Il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi
ROMA — «Bizzarrie estive». Così il ministro dei Trasporti
Alessandro Bianchi bolla l’idea del dipietrino Aurelio Misiti di fare un
referendum sullo Stretto di Messina e quella del governatore della Sicilia Totò
Cuffaro (Udc) di realizzare il ponte in proprio. Il professore di Urbanistica e
rettore a Reggio Calabria, voluto a quel dicastero da Oliviero Diliberto, si
riposa a San Felice di Circeo prima di partire per un’oasi a sud di Tunisi che
ha contribuito a realizzare con la sua università. Al megaponte lungo 3 miglia
è sempre stato contrario. Figurarsi se accetta la proposta del referendum «che
— precisa — casomai andrebbe fatto a livello europeo, e non in Sicilia e
Calabria, visto che anche Bruxelles ci metterebbe i soldi». Insomma si tratta
di un’idea «balzana». Meglio concentrarsi sul suo lavoro mentre sta scrivendo
un libro sull’estetica della città. Tra le competenze del suo dicastero anche
la sicurezza stradale per la quale sta pensando di rivedere, abbassandolo,
l’attuale limite di 130 chilometri di velocità sulle autostrade «ma in modo
differenziato».
Che fine farà la Società dello Stretto di Messina?
«Questo è il punto. Il governo ha già deciso per il no politico al ponte ma ora
occorre affrontare il capitolo amministrativo interrompendo la concessione alla
società dello Stretto. Se lo facciamo subito non si spenderebbe un solo euro,
altrimenti scatteranno penali da 35 a 60 milioni di euro. Ma trovo resistenze».
Ma l’intenzione è di liquidarla?
«Non necessariamente. La mia idea, ripresa dal presidente della commissione
Trasporti del Senato Anna Donati, è di non disperdere le straordinarie
competenze professionali di quella società ma destinarle per progettare
infrastrutture in quelle aree. E recuperare quei 2,4 miliardi di euro
inutilmente giacenti nei suoi forzieri. Quello che va fatto subito è la
sostituzione dell’amministratore delegato della Società Pietro Ciucci, da poco
nominato al vertice dell’Anas. È una cosa che non funziona, non è compatibile».
Qual è la priorità assoluta per i trasporti?
«Sono due. Il completamento delle grandi reti infrastrutturali che ci
collegheranno al resto del mondo. L’altra è il trasporto locale, la mobilità
dei pendolari».
E il tunnel di Val di Susa?
«Sul tema restano nel governo diverse anime ma nei giorni scorsi è stata fatta
la nomina del commissario all’osservatorio con il compito di dialogare con
tutti. Non lo invidio ma sono certo che si troverà una soluzione condivisa».
Fusione Autostrade-Abertis. Sì o no?
«Lo stop dei ministri Di Pietro e Padoa- Schioppa risponde a eccezioni formali
assolutamente condivisibili. Superato questo ostacolo credo che il progetto in
sé abbia una prospettiva strategica per il Paese e quindi ci farei una
riflessione profonda. Se al Paese conviene, allora va fatto».
Il ministro Bonino ha definito «obsoleta» la norma che vieta la presenza di
costruttori nell’azionariato di Autostrade.
«Non saprei dare un giudizio netto. Di primo acchito non sarei d’accordo ma è
anche vero che in altre società autostradali ci sono costruttori. Occorre
ripensare tutto il sistema delle concessioni, senza pregiudizi».
Marco Vitale propone di fare un polo autostradale della Lombardia con
l’apporto di privati. Cosa ne dice?
«Non sono contrario. Ma la cosa più urgente è ricostruire nel Paese un quadro
d’insieme le cui linee guida conto di presentare in autunno. A valle di ciò si
può pensare che singole Regioni, con ampia autonomia, possano diventare
soggetti attuatori».
Intanto a luglio gli incidenti mortali sulle strade sono aumentati del
21,5%. Finito l’effetto patente a punti?
«Forse la spinta propulsiva di quell’iniziativa è un po’ rallentata ed è uno
dei motivi per cui rivedremo il codice della circolazione. Ma il tema della
sicurezza va affrontato in modo radicale. Sarà al centro anche di un’azione
europea».
Non crede che andrebbero aumentati i controlli?
«Assolutamente sì. Il presidio sulle strade e autostrade è molto scadente. Al
più presto chiederò al ministro degli Interni Giuliano Amato di coordinare
un’azione comune per aumentare la presenza delle forze dell’ordine. Intanto
stiamo rivedendo tutta la cartellonistica e il disegno informativo sulle
autostrade».
Non ha in mente qualcosa di più forte per ridurre gli incidenti?
«È un tema ben presente al ministero e a settembre lanceremo una campagna
sicurezza su tutti i terreni possibili. Pensiamo anche di intervenire sulla
velocità».
Abbassando il limite dei 130 km?
«Sì ma in modo differenziato. A seconda delle tratte, della sicurezza e dell’uso
che se ne fa, ci saranno limiti di velocità più rigidi. Si pensa anche a
introdurre fasce orarie in certe zone turistiche dove ci sono le discoteche. Di
notte, in pratica, sarà obbligatorio andare più piano».
Capitolo caldo Alitalia e Ferrovie...
«Non si può continuare a ritardare decisioni su queste due aziende. È giusto
che le nomine vengano decise dal Tesoro ma occorrono anche scelte strategiche
prese dal governo nel suo insieme».
A proposito di nomine, cosa dice del veto su Fabiano Fabiani alla presidenza
delle Ferrovie che avrebbe posto la Margherita?
«È vero che quando se ne è parlato non c’è stata unanimità. A me Fabiani va
benissimo e mi auguro che al più presto ci sia una decisione».
E Giancarlo Cimoli?
«La mia riserva su di lui deriva dal fatto che non ero stato informato dalla
conferma decisa da Padoa-Schioppa. Era meglio prima discutere del piano
strategico e poi scegliere il management».
Qual è il suo piano per Alitalia?
«Per esempio stabilire se dobbiamo avere ancora una compagnia di bandiera. Io
penso di sì, come hanno fatto la Francia e la Germania. Disperdere il
patrimonio Alitalia non ci garantirebbe nemmeno sul terreno tariffario che oggi
è troppo elevato. La Francia controlla il 70% del traffico eppure ha tariffe
più basse».
Con il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro avete fatto davvero
pace?
«Non nascondo che ci sono ancora alcune cose da chiarire proprio sul terreno
delle competenze. Spero che tutto si sistemi con l’approvazione del piano
generale dei trasporti».
Grande coalizione. Lo reputa uno scenario possibile?
«Non è una questione che mi appassiona in modo particolare. Ho una mia idea ma
in questo momento cerco di far bene il mio lavoro e basta».
Roberto Bagnoli
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