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Corte di Cassazione 03/07/2006

Giurisprudenza di legittimità - Opere, depositi e cantieri stradali – Divieto di lavoro o deposito di materiali su aree destinate alla circolazione o alla sosta dei veicoli

(Cass. civ., sezione I, 27 aprile 2005, n. 8757)

Giurisprudenza di legittimità
Corte di Cassazione Civile
Sez. I, 27 aprile 2005, n. 8757

 Opere, depositi e cantieri stradali – Divieto di lavoro o deposito di materiali su aree destinate alla circolazione o alla sosta dei veicoli – Violazione dell’art. 21 c.s. – Sanzioni – Irrogazione – Soggetto passivo – individuazione.

 La sanzione amministrativa prevista dall’art. 21 c.s. per lavori o deposito di materiali su aree destinate alla circolazione o alla sosta di veicoli senza l’adozione degli accorgimenti indicati dalla stessa norma, deve essere irrogato nei confronti dell’esecutore materiale dell’attività, e non anche del proprietario dell’immobile in favore del quale la stessa viene esplicata, non avendo il committente dei lavori – diversamente dall’imprenditore, dal dirigente e dal proponente – poteri di vigilanza e direzione sull’appaltatore.

 Svolgimento del processo. – E. e M. G. proponeva opposizione avverso verbale di contravvenzione emesso a loro carico per violazione dell’art. 21 c.s., assumendo che la contravvenzione avrebbe dovuto essere elevata solo nei confronti del soggetto che aveva collocato il ponteggio sul suolo pubblico e non anche nei confronti dei proprietari dell’immobile al cui servizio il ponteggio era stato elevato. Rilevavano altresì i ricorrenti che sebbene nel verbale di contravvenzione fossero menzionati entrambi tuttavia la contravvenzione non era mai stata contestata a M. G.

Resisteva il Comune di Pescia.

Con sentenza in data 13 dicembre 2001 il Giudice di pace di Pescia respingeva l’opposizione.

Per la cassazione della sentenza del giudice di pace propongo ricorso, fondato su tre motivi, M. ed E. G..

Non svolge attività difensiva il Comune Pescia.

 Motivi della decisione. – Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentavano violazione del principio del contraddittorio.

Osserva la difesa dei G. che. Nonostante fosse che, nonostante fosse stato preavvertito del ritardo del difensore, il giudice ha ugualmente consentito la discussione della causa, dando quindi lettura del disposto che aveva all’evidenza compilato in precedenza, unitamente alla motivazione della sentenza.

Il motivo è infondato.

Invero dagli atti che si possono esaminare con cognizione piena, essendo stato eccepito un error in procedendo risulta che l’udienza di discussione della causa era fissata per il giorno 13 dicembre 2001 ore 10,30 e che il difensore dei ricorrenti avv. P. è comparso nell’aula di udienza solo alle ore 11,30, con circa un’ora di ritardo rispetto all’orario prefissato.

Da ciò consegue che nessuna violazione del contraddittorio è ravvisabile nella specie avendo il giudice di pace dato lettura del dispositivo il girono fissato per l’udienza di discussione, non prima dell’ora stabilita per la discussione stessa.

Con il secondo motivo i ricorrenti censurano l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 21c.s..

Rilevano i ricorrenti che l’art. 21 c.s. non estende la responsabilità per l’occupazione delle aree destinate alla circolazione dei veicoli anche ai proprietari degli immobile, al cui servizio l’occupazione è stata effettuata e che il richiamo fatto dal giudice di pace alla sentenza n. 3365/1985 alla Corte di cassazione penale non è pertinente, riguardando ipotesi diversa da quella per cui è causa.

Il motivo è fondato.

Inverso l’art. 21 del c.s. stabilisce che chiunque esegua lavori o deposito di materiali sulle arre destinate alla circolazione o alla sosta di veicoli deve adottare tutti gli accorgimenti dalla norma specificati; lo stesso articolo al comma 4 prevede poi una sanzione per chiunque violi le disposizioni di ci al comma 2.

Dalla lettera dell’art. 21 risulta evidente che la sanzione deve essere irrogata nei confronti del soggetto che materialmente esegue l’operazione vietata mentre in nessuna parte dell’articolo in esame è dato rinvenire un’estensione della responsabilità amministrativa nei confronti del proprietario dell’immobile al cui servizio siano stati eseguiti i lavori o depositati i materiali.

Nella specie non può inoltre trovare applicazione il principio contenuto nella sentenza n. 3361/1985 della Corte di cassazione penale, richiamato dal giudice di pace, posto che l’indicata sentenza regola un’ipotesi che attiene alla corresponsabilità di chi abbia in qualche modo l’obbligo e la possibilità di impedire che le attività vietate vengono compiute, vale a dire i preposti, i dirigenti e gli imprenditori e che hanno un potere di vigilanza sui sottoposti, potere che non comprende, in materia di sanzioni amministrative, al committente nei confronti dell’appaltatore, tenuto conto dei limiti della responsabilità solidale che vige nella soggetta materia. Rettamente poi i ricorrenti hanno sostenuto la non applicabilità al caso in esame del disposto dell’art. 30 c.s. considerato che tale norma riguarda la responsabilità del proprietario per i manufatti che minaccino rovina, in base ad un obbligo di manutenzione che incombe direttamente sul proprietario dell’edificio.

Il secondo motivo va quindi accolto.

Tenuto conto delle argomentazioni fin qui svolte assorbito deve ritenersi il terzo motivo, attinente all’omessa del verbale di contravvenzione a G. M..

Pertanto il ricorso va accolto, limitatamente al secondo motivo, l’impugnata sentenza va cassata e giudicando nel merito ex art. 384 c.p.c. va accolta l’opposizione ed annullato il verbale di contravvenzione, unitamente alla irrogata sanzione amministrativa.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. (Omissis). [RIV-0602P163]


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Lunedì, 03 Luglio 2006
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