina per una vacanza, dalla quale sarebbe
tornata proprio in questi giorni. La polizia è risalita all’identità della
vittima del brutale omicidio una volta che le sue impronte, inserite nella
banca dati Afis delle forze dell’ordine, sono risultate le stesse di quelle
inserite due mesi fa dai carabinieri. E mentre i due moldavi finiti in prigione per l’omicidio
affermano di aver agito per legittima difesa, gli inquirenti del vicequestore
Alessandro Campagnolo stanno lavorando anche sulla scena del crimine per
verificare l’autenticità di tale versione. «L’abbiamo “cristallizzata” subito dopo il delitto - ha
spiegato il dirigente del commissariato - e stiamo cercando di ricostruire
oggettivamente, cioè solo con dati scientifici, l’esatta dinamica di questo
crimine, il susseguirsi degli avvenimenti. Stiamo scandagliando la scena del
crimine centimetro per centimetro». Il lavoro deve ancora essere ultimato, ma si parla già di contraddizioni sostanziali ad esempio su come è stato ucciso Valentyn. Non è trapelato nulla invece, sullo screzio all’origine del crimine, che pare essere scoppiato giorni prima del delitto. L’ADIGE Divertirsi senza alcol I giovani per parlare ai giovani di alcol. Ma soprattutto i giovani che danno l’esempio di come ci si diverta meglio senza alcol. Questo il filo conduttore di M.a.p.p.a. (Minori adolescenti promuovono progetti anti-alcol), il progetto del consorzio Consolida e delle cooperative sociali per sensibilizzare la comunità trentina, e i ragazzi in particolare, sui rischi che il consumo e l’abuso di alcolici comportano. «Con M.a.p.p.a. - afferma Pietro Scarpa, responsabile dell’Area infanzia e adolescenza di Consolida e coordinatore del progetto - abbiamo raggiunto 4.000 ragazzi, che sono stati coinvolti da propri coetanei in feste, cineforum, tornei sportivi in cui si dice no all’alcol». Notevole spazio, nell’anno e mezzo di lavori, ha avuto la formazione, con corsi di sostegno ai genitori affinché discutano in modo costruttivo con i propri figli dell’argomento alcol e percorsi per operatori sociali e per educatori delle cooperative. 26 gli eventi anti-alcol coordinati dalle cooperative sociali: dalle feste al tour artistico «Nonsoloalcol», dai tre cineforum presentati a Trento ai tornei di calcetto e pallavolo, dalle feste sulla neve al «Primo concorso artistico analcolico», le cui premiazioni si sono svolte allo skatepark di Trento. I giovani che hanno partecipato all’organizzazione degli eventi si sono dilettati anche nel mescolare bevande e frutta per proporre ai propri coetanei cocktail analcolici originali in queste occasioni di divertimento senza alcol. Lo stand dei cocktail analcolici spesso è stato abbinato al punto informativo, nel quale i giovani distribuivano materiali e davano informazioni ad amici e coetanei. «Abbiamo condotto delle analisi - precisa Scarpa - prima di avviare il progetto M.a.p.p.a., e abbiamo capito che il modo migliore per ottenere risultati significativi era quello di far si che protagonisti del progetto fossero i ragazzi stessi. E così è stato: gli educatori li hanno supportati, ma le idee e i lavori sono venuti dai giovani». Consolida ha avuto come partner del progetto le cooperative sociali Arcobaleno, Arianna, Casa Zambiasi, Ephedra, Il Delfino, Kaleidoscopio e Progetto 92, che da diversi anni si occupano in tutta la provincia di adolescenti e ragazzi, offrendo servizi per la prevenzione e la cura del disagio e dell’emarginazione sociale. Il tema dell’alcol richiedeva anche un supporto istituzionale e sanitario e per questo Consolida ha stretto rapporti con il Comune di Trento e altre amministrazioni locali e con il Servizio per le attività alcologiche dell’Azienda aanitaria di Trento. Pietro Scarpa è convinto: «M.a.p.p.a. non si conclude qui. Lo riprogetteremo con nuove attività, sperando che sempre più enti, sia pubblici che privati, capiscano l’importanza dell’azione e la sostengano. Perché significa sostenere i nostri giovani». L’ARENA di Verona La quiete di Porto San Pancrazio è stata improvvisamente
rotta da un episodio di sangue Ferisce il figlio la sera prima delle nozze Padre arrestato per tentato omicidio La vittima va all’altare con i punti di sutura, il
genitore a Montorio dopo l’aggressione Vincenzo Costantino, pensionato ha atteso il ragazzo sotto
casa dell’ex moglie e dopo aver rotto il collo a una bottiglia di birra s’è
scagliato contro Fabrizio che stava uscendo. Le ferite hanno comunque permesso
che la festa di ieri non fosse rimandata. Non era la prima volta che Costantino
molestava di Alessandra
Vaccari Arrestato per tentato omicidio, del figlio, che ieri s’è poi
sposato con bende e suture in volto. Da venerdì sera, Vincenzo Costantino, 62 anni, pensionato,
residente in via Porto San Pancrazio 54 si trova in carcere a Montorio con
un’accusa gravissima. A portarlo in galera è stata una pattuglia del
commissariato di Borgo Roma, dopo che i vicini di casa di via Galileo Galilei
109 avevano sentito le grida sotto casa. Non si sa per quale ragione Costantino, che è separato
dalla moglie Giuseppina Motta, abbia aggredito Fabrizio, sotto l’abitazione in
cui abita con mamma, un secondo piano di un palazzotto. Secondo la ricostruzione della polizia, l’uomo, forse
in preda ai fumi dell’alcol s’è presentato sotto casa del ragazzo e ha
aspettato che uscisse. Verso le 21.30, Fabrizio è uscito con Alessia, la sua
ragazza, che ieri pomeriggio ha poi sposato. Il padre aveva una bottiglia di birra in mano e quando ha
visto il figlio, 29 anni, ha rotto il collo della bottiglia e con quella ha
affrontato il ragazzo ferendolo in fronte e a un sopracciglio. Il giovane ha tentato di difendersi come ha potuto,
soprattutto temendo che il padre facesse del male anche alla sua ragazza.
Fabrizio le ha urlato di tornare in casa e per fortuna è intervenuto un
conoscente che ha strappato di mano il collo della bottiglia all’uomo inferocito.
Sul posto sono arrivate un paio di ambulanze. Il ragazzo è
stato portato in ospedale a Borgo Trento, per essere medicato, ma poi è stato
dimesso. Il padre poco dopo è svenuto, quindi è stato portato a Borgo Roma e
una volta ristabilito, in carcere a Montorio con l’accusa di tentato omicidio. Non si sa per quale ragione si sia scatenata
l’aggressione. Pare che Costantino fosse noto alle forze dell’ordine perché
più volte segnalato per aver infastidito l’ex moglie e il figlio. «Non me la sento di fare commenti», ha detto ieri mattina
la signora Giuseppina dal citofono di casa, in via Galilei, tappezzata di
volantini fotocopiati con l’immagine sorridente del figlio, assieme alla futura
moglie che annunciavano il matrimonio. «Il matrimonio lo facciamo, certo, ma di quello che è
accaduto non c’è molto da dire. Per fortuna mio figlio, nonostante tutto, sta
bene». La notizia dell’arresto di Costantino ha fatto in fretta
il giro del quartiere e il commento di tutti era di solidarietà al figlio, e al
fatto che il padre avesse rovinato il giorno di festa. Uno tra i pochi a non sapere cosa fosse accaduto era
proprio il parroco di Porto, don Gabriele: «Non sapevo di questo fatto e sono
proprio dispiaciuto. Conosco poco la famiglia, ma i ragazzi hanno frequentato
il corso fidanzati», ha detto il sacerdote. Sul fronte giudiziario c’è infine da ricordare che domani mattina Costantino verrà interrogato dal giudice. CORRIERE ROMAGNA Rimini Coltellate in pieno giorno RIMINI - Si è svolto tutto in pochi secondi, una manciata
di minuti al massimo, giusto il tempo di scambiarsi qualche parola pesante,
offese in arabo di fronte agli sguardi annoiati dei passanti. Poi è saltato
fuori un coltello e uno dei due uomini si è accasciato a terra, le mani
sull’addome a tamponare una ferita che si è poi rivelata superficiale,
guaribile in appena dieci giorni. L’altro uomo è scappato, forse inseguito da
un parente del ferito.L’accoltellamento ha avuto come teatro il parcheggio
dietro al grattacielo e come protagonisti due immigrati tunisini. Il ferito è
un pescatore, in Italia con regolare permesso di soggiorno. In passato aveva
lavorato a Rimini, ma da qualche tempo era imbarcato a Civitavecchia. Venerdì
sera ha preso un treno per Rimini e sabato mattina si è incontrato con un amico
in un negozio del grattacielo. Stavano parlando quando si è avvicinato un
connazionale, un operaio specializzato che sbarca il lunario con lavoretti in
nero visto che non è in regola con il permesso di soggiorno. Tra i due - come
ha spiegato lo stesso ferito dal suo letto d’ospedale - c’era della vecchia
ruggine. Quanto vecchia e, soprattutto, originata da cosa non l’ha però
spiegato. I carabinieri stanno, quindi, cercando di capire meglio che cosa vi
sia all’origine dell’aggressione, ascoltando i numerosi tunisini che
frequentano la zona del grattacielo. Le versioni per ora sono discordanti: c’è
chi parla di un debito di 120 euro, chi di una semplice antipatia sfociata
in un accoltellamento per colpa dell’alcool. Solamente la notte prima un
altro tunisino, a poche centinaia di metri di distanza, aveva fatto parlare di
sè. Era, infatti, entrato ubriaco al Bar del Porto, gestito da un
cinese. Alzava la voce, voleva da bere e quando è stato redarguito dal
gestore, ha rotto la bottiglia di birra, l’ha impugnata per il collo e si è
scagliato contro i presenti. Due se la sono cavata con piccole
escoriazioni, un terzo è dovuto ricorrere alle cure de sanitari. Sul primo
episodio indagano i carabinieri, sul secondo la polizia. ste.p. CORRIERE DELLA SERA «Alcol e cattive compagnie, così mio fratello si è
rovinato» La figlia minore di Umberto: è un debole e con gli anni è
peggiorato. La Storia lo ha aggredito MILANO - «È un massacro per tutta la famiglia Savoia. Nome
e dinastia buttati nel fango. Capisce? Non è giusto, non ci sto» confida con
amarezza Maria Beatrice, l’ultimogenita di Umberto II. «Mi dispiace moltissimo
per la disavventura capitata a Vittorio Emanuele. Gli voglio bene, anche se i
nostri rapporti da qualche anno si sono praticamente interrotti. Ad ogni modo,
non intendo avere a che fare con le sue colpe vere o presunte. Ognuno risponde
per sé. Non ci si conosce mai a fondo, neanche tra fratelli. Vittorio aveva una
doppia vita? E chi lo può sapere?». Dolorante per un’artrosi che la perseguita,
accovacciata sul divano del soggiorno di una piccola casa del centro di Milano,
la sorella del principe fuma nervosamente. «Ho pianto, non ho dormito la notte,
questa è una cosa orribile. Un altro duro colpo per i Savoia», si rammarica.
Lei stessa, dopo gli anni scapigliati della gioventù (la storia d’amore fra
Titti e il «povero ma bello» Maurizio Arena tenne banco nelle cronache rosa) ha
dovuto affrontare prove durissime e drammatiche: la morte di due dei tre figli
avuti da Luis Reyna, da cui si separò nel ’95. Anche Reyna finì i suoi giorni
tragicamente a Cuernavaca, in Messico. Poi, venne l’ora della guerra legale
ingaggiata da Vittorio Emanuele contro le tre sorelle, accusate di essersi
appropriate indebitamente dell’eredità di Maria José, la regina madre. «Da
allora, il gelo - ammette Maria Beatrice -. Tanto che, caduto l’esilio, mio
fratello non mi ha neppure telefonato per comunicarmi il suo rientro in Italia.
L’ho rivisto a Roma, al matrimonio di Emanuele Filiberto». Maria Beatrice non infierisce, ma non fa sconti. Del
principe incarcerato dice: «Per quel che ne so, da tempo frequenta un giro di
persone spregiudicate, che si danno ai bagordi, e pensano solo ai soldi. Avidi
di soldi. Non hanno un briciolo di spiritualità. Gentaglia, insomma. Tipi del
genere hanno progressivamente preso potere negli Ordini di San Maurizio e
Lazzaro. L’associazione è caduta in basso, è diventata una macchina per fare
quattrini. Con le quote, con i gadget. Di tutto e di più. Così ne sono uscita
assieme a Maria Pia e Maria Gabriella. Poi, anche Silvia, la moglie di Amedeo
d’Aosta, si è tirata fuori. Se non sbaglio - aggiunge con una punta di ironia -
tra quelli spediti in galera spiccano alcuni nomi degli affiliati agli Ordini.
Non è il massimo del decoro per i Savoia. Vero?». Un bicchiere d’acqua per schiarirsi la gola all’ennesima
sigaretta, e avanti con lo sfogo: «Mio fratello, purtroppo, è un bambinone
superficiale. È molto facile catturare la sua benevolenza. Lui, per dirla con
un’immagine, è un uomo che dà ragione all’ultimo che chiude la porta. È un
debole. Inoltre, si lascia andare con l’alcol. Sì, beve troppo. Anche questa
non è una condizione ottimale per agire con lucidità». Riflette Maria
Beatrice: «Se Vittorio Emanuele negli anni è cambiato, se le sue debolezze
caratteriali si sono accentuale, ciò è dovuto anche alle aggressioni subite. La
Storia lo ha
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