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Gli uomini, non bastando loro ciò che è necessario, si affannano per ciò che è inutile.
Johann Wolfgang Goethe
ra l’estate del 2016 quando il mondo impazziva per Pokemon GO, l’applicazione che grazie all’utilizzo
della telecamera del cellulare creava una realtà aumentata, rendendo ogni spazio davanti e intorno al
giocatore utile per la caccia a mostriciattoli vari. L’esplosione del gioco creò un certo allarme, anche
grazie alle numerose notizie di incidenti stradali causati proprio da chi guidava con il telefono in mano,
ormai perso nella realtà aumentata e temporaneamente ignaro delle leggi fisiche di quella reale.
Dopo poco più di un anno possiamo chiederci: e Pokemon GO che fine ha fatto? Ebbene ha fatto
la fine che fanno molte delle novità provenienti dal web: nel giro di poco tempo le persone si sono
annoiate e sono passate ad altro. La stessa cosa è avvenuta per un’altra grande novità di alcuni
anni fa: qualcuno ora ricorda cos’era Second Life, il mondo virtuale così reale che in moltissimi a suo tempo
iniziarono ad abitarvi rischiando di perdercisi? Questi sono solo due esempi, molti altri ve ne sarebbero. Si può
allora dire che l’allarme è finito? Direi di no perché la stessa tendenza che ha provocato il declino di Pokemon
Go e di Second life, ossia la continua ricerca di nuovi stimoli da parte degli utenti, crea un mercato sempre ap-
erto alle nuove novità dell’ultimo minuto. Basta aspettare e qualcos’altro arriverà, o forse è già arrivato anche se
non alle orecchie di chi scrive. In ogni caso la prossima innovazione sicuramente sposterà più in avanti il limite,
rendendo ancora più incerta la separazione tra reale e virtuale, tra vita pubblica e vita privata. Sembra proprio che
la tendenza sia sempre più quella di mescolare gli elementi, fino a produrre una poltiglia informe che rischia di
restare, a lungo andare, indigesta. Si possono infatti citare altri fenomeni, al momento di attualità, che mostrano
le insidie dell’interfaccia che collega ciascuno di noi e il mondo del web, con risultati spesso paradossali.
Uno di questi fenomeni è costituito dai
gruppi di WhatsApp. Qualcuno può dire
di esserne esente? Personalmente fac-
cio parte di quattro gruppi principali, più
altri periferici che vengono utilizzati solo
occasionalmente. Ma gli altri quattro, devo
confessarlo, sia pure con tutti i pregi che
hanno, quali la possibilità di restare in
contatto velocemente con molte persone
allo stesso tempo, rischiano di diventare
una specie di secondo lavoro, tanto è il
tempo che possono richiedere per rima-
nere aggiornati. Cerco quindi di utilizzarli
con parsimonia, più da spettatore che da
partecipante (non per virtù ma per naturale
ritrosia), avendo così modo di osservare
come questi strumenti vengono utilizzati.
Quello che ho notato, in particolare, è la
tendenza a perdere i confini e il senso di
quello che si fa. Su un gruppo è possibile
postare di tutto, e facilmente finisce per
esservi postato qualsiasi cosa, ben oltre
i limiti, se non della decenza, almeno del
buon gusto. Oppure si perde lo scopo del
gruppo stesso, così quello che doveva es-
sere solo unmezzo per rimettere in contatto
vecchi compagni di scuola diviene il ring in
cui scontrare opinioni politiche, tanto che
alla fine qualcuno non regge il conflitto e,
senza salutare, scompare, mentre sullo
schermo del telefono compare laconica la
scritta: “Tizio ha abbandonato il gruppo”.
Ai tentativi di porre un argine si risponde
che i gruppi sono luoghi di libertà e quindi
non vi può essere alcuna censura. Libertà
allora equivarrebbe a fare qualsiasi cosa
ci passi per la testa, tutto il contrario di “la
libertà è una forma di disciplina”, come
cantava Giovanni Lindo Ferretti dei CCCP
nel brano “Depressione caspica” .
La perdita del confine riguarda anche
alcuni casi in cui componenti delle forze
dell’ordine, con estrema leggerezza a
quanto pare, hanno ripreso col telefono
alcuni momenti della loro attività lavorativa,
per poi inviare nel mare del web, questo
sì senza limiti, le immagini delle loro im-
prese. Come è stato possibile, viene da
chiedersi, non immaginare che presto quei
filmati sarebbero diventati virali e, come
un virus appunto, avrebbero colpito con le
loro conseguenze i responsabili? Si tratta
di un corto circuito tra il pubblico e il privato,
come dicevo. Basta un attimo, pochi clic e il privato, ciò che è locale e
circoscritto, diventa di pubblico dominio. Si tratta di un rischio enorme
ma anche di una grande tentazione. In fondo in tutti noi sonnecchia un
bimbo desideroso di mettersi in mostra, di far vedere quanto è bravo,
arguto, simpatico. Quando questo bimbo prende il sopravvento l’adulto
che lo contiene, o che dovrebbe contenerlo, finisce per pagarne il prezzo.
Ma il record del paradosso spetta, almeno per ora, al giovane che lo
scorso ottobre, dinanzi alla vittima di un incidente stradale agonizzante
sull’asfalto, ha avuto come prima reazione l’istinto di imbracciare il
cellulare per avviare una diretta su facebook. Difficile capire senza
approfondire, ma la prima cosa che un evento del genere fa pensare è
che a forza di rendere spettacolo la realtà vissuta in certi contesti ristretti
(come nei vari Grandi Fratello, Isole dei famosi e simili) alla fine in molti
inizino a pensare alla propria vita come a uno spettacolo che, in quanto
tale, ha senso solo se ci sono degli spettatori, anzi esiste solo perché
ci sono degli spettatori.
Sollevati i problemi si dovrebbero proporre delle soluzioni, almeno in
teoria, ma ho l’impressione che le questioni appena poste siano troppo
complesse per lo spazio a disposizione e per le mie poche capacità.
Posso solo condividere un tentativo di antidoto che uso personalmente
dinanzi alle mille distrazioni, possibilità e tentazioni proposte dal mondo
del web e da quello moderno in generale (che qualcuno chiama post o
iper-moderno). Ossia chiedermi, quando io stesso non vengo risucchiato
nel vortice del fatuo che ci circonda: che cosa è veramente importante
da meritare la mia attenzione e il mio tempo, e cosa è invece una inutile
sciocchezza?
*Psicologo-psicoterapeuta
Per chi lo desidera
https://www.youtube.com/watch?v=jwU1qtQc2q0di Davide Stroscio*
Attualità
Pokémon va,
avanti un altro!
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