Da “AGI” del 3 luglio 2006
ESODO:
INCIDENTE IN GALLERIA AGENTI
POLSTRADA INTOSSICATI
Genova -Un’auto
e’ esplosa nella notte in seguito ad un tamponamento all’interno della galleria
Monte Moro, al chilometro 13 dell’autostrada A12, in direzione di Genova, tra i
caselli di Recco e Nervi. Due agenti della polstrada sono rimasti intossicati
durante le operazioni di soccorso e sono stati ricoverati in osservazione al an
Martino di Genova. Durante la notte il tratto di A12 tra Nervi e Genova Est e’
chiuso per lavori. In zona, per regolare il traffico e fare uscire i mezzi
dall’autostrada si trovava la pattuglia della stradale. I due agenti sono
intervenuti per trarre in salvo i passeggeri delle vetture, quando si e’
verificata l’ esplosione. Le loro condizioni non sono gravi, vengono trattenuti
in osservazione.
Da “Il Gazzettino” del 3 luglio 2006
Acquista un documento per poter lavorare ma l’azienda dove lo presenta
chiama i carabinieri. Che scoprono la presenza irregolare in Italia: «Ora ho paura di tornare
al mio Paese»
Immigrati, permesso truffa Straniero vittima di raggiro:
«Quattrocento euro per un documento falso»
Roberto Ortolan
Le inchieste sul commercio di
documenti e permessi di soggiorno falsi (ne sono state avviate da Stradale,
Questura e Carabinieri) continuano a far emergere un mercato diffuso. Ci sono
varie organizzazioni composte da italiani e nordafricani, che sfruttano la
disperazione di tanti extracomunitari. La notizia delle inchieste sulle gang
criminali che producono documenti falsi ha fatto uscire allo scoperto Giorgio
M., 30 anni tra qualche giorno, originario della Liberia. L’uomo è stato
individuato dai carabinieri, dopo la segnalazione dell’Ufficio personale di
Electrolux, con un permesso di soggiorno contraffatto in modo efficace, ma
grossolano.
Giorgio quando è arrivato in Italia?
«Nel 2002. Sono sbarcato da
clandestino a Lampedusa. Dopo un breve soggiorno in centro di accoglienza sono
riuscito a ottenere un permesso di soggiorno per motivi politici. In Liberia,
dall’inizio degli anni ’90, infuriava la guerra civile. Se mi avessero
rimandato a casa sarei stato ucciso».
Poi cosa ha fatto?
«Sono risalito verso il Nord
Italia. Un lungo girovagare, ma da regolare, in cerca di casa e lavoro. Mi sono
mantenuto con occupazioni in nero, ricevendo salari da fame (dai 10 ai 15 euro
al giorno). Nel 2003/2004 mi è scaduto il permesso di soggiorno. Ho provato a
farlo rinnovare, ma è stato impossibile».
Il risultato?
«Una esistenza in clandestinità.
Ho provato a evitare l’espulsione. Ho continuato a lavorare in nero. Una
settimana qui, l’altra là. Per non lasciare punti di riferimento. A Pordenone
il lavoro si trova sempre. Più che sfruttato c’era chi, sapendo i miei
problemi, faceva il furbo.Cercavo di regolarizzarmi, ma inutilmente. Qualche
mese fa sono stato avvicinato da un italiano, che sapeva della mia situazione e
che si è spacciato per un dipendente della Questura. Mi ha detto che se fossi
stato disposto a pagare 400 euro mi avrebbe fatto avere un permesso di
soggiorno. Ho accettato. Mi ha chiesto il vecchio documento, quello da
rifugiato politico, dandomi appuntamento qualche giorno più tardi».
All’incontro cosa è accaduto?
«Gli ho dato 400 euro, in parte
prestati da un amico e in parte i risparmi del mio lavoro e ho avuto il
permesso di soggiorno. Ho saputo che Electrolux cercava personale. Mi sono
presentato a Porcia a chiedere lavoro, esibendo il mio bel permesso di
soggiorno. Invece del lavoro ho però trovato i guai. In azienda si sono subito
accorti che il permesso di soggiorno era falso e hanno chiamato i carabinieri i
quali hanno scoperto che ero già stato espulso e che quindi non potevo restare
in Italia. Mi hanno poi lasciato andare, invitandomi a presentarmi in Questura».
E sul documento falso?
«Un sacco di domande. Ho cercato
di far individuare il falsario. L’ho descritto, spiegando dove e come mi aveva
contattato. Spero finisca in cella».
Giorgio e adesso cosa farà?
«Intanto non mi sono presentato
in Questura. Ho paura di finire in cella e poi d’essere rimpatriato. In Liberia
rischio la vita. Continuerò a lavorare in nero, aspettando una sanatoria e
cercando d’evitare altre truffe. Quando sono sbarcato a Lampedusa avevo un solo
obiettivo: costruirmi una nuova esistenza, serena e senza guerra. Volevo un
lavoro, una casa e una famiglia, senza pesare sulla Nazione che mi aveva dato
asilo, ma non è stato possibile».
Da “Il Gazzettino” del 3 luglio 2006
POLIZIA STRADALE
Alcol e velocità, ritirate 12
patenti
Una dozzina di patenti ritirate.
Questo il bilancio del pattugliamento delle strade della provincia nel weekend
in funzione preventiva alle "stragi del sabato sera". L’altra notte
le pattuglie della Polizia stradale si sono posizionate lungo la statale 13 a Porcia, dall’una alle sei
del mattino: sono state accertate precise infrazioni al codice che hanno
determinato il ritiro di 12 patenti. Di queste, cinque sono state prese in
consegna dagli agenti per eccesso di velocità (in un caso il veicolo stava transitando
all’incirca al doppio della velocità consentita in quel punto, 50 chilometri orari).
Altri 6 documenti di guida ritirati invece per lo stato di ebbrezza del
conducente (in un caso sommata alla velocità eccessiva, con conseguente
decurtazione di 40 punti). Una patente internazionale, infine, ritirata a uno
straniero in quanto non rinnovata entro l’anno di tempo previsto.
Da “Il Gazzettino” del 3 luglio 2006
Ventidue patenti ritirate, 20
per eccesso di velocità, 2 per guida
in stato d’ebbrezza
Ventidue patenti ritirate, 20 per
eccesso di velocità, 2 per guida in stato d’ebbrezza: è questo il bilancio
dell’ultimo weekend dei controlli notturni della Polstrada di Mestre. A finire
nei guai automobilisti spericolati che hanno pigiato decisamente troppo forte
sull’acceleratore e che per questo, oltre ad essere privati della patente, si
sono beccati una multa salata. È il caso del guidatore di una Ferrari,
"pizzicato" sull’A4 come fosse a Monza, fermato dopo aver toccato i 230 km orari.
Giornata invece tranquilla sotto
il profilo della circolazione: nessun problema ai caselli autostradali,
traffico invece come sempre intenso sulla Jesolana e lungo le strade verso le
spiagge, con forti rallentamenti nelle ore di punta.
Da “BresciaOggi” del 3 luglio 2006
Ritirati la scorsa notte dalla polizia stradale 14 documenti.
La motivazione: guida in stato di ebbrezza
Una «strage» di patenti a Rezzato e a Desenzano
f.mo.
Un automobilista su dieci tra i 116 giovani controllati
nella notte tra sabato e domenica dalla polizia stradale è risultato ubriaco,
con tasso di alcol nettamente superiore al limite fissato dalla legge.
Ben 14 le patenti di guida ritirate dagli agenti con conseguente denuncia
penale e decurtazione di 10 punti. Ogni fine settimane «saltano» nel Bresciano
decine di patenti per guida in stato di ebbrezza, mentre raramente i conducenti
risultano positivi al narco-test prova che accerta l’uso di sostanza
stupefacente.
Nonostante le campagne di sensibilizzazione e i controlli che il comando
provinciale della polizia stradale predispone ogni week end, ancora troppi
giovani bevono abbondantemente prima di recarsi in discoteca o mentre
frequentano i locali. E alterati di notte si mettono alla guida rischiando la
propria incolumità e quella degli altri. I controlli sono scattati alla
mezzanotte e si sono conclusi ieri all’alba e hanno interessato la statale 11 in territorio di Rezzato e
la zona di Desenzano e le vie del basso lago. Impegnate le pattuglie di
Montichiari, che ha coordinato il servizio «antistragi», Brescia, Iseo e
Desenzano. Identificate complessivamente 120 persone. La polizia ha anche
ritirato una carta di circolazione per mancata revisione del mezzo e
sequestrato una Fiat «Tipo» perché il conducente non aveva conseguito la
patente.
Da “L’Arena” del 3 luglio 2006
Litiga e lo scoprono ubriaco
in auto Condannato
Luca Fiorin
Soave -Prima litiga con l’amica, poi guida l’auto in preda ai fumi
dell’alcol, infrazione riscontrata dagli agenti della Polizia stradale
intervenuti per sedare la rissa tra i due.
E pochi giorni fa la condanna in tribunale a Soave a venti giorni di arresto,
pena sospesa, e ad un’ammenda di 600 euro. Si dimenticherà difficilmente il 20
maggio del 2005, il marocchino A.M., residente a Montagnana nel Padovano. Quel
giorno l’alcol mescolato ad un’arrabbiatura dovuta a chissà quale motivo l’ha
portato a litigare furiosamente con la donna che lo accompagnava in auto.
Proprio in seguito alla richiesta d’intervento alla Polstrada fatta da chi ha
assistito alla lite, l’immigrato ha finito per essere fermato, denunciato e
processato. Anche se non per le violenze che, alla fine, non sono state
confermate da nessun testimone, nemmeno dalla donna percossa, bensì per la
guida in stato di ebbrezza. Un reato del quale è stato ritenuto colpevole dal
giudice della sede staccata di Soave del tribunale penale di Verona, Massimo di
Camillo. Che, accogliendo la richiesta presentata dal pubblico ministero
Gabriele Graziani, lo ha condannato a venti giorni di arresto, pena sospesa e
600 euro di ammenda.
I fatti risalgono alla sera del 20 maggio 2005. A.M. si trovava nel
parcheggio dell’autogrill di Soave quando, secondo un testimone, ha iniziato a
picchiare la sua amica. All’arrivo degli agenti i due sono montati
immediatamente in macchina e ripartiti ma prima ancora di arrivare all’imbocco
dell’autostrada sono stati bloccati. Viste le sue condizioni, l’immigrato è
stato portato nella sede della Polizia stradale dove, in seguito ai test, è
emerso che aveva nel sangue un tasso di alcool quasi doppio rispetto al
consentito.
Da “Il Mattino” del 3 luglio 2006
Identificata anche la terza vittima di sabato
sera sull’A1. Risolto il giallo: il bimbo non era in auto
Esodo, ancora sangue sulle strade Un altro grave incidente: feriti sull’Appia un uomo di Capua
e una donna polacca
Attimi di tensione accompagnati da sentimenti di apprensione
e di angoscia. Ed, infine, un sospiro di sollievo scaturito dalla certezza che
in quell’inferno non era caduto vittima anche un bambino. Queste le sensazioni
provate dagli agenti della Polstrada, dal personale della Società Autostrade e
dai vigili del fuoco, impegnati, per diverse ore, nell’estenuante ricerca di un
bambino, che avrebbe potuto essere coinvolto nel drammatico incidente avvenuto,
sabato pomeriggio, in A1, all’altezza del Km 695 sud, nel territorio del comune
di Marzano Appio. All’interno dell’autovettura, un’Alfa 164, i soccorritori
avevano, infatti, trovato, accanto ai corpi delle tre vittime, un paio di scarpette
ed un vestitino. Il dubbio che in quel veicolo potesse esserci stato anche un
bambino ed il timore che lo stesso potesse essere stato sbalzato fuori
dall’abitacolo ha indotto i soccorritori a setacciare l’intera scarpata,
all’interno della quale l’Alfa 164 aveva terminato la propria corsa,
ribaltandosi su se stessa. Le ricerche sono durate diverse ore e si sono
protratte fino a tarda notte, ma, fortunatamente, hanno avuto esito negativo.
Nel frattempo, gli agenti della sottosezione della polizia stradale di Cassino
riuscivano a risalire anche alle generalità dell’unica donna coinvolta nel
tragico incidente e deceduta, così come Salvatore Migliaccio, 65 anni, di
Catanzaro, pochi istanti dopo l’arrivo, in elicottero, dei soccorritori del
118. Si tratta di Antonia Maioro, 57 anni, residente a Catanzaro. Con Giuseppe
Stranieri, 24 anni, di Lametia Terme, sono le tre vittime del tragico sabato di
sangue vissuto in A1. A rendere ancor più funesto questo primo weekend di
luglio è stato, infine, un altro grave incidente, avvenuto nella mattinata di
ieri, nel tratto della strada statale Appia compreso tra Capua e Vitulazio.
Intorno alle 11.00, una Mercedes ha, infatti, per motivi ancora in corso di
accertamento, sbandato, per poi schiantarsi contro un albero. Sul posto sono
giunti, oltre ai carabinieri della compagnia di Capua, anche ambulanze del 118
e vigili del fuoco. Estratti dalle lamiere, i due feriti sono stati trasportati
all’ospedale «San Sebastiano» di Caserta, dove sono stati ricoverati in
condizioni gravi, ma non preoccupanti. M. G., 69 anni, residente a Capua, e la
donna extracomunitaria, di origini polacche, che era in sua compagnia, hanno
riportato solo fratture agli arti inferiori e gravi contusioni su tutto il
corpo. L’incidente non ha causato problemi alla circolazione. Qualche
intasamento è stato, invece, registrato lungo le statali Appia, Casilina e
Domiziana dalle ore 11.00 alle ore 13.00 e dalle ore 17.00 alle ore 20.00, a
causa della forte affluenza di pendolari verso le città costiere. Particolarmente
critica la situazione sulla Domiziana, soprattutto nel pomeriggio, nel tratto
compreso tra le località del Sud Pontino e Mondragone.
Da “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 3 luglio 2006
Anche
telelaser e provida per misurare la velocità
fi.me.
SCANZANO
JONICO -Automobilisti
che vi trovate a transitare sulle strade per lo più dissestate e cantierizzate
del Metapontino e della Basilicata, state attenti. Intanto, rispettate i limiti
di velocità, e questo è pacifico, per la vostra sicurezza. Poi, anche per gli
autovelox comunali in agguato e per le misure adottate dalla Polizia stradale.
Il Comando provinciale di Matera, infatti, è dotato oltre che di autovelox,
anche di telelaser, capaci di «misurare» un eccesso di velocità a circa un
chilometro di distanza, e del Provida. Di cosa si tratta? Di un apparecchio
telematico interno alla «Volante» che misura la velocità dei veicoli che la
precedono. Non solo. Il Provida è anche in grado, in base alla targa del mezzo
sotto controllo, di conoscerne in tempo reale vita, morte, miracoli. Attenti,
dunque, a che le vacanze non si trasformino in un dramma e a non incappare in
multe capaci di arrivare a 1.433 euro con la sospensione della patente da uno a
3 mesi e la decurtazione di 10 punti.
Da “Il Giornale” del 3 luglio 2006
Sassi dal cavalcavia: accusati dopo un anno dieci bulli di paese
di Igor Traboni
Frosinone - A quasi una anno dalla morte di Natale Gioffrè, operaio di 46 anni la cui
macchina venne centrata da un masso lanciato da un cavalcavia sull’autostrada
del Sole, tra Pontecorvo e Cassino, finalmente si è arrivati sulle tracce dei
responsabili. I frombolieri assassini hanno le ore contate. La squadra Mobile
di Frosinone ha infatti concluso le indagini e rimesso un dettagliato rapporto
alla Procura di Cassino: dentro ci sono nomi e cognomi di dieci ragazzi che il
12 agosto del 2005 si trovavano sul cavalcavia da cui venne lanciato quel
macigno dal peso di ben 41
chilogrammi.
I giovanissimi indagati hanno
tutti tra i 16 e i 23 anni e risiedono a Piedimonte San Germano e a Piumarola,
paesi che distano pochi chilometri dal teatro della tragedia. Tra domani e
dopodomani sono attesi i primi provvedimenti che, in base alle indiscrezioni
che rimbalzano dal Palazzo di giustizia di Cassino, potrebbero colpire almeno
cinque di questi ragazzi, probabilmente quelli che materialmente erano presenti
sul cavalcavia al momento del lancio del masso, anche se poi il gesto estremo
sarebbe stato effettuato solo da due di loro.
Questi rischiano l’accusa di
omicidio volontario. Per tutti gli altri la posizione sarebbe legata a una
possibile azione di favoreggiamento, soprattutto nelle ore successive
l’incidente, quando i ragazzi, già sospettati assieme ad un altro paio di
«bande» del posto, vennero interrogati a lungo. Il fascicolo è sul tavolo del
sostituto procuratore della Repubblica Carlo Morra, lo stesso magistrato che in
più occasioni ha ascoltato i sospettati. Su questo gruppo, composto da piccoli
e spavaldi bulli di paese, si erano subito concentrate le attenzioni degli
investigatori: una serie di indizi, anche pesanti, ma nessuna prova concreta,
anche perché i ragazzi erano riusciti a fare muro tra loro e a far calare sulla
vicenda una cappa di omertà che non ha certo aiutato le indagini.
Nelle settimane scorse, però, la novità, a quanto pare la prova decisiva.
Un’intercettazione telefonica, anzi più di una, che incastrerebbe i
responsabili. Dagli ambienti investigativi, però, non trapela assolutamente
alcun particolare.
L’incidente si verificò nella
notte tra il 12 e il 13 agosto dell’anno scorso: Natale Gioffrè, operaio di 46
anni residente a Torino ma originario della provincia di Messina, stava
raggiungendo la Calabria
per un periodo di vacanze. In macchina con lui, il figlio Francesco, di 15
anni. Poco dopo l’una, dal cavalcavia al km 666, in territorio di Villa
Santa Lucia e a poca distanza dal casello autostradale di Cassino, precipita un
masso che finisce proprio davanti alla Golf della famiglia Gioffrè.
L’operaio non riesce a evitare
l’impatto, l’utilitaria piomba sul new-jersey centrale e quindi finisce nella
cunetta laterale, dopo essere schizzata via come un proiettile impazzito.
Gioffrè muore sul colpo, mentre il figlio Francesco riporta ferite serie, ma
non gravissime. Altre auto sbandano per evitare l’impatto con il masso e i
testimoni riferiscono tutti di aver visto delle persone, probabilmente dei
ragazzi, su quel cavalcavia.
Le indagini si concentrano subito sugli ambienti frequentati dai giovani dei
paesi dei dintorni, anche perché il cavalcavia non serve una strada di grosso
transito e da quelle parti si avventurano solo coppiette in cerca di intimità o
ragazzi che sfrecciano e gareggiano con le moto. E proprio su moto e scooter sarebbe
arrivato anche il gruppo di ragazzi, due dei quali avrebbero poi deciso di
prendere un masso da una vicina discarica di materiali inerti per avventurarsi
in quel lancio assassino.
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