SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE Presidente M.G. Luccioli - Relatore A. Giusti 1.
- Con ricorso depositato in data 16 luglio 2001, S. L. proponeva opposizione
avverso il verbale di data 16 giugno 2001 con cui la Polizia municipale di
Padova gli aveva contestato la violazione dell’art. 142 del codice della
strada, per eccesso di velocità accertato con apparecchio telelaser LTI 20-20,
irrogandogli la sanzione amministrativa pecuniaria di lire 635.090 nonché
quella accessoria del ritiro della patente di guida. A
sostegno della proposta opposizione, lo S. rilevava pregiudizialmente che i
cartelli indicatori della velocità non riportavano, sul retro, il provvedimento
amministrativo con il quale l’Ente proprietario aveva fissato il limite di
velocità; deduceva, inoltre, l’illegittimità dell’accertamento per
1/inaffidabilità dello strumento di rilevazione, in violazione dell’art. 345
del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, nonché
la mancanza di prove a fondamento della contestazione. 2.
- Ritualmente instauratosi il contraddittorio, il Giudice di pace di Padova,
con sentenza n. 1450 depositata il 14 novembre 2001, accoglieva l’opposizione
e, per l’effetto, annullava il provvedimento impugnato. Il
Giudice di pace rilevava che il verbale di contestazione era stato emesso in
violazione dell’art. 77, comma 7, del regolamento di esecuzione e di attuazione
del codice della strada, giacché il cartello di prescrizione del limite massimo
di velocità era privo degli e-stremi dell’ordinanza di apposizione adottata
dall’Ente proprietario della strada. 3.
- Avverso tale sentenza, con atto notificato il 19 luglio 2002 il Comune di
Padova ha interposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi di censura,
illu strati con memoria. L’intimato
non ha svolto attività difensiva in questa sede. MOTIVI DELLA DECISIONE 1.
- Con il primo motivo (violazione e falsa applicazione degli artt. 77, comma 5,
79, commi da 1 a 8, e 81 del regolamento di esecuzione e di attuazione del
nuovo codice della strada, approvato con il d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495;
omessa e, comunque, insufficiente motivazione su un punto decisivo della
controversia, prospettato dalle partii violazione dei principi sull’onere della
prova), il Comune ricorrente si duole che il Giudice di pace non abbia
considerato che il secondo capoverso del comma 5 dell’art. 77 del regolamento
di esecuzione e di attuazione del codice della strada consente esplicitamente
il permanere dei segnali già installati che presentino lievi difformità
rispetto a quelli previsti, purché siano garantite le condizioni di cui agli
artt. 79, commi da 1 a 8, e 81 del medesimo regolamento. Nella
specie, sarebbe pacifico che si trattava di un segnale, non di nuova
installazione, ma preesistente. 2.
- Con il secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 77, comma 7,
del citato regolamento; omessa e, comunque, insufficiente motivazione su un punto
essenziale della controversia), il ricorrente censura che l’impugnata sentenza
abbia ritenuto che la mancata indicazione nel segnale degli estremi
dell’ordinanza comporti, di per sé, l’illegittimità della segnaletica.
L’asserita conseguenza della nullità - osserva il Comune - non sarebbe in alcun
modo prevista e contrasterebbe con il sistema delineato dal nuovo codice della
strada. Un problema di nullità si potrebbe porre in caso di mancanza del
provvedimento, non quando, come nella specie, si faccia questione di omessa
indicazione nel cartello degli estremi del provvedimento stesso. 3.
- L’ultimo mezzo denuncia violazione, sotto altro profilo, dell’art. 77, comma
7, del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada.
Siccome l’illegittimità del provvedimento amministrativo non incide sulla
efficacia e sull’operatività del medesimo, la prescrizione contenuta nel
segnale sarebbe comunque vincolante per l’automobilista. Anche ammessa
l’invalidità della segnaletica per la mancata indicazione degli estremi
dell’ordinanza, le relative prescrizioni stradali non potrebbero considerarsi tamquam non essent. 4.
- In ordine logico va esaminato con precedenza il secondo motivo di ricorso,
con cui l’Amministrazione comunale ricorrente si duole che la mancata
indicazione, sul retro del segnale stradale, degli estremi dell’ordinanza
prescrivente il limite massimo di velocità, sia stata ritenuta dal Giudice di
pace causa di invalidità della segnaletica, con conseguente illegittimità del
verbale di contestazione dell’infrazione. 4.1.
- Il motivo è fondato. 4.2.
- L’art. 77 del regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice
della strada, approvato con il d.P.R. 16 dicembre 1992/ n. 495, detta le norme
generali sui segnali verticali, che sono collocati sulle strade per segnalare
agli utenti un pericolo, un’indicazione o - come nel caso del limite di
velocità - una prescrizione} e le disposizioni successive del medesimo
regolamento si preoccupano di stabilire la visibilità (art. 79), le dimensioni
e i formati (art. 80) nonché l’installazione (art. 81) dei segnali. In
questo contesto, il comma 7 del citato art. 77 prevede le caratteristiche del
retro dei segnali stradali: esso deve essere di colore neutro opaco; su esso devono
essere chiaramente indicati l’ente o l’amministrazione proprietari della strada
ed altre annotazioni, che comunque non possono superare una certa superficie,
e, ove si tratti di segnali di prescrizione, devono essere riportati gli
estremi dell’ordinanza di apposizione. 4.3.
- In mancanza di una disposizione specifica che stabilisca le conseguenze della
mancata indicazione, sul retro del segnale di prescrizione, degli estremi
dell’ordinanza di apposizione, ritiene il Collegio che l’inosservanza della norma
di cui all’art. 77, comma 7, del regolamento di esecuzione e di attuazione del
nuovo codice della strada non determini l’illegittimità del segnale, e che
l’omissione delle indicazioni formali da questa
norma contemplate non esima l’utente della strada dall’obbligo di rispettare la
prescrizione espressa dal segnale, giacché quelle indicazioni hanno, più
semplicemente, lo scopo di consentire agli organi della pubblica
amministrazione di controllare la regolarità della fabbricazione e della
collocazione del segnale e di rimuovere quelli apposti da soggetti che siano
privi del relativo potere o che lo abbiano esercitato in violazione delle
disposizioni che ne fissano le modalità di esercizio (cfr. Cass., Sez. Ili, 18
maggio 2000, n. 6474, in motivazione). Questa
conclusione è coerente con la natura del cartello quale mezzo di pubblicità
della prescrizione in esso indicata. Le differenze del cartello stradale
rispetto a quanto normativamente prescritto in tanto sono suscettibili di
determinare l’illegittimità del segnale con il quale si rendono noti obblighi,
divieti e limitazioni cui gli utenti della strada devono uniformarsi, in quanto
tale differenza sia tale da rendere il cartello concretamente inidoneo ad
assolvere la funzione assegnatagli. Ne deriva che solo quando sussista
siffatta, concreta inidoneità alla funzione propria del segnale stradale
possono porsi le corrispondenti questioni dell’eventuale
"disapplicazione" del provvedimento amministrativo incorporato nel
segnale, ovvero della sussistenza, in capo all’autore, dell’elemento soggettivo
della violazione; non certamente allorché - come nel caso di specie - venga in
rilievo una differenza meramente formale, assolutamente inconferente rispetto
alle funzione di rendere nota all’utente della strada la norma di condotta da
osservare (cfr. Cass., Sez. I, 23 marzo 1994, n. 2763; Cass., Sez. I, 21
settembre 1998, n. 9438) . 5.
- L’accoglimento del secondo motivo di ricorso determina l’assorbimento del
primo e del terzo mezzo. Per
effetto dell’accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere
cassata e la causa rinviata al Giudice di pace di Padova che, in persona di
diverso magistrato, provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di
legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti il primo ed
il terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le
spese, al Giudice di pace di Padova, in persona di diverso magistrato. Così
deciso in Roma, nella camera di consiglio della I Sezione civile della Corte
suprema di cassazione, Il
Consigliere estensore II
Presidente |
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