Giurisprudenza di legittimità Resisteva il Comune di Pescia. Con sentenza in data 13 dicembre 2001 il Giudice di pace
di Pescia respingeva l’opposizione. Per la cassazione della sentenza del giudice di pace
propongo ricorso, fondato su tre motivi, M. ed E. G.. Non svolge attività difensiva il Comune Pescia. Osserva la difesa dei G. che. Nonostante fosse che,
nonostante fosse stato preavvertito del ritardo del difensore, il giudice ha
ugualmente consentito la discussione della causa, dando quindi lettura del
disposto che aveva all’evidenza compilato in precedenza, unitamente alla
motivazione della sentenza. Il motivo è infondato. Invero dagli atti che si possono esaminare con cognizione
piena, essendo stato eccepito un error in procedendo risulta che l’udienza di
discussione della causa era fissata per il giorno 13 dicembre 2001 ore 10,30 e
che il difensore dei ricorrenti avv. P. è comparso nell’aula di udienza solo
alle ore 11,30, con circa un’ora di ritardo rispetto all’orario prefissato. Da ciò consegue che nessuna violazione del contraddittorio
è ravvisabile nella specie avendo il giudice di pace dato lettura del
dispositivo il girono fissato per l’udienza di discussione, non prima dell’ora
stabilita per la discussione stessa. Con il secondo motivo i ricorrenti censurano l’impugnata
sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 21c.s.. Rilevano i ricorrenti che l’art. 21 c.s. non estende la
responsabilità per l’occupazione delle aree destinate alla circolazione dei
veicoli anche ai proprietari degli immobile, al cui servizio l’occupazione è
stata effettuata e che il richiamo fatto dal giudice di pace alla sentenza n.
3365/1985 alla Corte di cassazione penale non è pertinente, riguardando ipotesi
diversa da quella per cui è causa. Il motivo è fondato. Inverso l’art. 21 del c.s. stabilisce che chiunque esegua
lavori o deposito di materiali sulle arre destinate alla circolazione o alla
sosta di veicoli deve adottare tutti gli accorgimenti dalla norma specificati;
lo stesso articolo al comma 4 prevede poi una sanzione per chiunque violi le
disposizioni di ci al comma 2. Dalla lettera dell’art. 21 risulta evidente che la
sanzione deve essere irrogata nei confronti del soggetto che materialmente
esegue l’operazione vietata mentre in nessuna parte dell’articolo in esame è
dato rinvenire un’estensione della responsabilità amministrativa nei confronti
del proprietario dell’immobile al cui servizio siano stati eseguiti i lavori o
depositati i materiali. Nella specie non può inoltre trovare applicazione il
principio contenuto nella sentenza n. 3361/1985 della Corte di cassazione
penale, richiamato dal giudice di pace, posto che l’indicata sentenza regola
un’ipotesi che attiene alla corresponsabilità di chi abbia in qualche modo
l’obbligo e la possibilità di impedire che le attività vietate vengono
compiute, vale a dire i preposti, i dirigenti e gli imprenditori e che hanno un
potere di vigilanza sui sottoposti, potere che non comprende, in materia di
sanzioni amministrative, al committente nei confronti dell’appaltatore, tenuto
conto dei limiti della responsabilità solidale che vige nella soggetta materia.
Rettamente poi i ricorrenti hanno sostenuto la non applicabilità al caso in
esame del disposto dell’art. 30 c.s. considerato che tale norma riguarda la
responsabilità del proprietario per i manufatti che minaccino rovina, in base
ad un obbligo di manutenzione che incombe direttamente sul proprietario
dell’edificio. Il secondo motivo va quindi accolto. Tenuto conto delle argomentazioni fin qui svolte assorbito
deve ritenersi il terzo motivo, attinente all’omessa del verbale di
contravvenzione a G. M.. Pertanto il ricorso va accolto, limitatamente al secondo
motivo, l’impugnata sentenza va cassata e giudicando nel merito ex art. 384
c.p.c. va accolta l’opposizione ed annullato il verbale di contravvenzione,
unitamente alla irrogata sanzione amministrativa. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo. (Omissis). [RIV-0602P163] |
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