“Pirata della Strada”, Berenice Daprà, olio su tela (ASAPS) LECCE – Ci sono voluti quasi 5 anni: per la precisione 1.750 giorni, da quel 30 settembre 2001, quando in un paesino vicino a Lecce, Salice Salentino, il piccolo Walter De Filippis sgusciò fuori casa, eludendo per un solo fatale istante l’attenzione di uno zio, della nonna e di un bisnonno. 5 anni sono passati: tante vite in più rispetto a quella che il piccolo Walter, che non aveva nemmeno compiuto 16 mesi, non ha mai avuto la possibilità di vivere. Sgusciò fuori di casa e finì sotto le ruote di un’auto che poi fuggì: di quella macchina assassina si seppe soltanto che aveva lo stereo altissimo e che fuggì rombando. Non un indizio, non una traccia, non un’impronta. Solo il pianto disperato di un altro bambino, di nemmeno 6 anni, unico testimone, troppo piccolo per essere preso sul serio. Niente. Buio assoluto, improvviso, come la fine di Walter. Una morte così lasciò il segno in tutti, soprattutto nel suo papà, l’uomo che lo aveva generato ed al quale toccò il compito di annuire quando gli investigatori gli chiesero di riconoscerne il corpicino, giunto martoriato e ormai spento all’ospedale di Campi Salentina. Di lui, in paese, di quel papà disperato che non sapeva il nome di colui che gli aveva ucciso il figlio, qualcuno disse che poteva essere lui l’assassino. Così uccisero Walter un’altra volta, e questo il papà non poté sopportarlo. Non poteva sopportare il pensiero di quella minuscola bara bianca e di tanto cinico odio attorno a un fiore nel cimitero. Così si uccise. E il pirata, in questo modo, uccise la sua seconda vittima.
Ci sono voluti cinque anni, abbiamo detto, ma alla fine il pirata ha un nome: Davide Serio, 29 anni, piastrellista. Lo ha incastrato una coscienza, che non è la sua. È un’altra vittima della sua cinica indifferenza, del suo rimorso sopito, ricacciato in gola ogni volta che la radio o la tivvù parlavano di un killer anonimo che aveva eseguito la sua sentenza di morte casuale, senza appello, e che come il più sanguinario dei boia era sceso dal patibolo senza togliersi il cappuccio o voltarsi indietro. Sfiancato da questi 1.750 giorni di angoscia, di paura e rimorsi, l’uomo che era con lui la maledetta sera del 30 settembre 2001, ha parlato. Ha raccontato ai Carabinieri, che hanno fatto riscontri, hanno verificato i particolari. Alla vecchia maniera, senza pennellini e pinzette, senza tute bianche e mascherine. Da investigatori vecchio stampo hanno lavorato sulla confessione ed hanno riferito ai giudici, che hanno spiccato il mandato contro il pirata. Travolse Walter con l’auto, senza nemmeno accorgersi che era in mezzo alla strada. Si fossero fermati, avrebbero salvato altre vite, avrebbero tenuto in pari le loro coscienze. Avrebbero dato un perché, invece di lasciare un punto interrogativo. Invece scapparono, lasciarono l’auto e poi tornarono sul posto, mescolati ai curiosi. Davide Serio è agli arresti, in casa. 1.750 giorni dopo Walter ed il suo papà possono finalmente riposare. (ASAPS) |