Dalla seconda metà degli
anni ’90, in corrispondenza con l’entrata in vigore del Trattato di Schengen,
si è andato prima formando e poi consolidando, un fenomeno criminoso, comunemente
noto come “carosello fiscale”, corrispondente ad una tipologia truffaldina già
nota in passato che, abusando degli istituti introdotti dalla L. 427/1993, è
stata notevolmente affinata da organizzazioni e persone che intendono ottenere
illegali profitti ai danni dell’Erario di uno o più Paesi dell’U.E., mediante
l’evasione dell’IVA. Nel passato il settore merceologico preferito dalle
organizzazioni criminali era quello ricollegabile alle apparecchiature audio e
video ed alle Magnetic Bubble Memory Boards. Oggi l’interesse è indirizzato nei
settori della telefonia cellulare, delle SIM e dei CPU (Central
Processing Units). Del tutto peculiare risulta, invece, l’applicazione di tali
pratiche criminose al settore del commercio delle autovetture, nel senso che la
c.d. “importazione parallela” in frode all’IVA è in atto ormai da anni e
tuttora costituisce uno dei più fiorenti businness dell’illegalità, in grado da
un lato di procurare ingenti quanto illeciti profitti, e dall’altro, mediante
il ribasso fraudolento dei prezzi, di stravolgere le regole della concorrenza
tra imprese nazionali ed estere così da determinare un gravissimo turbamento
dei mercati. I danni provocati all’erario, nel solo settore del mercato
automobilistico, ammonterebbero, secondo una recente inchiesta condotta da “Il
Sole 24 Ore” (pubblicata il 23.01.’06) a 70 -100 miliardi di euro per anno. Il
settore del commercio di automobili, provenienti dal mercato intracomunitario,
presta facilmente il fianco alla architettura di frodi in materia di Imposta
sul Valore Aggiunto. L’elemento che incoraggia gli operatori a porre in essere
la frode è l’elevato valore dei beni commercializzati che pertanto spinge ad
abusare della vigente normativa sugli scambi intracomunitari (artt. 38 e 46,
decreto legge 331/93), che consente di acquistare la merce senza il versamento
dell’IVA, che diviene esigibile solo nella successiva vendita in territorio
nazionale. Anche nel settore del commercio automobilistico la frode ai danni
dell’Erario consiste nell’inserimento di un soggetto fittizio (interposto) che
effettua formalmente l’acquisto intracomunitario per conto dell’effettivo
acquirente (interponente). Il primo omette gli adempimenti sopra descritti e
principalmente omette il versamento dell’imposta dovuta mentre il secondo
fruisce di indebite detrazioni d’imposta derivanti dalle fatture
soggettivamente inesistenti emesse dal
soggetto interposto. Solitamente il meccanismo utilizzato può essere
semplificato come segue: - il commerciante italiano trova su “internet” l’automezzo
richiesto dal proprio cliente oppure contatta direttamente il fornitore UE
richiedendo la disponibilità delle auto; - effettua l’ordine in nome e per
conto dell’interposto e gli anticipa l’importo necessario per il ritiro
dell’autovettura; - l’interposto riceve in cambio un compenso-provvigione.
L’elemento, che più d’ogni altro accomuna tutti i soggetti interposti (o
operatori fittizi), è il mancato versamento dell’IVA dovuta per la cessione sul
mercato nazionale degli automezzi acquistati sul mercato intracomunitario,
secondo il seguente schema: • dalla società U.E. A alla
società cartiera nazionale B a lire 100; • dalla società cartiera
nazionale B alla società filtro nazionale C a lire 88 + IVA 20% pari a 17,6 =
105,6; • dalla società filtro
nazionale C alla società reale nazionale D lire 92 + IVA. L’esperienza investigativa di
questi anni ha consentito di enucleare alcuni elementi ricorrenti,
contemporaneamente o meno, nei descritti meccanismi criminosi, quali in
particolare: Pluralità degli operatori commerciali coinvolti: un carosello fiscale è composto da una catena di più società; I PROFILI INVESTIGATIVI ED
AMMINISTRATIVI A fronte del fenomeno criminoso
descritto, occorre rilevare che l’azione investigativa degli organi di PG e
della stessa AG si presenta tutt’altro che agevole: l’accertamento della la
frode fiscale appare difficile in ragione della complessa articolazione dei
soggetti, persone fisiche e giuridiche, che gestiscono il c.d. mercato
parallelo delle autovetture di importazione: basti considerare che, non
raramente, sono gli stessi amministratori delle società fittizie a
recarsi presso il fornitore intracomunitario per ritirare le autovetture;
inoltre, quasi sempre, i pagamenti delle stesse sono reali, salvo ovviamente
l’IVA. Si aggiunga che, in questo tipo di frode, i fornitori esteri sono
numerosissimi, ciò che rende necessario il ricorso alla cooperazione
amministrativa e alle rogatorie giudiziarie internazionali, definite in tempi
lunghi e comunque del tutti inadeguati alle esigenze di speditezza
dell’indagine. Inoltre, il meccanismo fraudolento ha tratto ulteriori
possibilità di sviluppo, sul piano oggettivo, dall’ l’entrata in vigore del
D.P.R. 28.12.2000 NR. 445 che introduceva nell’uso comune la regolamentazione
in materia di documenti da presentare alla P.A., di fatto il c.d. snellimento
della burocratizzazione che consentiva la produzione e la presentazione della
“DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA DI NOTORIETÀ”, che viene sottoscritta da chi ha
acquistato il veicolo all’estero (cedente): in essa l’importatore, quasi sempre
una “società fittizia” , autocertifica i dati del veicolo indicando,
pressoché senza tema di smentita, i due requisiti necessari per dichiarare un
veicolo nuovo o usato: i chilometri percorsi e la data della fattura dalla
quale decorrono i “famosi” sei mesi. Inoltre, particolare di non minore
importanza, in tale dichiarazione l’importatore asserisce di aver assolto agli
obblighi di I.V.A. dovuta. Proprio in alcune circolari esplicative la
segreteria tecnica della ex Motorizzazione specificava che gli Uffici
periferici del Dipartimento Trasporti Terrestri erano tenuti a comunicare ai
competenti uffici i.v.a. le generalità dei cedenti, accordandosi per le
procedure più appropriate, inviando periodicamente una copia delle
dichiarazioni di IVA assolta presentate dagli importatori: tale disposizione,
tuttavia, era vanificata dalla mancata predisposizione di sistema di controllo
diretto alla verifica, almeno a campione, del contenuto dell’
autocertificazione. L’esperienza investigatva di questi anni, con particolare
riferimento al periodo 2000-2004, ha evidenziato l’inefficacia, sul piano
oggettivo, dei controlli suddetti: da una attenta analisi di un rilevante
numero di fascicoli d’immatricolazione, è stato accertato come un altrettanto
notevole numero di autovetture fossero state nazionalizzate nonostante la
documentazione presentata non fosse completa e mancassero requisiti essenziali.
Particolare attenzione va posta, al riguardo, alla disciplina prevista dal
D.L.vo 445/2000 che, nei casi di accertata falsità della dichiarazione
sostitutiva presentata per l’immatricolazione, prevede, nell’art.75, la
decadenza dei benefici ottenuti con le mendaci dichiarazioni ed in particolare
la revoca dell’immatricolazione stessa, con conseguente restituzione
all’Ufficio competente di targa e carta di circolazione: ebbene, tale normativa
stenta ad essere applicata. La questione appare tuttora irrisolta, nonostante
nello specifico settore delle autovetture di provenienza comunitaria, la
Finanziaria 2005 abbia introdotto alcune novità, che l’Agenzia delle Entrate ha
illustrato con la Circolare n. 41 del 26/09/2005: in particolare, la nuova
disciplina prevede l’obbligo, da parte del primo acquirente nazionale, di
comunicare in via telematica i dati identificativi di autoveicoli, motoveicoli
e rimorchi acquistati in ambito comunitario: tuttavia, tale procedura non è
ancora stata attivata. La possibilità di poter disporre di autovetture di alta
gamma in pronta consegna ed a un prezzo inferiore di quasi il 20% rispetto ai
commercianti onesti ha consentito di assistere ad un proliferare di “SALONI
TUTTOMARCHE” che commercializzavano prevalentemente auto d’importazione.
Proprio questi aspetti sono preminenti nella individuazione di un altro tipo di
reato che è consequenziale alle “frodi carosello”: la turbativa di mercato. Non
sono pochi i commercianti che non adattandosi a tali illegali “novità” si sono
visti accerchiati e poi sopraffatti da una concorrenza evidentemente sleale
quanto illecita, fino alla cessazione dell’attività. Si è assistito altresì al
fenomeno per cui altri operatori del settore hanno addirittura rinunciato al
mandato monomarca di cui erano titolari per poter entrare in questo mercato
“parallelo” senza restrizione alcuna. CONSIDERAZONI CONCLUSIVE Negli ultimi anni, in
particolare a far data dalla seconda metà degli anni ’90, non pare dubbio che
il mercato di importazione parallela di autovetture abbia assunto dimensioni
sovranazionali, o per meglio dire comunitarie, ed esiga pertanto una omologa
risposta sul piano dell’azione di contrasto. In particolare, appare prepotente
l’esigenza di predisporre un efficace sistema di coordinamento degli apparati
investigativi su scala europea, specie dopo l’ingresso nell’Unione dei Paesi
dell’Est. Un altro, decisivo passo in questa direzione sarà compiuto
allorquando le frodi all’IVA realizzate nei vari Paesi dell’U.E. saranno
considerate anche nelle loro implicazioni lesive delle prerogative degli Organi
Comunitari, il cui sostentamento, come noto, deriva dai contributi versati da
ogni Stato membro sulla base del gettito IVA interno, traducendosi l’evasione
pertanto in una diminuzione effettiva del contributo, a detrimento della
funzione degli organi europei. *Magistrato presso il
Tribunale di Forlì |
|
|
© asaps.it |