(ASAPS)
MADRID – L’Automobil Club spagnolo
(RACE), stima che il 42% degli incidenti stradali si verifichi in condizioni di
luce particolarmente difficili: ore crepuscolari e notte salgono dunque sul
banco degli imputati in qualità di complici killer di velocità e stanchezza (o
di condizioni psicofisiche alterate dall’assunzione di alcol e sostanze), in
grado di influire pesantemente sulle dinamiche infortunistiche proprio quando
l’intensità del traffico è estremamente ridotta, soprattutto rispetto al giorno.
Per questo motivo il Reale Automobil Club ha formulato una proposta per
l’installazione di fari allo xeno in tutti i veicoli nuovi. Ma perché questo
gas nobile è divenuto così corteggiato dagli esperti di sicurezza? Qualcuno
parla senza mezzi termini anche nel nostro paese, di nuove lobbies della
lampadina, le stesse accusate di aver spinto in Italia e nel mondo per
introdurre l’obbligo di tenere accese le luci anche di giorno, scatenando
polemiche a non finire. Studi elvetici, pubblicati anche sul nostro sito, hanno
in realtà evidenziato che l’uso dei fari nelle ore diurne ha aumentato la
soglia di visibilità dei veicoli quando i rispettivi conducenti si incrociano,
producendo indubbi vantaggi per la sicurezza. Altri, soprattutto i motociclisti
francesi, si sono messi di traverso, affermando che l’unico segno distintivo su
cui potevano contare i bikers è sparito, con l’effetto primario di unificare
tutti e di abbassare secondariamente il livello di attenzione da parte di tutte
le altre categorie di utenti della strada nei confronti delle dueruote. I fari
allo xeno, per funzionare, utilizzano lampade “a scarica”, alimentate da quel
gas, che producono una luce molto intensa e bianca, del tutto simile alla luce
solare. È proprio questo, dunque, il loro segreto: le lampade “miracolose”,
sono costituite da un tubo in vetro o in quarzo con due elettrodi di tungsteno
alle estremità, all’interno del quale viene spinto lo xeno dopo avervi creato il vuoto. L’applicazione di questa
tecnologia all’automobilismo è caratterizzata dall’impiego di lampade ad arco
corto, azionate da un circuito elevatore di tensione che alimenta la lampada
dai 12 volt della batteria, con un funzionamento identico a quello dei
proiettori cinematografici. Il bulbo di vetro è estremamente piccolo, come del
resto l’arco (detto appunto corto proprio per questo motivo), consentendo di
concentrare la luce in un fascio ristretto orientabile con precisione
millimetrica e con potenze variabili, fino a molti kw. Anche la durata sembra
non avere paragoni con i fari tradizionali, certificata per usi tra 5 ed 8
volte superiori. L’attraversamento
di un animale, la presenza di un ostacolo sulla carreggiata, perfino l’uscita
improvvisa di un veicolo da una strada laterale – causa di molti incidenti
nelle ore notturne – possono essere visti precocemente da un conducente dotato
di fari di questo tipo. Secondo il RACE, inoltre, poter contare su una
visibilità migliore consente di stancarsi meno In
Europa, per inciso, solo il 18% dei veicoli consente l’allestimento opzionale
di fari allo xeno. È ora di metterci una pezza? La parola passa alle case
costruttrici, ma è ovvio che tutto ciò che la tecnologia offre in materia di
sicurezza non può essere ignorato: del resto, è scientificamente provato che la
vista si riduce mediamente del 30% tra i 30 ed i 65 anni, proprio nel pieno
della potenzialità di un individuo, almeno in termini automobilistici. Il RACE
cita alcuni studi, secondo i quali 1 conducente su 3 ha problemi di vista anche
se non ne è ancora a conoscenza. Ci sarebbe poi l’aspetto relativo ai costi, ma
quello è un discorso a parte. (ASAPS) |
|
|
© asaps.it |