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le mani “autentica” refurtiva, ricettata d’occasione. La falsità

dell’oggetto, soprattutto voluta e cercata per il suo rilievo artistico

o per il riferimento ad un brand di successo, attraverso la quale

si imita una forma o una tecnica, assume intuitivamente un

rilevo pubblicistico qualora diretta ad uno scopo fraudolento.

Resta tuttavia non essenziale la salvaguardia in via diretta

della libera determinazione dell’acquirente, mentre rileva

la lesione della pubblica fede e la conseguente turbativa

dell’ordine pubblico economico cui ben può concorrere il

comportamento dell’acquirente stesso, pur se in maniera

meno grave.

Il marchio nasce concettualmente dopo il bene che

l’incorpora

e non è un segno distintivo essenziale, pur

assolvendo alla funzione di permettere di riconoscere i beni/

servizi provenienti da un imprenditore, così svolgendo l’utile

funzione di contribuire alla formazione e al mantenimento

della sua clientela. Garantisce così la provenienza evitando,

almeno in parte, la necessità di esaminare la merce stessa

sotto il profilo qualitativo. Per l’influenza che possono avere,

i marchi celebri godono di una tutela ampliata, risultando

vietato il loro utilizzo anche su prodotti diversi da quelli ai

quali cui si riferiscono.

Per merce contraffatta

, o counterfeit trademark goods,

si intende il prodotto, incluso l’imballaggio, su cui sia stato

apposto senza autorizzazione un marchio commerciale

identico ad uno validamente registrato per lo stesso tipo di

prodotto o, comunque, un marchio che non ne possa essere

distinto nei suoi aspetti essenziali - definizione Reg. (CE) n.

1383/2003 -. Praticamente ogni tipo di merce può essere

oggetto di contraffazione, purchè tale pratica garantisca un

ritorno economico: giocattoli, pezzi di ricambio per auto,

medicinali etc. Persino il mercato illecito degli stupefacenti

non risulta immune da una tale consuetudine, rilevandosi

talvolta, sulle confezioni delle sostanze, persino marchi del

fabbricante (ovviamente non registrati), con esiti che possono

essere letali per gli acquirenti/consumatori e per gli stessi

contraffattori, questi ultimi qualora danneggino organizzazioni

criminali non avulse dall’applicare la massima sanzione per

chi sgarra.

Il falso grossolano non è punibile

, ma non assumono

rilevanza a tal fine le modalità circostanziali della vendita,

posto che la consapevolezza della contraffazione, ingenerata

nel compratore da tali modalità, risulta irrilevante ai fini della

lesione dei beni giuridici protetti. L’interesse protetto è quello

della tutela dell’ordine economico, della trasparenza e della

veridicità degli scambi e dei rapporti economici. Bisogna

tuttavia essere cauti per ritenere inapplicabili i rigori della

norma penale, ricorrendo esclusivamente a criteri di valutazione

ex ante, che escludano secondo la consapevolezza e il

discernimento dell’uomo comune, la confusione ovvero la

riferibilità del prodotto al titolare del marchio, potrà affermarsi

l’esistenza del falso grossolano.

L’acquirente finale non va esente da sanzione

, in quanto

non incolpevole potremmo dire, ma non può essere ritenuto

responsabile di incauto acquisto (art. 712 cp), ovvero di

ricettazione (art. 648 cp), perché si rende applicabile, in

ossequio al principio di specialità, la violazione amministrativa

di cui al D.L. 14 mar. 2005 n. 35 (artt. 1/7), conv. L. 14 mag.

2005 n. 80 inf. modif. L. 23 lug. 2009 n. 99. Il rigore di una

tale sanzione viene censurato dagli organi d’informazione

a fasi alterne, a seconda che faccia più notizia la tutela

del made in Italy e della legalità evocata dai commercianti

in regola ovvero il caso della vecchietta straniera multata

e presunta acquirente inconsapevole. Non può tuttavia

negarsi, in genere, da parte dell’acquirente, la consapevolezza

di acquistare merci in violazione di Legge, soprattutto in

relazione alle modalità con cui vengono esitate e al costo.

In ogni caso la sanzione amministrativa pecuniaria prevede

per il responsabile il pagamento di una somma che va da

100 euro fino a 7.000 euro, per l’acquisto a qualsiasi titolo

di cose che,

“per la loro qualità o per la condizione di chi le

offre o per l'entità del prezzo, inducano a ritenere che siano

state violate le norme in materia di origine e provenienza dei

prodotti ed in materia di proprietà industriale"

. In ogni caso

risulta obbligatoria la confisca amministrativa delle merci

contraffatte (sequestro ex art. 13 L. n. 689/1981).

Qualora fosse violato anche il Diritto d’Autore

(L. n.

633/1941) a seguito della novella di cui alla cit. L. n. 99/2009

si renderà applicabile la sola sanzione di cui all’art. 174 bis

LdA, che risulta peraltro più severa e riferibile appunto alla

tutela delle opere dell’ingegno. La Legge esclude infatti la

sovrapposizione con la sanzione amministrativa specifica per

i marchi contraffatti. Si può configurare una tale fattispecie

allorquando ad es. il DVD di un film abusivamente duplicato,

rechi anche la confezione contraffatta (art. 9 L. 689/1981).

Inmerito al reato di cui si rende responsabile il venditore

non è condivisibile e non può sottacersi una tendenza, anche

recente e ricorrente, a negarlo da parte di taluni giudici di

merito, che in genere fanno riferimento ad una superata

interpretazione degli ermellini che di seguito sinteticamente

si riporta: “… intanto un marchio contraffatto può trarre in

inganno un compratore, così da integrare, in caso di vendita

della merce, il reato contestato … in quanto la provenienza

prestigiosa del prodotto costituisca l'unico elemento qualificatore

o comunque quello prevalente per determinare nell'acquirente

di media esperienza la volontà di acquistare il prodotto

stesso. Qualora viceversa altri elementi del prodotto, quali

la evidente scarsità qualitativa del medesimo o il suo prezzo

eccessivamente basso rispetto al prezzo comune di mercato,

siano rivelatori agli occhi di un acquirente di media esperienza

del fatto che il prodotto non può provenire dalla ditta di cui

reca il marchio, la contraffazione di quest'ultimo cessa di

rappresentare un fattore sviante della libera determinazione

del compratore, sì da integrare il delitto contestato” (S.C.

Sez. V Penale n. 2119/2000).

Tutelano invece la fede pubblica i delitti di contraffazione,

configurandosi come reati che mettono in pericolo l’ordine

economico, non mirando il quadro normativo a salvaguardare

in via diretta la libera determinazione dell’acquirente, peraltro in

certi casi sanzionato, quanto piuttosto la pubblica fede, intesa

come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi

che individuano le opere dell’ingegno e ne garantiscono la

circolazione.Atale proposito giunge utile esaminare il percorso

logico (sinteticamente riportato) di una fondamentale sentenza

della S.C. (Cass. Sez. V Penale n. 34652/2005) - Il reato di

contraffazione di marchi industriali, apposti sulle confezioni

di profumi, sarebbe configurabile anche in presenza della

dicitura falso d'autore. Ciò in quanto il tale delitto configura reato di pericolo, posto a tutela della fede pubblica, rispetto al

quale è irrilevante la contraffazione grossolana, non essendo con tale norma tutelata in via diretta la libera determinazione

dell’acquirente, quanto piuttosto la pubblica fede, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e nei segni distintivi che

individuano le opere dell’ingegno e ne garantiscono la circolazione, restando, perciò, del tutto irrilevanti sia le condizioni

di vendita che la contraffazione grossolana” (in senso conforme, Cass. sez. V, 5 luglio 2006, n. 31451; Cass. sez. II, 22

settembre 2005, n. 34652). Diversamente opina altra giurisprudenza che non esclude la grossolanità della contraffazione,

quando essa sia riconoscibile ovvero appare evidente si mostra e si denuncia ‘ex se’, mediante la scritta ‘falso d’autore’

impressa sulla confezione del profumo esposto in vendita” (Cass. sez. V, 19 settembre 2005, n. 41158). L’interessante

caso affrontato dalla sentenza deve essere risolto attraverso un’interpretazione dell’art. 473 c.p. conforme alla Costituzione

e, in particolare, al principio di offensività, secondo cui “non c’è reato senza offesa a un bene giuridico, nella forma della

lesione o della messa in pericolo”. Come ha riconosciuto la Corte costituzionale (ad es. Corte Cost. 7 luglio 2005, n. 265),

il principio di offensività, quale “criterio interpretativo-applicativo affidato al giudice”, impone a questi di “accertare che il

fatto costituente reato abbia effettivamente leso o messo in pericolo il bene o l’interesse tutelato”. Sembra condivisibile,

perché rispettoso del principio di offensività, l’orientamento giurisprudenziale che riconosce, rispetto al delitto in esame,

una possibile rilevanza in concreto del falso grossolano: devono essere ritenute non punibili, perché inoffensive del

bene tutelato, cioè incapaci di porre in pericolo la fede pubblica, le contraffazioni di marchi industriali così grossolane da

rendere impossibile il tradimento della fiducia dei consumatori nei segni di riconoscimento dei prodotti, e la conseguente

induzione in errore anche della persona più sprovveduta. Occorre tuttavia chiedersi, in concreto, se l’apposizione della

dicitura “falso d’autore” sulle confezioni di profumi recanti marchi contraffatti integri o meno un’ipotesi di falso grossolano.

La risposta della Cassazione, nel citato precedente, è affermativa. Tuttavia un’interpretazione conforme al principio di

offensività impone di accertare caso per caso, alla luce di tutte le circostanze concrete, se l’apposizione di quella dicitura

escluda o meno l’idoneità offensiva della condotta. Non è questo il caso, a noi pare, che ricorre qualora la dicitura “falso

d’autore” sia poco visibile, perché impressa in caratteri piccoli e/o su parti della confezione non immediatamente visibili

(è quanto per lo più accade, atteso che la stessa costituisce, verosimilmente, un espediente per cercare di escludere la

rilevanza penale della contraffazione).

Il rapido diffondersi del Cristianesimo

, fu effetto della vittoria dell’imperatore Costantino (324 d. C.) sul rivale Licino. Attuò

infatti costui in seguito, una politica promozionale per la diffusione di tale religione, anche attraverso l’affidamento ai cristiani

di incarichi di rilievo nella pubblica amministrazione e nelle forze armate. Tale espansione ebbe, come ulteriore conseguenza,

un genere di falsificazione, relativo a cose, che si potrebbe definire di tipo religioso che iniziarono ad essere commercializzate.

Aumentarono infatti di numero i santuari e i luoghi di culto, per i quali assumevano particolare motivo d’attrazione le reliquie

di Santi e Martiri, certo numerosi nei primi tempi della Chiesa, ma non abbastanza da soddisfare tutte le richieste, cui non era

estranea l’avidità di taluni ecclesiastici che miravano a mettere le mani su lasciti ed elemosine di pellegrini, che risultavano tanto

più numerosi quanto più assumeva notorietà e importanza la reliquia. Se ne conoscono di ogni genere e vanno, dai brandelli di

tessuto alle schegge di legno, ai chiodi e alle spoglie umane. Ovviamente la valutazione di oggetti datati e la loro attribuzione

restano talvolta difficilissimi, legate talvolta all’impiego di tecnologie sofisticate o all’interpretazione delle Scritture, ma può per

certo affermarsi la falsità di taluni di essi, avendo riguardo all’esistenza di multipli di parti anatomiche umane oggettivamente

limitate in natura, ma di particolare prestigio per chi le detenesse. Giova a tal proposito far rilevare l’esistenza di alcune teste di

Giovanni Battista, di plurimi corpi dell’apostolo Andrea e di Giacomo, in entrambi i casi con teste aggiuntive. Le reliquie furono

quindi effettivamente commercializzate, anche assumendo grande valore economico ed ovviamente vennero contraffatte. In

qualche caso provocarono spargimenti di sangue e vengono ancor oggi rubate, non fosse altro che per il materiale prezioso

con cui vengono talvolta adornate.

La liquefazione del sangue di San Gennaro,

custodito a Napoli, viene citata in letteratura

da tempi assai risalenti, a partire dal

Chronicon Siculum

(1389). Tale prodigio resta un

mistero pur risultando (sic.) studiato con tecniche evolute. Il liquido, supposto ematico, risulta

contenuto entro antiche ampolle di vetro, solitamente presentandosi allo stato solido. In

talune occasioni torna allo stato liquido, apparendo del colore vivido del sangue e ribollendo.

Pur manifestandosi ciclicamente, ma anche in occasione di eventi importanti per il popolo

partenopeo, viene da taluni apertamente negato come evento soprannaturale, preferendosi

cautamente definire la trasformazione miracolo laico di San Gennaro.

*Colonnello Guardia di Finanza

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