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La multa è valida anche se arriva a casa per posta La cassazione: “notifica valida se gli agenti non hanno potuto inseguire il trasgressore” Poi, da qualche tempo a questa parte l’alta Corte ha corretto il tiro, consapevole che un eccessivo formalismo non potesse, né dovesse, trasformarsi in una sorta di placet a trasgredire il codice. Un’inversione di tendenza che ha fatto cambiare il vento anche sugli scranni di molti giudici di pace, i quali, con la giurisprudenza di legittimità hanno preferito allinearsi. Ed è proprio di questo tipo il caso alla base dell’ultima pronuncia della Corte di Cassazione, che con la sentenza 7107 del 28 febbraio 2006, ha ricordato come il principio secondo cui la contestazione deve essere immediata, valido in generale per le violazioni amministrative, sia stato dalla legge temperato, nel codice della strada. Così, deve ritenersi legittima la contestazione non immediata delle violazioni del codice della strada, tutte le volte in cui, nel verbale, siano indicati i motivi che hanno impedito la contestazione immediata, tra cui quelli enumerati a titolo esemplificativo dall’art. 384 del regolamento di esecuzione (DPR n. 495 del 1992) e, per l’appunto, costituiti anche dalla impossibilità, da parte della polizia di raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità e dall’accertamento dell’eccesso di velocità a mezzo di "autovelox". E non è facoltà del multato, né del giudice, recriminare che se il servizio fosse stato diversamente organizzato la polizia avrebbe avuto più facilità a raggiungere il veicolo: infatti, come aveva già ricordato la Cassazione nella sentenza n. 9222/2005 “resta esclusa la possibilità di censurare le scelte dell’amministrazione in ordine alle modalità di organizzazione del servizio di rilevazione ed accertamento delle violazioni, configurandosi altrimenti una inammissibile ingerenza nel "modus operandi" della stessa amministrazione, in linea di principio non sindacabile dal giudice ordinario).*** CASSAZIONE CIVILE – Sezione II – SENTENZA 28/3/2006 n.7107 sez.II Svolgimento del processo L. M., con ricorso depositato il 19 aprile 2002, chiedeva l’annullamento di un verbale di accertamento della polizia Municipale di Roma con il quale gli era stata contestata la violazione dell’art. 142 IX comma del codice della strada rilevata a mezzo di "autovelox". Instaurato il contraddittorio nei confronti del Comune di Roma, il giudice di pace di quella città, con sentenza del 24 ottobre 2002, rigettava l’opposizione. Avverso tale decisione ricorre a questa Corte il L. M. con ricorso notificato al Comune di Roma il 26 marzo 2003, formulando due motivi d’impugnazione. La parte intimata non ha controdedotto. Motivi della decisione Con i due motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente stante la loro stretta connessione, si denunzia, in riferimento all’art. 360 n.ri 3 e 5 cpc, violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia. Osserva il ricorrente che il giudice di pace aveva erroneamente ritenuto che la mancata contestazione immediata dell’infrazione rientrasse nei sei casi di "impossibilità" previsti dall’art. 384 del Regolamento al codice della strada, mentre essa non era stata effettuata non perché l’apparecchio non lo consentiva, ma in quanto la Polizia Municipale in quel momento, ore 01,51, aveva ritenuto di non intervenire, pur potendolo fare. Il ricorso non può essere accolto. Nel sottolineare la diversità esistente in materia di contestazione delle violazioni amministrative tra la disciplina generale di cui all’art. 14, legge n. 689 del 1981, e quella speciale del codice della strada (art. 200 d. leg. n. 285 del 1992) questa Suprema Corte ha ripetutamente chiarito: a) che deve ritenersi legittima la contestazione non immediata delle violazioni del codice della strada, le volte in cui siano indicati i motivi che hanno impedito la contestazione immediata, tra cui quelli enumerati a titolo esemplificativo dall’art. 384 del regolamento di esecuzione (D.P.R. n. 495 del 1992) e, per l’appunto, costituiti anche dalla impossibilità di raggiungere un veicolo lanciato ad eccessiva velocità e dall’accertamento dell’eccesso di velocità a mezzo di "autovelox"; b) che costituisce una ipotesi normativamente predeterminata di esonero dall’obbligo della contestazione immediata quella in cui l’accertamento dell’eccesso di velocità avviene per mezzo di apparecchi di rilevamento, che consentono la determinazione dell’illecito in tempo successivo ovvero dopo che il veicolo oggetto del rilievo sia già a distanza dal posto di accertamento; c) che resta esclusa la possibilità di censurare le scelte dell’amministrazione in ordine alle modalità di organizzazione del servizio di rilevazione ed accertamento delle violazioni, configurandosi altrimenti una inammissibile ingerenza nel "modus operandi" della stessa amministrazione, in linea di principio non sindacabile dal giudice ordinario (ex plurimis Cass. n. 9222/2005). A tali principi si è uniformato il giudice di pace in un contesto caratterizzato dalla mancata contestazione immediata dell’infrazione rilevata a mezzo "autovelox", per essere il veicolo "lanciato ad eccessiva velocità con impossibilità di esser raggiunto in condizioni di sicurezza". Non vi è luogo a pronuncia sulle spese stante la mancata costituzione dell’intimato Comune di Roma.
LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso.
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