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Notizie brevi 17/02/2011

Vallanzasca e le divise bucate

L’ultimo lavoro di Michele Placido sembra l’autoritratto compiaciuto di un assassino
Il suo film è una biografia che non tiene conto del dolore dei familiari di coloro che sono stati trucidati

Pubblicizzato un po’ ovunque, presente in tutte le sale, “Vallanzasca – Gli angeli del male” è l’ultimo film di Michele Placido.
Il lungometraggio ha la pretesa di raccontare la vita di Renato Vallanzasca, il criminale che negli anni 70 ha alimentato il clima di paura, terrore e panico nell’Italia intera. Un criminale feroce e spietato che si è lasciato dietro strisce di sangue che ancora qualcuno sta tentando di stemperare perché il loro ricordo non opprima altre vite.
Nulla vogliamo contestare alle velleità artistiche del film che, di per sé, probabilmente è anche troppo fedele alla realtà di quegli anni. Quello che invece ci preme sottolineare è l’inopportunità di realizzare un film biografico che sembra voler celebrare le “gesta eroiche” di un delinquente.
Perché in effetti è questo il pericolo: che il film, nella sua fedeltà interpretativa, lasci trapelare una visione distorta della verità dei cosiddetti “anni di piombo”.
Il personaggio disegnato nel film è troppo aderente al mito che egli stesso si è costruito, al punto da far apparire una sorta di accondiscendenza tra la regia e le imprese del criminale. Una regia che è rimasta soggiogata dal fascino del “personaggio Vallanzasca”, lo stesso identico fascino che ha turlupinato migliaia di donne che gli scrivevano in carcere dicendosi disponibili a sposarlo.
Quello che resta a chi guarda il film è l’autoritratto compiaciuto di Vallanzasca. L’autoritratto compiaciuto di un assassino!
Mentre il grande assente è la tragedia. Quella che realmente è stata vissuta in quegli anni in cui il “bel Renè” scorazzava in lungo e in largo, lasciando cadaveri un po’ ovunque, lungo il ciglio delle strade che ha percorso.
Un film così non ha per nulla tenuto conto del dolore di mogli, figli, genitori che piangono per i suoi efferati delitti, per i suoi omicidi freddi e disumani.
Quello che non ci racconta il film è la storia di uomini che, da servitori dello Stato, per il semplice fatto di indossare una divisa, venivano trucidati senza pietà.
Placido racconta le gesta di Vallanzasca. Racconta la sua grandezza criminale, mettendo sul suo percorso non degli esseri umani che venivano ammazzati, ma delle banali “divise vuote” che venivano semplicemente “bucate” dai suoi proiettili.
Quel che invece noi vogliamo sia chiaro è che quegli uomini sono morti per mano di un assassino sanguinario, che non ha dato mai riprova di un benché minimo pentimento. E la loro morte è per tanti una ferita ancora aperta, da cui sgorgano vividi dolore e sofferenza.

Ed è quantomeno oltraggioso, per chi ha la sensibilità dell’artista, non tenere conto di questa afflizione.

da universy.it

© asaps.it
Giovedì, 17 Febbraio 2011
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