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Editoriali 18/03/2005

Maremoto Prove generali di un’apocalisse.

Maremoto
Prove generali di un’apocalisse.

Alcuni l’hanno definito tragedia biblica, altri la catastrofe del secolo, altri ancora cataclisma epocale, certo il maremoto del sud est asiatico è stato un evento di una portata sconosciuta per la sua drammaticità, almeno nell’epoca moderna.
Le cifre parlano da sole: circa 150.000 morti in 7 Paesi e 2 continenti diversi.
Per la prima volta un cataclisma naturale – che ha spostato persino l’asse della terra – ha falciato migliaia di uomini, donne e bambini di decine di nazioni diverse.
Ricordiamo oltre alle centinaia di italiani scomparsi, altrettanti tedeschi, francesi, inglesi e addirittura diverse migliaia di svedesi, che forse mai avevano subito tante perdite di vite neppure nel loro Paese.
Vanno poi aggiunti oltre 500.000 feriti e 5 milioni di sfollati, col rischio di epidemie che potrebbero costare altre migliaia di vittime. Sono al lavoro oltre 5.000 medici, migliaia di volontari.
Le Protezioni Civili di tanti Paesi, Italia in testa, sono sul posto.
Si moltiplicano i finanziamenti degli Stati. Gli americani si dichiarano disponibili ad una sorta di nuovo piano Marshall.
L’Europa e il Giappone hanno già deliberato consistenti aiuti economici.
L’unico lato forse positivo di questa improvvisa ed epocale tragedia è la reazione di tanti Stati, dell’ONU, la gara di solidarietà fra associazioni no profit, addirittura fra religioni che spesso si contrastano e si contendono spazi.
Mai visti come ora collaborare e scambiarsi attestati di stima, cattolici, musulmani, ebrei, induisti.
C’è voluto lo squillo della tromba dell’Angelo per far capire la nostra precarietà e l’importanza della solidarietà.
Questa volta non si sanno assegnare colpe precise, non si tratta di un evento apparentemente legato allo sfruttamento e inquinamento ambientale da parte dell’uomo (a meno che non si pensi, come qualcuno ha insinuato, che il massiccio prelievo dai giacimenti petroliferi abbia un qualche collegamento).
Questa volta non si tratta di una centrale nucleare in avaria, di un’ inondazione favorita da terreni disboscati, di un incendio dovuto a piromani o a incuria.
Tutto questo però non ci deve consolare. Intanto una qualche responsabilità dell’uomo, che è stato incapace di avvertire le popolazioni costiere a distanza di ore dal terremoto marino, emerge eccome.
Poi va ricordato che il consorzio umano deve essere sempre pronto per poter reagire agli schiaffi, anche forti come questo, della natura. Che pena quei bimbi morti, racchiusi nei lenzuoli, o abbandonati da tutti che vagano smarriti fra le macerie, che pena quegli anziani abbandonati a se stessi, senza che nessuno li guardi.
Che pena quella specie di cimitero degli oggetti che lo tsunami ha sottratto alla vita, come quello sorto a Krabi (Thailandia), con catenine, orecchini, anelli, orologi tolti dai corpi delle vittime, ripuliti e catalogati per rendere poi possibile una loro identificazione.
Oggetti che raccontano una loro storia, che parlano coi loro nomi, le loro date impresse di nascite, di felici matrimoni.
Oggetti che raccontano vite serene interrotte bruscamente da una micidiale onda “anomala”. Altro che anomala!
Migliaia di orologi che si sono improvvisamente fermati qualche minuto dopo che aveva smesso di battere anche il polso dove erano allacciati. Continui ora la gara per aiutare tanta gente, servono acqua potabile, medicine, vestiti, serve solidarietà.
L’angelo dell’Apocalisse sembra aver mandato il suo avviso.


* Presidente Asaps


di Giordano Biserni

Venerdì, 18 Marzo 2005
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