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Editoriali 16/10/2003

La Strada: palcoscenico per molti ruoli, ma l’aggressività è sempre più sulla scena

La Strada:
palcoscenico per molti ruoli,
ma l’aggressività è sempre più sulla scena

di Giordano Biserni*

Io credo che alla parola strada tutti riconducano istintivamente le immagini di movimento, vacanze, libertà, sì, soprattutto libertà. Oggi, però, tanti abbinano anche i concetti di fretta, velocità, lavoro. Sono pochissimi, invece, quelli che d’acchito collegano alla parola strada pensieri quali pericolo o addirittura violenza e aggressività. Eppure la strada, se analizziamo attentamente alcuni dati, è decisamente un posto pericoloso non avulso da manifestazioni sempre più frequenti di violenza; quindi si potrebbe dire con tranquillità che è un posto poco raccomandabile. Sulla strada si muore, o ci si fa molto male con estrema frequenza. Mai come sull’asfalto il concetto di pericolo trova le sue esatte connotazioni e dimensioni che derivano in modo particolare, ma non esclusivo, dagli incidenti che lo punteggiano. La strada è sempre più spesso teatro privilegiato di insensate violenze, di proditori esibizionismi, di teatrali superficialità: un film che si proietta ininterrottamente nelle 24 ore e non sempre si chiude con il lieto fine. Cominciamo proprio dall’aspetto “più banale”: gli incidenti stradali, che spesso fanno trasparire nella loro dinamica comportamenti aggressivi o autoaggressivi preoccupanti. Nella sola Ue ogni giorno perdono la vita per incidenti stradali circa 110 persone, più di 40.000 in un anno, oltre 3 milioni rimangono ferite, circa 9000 al giorno, quanti potrebbero essere i passeggeri di 15 treni ETR o 150 pullman turistici. Si calcola che un cittadino europeo su tre dovrà prima o poi ricorrere a cure ospedaliere a causa di un incidente. Uno su ottanta, poi, vedrà la vita stroncata per il medesimo motivo.

L’Italia contribuisce alla realizzazione di questo “fatturato” con quasi 20 morti e oltre 900 feriti al giorno, dei quali circa il 20% riporta lesioni irreversibili. Con l’attuale trend la strada, che è la nona causa di morte nel mondo, diventerà la terza entro il 2020.
Gli incidenti, però, sono già la prima causa di morte oggi per i giovani sotto i 23 anni. Oltre la metà delle vittime ha meno di 45 anni. L’aspettativa media di vita perduta a causa di incidenti stradali è quindi di 40 anni. Mi sembra di poter confermare con solo questi dati, che la strada è veramente un posto pericoloso (c’è da sperare solo negli effetti positivi della patente a punti). Pensate solo cosa accadrebbe in Europa o in Italia se quei 110 morti e 9000 feriti al giorno si contassero per cause diverse come incidenti aerei, ferroviari o per inondazioni e terremoti. Si aprirebbero dibattiti con la ricerca dei responsabili politici e di interventi risolutivi con adeguati finanziamenti. Tutte iniziative, quindi, che già, giustamente, si sono intraprese per i danni legati alla droga, all’AIDS o agli omicidi, che tutti insieme non causano neppure 3 mila morti l’anno: cioè meno della metà delle vittime della strada. Eppure quanti dibattiti, convegni, talk-show si fanno sulla droga, l’AIDS, gli omicidi? Quanti per gli incidenti stradali? Pochissimi. Perché? I motivi sono tanti e molti esulano da quello che si vuole dibattere in questa sede. Innanzi tutto si sottolineano gli enormi interessi economici che sotto traccia si intrecciano col mondo della strada: quelli dei produttori di automobili, di alcolici, dei gestori dei locali della notte, solo per fare qualche esempio.
Inoltre non si ama molto dibattere dei temi della strada perché, diversamente dagli aspetti legati alla droga, all’AIDS, agli omicidi, tutti ci sentiamo psicologicamente un po’ colpevoli per gli atteggiamenti impropri che spesso teniamo sull’asfalto, tutti tendiamo a comprendere e spesso a perdonare chi sbaglia, anche se in qualche caso distrugge una famiglia. Le regole della strada sono in assoluto le più violate nel mondo.
Sembra quasi che la vera regola dell’asfalto sia la violazione sistematica della regola stessa.
Siamo talmente calati in questa conveniente maschera che spesso vediamo in chi porta la divisa sulla strada non un difensore ma un nemico.


Ma la strada non è teatro di soli,
drammatici, violenti incidenti.

L’asfalto oggi è frequentemente palestra di aggressività, esibizionismo, protervia spesso proporzionate non alla forza o all’energia del conducente, ma del mezzo che conduce. L’arroganza, figlia della mancata educazione e l’inciviltà spesso si nascondono in una cultura che per 50 anni ha celebrato il cavallo d’acciaio come strumento quasi di potenziamento e prolungamento della propria personalità, costruito sulla divinazione di concetti tutti molto lontani dal valore sicurezza. Sicurezza, d’altra parte, è una parola sempre più ricorrente nel linguaggio comunicativo di oggi.
E’ la risposta, qualche volta abusata, di una esigenza che pervade la nostra società sempre più attenta all’economia, al reddito, al benessere e quindi alla produzione, all’efficienza, alla velocità. Velocità, scatto, potenza, sono termini che hanno sempre permeato di sé la comunicazione nel settore dell’automobile. Tanto che nel linguaggio ordinario le performances dell’auto e della moto, misurate in HP, Km/h, 1 Km in tot secondi, spesso si trasformano nel linguaggio comune in: “è una bomba”, “è un proiettile”, “va come una scheggia”, “è una freccia”. Tutti termini (plus) riconducibili ad un’arma, ad un oggetto capace di offendere; eppure si tratta di un’auto, di una moto. Veicoli sui quali mettiamo sopra sempre il bene più prezioso che abbiamo: la nostra vita, quella dei nostri famigliari, i nostri amici e spesso, per lavoro, il destino della nostra azienda, della nostra attività. Ecco che l’approccio anche comunicativo basato sulla muscolatura da HP, sulla aggressività del messaggio è sbagliato, va modificato. Questa cultura dell’inciviltà automobilistica, questo stress da redditività, da fretta spesso neppure motivata, ha fatto molte vittime. Sulla china della violenza sulle strade, anche solo verbale, non scivolano come si pensa, solo giovani strafottenti e forti della loro età e delle loro esplosioni ormonali.
No, anche i cosiddetti buoni padri di famiglia, stimati professionisti, cittadini altrove esemplari, al volante sovente danno il peggio di sé con atteggiamenti di impazienza e aggressività molto lontani dal loro stile quotidiano. Anche le donne un tempo miti esploratrici dell’universo asfaltato oggi tradiscono frequenti atteggiamenti di aggressività verbale non proprio consoni alla supposta mitezza femminile.

Se leggiamo con attenzione le cronache della strada vediamo che nell’arco di un anno gli episodi di aggressività verbale e anche fisica mossi da motivi di circolazione sono sempre più frequenti. Diverse decine i litiganti colpiti da infarto durante un’accesa discussione per “banali motivi di circolazione”, come li definiscono i giornali. Non sono affatto rare, poi, le aggressioni con improvvisati corpi contundenti: ne fanno le spese “le vittime del cacciavite”, la prima arma impropria a portata di mano dell’automobilista. Questa sottolineatura non sembri forzata. Una nostra ricerca sulla stampa ha dimostrato quanto sia frequente, con punte di aggressività che rasentano “Hannibal Lecter (the cannibal)”. Un episodio per tutti. Ricorderete il fatto di quel camionista che lo scorso anno, dopo un diverbio con una giovane ragazza alla guida di una vettura sulla A/4, la bloccò in un’area di sosta, la aggredì, la legò e successivamente la assassinò scaraventando il corpo in un campo, senza averla violentata, solo a seguito di un inspiegabile raptus.

Ma la violenza stradale e l’autoaggressività toccano punte altrettanto parossistiche nel mondo giovanile, si pensi alle sconsiderate gare automobilistiche, all’attraversamento degli incroci con la statale Adriatica in riviera, per scommessa, senza guardare, solo per dimostrare un incosciente coraggio, o altri episodi segnalati dalle forze di polizia, come il nascondersi dentro uno scatolone posizionato lungo una statale e vedere se si viene schivati da un veicolo in arrivo. Allo stesso modo le gare di velocità, il fatto di passare con il rosso o andare contromano sono azioni che fanno trasparire un’esigenza implicita di aggressività verso sé e verso gli altri e riflettono la ricerca della sensazione di dominio.

 

Il fine settimana
E’evidente allora che quando non si dà troppa importanza al futuro, occuparsi di problemi contingenti assume un senso limitato.
Durante i fine settimana, poi, è possibile fotografare nella nostra società alcuni atteggiamenti che mostrano una recrudescenza dei fenomeni di aggressività: gli scontri negli stadi, le risse in discoteca, l’amplificazione degli incidenti stradali.
La rilevanza di questi dati concentrati negli ultimi giorni della settimana sembra far trasparire una psicopatologia dell’aggressività del week-end. Ancora una volta gli attori di tali azioni portano durante la settimana una maschera ben diversa: volti comuni, non sguardi ringhiosi.
Mettendo poi a fuoco l’ambiente discoteca, è evidente che sempre più si sta affermando nella sua drammatica prepotenza il fenomeno delle droghe sintetiche: “le nuove droghe”. I motivi di questa vasta diffusione, connessi a mode, a situazioni sociali, sono numerosi e complessi, ma, amaramente, trovano tutti una risposta nell’assunzione di sostanze psicostimolanti. L’Europa poi ha imparato a sintetizzare le formule più nuove e strane di pillole e liquidi stupefacenti. Ecstasy, yaba, cobret, tahi, ketamina sono solo alcuni nomi dei risultati dei laboratori dei “piccoli chimici” con la passione per le nuove droghe. Normalmente queste sostanze non scatenano l’aggressività appena vengono assunte ma quando il loro effetto va scemando. C’ è poi chi, non contento di sperimentare una droga per volta sceglie di fare dei cocktail di più sostanze o di accompagnarle con qualche bicchiere di alcolici. Gli effetti sono tragici. La persona, quando sopravvive o non si sente male, assume la maschera aggressiva e instabile e diventa una vera mina vagante per chi la incontra sul suo cammino e ancor più sulla sua strada. Come collochiamo poi i sempre più frequenti episodi di pirateria stradale che ogni anno causano alcune centinaia di vittime? In questo caso viene esplicitato chiaramente il minimo valore attribuito alla vita espresso da quanto accade anche sulla strada.
Ma la violenza sulla strada spesso si manifesta in forme di aggressività forse meno truculente, ma altrettanto indicative di una deriva amorale di sfida plateale con comportamenti da Jungla d’asfalto, per i quali il più debole, cioè il meno protetto, il meno veloce, vive sotto continua minaccia di pericolo. Alcuni esempi.
Cos’è se non una violenza il suono prolungato di un clacson spesso con trombe come quelle dei Tir che assomigliano più a un transatlantico che a un mezzo su ruote? Non è violenza anche molto pericolosa quella di chi in autostrada si attacca a 5 centimetri dalla tua targa e lancia insistenti sciabolate di luci abbaglianti per chiedere di farti da parte? O ancora, quella di chi arriva improvvisamente e altrettanto improvvisamente sorpassa da destra rientrando poi a sinistra come se nulla fosse? Da comportamenti di questo tipo spesso si sviluppa la tragedia stradale. Sembra quasi che le strade e le autostrade in particolare, siano riservate ai soli professionisti della strada che aggrediscono con la velocità o si difendono con la stazza. Non è violenza il non fermarsi davanti a un pedone sulle strisce e al massimo dribblarlo come un birillo?
La violenza e l’aggressività si sono radicate in una realtà fatta di abbattimenti costanti degli steccati delle regole, “come se - per dirla con le parole del Cardinale Tonini - ormai sulla strada fosse diventato vietato vietare”.
Sono tanti i racconti misti a stupore che ascolto dagli uomini in divisa nei quali emerge sempre più spesso un plateale disconoscimento del ruolo dell’autorità, quasi si volesse volutamente confonderlo con l’autoritarismo. Sempre più frequenti si segnalano gli episodi di giovani che, magari appena un po’ ebbri, si rifiutano di consegnare i documenti a una pattuglia, rimangono inchiodati al volante e tantissimi non si fermano all’alt.
Pochi mesi fa una pattuglia ha intimato l’alt ad una vettura con due giovani a bordo in autostrada, che viaggiavano oltre i limiti consentiti. Non si sono fermati. Inseguimento protratto per oltre cento chilometri (la vettura era veloce), hanno persino colpito più volte a sportellate la vettura della polizia che li affiancava, con tentativi ripetuti di speronamento.
Finalmente i poliziotti li fermano, armi alla mano convinti di essere di fronte a ladri o rapinatori o anche peggio.
Nulla di tutto questo, erano solo figli della nostra buona società che avevano, come tanti altri, lanciato la loro sfida al sistema, anche quella era una emozione. Il poliziotto che mi ha riferito l’episodio mi ha detto: “Almeno fossero stati ubriachi! Erano invece assolutamente sobri. Volevano sfidarci”. Come nei film, appunto.

* Presidente Asaps


di Giordano Biserni

Editoriale "Il Centauro"
Giovedì, 16 Ottobre 2003
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