Giurisprudenza di legittimità
Svolgimento
del processo e motivo della decisione. – La Corte osserva: I) La Corte d’appello di Roma, con
sentenza 18 novembre 2002, ha affermato la responsabilità, ai soli fini civili,
di P. F. per il reato di omicidio colposo in danno di C. F. deceduto in seguito
ad un incidente stradale. La Corte ha accolto l’appello delle parti civili
contro la sentenza 7 giugno 2001 del Tribunale di Latina (che aveva assolto
l’imputato dal reato ascrittogli), ha ritenuto che P. fosse da ritenere
responsabile dell’incidente e lo ha condannato, in solido con il responsabile
civile, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili ritenendo un
concorso di colpa della vittima pari al sessanta per cento. I giudici di merito hanno
ricostruito l’incidente in modo non divergente; C. percorreva, ad elevata
velocità, una strada con diritto di precedenza in Latina alla guida di un
motoveicolo; giunto in prossimità di un incrocio veniva a collisione con
l’autovettura condotta dall’imputato che si era inoltrata nell’area di incrocio
approfittando della circostanza che altra autovettura con diritto di
precedenza, che proveniva dalla sua sinistra, si era fermata per consentirgli
di attraversare l’incrocio. Il motociclista superava sulla sinistra l’auto
ferma e andava a urtare contro l’autovettura condotta dall’imputato che si
trovava ferma all’incrocio. Il primo giudice si era limitato
ad escludere la colpa del conducente dell’autovettura, senza peraltro spiegare
le ragioni di tale convincimento, mentre il giudice d’appello ha ritenuto che,
pur in presenza di una colpa preponderante del motociclista, non potesse
escludersi quella dell’automobilista perché era stato da lui violato l’obbligo
di dare la precedenza a tutti i veicoli che provenivano dal senso favorito e
senza accertarsi dell’eventuale presenza di altri veicoli sopraggiunti dalla
medesima direzione; condotta che aveva creato un grave intralcio compromettendo
anche il già precario equilibrio del motociclista che procedeva a velocità
assai elevata. II) Contro la sentenza della corte
d’appello ha proposto ricorso il responsabile civile M. Assicurazioni che ha
dedotto i seguenti motivi di impugnazione: - l’inammissibilità dell’appello
proposto dalle parti civili in quanto, con l’impugnazione, gli appellanti
avrebbero chiesto l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato non
poteva essere limitata ai capi riguardanti gli effetti civili; - la carenza e l’illogicità della
motivazione con riferimento alla ritenuta esistenza dell’elemento soggettivo
per non avere, i giudici di appello, considerato che l’automobilista aveva
ottenuto la precedenza di fatto da parte degli automobilisti con diritto di
precedenza; non esisterebbe quindi alcuna violazione del diritto di precedenza
da parte di P. e non potrebbe essere a lui attribuita neppure la colpa a titolo
generico in mancanza dei requisiti di prevedibilità ed evitabilità dell’evento
anche perché C. non solo aveva superato l’autovettura ferma ma si era
addirittura spostato nell’altra corsia riservata ai veicoli che provenivano
dall’opposto senso di marcia; - l’inesistenza del rapporto di
causalità tra la condotta dell’automobilista e l’evento riconducibile
esclusivamente alla condotta estremamente imprudente del motociclista. Hanno replicato con memoria le
parti civili che hanno ribadito la correttezza delle argomentazioni contenute
nella sentenza e hanno concluso per il rigetto del ricorso. III) Il ricorso è infondato e deve
conseguentemente essere rigettato. Il primo motivo di ricorso deve
essere ritenuto inammissibile perché manifestamente infondato. Nell’atto di appello della parte
civile non ci si limitava infatti a chiedere l’affermazione della
responsabilità penale di P. ma veniva chiesta anche la condanna di questi al risarcimento
del danno. Ciò vale a rendere ammissibile l’appello a nulla rilevando che vi
fosse, nell’impugnazione, anche la richiesta di condanna penale peraltro
giustificata dalla circostanza che, comunque, l’affermazione dell’esistenza
della responsabilità penale, sia pure con comportando alcun effetto di natura
penale, costituisce il presupposto per l’accoglimento dell’azione civile nel
giudizio penale. IV) Infondati sono invece il
secondo e il terzo motiva di gravame. Quanto al secondo, riferito all’elemento
soggettivo, si osservi che non può, in questa sede, essere rivalutato
l’accertamento dei fatti compiuto dal giudice di merito che ha ritenuto
accertata la violazione dell’art. 145 del codice della strada per avere,
l’automobilista, omesso di dare la precedenza. Va infatti rilevato che ad
escludere questa omissione non è sufficiente che il conducente di un
autoveicolo favorito conceda la precedenza a chi ha l’obbligo di rispettarla
dovendo, quest’ultimo, accertarsi con particolare diligenza che non vi siano
altri veicoli favoriti che stiano sopraggiungendo sul percorso e che non
intendono concedere la precedenza. E neppure possono essere condivise
le critiche che la ricorrente svolge nei confronti della sentenza impugnata per
quanto attiene ai requisiti della prevedibilità ed evitabilità dell’evento da
parte dell’automobilista. Su entrambi questi punti infatti
la motivazione della sentenza impugnata si sottrae alle censure che le sono
state mosse perché, con criterio di valutazione ex ante, l’automobilista non
avrebbe dovuto confidare sulla precedenza ottenuta dal conducente favorito ma
avrebbe dovuto accertate l’assenza di altri veicoli favoriti essendo
normalmente prevedibile il sopraggiungere di altri veicoli ed in particolare di
motociclisti per la maggior facilità, da parte di costoro, di inserirsi in
spazi ristretti così come sono prevedibili manovre imprudenti da parte di
conducenti in prossimità degli incroci soprattutto se si tratti di conducenti
aventi il diritto di precedenza. Deve dunque ribadirsi il principio
secondo cui il conducente che abbia l’obbligo di precedenza prima di immettersi
nella sede stradale non possa limitarsi a verificare che altro conducente gli
abbia concesso la precedenza, ma deve verificare con la massima diligenza, per
andare esente da colpa, che non vi siano sul percorso altri veicoli favoriti e
procedere nella manovra solo quando abbia acquisito la certezza che questi
veicoli esistono o che i loro conducenti abbiano con sicurezza consentito
l’attraversamento del percorso. Analoghe considerazioni vanno fate
per quanto riguarda l’evitabilità dell’evento: attenendo questo requisito
all’elemento soggettivo va anch’esso verificato con criterio di valutazione ex
ante e, da questo punto di vista, non può non rilevarsi che corretta appare la
ricostruzione dei giudici di merito che hanno ritento l’incidente evitabile sol
che P. avesse compiuto quell’accurata ispezione della sede stradale richiesta
dalle condizioni di tempo e di luogo omettendo quindi di immettersi nel
crocevia e provocando la grave situazione di pericolo in concreto verificatosi. V) Infine infondate devono
ritenersi le critiche, contenute nel terzo motivo di ricorso, che si
riferiscono all’esistenza del rapporto di causalità e che devono ritenersi
riferite non alla causalità materiale (che non viene in considerazione ovvio
essendo che la morte del motociclista è stata provocata dall’urto contro
l’autovettura così come è pacifico che l’urto sia stato oggettivamente
cagionato anche dalla condotta dell’automobilista) ma alla c.d. «causalità
della colpa»; accertamento l’esistenza di una violazione della regola cautelare
cui sia direttamente riconducibile, in termini causali, il verificarsi
dell’evento. Orbene anche sull’esistenza di questo
elemento della fattispecie la motivazione della sentenza impugnata è esente
dalle critiche formulate dalla ricorrente avendo, i giudici di merito,
accertato che fu proprio la mancata ispezione della strada e il mancato
accertamento dell’esistenza di veicoli favoriti sopraggiungenti a provocare il
fatale urto tra i due veicoli sia pure in termini di con causalità con la
condotta colposa della vittima e anche se è stata ritenuta prevalente la colpa
del motociclista. VI) Per le considerazioni svolte
il ricorso deve conseguentemente essere rigettato. Al rigetto del ricorso consegue la
condanna del ricorrente responsabile civile al pagamento delle spese
processuali oltre alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalla
parte civile che vengono liquidate d’ufficio (essendo stata richiesta la
liquidazione nella memoria depositata) pur non essendo stata presentata la
relativa nota (in tal senso V. Cass., Sez. un., 27 ottobre 1999 n. 20,
Fraccari). (Omissis). [RIV-0605P622] |
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