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Notizie brevi 10/07/2006

LA FORZA DI UNA SQUADRA UMILE FA FELICE L’ITALIA! GRAZIE AZZURRI!

Ora, mesdames et messieurs, sarebbe il caso di ridarci la Gioconda: in fondo Leonardo da Vinci era italiano. Era di Vinci: parola che parla da sola. Per l’esattezza un imperativo, del verbo vincere

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(Asaps) Pizza? Spaghetti? Catenaccio? Perché no, se servono a suonarle? Siamo un paese di straccioni, hanno detto, di parassiti, di furbi. Eppure ogni tanto ci capita di stare lassù, nel gotha, sopra tutto e sopra tutti, alla faccia di chi ci vuole sempre e comunque male. È nostra la coppa del mondo, è nostra e ce la teniamo per quattro anni, avvicinandoci minacciosi al pentarecord del Brasile.
Abbiamo vinto senza discussioni, con un gruppo di gente piena di quattrini che si è messa al nostro servizio, che ha rappresentato un’Italia intera senza destre né sinistre – a parte le fasce – un calcio che pareva aver incassato il gol più vergognoso della sua storia in tricolore, che sembrava tutto appendice di un organismo malato e putrefatto, che ha ingannato il Paese dove la palla fa correre davvero tutti.
Non era così: lo speravamo nel nostro intimo, e in fondo lo sapevamo. Troppo diverso lo sguardo di quelle bieche sanguisughe che complottavano per tradire il cuore di tutti i tifosi, di tutti gli amanti di uno sport che ora pretende pulizia più completa.
Tabula Rasa, avrebbero detto gli antichi romani, che giocavano ad un calcio che si chiamava Harpastum, parola che se la traduci dal greco antico, “arpazo”, vuol dire “strappare con forza”.
Noi questa coppa l’abbiamo strappata con forza, in una terra straniera che si chiama Europa, che è anche nostra, ma che cova ancora sentimenti strani nei nostri confronti. Tedeschi e francesi ci hanno fischiato in continuazione, senza tregua, nonostante le prodezze di gente come Buffon, Cannavaro o come Materazzi, che hanno rispettivamente respinto e spinto la palla, facendola impazzire, da una rete all’altra.
Senza Moreno di mezzo, che Dio abbia pietà del suo fischietto, abbiamo finalmente rimesso le cose in pari.
Ancora parlavano di noi, dicendo che Materazzi aveva offeso Zizou, che però non ha pensato all’immensa cavolata che stava per fare e che ha fatto. Nervi a pezzi, orgoglio ferito? Beh, allora vuol dire che se una volta c’è cascato Totti, stavolta è toccato a lui, un Re del calcio, al quale ci inchiniamo, che però non ha concluso la sua carriera nel migliore dei modi.
Non è il nostro settore, lo ammettiamo, ma un grazie lo volevamo dire anche noi: 70 anni dopo le olimpiadi naziste di Berlino, quelle in cui Jesse Owens, il nero veloce come il vento ficcò nel cuore del reich quattro stilettate d’oro, quelle in cui anche i nostri colori strapparono applausi con Vincenzo Pozzo, tecnico della nazionale olimpica che vinse il titolo, la storia si ripete.
L’Italia, l’Italia di Lippi e di tutti gli italiani, ha rimesso in piedi il muro di Berlino, impenetrabile, come la porta di Gigi, violata solo da Zaccardo e da un rigore nei tempi regolamentari.
Ora, mesdames et messieurs, sarebbe il caso di ridarci la Gioconda: in fondo Leonardo da Vinci era italiano. Era di Vinci: parola che parla da sola. Per l’esattezza un imperativo, del verbo vincere. (Asaps)



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Lunedì, 10 Luglio 2006
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