RIMINI - Pioveva
molto forte fuori e si è pianto, tanto, tantissimo, dentro una gremitissima
chiesa di san Domenico Savio ai Padulli per i funerali, ieri pomeriggio, di
Fabrizio (Bicio) (*) Uras. Il giovane, di 18 anni, che è morto domenica scorsa
sulla Marecchiese travolto da una Mercedes “impazzita” e guidata da un albanese
che poi si è rifiutato di sottoporsi al test alcolico. Attorno alla bara i suoi
amici scout visibilmente commossi; com’erano commossi tutti i presenti e, i
tanti, che sono dovuti stare fuori dalla chiesa. Il caso ha poi voluto che
questo giovane ragazzo, morto a 18 anni, sia stato “vegliato” in una chiesa
dedicata a San Domenico Savio (che morì il 9 marzo 1857 a 15 anni) la cui
figura campeggia assieme al quadro di un altro giovane morto diventato Beato
qualche anno fa: Alberto Marvelli deceduto anch’esso in un incidente stradale
all’età di 28 anni il 5 ottobre 1946. Appoggiata alla bara, posta su un
catafalco davanti all’altare, e con sopra dei fiori bianchi, c’era una delle
inseparabili chitarre di Fabrizio Uras. E una chitarra, assieme ad altri
oggetti di Bicio, è stata offerta, dopo l’omelia, durante la presentazione dei
doni.“Dov’era Gesù - ha detto don Giampaolo Bernabini - domenica sera quando è
successo questo incidente mortale che ha strappato questa vita proiettata al
futuro? La vita di Bicio è stata una storia d’amore a Gesù, aveva una faccia
pulita con un sorriso contagioso. La storia di Bicio è una storia d’amore per
questo non possiamo farci vincere dalla rabbia e scoraggiare dalla
disperazione. La vita non è nostra, ci è data, non ci appartiene, non ne siamo
i padroni. Per questo dobbiamo spenderla nell’amore. Bicio ha fatto la sua
parte: adesso tocca a noi non sciupare la vita vivendola bene”.E, rivolgendosi
ai genitori, don Bernabini ha aggiunto: “Tutto sarebbe vano se Gesù non fosse
risorto. Bicio è con Gesù nel suo Regno”. E, rivolgendosi alla madre ha
aggiunto con un linguaggio diretto: “In questo Regno tu lo rivedrai, potrai
nuovamente sentire la sua voce e accarezzarlo”. Nel suo saluto finale a Bicio
il parroco don Marco Foschi (il terzo celebrante è stato don Andrea Gemmani,
parroco fino al 2001) ha detto: “Dobbiamo ricordare Bicio non nel dolore ma con
il nostro amore per la vita. Lui, e lo ha dimostrato sempre, aveva una voglia
di vivere al massimo”. Don Marco Foschi ha fatto anche una proposta,
soprattutto ai giovani presenti: “Domenica prossima 6 agosto ci vedremo alle
sei di mattina presso la casa dell’Associazione ‘Goccia per il mondo’ a San
Paolo di Rimini per un’ora di meditazione accompagnata da della musica”. E, a
proposito di musica, commoventi sono state le canzoni proposte dagli scout
presenti che, in occasione dell’ultima canzone della Messa, hanno sventolato i
loro fazzoletti mentre fuori - quando il feretro con la bara di Bicio partiva
verso il cimitero attorniato da una folla commossa e piangente con una famiglia
distrutta dal dolore - hanno gridato più volte il motto: “Sempre scout”. Riccardo Fabbri (*) Nota: Bicio è lo stesso nomignolo con cui veniva
chiamato Fabrizio De Andrè quando, pure lui adolescente e chitarrista, lesse
sul giornale della vicenda di una prostituta rapinata e gettata nel fiume dove
annegò. Quella storia gli sembrò così triste che volle cambiarla scrivendo “La
Canzone di Marinella”. Con la fantasia possiamo anche noi immaginare una storia
diversa da questa così tragica riportata nell’articolo. Nella realtà dobbiamo
fare qualcosa per evitare che chi guida usi alcolici. Nota di Roberto Argenta |
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