Giurisprudenza di legittimità
Svolgimento
del processo. – M. D.
R., in proprio e nella qualità di legale rappresentate della Maitoi Srl,
proponeva distinte opposizione dinanzi al Tribunale di Monza avverso tre
ordinanza-ingiunzione emesse dal Prefetto della Provincia di Milano il 9 ed il
10 luglio 1999, con ciascuna delle quali era stato ingiunto il pagamento della
somma di lire 1.221.600, nonché la rimozione delle opere abusive, per essere
stata effettuata pubblicità lungo un percorso autostradale, in violazione
dell’art. 23 comma 7 del codice della strada, e specificamente per essere stati
installati all’esterno della cabine di esazione del pedaggio autostradale alcuni
contenitori nei quali erano stati inseriti dei pieghevoli pubblicitari. Costituitosi il contraddittorio e
riuniti i giudizi, con sentenza del 10 febbraio – 18 marzo 2000 il tribunale
rigettava le opposizioni, osservando in motivazione che i tre provvedimenti
prefettizi dovevano considerarsi tempestivamente emessi, in quanto adottati nel
termine di novanta giorni dalla presentazione dei rispettivi ricorsi al
Prefetto avverso i verbali di contestazione, ed erano stati legittimamente
assunti, attesa la natura pubblicitaria del materiale esposto e considerato
l’espresso divieto, contenuto nel comma primo dell’art. 23 del codice della
strada, di collocare lungo le strade materiale pubblicitario, rafforzato per le
autostrade e le strade internazionali dal comma settimo dello stesso art. 23,
che consente la pubblicità unicamente nelle aree di servizio o di parcheggio
solo se autorizzate dall’ente proprietario, e sempre che non sia visibile dalle
strade. Osserva altresì che anche l’ordine
di rimozione appariva legittimamente emesso nei confronti degli opponenti, in
quanto proprietari dei contenitori, atteso che il contratto intercorso con la
Autostrade Concessioni e Costruzioni Autostrade Spa non prevede alcun
trasferimento della proprietà degli stessi, ma consentiva il loro uso anche a
detta società a condizione che non fossero stati già richiesti in pagamento da
terzi e che la manutenzione fosse a carico della Maitoi Srl. Avverso tale sentenza ha proposto
ricorso per cassazione M. D. R., in proprio e nella qualità di legale
rappresentante della Maitoi Srl, deducendo tre motivi. Il Prefetto di Milano ha
respinto con controricorso. Entrambi le parti hanno depositato memorie. Svolgimento
della desisione. –
Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione e falsa applicazione
dell’art. 204 del D.L.vo 30 aprile 1992 n. 285, si censura la sentenza
impugnata per aver rigettato il motivo di opposizione concenente la tardività
delle ordinanze-ingiunzioni sul rilevo che il termine di novanta giorni
previsto dalla legge riguarda l’emissione, e non la notifica del provvedimento
sanzionatorio: si osserva in contrario che tale termine alla data della
notifica, quale unica data certa. La censura è infondata. Premesso che, come accertato dal
Tribunale e non contestato in questa sede, le tre ordinanze-ingiunzioni sono
state emesse entro il termine di novanta giorni – applicazione nella specie
ratione temporis, ai sensi dell’art. 106 del D. L.vo n. 360 del 1993, dovendosi
aggiungere a quello di sessanta giorni previsto quello di tenta giorni di cui
all’art. 203 comma 2 del codice della strada, nel testo all’epoca vigente –
dalla data di presentazione del ricorso al Prefetto e che soltanto
l’ordinanza-ingiunzione n. 89 del 9 luglio 1999 è stata notificata dopo la
scadenza di detto termine, la censura in esame può riguardare soltanto detto
provvedimento. Essa è peraltro infondata, atteso che il disposto dell’art. 204
del codice della strada è univoco nell’indicare che nel termine previsto deve
avvenire l’emissione, e non la notifica dell’ordinanza. In tal senso è la
giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte, che ha posto in evidenza
che l’espressione emette contenuta nella norma richiamata è sinonimo nella
terminologia giuridica dei termini emana o adotta e non richiede che il
provvedimento sia portato a conoscenza dell’interessato. Si è al riguardo
opportunamente osservato che nella previsione di un termine concesso ad un
organo dell’amministrazione per lo svolgimento di un determinato procedimento
non possono ricomprendersi altre attività, sia pure accessorie, non previste
espressamente, che sfuggono al diretto controllo di detto organo, in quanto di
competenza di altri soggetti, e che il ritenere il contrario non solo
comporterebbe una riduzione del termine concesso al Prefetto, ma anche
renderebbe aleatorio l’esito positivo della procedura indipendentemente dalla
tempestività dell’azione amministrativa (v. Cass. 2005 n. 6771; 2004 n. 3140;
2003 n. 19323; 2003 n. 15768). Con il secondo motivo, denunciando
violazione e falsa applicazione dell’art. 23 comma 7 del D.L.vo 30 aprile 1992
n. 285, motivazione contraddittoria e insufficiente, si sostiene che il
tribunale ha erroneamente interpretato la norma richiamata: premesso che la
ratio di essa è quella di garantire la sicurezza della circolazione, si osserva
che la maggiore pericolosità del traffico in autostrada non giustifica
l’estensione del divieto a forme di pubblicità che non sono di per sé idonee ad
incidere sulla sicurezza, dovendosi l’assolutezza del divieto di qualsiasi
forma di pubblicità in autostrada essere sempre valutata in relazione alla
finalità perseguita dalla legge. Si rileva altresì che lo svolgimento mediante
collocazione del materiale in contenitori apposti sotto la cabina del
casellante non impegna direttamente l’automobilista, il quale è lasciato libero
di acquistarlo in un momento in cui si trova fermo al casello autostradale. Il motivo è infondato. Ed invero
la perentoria previsione del comma 7, che vieta qualsiasi forma di pubblicità
luogo e in vista degli itinerari internazionali, delle autostrade e delle
strade extraurbane principali e relativi accessi, rende evidente la volontà del
legislatore di sottoporre tali vie di comunicazioni, in ragione dei maggiori
rischi per la sicurezza della circolazione, a particolari cautele, impedendo
lungo e in vista di esse qualsiasi pubblicità, in qualsiasi forma attuata. La
generalità del divieto sottende una valutazione preventiva ad opera del
legislatore della pericolosità di ogni messaggio pubblicitario, in ogni forma
possibile, in quanto potenzialmente idoneo a distrarre dalla guida i conducenti
di autoveicoli, o a creare confusione nella lettura della segnaletica, che non
lascia spazio a diversi apprezzamenti in concreto da parte dell’interprete. A nulla rileva pertanto ai fini
della integrazione dell’illecito che la pubblicità sia effettuata mediante
volantini lasciati, in appositi contenitori, a disposizione degli utenti della
strada, e non mediante l’apposizione di cartelli di immediata ed inevitabile
percezione: come ha correttamente rilevato la sentenza impugnata, la specifica
indicazione contenuta nell’ultimo periodo del comma 7 dell’art. 23, aggiunto
dall’art. 30, comma 1, lett. a) della legge n. 472 del 1999, a tenore del quale
sono consentite le insegne di esercizio, con esclusione dei cartelli e delle
insegne pubblicitarie e altri mezzi pubblicitari, ribadisce la volontà del
legislatore di assimilare nel divieto ogni forma di pubblicità, con le sole
eccezioni previste nello stesso comma 7. Né può fondatamente che la
pubblicità posta in essere all’esterno dei caselli autostradali sia
assimilabile a quella consentita dalla stessa norma nelle aree di servizio o di
parcheggio, attesa la evidente diversità tra le due situazioni fattuali e la diversità delle esigenze di sicurezza da
fronteggiare, e specificamente considerato che in dette are, destinate per
definizione alla sosta, il conducente non è impegnato alla guida, mentre nella
zona dei caselli autostradali lo stesso conducente si trova al volante
dell’autovettura, è immediatamente seguito da altre autovetture ed è tenuto a
riprendere la marcia appena completate le operazioni di pagamento del pedaggio. Va ancora rilevato che la
circostanza che la zona del casello autostradale faccia parte della autostrada
non ha costituito oggetto di contestazione in sede di opposizione alle
ordinanze-ingiunzione, come si evince dalla sentenza impugnata, né motivo di
ricorso; del tutto inammissibilmente pertanto i ricorrenti in sede di memoria illustrativa deducono la
estraneità di tale area alla disciplina propria delle autostrade. Con il terzo, motivo denunciano
omesso esame e/o illogica valutazione delle prove offerte, si censura la
sentenza impugnate per aver affermato, nel ravvisare la legittimità dell’ordine
di rimozione, che la Maitoi Srl è proprietaria dei contenitori, in contrasto
con il testo dell’accordo intercorso con la Autostrada Concessioni e
Costruzioni Autostrade Spa prodotto in giudizio, ai sensi del quale i take away
installati sarebbero divenuti di proprietà esclusiva di quest’ultima alla data
di sottoscrizione dell’accordo stesso. Tale motivo è inammissibile, in
quanto si sostanzia nella denuncia di un erroneo accertamento della proprietà
dei contenitori sulla base del documento prodotto e nella sollecitazione ad una
diversa lettura di esso, e non nella prospettazione di vizi motivazionali, né
tanto meno di violazione di cannoni ermeneutici nella interpretazione
dell’accordo intercorso tra le parti. Il ricorso deve essere in
conclusione rigettato. Sussistono giusti motivi pere la
compensazione tra le parti delle spese di questo giudizio di cassazione.
(Omissis). [RIV-0605P525] |
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