È vero che la vita
continua? Diremmo proprio di sì. Fin da quella notte lo capimmo, che sarebbe
stato così. Tutte quelle luci,
attorno a lui, attorno noi a girovagare in quel lembo di autostrada strappato
per qualche ora, il tempo dei rilievi, al traffico infernale della A1. Già, la A1: prima
lettera dell’alfabeto da pronunciare, primo numero da contare. Primo ed ultimo
atto della vita del giovane poliziotto, partito da un paesino che resiste orgoglioso al vento incessante
del Sannio, dove alla fine è tornato, con la sua divisa impeccabile. Povero amico perduto
in una sera d’estate che sembrava dovergli regalare altro. I genitori che
stavano arrivando, la fidanzata che avrebbe rivisto di lì a poco. Invece arrivammo
prima noi, i suoi fratelli di stivale, i suoi maestri per il noviziato che
aveva appena cominciato. Tutti sempre impegnati a salvare, a correre, e che
impotenti di lui poterono invece raccoglierne solo l’ultimo sguardo. L’Alfa tutta spenta,
tutta rotta, immobile più avanti, con la scritta polizia che rifletteva
l’azzurro e il giallo dei lampeggianti. E poi la brezza che
scende dalla Calvana e da Morello, che accarezzava Scandicci e che fischiava
sul cavalcavia sopra di noi, pieno di gente accorsa dopo lo schianto. Sei anni sembrano un
alito di quel vento sannita e fiorentino. La caserma è
un’altra, ricostruita sulle ceneri di un dolore che abbiamo provato a
scacciare, sullo spettro di un destino che non avremmo mai voluto affrontare,
gravati come muli dal carico di un peso che non avremmo mai voluto portare. Il peso del ricordo,
del rimpianto, dell’impotenza e della rabbia. Quando chiudemmo la vecchia
casermetta, l’ultima porta ad essere chiusa prima del trasloco fu quella della
sua stanza, che oggi è un archivio. Sarebbe bastato un
millesimo di secondo in più o in meno, e forse lo avremmo ancora nei corridoi
di Firenze Nord, in quell’eterno avamposto di dolori che si ripetono ogni
giorno uguali, dove regna il silenzio del rumore continuo e assordante delle
due autostrade che si intrecciano. Eh già, si
intrecciano incessanti, come i destini di chi parte da posti distanti migliaia
di chilometri gli uni dagli altri, per darsi appuntamento qui. Il destino di
Gianfranco aveva un appuntamento così, e non vi mancò.
|