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Articoli 08/08/2006

Le frodi carosello nel settore automobilistico

 

Dalla seconda metà degli anni ’90, in corrispondenza con l’entrata in vigore del Trattato di Schengen, si è andato prima formando e poi consolidando, un fenomeno criminoso, comunemente noto come “carosello fiscale”, corrispondente ad una tipologia truffaldina già nota in passato che, abusando degli istituti introdotti dalla L. 427/1993, è stata notevolmente affinata da organizzazioni e persone che intendono ottenere illegali profitti ai danni dell’Erario di uno o più Paesi dell’U.E., mediante l’evasione dell’IVA. Nel passato il settore merceologico preferito dalle organizzazioni criminali era quello ricollegabile alle apparecchiature audio e video ed alle Magnetic Bubble Memory Boards. Oggi l’interesse è indirizzato nei settori della telefonia cellulare, delle SIM e dei CPU (Central Processing Units). Del tutto peculiare risulta, invece, l’applicazione di tali pratiche criminose al settore del commercio delle autovetture, nel senso che la c.d. “importazione parallela” in frode all’IVA è in atto ormai da anni e tuttora costituisce uno dei più fiorenti businness dell’illegalità, in grado da un lato di procurare ingenti quanto illeciti profitti, e dall’altro, mediante il ribasso fraudolento dei prezzi, di stravolgere le regole della concorrenza tra imprese nazionali ed estere così da determinare un gravissimo turbamento dei mercati. I danni provocati all’erario, nel solo settore del mercato automobilistico, ammonterebbero, secondo una recente inchiesta condotta da “Il Sole 24 Ore” (pubblicata il 23.01.’06) a 70 -100 miliardi di euro per anno. Il settore del commercio di automobili, provenienti dal mercato intracomunitario, presta facilmente il fianco alla architettura di frodi in materia di Imposta sul Valore Aggiunto. L’elemento che incoraggia gli operatori a porre in essere la frode è l’elevato valore dei beni commercializzati che pertanto spinge ad abusare della vigente normativa sugli scambi intracomunitari (artt. 38 e 46, decreto legge 331/93), che consente di acquistare la merce senza il versamento dell’IVA, che diviene esigibile solo nella successiva vendita in territorio nazionale. Anche nel settore del commercio automobilistico la frode ai danni dell’Erario consiste nell’inserimento di un soggetto fittizio (interposto) che effettua formalmente l’acquisto intracomunitario per conto dell’effettivo acquirente (interponente). Il primo omette gli adempimenti sopra descritti e principalmente omette il versamento dell’imposta dovuta mentre il secondo fruisce di indebite detrazioni d’imposta derivanti dalle fatture soggettivamente inesistenti emesse dal soggetto interposto. Solitamente il meccanismo utilizzato può essere semplificato come segue: - il commerciante italiano trova su “internet” l’automezzo richiesto dal proprio cliente oppure contatta direttamente il fornitore UE richiedendo la disponibilità delle auto; - effettua l’ordine in nome e per conto dell’interposto e gli anticipa l’importo necessario per il ritiro dell’autovettura; - l’interposto riceve in cambio un compenso-provvigione. L’elemento, che più d’ogni altro accomuna tutti i soggetti interposti (o operatori fittizi), è il mancato versamento dell’IVA dovuta per la cessione sul mercato nazionale degli automezzi acquistati sul mercato intracomunitario, secondo il seguente schema:

dalla società U.E. A alla società cartiera nazionale B a lire 100;

dalla società cartiera nazionale B alla società filtro nazionale C a lire 88 + IVA 20% pari a 17,6 = 105,6;

dalla società filtro nazionale C alla società reale nazionale D lire 92 + IVA.

L’esperienza investigativa di questi anni ha consentito di enucleare alcuni elementi ricorrenti, contemporaneamente o meno, nei descritti meccanismi criminosi, quali in particolare:

 Pluralità degli operatori commerciali coinvolti: un carosello fiscale è composto da una catena di più società;

Rilevanza internazionale delle società coinvolte: le società inserite nel carosello fiscale fraudolento hanno sede in due o più Paesi comunitari;

Elemento continuativo: la truffa può essere posta in essere indifferentemente dalla presenza o meno della merce relativa alle fatturazioni;

Apertura e chiusura di P.IVA relative ai clienti/fornitori: l’efficienza di un carosello fiscale fraudolento è data dalla capacità dell’organizzazione criminosa di sostituire immediatamente i soggetti scoperti dal fisco con nuovi operatori apparentemente “puliti” collocati in luogo diverso da dove l’illecito è stato scoperto;

Operazione intracomunitaria: il soggetto che pone in essere la truffa è sempre un operatore intracomunitario, la cui società generalmente risulta essere creditrice di imposta nei confronti dell’Erario;

Società “cartiera” nazionale: la società “cartiera” è il primo anello della catena fraudolenta.A fronte del mancato versamento dell’IVA può rivendere la merce ad un prezzo più basso (sottofatturazione) di quello di acquisto dall’operatore estero. L’IVA gravante quindi, per questo soggetto o soggetto diventa un UTILE illegale che viene quindi suddiviso tra i vari organizzatori della truffa. Il titolare o rappresentante della società, come più volte specificato, non è altro che una testa di legno stipendiata dall’organizzazione e parzialmente a conoscenza della struttura organizzativa;

La fatturazione: la fattura è uno degli elementi fondamentali della truffa e per questo motivo deve essere attentamente esaminata in tutte le sue parti. Attraverso l’indicazione obbligatoria dei soggetti che intervengono nella transazione, si può ricostruire con quali operatori l’organizzatore della truffa effettua le sue transazioni commerciali. La fattura serve per giustificare le transazioni bancarie che verranno effettuate e quindi generalmente vi vengono indicate anche le coordinate relative alle banche dove tali transazioni devono essere effettuate. La descrizione della quantità e della qualità della merce consente inoltre di fare opportuni confronti paralleli con le fatturazioni a monte e a valle;

Pagamenti: I pagamenti vengono effettuati o per contanti, ed è questo il caso dove sorgono sospetti per riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite, oppure vengono effettuati per normale bonifico bancario.
 

I PROFILI INVESTIGATIVI ED AMMINISTRATIVI

A fronte del fenomeno criminoso descritto, occorre rilevare che l’azione investigativa degli organi di PG e della stessa AG si presenta tutt’altro che agevole: l’accertamento della la frode fiscale appare difficile in ragione della complessa articolazione dei soggetti, persone fisiche e giuridiche, che gestiscono il c.d. mercato parallelo delle autovetture di importazione: basti considerare che, non raramente, sono gli stessi amministratori delle società fittizie a recarsi presso il fornitore intracomunitario per ritirare le autovetture; inoltre, quasi sempre, i pagamenti delle stesse sono reali, salvo ovviamente l’IVA. Si aggiunga che, in questo tipo di frode, i fornitori esteri sono numerosissimi, ciò che rende necessario il ricorso alla cooperazione amministrativa e alle rogatorie giudiziarie internazionali, definite in tempi lunghi e comunque del tutti inadeguati alle esigenze di speditezza dell’indagine. Inoltre, il meccanismo fraudolento ha tratto ulteriori possibilità di sviluppo, sul piano oggettivo, dall’ l’entrata in vigore del D.P.R. 28.12.2000 NR. 445 che introduceva nell’uso comune la regolamentazione in materia di documenti da presentare alla P.A., di fatto il c.d. snellimento della burocratizzazione che consentiva la produzione e la presentazione della “DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI NOTORIETÀ”, che viene sottoscritta da chi ha acquistato il veicolo all’estero (cedente): in essa l’importatore, quasi sempre una società fittizia” , autocertifica i dati del veicolo indicando, pressoché senza tema di smentita, i due requisiti necessari per dichiarare un veicolo nuovo o usato: i chilometri percorsi e la data della fattura dalla quale decorrono i “famosi” sei mesi. Inoltre, particolare di non minore importanza, in tale dichiarazione l’importatore asserisce di aver assolto agli obblighi di I.V.A. dovuta. Proprio in alcune circolari esplicative la segreteria tecnica della ex Motorizzazione specificava che gli Uffici periferici del Dipartimento Trasporti Terrestri erano tenuti a comunicare ai competenti uffici i.v.a. le generalità dei cedenti, accordandosi per le procedure più appropriate, inviando periodicamente una copia delle dichiarazioni di IVA assolta presentate dagli importatori: tale disposizione, tuttavia, era vanificata dalla mancata predisposizione di sistema di controllo diretto alla verifica, almeno a campione, del contenuto dell’ autocertificazione. L’esperienza investigatva di questi anni, con particolare riferimento al periodo 2000-2004, ha evidenziato l’inefficacia, sul piano oggettivo, dei controlli suddetti: da una attenta analisi di un rilevante numero di fascicoli d’immatricolazione, è stato accertato come un altrettanto notevole numero di autovetture fossero state nazionalizzate nonostante la documentazione presentata non fosse completa e mancassero requisiti essenziali. Particolare attenzione va posta, al riguardo, alla disciplina prevista dal D.L.vo 445/2000 che, nei casi di accertata falsità della dichiarazione sostitutiva presentata per l’immatricolazione, prevede, nell’art.75, la decadenza dei benefici ottenuti con le mendaci dichiarazioni ed in particolare la revoca dell’immatricolazione stessa, con conseguente restituzione all’Ufficio competente di targa e carta di circolazione: ebbene, tale normativa stenta ad essere applicata. La questione appare tuttora irrisolta, nonostante nello specifico settore delle autovetture di provenienza comunitaria, la Finanziaria 2005 abbia introdotto alcune novità, che l’Agenzia delle Entrate ha illustrato con la Circolare n. 41 del 26/09/2005: in particolare, la nuova disciplina prevede l’obbligo, da parte del primo acquirente nazionale, di comunicare in via telematica i dati identificativi di autoveicoli, motoveicoli e rimorchi acquistati in ambito comunitario: tuttavia, tale procedura non è ancora stata attivata. La possibilità di poter disporre di autovetture di alta gamma in pronta consegna ed a un prezzo inferiore di quasi il 20% rispetto ai commercianti onesti ha consentito di assistere ad un proliferare di “SALONI TUTTOMARCHE” che commercializzavano prevalentemente auto d’importazione. Proprio questi aspetti sono preminenti nella individuazione di un altro tipo di reato che è consequenziale alle “frodi carosello”: la turbativa di mercato. Non sono pochi i commercianti che non adattandosi a tali illegali “novità” si sono visti accerchiati e poi sopraffatti da una concorrenza evidentemente sleale quanto illecita, fino alla cessazione dell’attività. Si è assistito altresì al fenomeno per cui altri operatori del settore hanno addirittura rinunciato al mandato monomarca di cui erano titolari per poter entrare in questo mercato “parallelo” senza restrizione alcuna.

 

CONSIDERAZONI CONCLUSIVE

Negli ultimi anni, in particolare a far data dalla seconda metà degli anni ’90, non pare dubbio che il mercato di importazione parallela di autovetture abbia assunto dimensioni sovranazionali, o per meglio dire comunitarie, ed esiga pertanto una omologa risposta sul piano dell’azione di contrasto. In particolare, appare prepotente l’esigenza di predisporre un efficace sistema di coordinamento degli apparati investigativi su scala europea, specie dopo l’ingresso nell’Unione dei Paesi dell’Est. Un altro, decisivo passo in questa direzione sarà compiuto allorquando le frodi all’IVA realizzate nei vari Paesi dell’U.E. saranno considerate anche nelle loro implicazioni lesive delle prerogative degli Organi Comunitari, il cui sostentamento, come noto, deriva dai contributi versati da ogni Stato membro sulla base del gettito IVA interno, traducendosi l’evasione pertanto in una diminuzione effettiva del contributo, a detrimento della funzione degli organi europei.  

*Magistrato presso il Tribunale di Forlì  


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di Alessandro Mancini

da "il Centauro" n.104
Martedì, 08 Agosto 2006
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