I familiari del nostro Stefano Biondi
(ASAPS) BOLOGNA – Si era parlato della possibilità di una perizia da parte di un tecnico nominato dal giudice, ma l’eventualità sembra rientrata. Quel che è certo è che lunedì si torna tutti in aula e stavolta la sentenza di secondo grado potrebbe essere emessa. Molti temono una forte riduzione della pena rispetto a quanto inflitto in primo grado: ergastolo all’autista della porsche, Fabio Montagnino (33 anni), e 14 anni a Michele D’Ambrosio (29enne), per il quale è stato riconosciuto in primo grado il concorso morale. Stefano morì, lo ricordiamo ancora una volta, il 20 aprile 2004 al casello di Reggio Emilia dell’autosole, dove era riuscito a intercettare il potente veicolo e bloccarlo. Sceso dall’auto per fronteggiare i due fuggiaschi, venne brutalmente investito ed ammazzato, ed il suo corpo scagliato a più di 40 metri di distanza: un gesto di coraggio che gli è costato la giovane vita e che gli è valsa la medaglia d’oro al valor civile. Per i due assassini, il Procuratore Generale Rinaldo Rosini aveva chiesto mercoledì la conferma delle condanne di primo grado, lasciando poi spazio all’intervento dei difensori. Quelli di Montagnino (avvocati Alessandro Gamberini e Maria Grazia Tufariello) hanno affermato che non è dimostrabile la volontà omicida del loro assistito, ritenendo la pena dell’ergastolo “eccessiva”. Comprendiamo e rispettiamo il lavoro degli avvocati, ma non siamo ovviamente d’accordo. “Eccessiva” è semmai definibile la condotta del loro cliente, che ormai era stato catturato: se fosse stato arrestato in quel momento, se la sarebbe cavata con poco, con molto poco. Stefano sarebbe ancora tra i suoi amici di Modena Nord, noi avremmo ancora il nostro amico e referente con coi, e soprattutto non avrebbe lasciato nella disperazione i suoi familiari. Sulla stessa linea la strategia dell’avvocato di D’Ambrosio, Antonio Cappuccio, il quale ha rammentato che il proprio cliente dovrebbe rispondere del delitto a titolo di colpa. A vedere poi quello che era successo prima di essere intercettati da quel fantastico segugio che in effetti era il poliziotto ammazzato, non c’è da stupirsi se i due assassino abbiano deciso di comportarsi in maniera così indegna, anche per un criminale: avevano infatti rapinato alcuni corrieri della droga, con l’aiuto di un terzo complice, Maurizio Rubino, 32enne bolognese. Proprio questo terzo uomo, proprietario della Porsche, attese alla Malpensa l’arrivo di una donna da Santo Domingo, che aveva con sé un carico di cocaina: si fermò con lei in un’area di servizio nei pressi di Lodi, dove Montagnino e D’Ambrosio inscenarono una rapina, con la complicità di Rubino, impossessandosi dell’auto e della coca. Tutto sarebbe filato liscio, se non fosse intervenuta casualmente la Polizia Stradale, che era stata allertata da numerose chiamate di chi aveva assistito a quella goffa messinscena. Lunedì le repliche e poi i giudici della Corte d’Assise di Appello di Bologna, presieduta da Paolo Angeli (giudice a latere Alberto Candi) entreranno in camera di consiglio per elaborare la sentenza. (ASAPS)
|